I quattro cavalieri dell’apocalisse: ignoranza
21 Settembre 2019Il terzo cavaliere dell’Apocalisse: l’egoismo
23 Settembre 2019Il secondo cavaliere dell’Apocalisse è la grossolanità. Tutte le persone di una certa età si sono accorte di quanto sia diffusa, oggi, a paragone di tre o quattro decenni fa, la maleducazione. Un tempo era l’eccezione, oggi è la regola. I giovani non mostrano più rispetto per gli anziani, né per gli adulti in genere; li trattano con assoluta strafottenza, compresi i loro insegnanti e i loro stessi genitori. Naturalmente, sono gli adulti che lo permettono: se avessero reagito sin dal’inizio; e se, prima di tutto, avessero insegnato la buona educazione, e ne avessero dato l’esempio, ora non saremmo a questo punto. Se i professori, per esempio, avessero preteso, come era sempre stato in passato, che gli studenti si alzassero in piedi al loro ingresso in aula, in segno di rispetto non verso di loro come persone, ma per la funzione che rappresentano, ora non saremmo al punto che gli studenti danno loro del tu, masticano la gomma americana durante la lezione, vanno e vengono fuori dall’aula senza chiedere il permesso, sbuffano apertamente se sono interrogati, e, nei casi più gravi, arrivano a insultare, dileggiare e perfino metter le mani addosso agli insegnanti, riprendendo il tutto col telefonino, a propria gloria imperitura.
Eppure la maleducazione non è la causa, ma l’effetto di un male più profondo: il fatto che la società ha rinunciato a qualsiasi progetto educante nei confronti dei giovani, e questi, divenuti adulti, trasmettono ai proprio figli ciò che hanno ricevuto, ossia il nulla. Inoltre, la maleducazione non è l’effetto immediato di tale assenza di educazione, ma una delle manifestazioni più appariscenti di un comportamento più generale: la grossolanità. Le persone, oggi, mediamente parlando, sono divenute incredibilmente grossolane rispetto a una o due generazioni fa: tanto che si può parlare di una vera e propria grossolanità di massa. Se domandate a un sedicenne di fare un confronto col suo fratellino minore, o con i ragazzini del Grest che accudisce durante l’estate, vi sentirete rispondere che lui è scandalizzato dalla maleducazione e dalla sciatteria dei bambini di oggi, che gli appaiono immensamente più gravi e diffuse di quanto lo fossero ai suoi tempi (non più di otto anni fa!): segno che l’imbarbarimento dei costumi avanza quasi a vista d’occhio. Il veicolo principale di questo nuovo modo di essere sono i social network, i quali, a loro volta, agiscono insieme al cinema, alla televisione, alla pubblicità, agli spettacoli di musica leggera e perfino allo sport, ridotto sostanzialmente a spettacolo, e a spettacolo di bassissimo livello.
È grossolano l’abbigliamento, sono grossolani i tatuaggi, è grossolano il modo di andare per la strada, il modo di parlare, il modo di guardare, il modo di star seduti, ad esempio accavallando le gambe e mostrando perfino la biancheria intima, nel caso delle donne (di ogni età, le vecchie non meno delle giovani). È grossolano anche, per una donna, indossare una maglietta tipo canottiera e lasciare le spalline del reggiseno in bella vista; così come lo è, per uomini e donne, andare a far la spesa al supermercato indossando la tuta da ginnastica. È infinitamente grossolano, per una donna incinta all’ottavo mese, andare a spasso col pancione mezzo scoperto; e più ancora, se è una cantante, mettere sulla copertina dei suoi dischi la propria foto col ventre rigonfio nudo. Ci sono diversi gradi e sfumature di grossolanità, ma sempre di grossolanità si tratta. È grossolano dare del tu a una persona sconosciuta, specie se maggiore di età e specie se riveste un ruolo istituzionale, ma anche al commesso del negozio o al conducente dell’autobus o al passante al quale si vuol chiedere un’informazione. È grossolano camminare o pedalare o guidare l’automobile parlando al telefonino, anche sugli incroci, anche nei punti che richiederebbero la maggiore attenzione e un alto senso di responsabilità; ed è grossolano rispondere al telefonino e mettersi a parlare con l’amico, mentre la persona in carne e ossa con la quale si è seduti al bar resta lì, come un povero deficiente; ed è grossolano rispondere al telefonino durante una riunione di lavoro, o una conferenza, o perfino in chiesa, alla santa Messa; ed è grossolano il fatto di entrare in quei luoghi senza prima averlo spento, anzi, lasciandolo squillare per un bel po’, prima di spegnerlo o di rispondere. È grossolano camminare per la strada o entrare a scuola, o in una sala d’aspetto o in un qualsiasi altro luogo pubblico con gli auricolari o le cuffie delle musica negli orecchi, senza curarsi del mondo che sta attorno, e talvolta mettendosi in situazioni di pericolo, come quello studente che è stato falciato dal treno perché si era seduto sulla pensilina della stazione e non lo aveva sentito arrivare, perché tutto intento ad ascoltare musica. È grossolano entrare in chiesa, o presentarsi a un esame scolastico, o servire gli utenti di un servizio pubblico, vestiti come per andare al mare, indossando magliette cortissime, pantaloncini o bermuda, e calzando ciabatte infradito. È grossolano indossare abiti leggerissimi che lasciano intravedere generosamente le mutandine e il reggiseno, con la scusa del caldo estivo, oppure sbattere in faccia al cliente di un negozio o di un ufficio pubblico le braccia interamente tatuate, magari con le immagini di demoni ghignanti, o le labbra deformate da piercing e anelli, o l’acconciatura da moicano, o i capelli viola o verde elettrico: tutto ciò è immensamente, volgare e grossolano, e presuppone un ego così narcisista e così immaturo da non tener nel minimo conto le regole sociali e la regola numero uno, quella del buon senso, che dice di non stare sopra le righe in certi luoghi e in certe circostanze, e di conservare sempre, anche in spiaggia, anche in palestra, un minimo decoro personale e rispetto di se stessi. Ed è grossolano andare a fare arrampicate in montagna, mettersi nei guai per l’imprudenza e l’imperizia, costringere gli elicotteri e le squadre della guardia forestale a muovere al proprio soccorso, e poi dire che non c’era bisogno di quell’intervento, che andava tutto benissimo e che non si è disposti a pagare un centesimo per le spese che sono state fatte per venire in aiuto agli incoscienti.
Essere grossolano vuol dire avere l’animo grosso e comportarsi di conseguenza. Una scolaresca che si reca in viaggio d’istruzione (non chiamatele gite scolastiche per carità!, sarebbe politicamente scorrettissimo) a Roma, a Venezia io a Firenze, e che davanti alle meraviglie di un museo, o di una chiesa, o di un celebre monumento, si stravacca sulle panchine o sulle poltrone, sbadiglia e chiacchiera del più e del meno, mangiucchia caramelle e biscottini, senza degnare il capolavoro in questione di più che una semplice occhiata distratta, è grossolano. La grossolanità è ormai la cifra universale e internazionale della società di massa, dove non c’è più posto per i palati fini, per i sentimenti delicati, per la gentilezza, per la cortesia, per la sobria eleganza (ma la vera eleganza è sempre sobria, e già doverlo sottolineare è grossolano), per la discrezione. Oggi si fa la corte a una donna in modo grossolano, si cerca di sedurre un uomo in modo grossolano, si domanda e si risponde in modo grossolano, si guida la macchina in modo grossolano, si sale sull’ascensore in modo grossolano: cioè sempre senza badare al prossimo, senza curarsi del buon gusto e delle buone maniere, senza puntare ad altro che alla propria massima comodità con il minimo della fatica e dell’attesa. Anche il giornalismo, sia quello d’inchiesta che quello di cronaca, viene fatto in maniera grossolana: cioè approssimativa, poco seria, poco rispettosa della verità. Lo speaker televisivo o radiofonico che parla sistematicamente dello sbarco di profughi, fa il proprio mestiere in maniera grossolana, perché si sa che oltre il 90% dei clandestini che cercano di arrivare in Italia non sono affatto dei profughi, ma sempre e solo dei clandestini, dei cosiddetti migranti economici. Non scappano da alcuna guerra né da alcuna carestia: ma intanto li si chiama profughi, così, per abituare la gente all’idea. I tunisini sono clandestini, anche se arrivano da un Paese tranquillissimo, indossando i giubbotti di pelle griffati: sono tutti profughi, sono tutti "disperati in fuga da guerra e fame", come recita il mantra migrazionista, e ciascuno di noi si deve sentire responsabile di un loro eventuale respingimento. Ecco, anche questo è fare il proprio mestiere in maniera grossolana: cioè senza onestà, senza professionalità, senza dignità, ma solo obbedendo alle istruzioni che vengono dal’alto, e uniformandosi al conformismo imperante. E grossolano è il bidello che fraternizza con gli studenti; il giovane professore che si fa portare il caffè in aula dalle solite ragazzine smorfiosette che si credono speciali; il prete che durante la predica si mette a parlare in dialetto, a ridere e a scherzare come fosse all’osteria, e il vescovo che tira fuori la chitarra e strimpella come ad uno spettacolo musicale, e canta dal pulpito le canzonette di Noemi e Marco Mengoni, invece di parlar di Gesù Cristo, del peccato e della grazia; il papa (o sedicente tale) che si mette il naso da pagliaccio, o il caschetto da ciclista, e che racconta barzellette per far sganasciare dalle risate perfino le monache di clausura; il cameriere o il commesso che danno del "tu" ai clienti mai visti prima, e il giudice che rilascia interviste di carattere politico proprio sulle persone o sugli ambienti sui quali sta conducendo un’indagine: sono tutti, poco o tanto, grossolani.
I confini della grossolanità sono vaghi e spesso s’intrecciano con quelli della stupidità, da un lato, e dell’immoralità, dall’altro. Sedurre la moglie di un uomo che si è sempre comportato da vero amico è un’azione stupida e immorale, ma anche grossolana: difficile dire quale dei tre aspetti prevalga sugli altri. È quel che fa il protagonista del romanzo di Pietro Chiara Vedrò Singapore?, verso la fine della storia: e ha tutta l’aria di vantarsene. Anche questo è indice di una sconfinata grossolanità d’animo: vantarsi di ciò di cui ci si dovrebbe vergognare. Un altro esempio è dato da quel che fa il protagonista del romanzo di Libero Bigiaretti La controfigura: si porta a letta la suocera, una bella quarantenne, per consolarsi d’aver sposato una moglie-bambina; e lo fa, nel tipico stile alla Moravia, con l’aria fra annoiata e spocchiosa, come si gioca una partita a bridge con gli amici per ammazzare la noia di una lunga serata d’inverno. Sono cose che non si fanno, semplicemente; e che, dopo averle fatte, dovrebbero provocare almeno un po’ di disagio, se non di rimorso: ma quanti hanno un animo grossolano non sanno neanche dove stia di casa il disagio, figuriamoci il rimorso. Niente scrupoli, prima, e nessun senso di colpa, poi: è tutto normale, si tratta solo di assecondare i propri impulsi (sia Chiara che Bigiaretti sono stati immensamente sopravvalutati come scrittori e hanno goduto, qualche decennio fa, di un periodo di immeritata fama presso i critici, e di una ancor più immeritata popolarità fra i lettori, senza dubbio perché erano politicamente corretti, cioè dicevano le cose che, all’epoca, era "moderno" dire, e anche ostentare). L’uomo moderno è tipicamente grossolano appunto perché ha eretto i propri impulsi a signori e padroni della sua vita. E se non basta la letteratura, prendiamo pure gi esempi dalla vita vera: cosa c’è di più grossolano di un importante uomo politico, come Romano Prodi, il quale, nel bel mezzo del sequestro Moro, non trova di meglio da fare, per passare un noioso pomeriggio di pioggia, che imbastire una seduta spiritica (lui, cattolico d.o.c.!) coi suoi amici, seduta durante la quale sarebbero venute fuori delle curiose indicazioni circa il covo delle BR in cui era tenuto prigioniero il leader democristiano? Almeno, questo è quello che lui stesso ha avuto la bontà di raccontare ai giornalisti. È immensamente grossolano, oltre che sacrilego, che una cantante rock alquanto trasgressiva abbia scelto per sé, come nome d’arte, quello di "Madonna"; ed è grossolano, oltre che sommamente inopportuno, che una suora se ne vada in giro a cantare, a ballare e a incidere dischi, stando sempre sotto i riflettori e scimmiottando i gesti e le smorfie che tanto piacciono al mondo, invece di votare la sua esistenza al ritiro, al servizio religioso e alla preghiera. E se quella vita non le piace, chi l’ha costretta a farsi suora? Ed è grossolano che un’altra suora, spagnola in questo caso, parli alla televisione di tutto e di più, e dica che Maria Vergine faceva sesso con San Giuseppe "come tutte le coppie normali" (come se la scelta della verginità fosse un qualcosa di anormale e di patologico: a tanto siamo arrivati): grossolano e blasfemo. Ma tant’è: queste sono le cose che strappano le simpatie del pubblico, oggi, e questa è la chiesa grossolana, o meglio la contro-chiesa diabolica, che si è sostituta, come un fungo velenoso, strisciando e dissimulando, a quella vera. Diabolica, si fa per dire: si sa che il diavolo non esiste, che è solo una metafora del male: lo dice, con somma grossolanità (e con aperta eresia) il generale dei gesuiti. E chi se ne frega della coerenza, del pudore e dell’onestà intellettuale: non è più vero ciò che è vero, ma è vero ciò che va a genio alla massa, ciò che piace e che rende popolari.
E che dire di un presidente del Consiglio dei ministri che, dopo aver tenuto a battesimo un governo, secondo le indicazioni uscite dalle urne, pochissimi giorni dopo aver dovuto dimettersi, perché non aveva più la maggioranza, forma un nuovo governo orientato politicamente in maniera del tutto opposta al precedente, e perciò anche un maniera diametralmente opposta alle indicazioni dei cittadini elettori? E dopo aver detto che, per lui, l’esperienza politica finiva lì, appunto con le sue dimissioni? Che dire di un personaggio così, che in Europa, a Bruxelles, ci va per chiedere consigli alla cancelliera Merkel su come sbarazzarsi dei suoi scomodi vice primi ministri, e specialmente di uno dei due, quello di gran lunga più in sintonia con il popolo italiano? Oppure che dire di un esponente di un partito politico italiano che accetta una importante carica nel governo di un Paese straniero, la Francia di Macron? Un po’ squallido, non è vero? E soprattutto tanto, tanto grossolano…
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