
Dobbiamo auto-educarci ripartendo da zero
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Se guardi a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà te
2 Settembre 2019Ogni tanto, quando si ha un po’ di tempo, sarebbe altamente utile sfogliare i libri di testo delle scuole superiori per vedere come e fino a che punto proceda, inesorabile, l’opera di omologazione intellettuale volta a far sì che i giovani non siano in grado di capire e di pensare con la propria testa, ma pensino il reale all’interno delle categorie preconfezionate dalla cultura mainstream. Particolarmente significativi, in questo senso, sono i testi di storia della filosofia, che più esplicitamente mettono a nudo le radici ideologiche del problema. Quale problema? E perché l’insegnamento scolastico da impartire alle nuove generazioni dovrebbe essere un problema? Il problema è quello che non li si vuole abituare a pensare da uomini liberi; e che l’insegnamento scolastico, invece di essere il luogo del loro risveglio intellettuale, diventa il luogo del loro addormentamento — che, in moltissimi casi, è definitivo. Vale a dire che un ragazzo di liceo, condizionato a pensare e a vere la realtà in un certo modo, da adulto non riuscirà più, salvo casi eccezionali, a togliersi la benda dagli occhi e tornare a vedere le cose per quello che sono, e non per quello che è stato addestrato a vedere in esse.
Questa volta ci è capitato di posare la mano sul testo Pensiero in movimento di Maurizio Ferraris, e precisamente sulle pagine dedicate alle Prospettive filosofico-teologiche del Novecento, specie là dove si parla del pensiero di Hans Küng, dopo aver ampiamente illustrato quello di Maritain, Bultmann, Bonhoeffer e dei "teologi della liberazione", ma, si capisce, senza neanche aver fatto il nome di Romano Amerio, Michele Federico Sciacca, Cornelio Fabro e Thomas Tyn. Perché i giovani, si sa, devono saper tutto della cultura progressista e ignorare completamente che esiste anche un’altra tendenza culturale, la quale non è progressista perché si riallaccia al pensiero dell’Essere e quindi alla tradizione, e non a quello della storia, del progresso, della ragione, della scienza, dei diritti o delle mode che via via si succedono sul teatro del mondo. Ed eccone qualche estratto (Torino, Paravia, 2019, vo.. 3, B, pp.162-163):
Figura di spicco del panorama intellettuale mondiale, Küng è considerato uno dei massimi teologi del Novecento: è stato consulente teologico durante il Concilio Vaticano II e docente di teologia dogmatica presso l’Università di Tubinga fino al 1979, quando, in seguito a posizioni giudicate inconciliabili con la dottrina cattolica ufficiale, (come la critica al dogma dell’infallibilità del papa) gli è stata ritirata la licenza d’insegnamento.
Nonostante questo duro scontro con la Chiesa, Küng ha proseguito la sua attività di saggista, conferenziere e docente universitario, ed è tuttora presidente di "Weltethos" (in tedesco, "Etica mondiale"), una fondazione internazionale istituita nel 1993 e volta a promuovere il DIALOGO TRA LE RELIGIONI, finalizzato alla ricerca di un’ETICA COMUNE e alla costruzione della PACE MONDIALE (…)
Secondo Küng, per essere autenticamente cristiani in un’epoca segata dal pluralismo religioso e culturale, è necessario adottare una PROSPETTIVA ECUMENICA. La parola ECUMENISMO indica innanzitutto il progetto di un superamento delle divisioni che contrappongono le diverse confessioni cristiane, ma in senso più ampio anche il progetto di un confronto inter-religioso, che metta in dialogo il cristianesimo con le altre religioni del mondo.
Dal punto di vista teorico, la prospettiva ecumenica di Küng (sviluppata fin dal 1957) si basa su uno studio analitico del cattolicesimo e delle diverse forme di protestantesimo: il confronto puntuale tra queste diverse confessioni religiose porta il teologo svizzero ad affermare che le DIFFERENZE sono IRRILEVANTI RISPETTO AI PUNTI IN COMUNE. Il nucleo autentico del cristianesimo, ossia il messaggio di Cristo, è infatti condiviso da tutte le confessioni cristiane, e può costituire la base per una nuova TEOLOGIA ECUMENICA CRISTIANA.
Küng estende poi progressivamente la prospettiva ecumenica dal cristianesimo a tutte le maggiori religioni mondiali, nella convinzione che il dialogo e la ricerca di elementi comuni possa essere allargato, trasformandosi in DIALOGO INER-RELIGIOSO e, di conseguenza, nella costruzione di una RELIGIONE ECUMENICA, ossia di una posizione religiosa nella quale tutte le differenti religioni possano riconoscersi. (…)
Pur nella loro specificità, le diverse religioni possono infatti "conferire valore a fondamentali MASSIME DI ELEMENTARE UMANITÀ, con autorità e forza di convinzione ben diverse da quelle dei politici, dei giuristi e dei filosofi" ("Progetto per un’etica mondiale"). Alcune di queste massime sono: non uccidere, non mentire, non rubare, rispetta i genitori, ama i figli. La pace nel mondo potrà essere raggiunta soltanto a condizione che tutte le religioni accolgano e promuovano tali massime universali, cooperando così per superarte le barriere che le separano e dando vita a un’ETICA MONDIALE, condivisibile da tutti gli esseri umani.
Né il pensiero teologico di Hans Küng, alquanto sciatto e banale, oltre che eterodosso (cfr. il nostro articolo: Hans Küng: cattivo teologo e seminatore di confusione, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 16/11/15 e ripubblicato su quello dell’Accademia Nuova Italia il 12/01/18), né la lettura che ne fa Maurizio Ferraris, altrettanto piattamente conformista e politically correct, meriterebbero un particolare approfondimento, se non che, in questa pagina di prosa, sono concentrati due aspetti della nostra crisi culturale che qui trovano particolare evidenza, e che perciò si prestano in modo speciale a una specifica riflessione. Il primo è la perfetta coerenza che esiste fra l’eresia e l’apostasia della contro-chiesa odierna, capeggiata dal signor Bergoglio, e le posizioni eterodosse e disonestamente contrabbandate per cattoliche da teologi come appunto Hans Küng, il quale fin dal 1957 utilizzava la cattedra di una facoltà universitaria per spargere a piene mani il veleno di un falso ecumenismo e di un dialogo che altro non era se non la premessa — e ora lo stiamo vedendo — di un superamento del cattolicesimo, anzi dell’intero cristianesimo in favore del progetto finale dell’instaurazione di un’etica mondiale, nella quale devono sciogliersi felicemente tutte le religioni. Il secondo aspetto è di tipo didattico: il modo in cui viene presentato agli studenti il pensiero di Hans Küng, dietro le apparenze di un’esposizione pacata e oggettiva, è un vero e proprio concentrato di luoghi comuni, pregiudizi e prevenzioni di stretta marca progressista. Tuttavia, siccome i progressisti, notoriamente, sostengono di non avere nel loro DNA alcun pregiudizio (insomma di essere nati esenti da questa tabe, un po’ come la Vergine Maria è nata esente dalle conseguenze del Peccato originale), e anzi che la loro ragione sociale è proprio la lotta contro i pregiudizi altrui, alla fine essi risultano liberi di dire qualunque cosa, anche la più opinabile, la più gratuita e la più bislacca, senza doverne render conto ad alcuno, perché se qualcuno li contesta, quel qualcuno non può essere che un reazionario e un "fascista", e quindi le sue obiezioni non hanno valore. In questo modo, da settant’anni, la cultura mainstream, progressista e di sinistra, nonché debitamente antifascista, antirazzista, antimperialista e antiborghese, gioca e vince facile, in regine di monopolio, con la sistematica complicità dell’arbitro, senza doversi prendere neanche il disturbo di rispondere alle obiezioni; mentre se qualcuno si azzarda a muovere delle critiche, deve stare molto attento a non beccarsi una denuncia penale per diffamazione, o per istigazione all’odio, o per razzismo, o per omofobia, o per transfobia (esempio classico: nutrire qualche perplessità sul fatto che Luxuria sia la persona più adatta e qualificata per parlare di educazione sessuale negli asili, nelle scuole elementari o anche alla televisione, ma rivolgendosi ad un pubblico di bambini), o per qualche altra ragione dello stesso tenore.
Vorremmo essere molto chiari, a scanso di possibili equivoci: quel che stiamo contestando, adesso, non è il giudizio di merito che si vuol dare di un determinato pensatore: nel caso specifico, il teologo ex cattolico Hans Küng. Benché sarebbe cosa opportuna, per chi scrive un libro di testo sulla storia della filosofia ad uso dei licei, destinato cioè a dei ragazzi dai quindici ai diciannove anni, osservare il più possibile una certa obiettività metodologica, non contestiamo il fatto che all’autore possa piacere quel certo autore, e che pertanto ne delinei un quadro simpatico e accattivante, dai toni fortemente elogiativi. No, il punto non è questo: dopotutto, ciascuno ha il diritto di avere le proprie simpatie e antipatie. Il punto è che chi si rivolge ai giovani, e specialmente agli studenti, deve anzitutto dar loro gli strumenti del pensiero critico; dopo di che, appunto grazie a quegli strumenti di ragionamento, il ragazzo potrà fari un’idea e accettare, o non accettare, le simpatie o le antipatie dell’autore del libro, come pure quelle del suo professore (il quale ultimo, se ha scelto proprio quel testo, evidentemente è in sintonia con l’autore). Ora, il problema è appunto il monopolio che la cultura progressista esercita ovunque, scuola compresa, anzi, proprio a partire dalla scuola: ciò che le dà il modo di esercitare un condizionamento quasi permanente sui futuri cittadini adulti. Ma per non restare nel vago, facciamo qualche osservazione puntuale sulla paginetta che abbiamo testé riportato.
Figura di spicco del panorama intellettuale mondiale, Küng è considerato uno dei massimi teologi del Novecento. Questa non è una esposizione oggettiva, ma è una valutazione personale: molto opinabile perché frutto di un giudizio molto generoso, per non dire gonfiato. Si vuol far passare Küng per un gigante: ma la verità è, e non temiamo smentite nel dir questo, che a petto di autentici giganti della teologia e della filosofia cattoliche, come Josef Seifert o il defunto Robert Spaemann, la sua statura appare piuttosto quella di un pigmeo.
È stato (…) docente di teologia dogmatica presso l’Università di Tubinga fino al 1979, quando, in seguito a posizioni giudicate inconciliabili con la dottrina cattolica ufficiale (come la critica al dogma dell’infallibilità del papa), gli è stata ritirata la licenza d’insegnamento. Vale a dire, ha usurpato una cattedra per insegnare il contrario di ciò che avrebbe dovuto come teologo cattolico, venendo meno a un elementare dovere di correttezza sia verso la Chiesa, sia verso gli studenti. Bisogna sempre presentarsi per quel che si è: se si è cattolici, ci si attiene alla dottrina cattolica; se no, ci si deve presentare in altra veste. Non esiste una dottrina cattolica "ufficiale" e, accanto ad essa, delle altre dottrine cattoliche: la dottrina cattolica è una ed una sola. Chi la osserva è cattolico, chi la rifiuta non lo è. Dunque, chiariamo l’equivoco: Hans Kung non è stato un teologo cattolico, bensì un teologo non cattolico, tecnicamente un eretico, che ha spacciato per cattoliche idee destiate a influire sulla mente dei suoi studenti e a dare, nel corso del tempo, i loro frutti. E i frutti si vedono ora: fra essi, spicca il documento di Abu Dhabi, che è la sintesi perfetta delle idee di Hans Küng. Idee che vengono dal bagaglio del relativismo, dell’illuminismo, della massoneria, del modernismo e non dalla tradizione cattolica, meno ancora dall’insegnamento della Chiesa.
Nonostante questo duro scontro con la Chiesa, Küng ha proseguito la sua attività di saggista, conferenziere e docente universitario, ecc. Qui il teologo svizzero viene presentato come un campione indomabile delle proprie idee, che non rallenta, ma anzi moltiplica il proprio impegno culturale, "nonostante il duro scontro con la Chiesa". Forse chi ha scritto queste righe aveva in mente altri secoli e altre situazioni. Hans Küng non è stato né un Giordano Bruno, né un Tommaso Campanella. Il "duro scontro" di cui parla si è limitato al ritiro dell’abilitazione all’insegnamento nelle facoltà cattoliche. Cosa perfettamente logica: come può pretendere di conservare una cattedra cattolica (con relativi stipendio e privilegi) chi non è cattolico?
Secondo Küng, per essere autenticamente cristiani in un’epoca segata dal pluralismo religioso e culturale, è necessario adottare una PROSPETTIVA ECUMENICA. Osserviamo che già la premessa di questa affermazione è falsa: chi lo dice che la nostra epoca è segnata dal pluralismo religioso e culturale più di quanto lo fossero, ad esempio, il Vicino Oriente ellenistico, o il Mediterraneo in epoca carolingia? Detto così, si dà l’impressione che la conclusione, che è necessario adottare una prospettiva ecumenica, sia perfettamente logica e naturale, mentre non lo è affatto. Sembra che se c’è il pluralismo religioso, si debba per forza costruire una prospettiva ecumenica, da cui scaturirà un’etica mondiale, la quale, a sua volta, condurrà alla pace mondiale. Una serie di passaggi gratuiti, non dimostrati, sui quali appunto sarebbe stato necessario soffermarsi a riflettere. Se per pluralismo s’intende la coesistenza pacifica, armoniosa e felice delle varie religioni, allora il risultato della pace mondiale sarebbe già stato realizzato, il che invece, manifestamente non è; tuttavia, un simile pluralismo nessuno lo ha mai visto nel corso della stria. Dove ci sono diverse religioni, ci sono sempre stati conflitti o, al massimo, totale indifferenza reciproca, come nell’India dei Moghul. E quanto alla coerenza, che dire di un teologo cattolico che auspica la dissoluzione del cattolicesimo?
Fonte dell'immagine in evidenza: RAI