Te la do io la democrazia
30 Agosto 2019Nani o giganti?
1 Settembre 2019Ciascuno ha la patria che si merita e i padri nobili che si è scelto. Il filosofo-simbolo del politically correct e del pensiero mainstream (anche se spacciato, chi sa come, per anticonformista), onnipresente sugli scherni televisivi da moltissimi anni a questa parte, Massimo Cacciari, davanti alla chiusura dei porti decisa dal defunto governo Conte prima maniera, nei confronti dell’invasione afro-islamica dell’Italia, ha detto di vergognarsi d’essere italiano. Padronissimo. Ora, peraltro, con il ribaltone di palazzo che ha portato, nel giro di poche ore, lo stimato signor Nessuno, cioè il signor Conte, da capo di un governo giallo-verde, ossia, tecnicamente e politicamente, di centro-destra, sovranista ed euroscettico, ad aspirante capo di un governo giallo-fucsia, ossia, tecnicamente e politicamente, di sinistra, europeista e anti-sovranista, Massimo Cacciari e tutte le anime nobili come lui potranno tirare un sospiro di sollievo e tornare a sentirsi fieri d’essere italiani. A dimostrazione del fatto che, per le anime belle e nobilmente pensose della sinistra, piene di bontà e di spirito d’accoglienza verso chiunque voglia arrivare in Italia, in qualsiasi modo e in qualunque misura, essere italiani non è un dato originario della coscienza, ma una opzione ideologica: si sentono italiani se su palazzo Chigi sventola la bandiera della sinistra (la quale oggi è assai più rosa che rossa; assai più gay-friendly, specie se si tratta di gay danarosi e vogliosi di acquistare un bebè sul fiorente mercato degli uteri in affitto, che simbolo della classe lavoratrice), ma se su quel tetto garrisce un’altra bandiera, se in quel palazzo c’è un primo ministro che sta a capo di un governo di centro-destra, allora non solo non si sentono più italiani, ma si dolgono e si vergognano di esserlo, al punto che, per l’avvilimento e l’indignazione, si strapperebbero i capelli dalla perfetta messa in piega, nonché i peli della barba accuratamente tinta. Per cui bisogna prender atto di una verità forse sgradevole, ma inoppugnabile, e sappiamo che solo gli stupidi si mettono a litigare coi fatti: e cioè che la patria di quei signori, effettivamente, non è la nostra, anche se, in teoria e anche stando al passaporto, dovrebbe esserlo. Ma la differenza fra quei signori e quelli che la pensano come noi è quella che abbiamo detto: chi è davvero italiano lo è senza "se" e senza "ma"; chi è italiano solo quando al governo ci sono quelli della sua fazione, non è veramente italiano, ma è solo un opportunista cui andrebbe bene qualunque patria e qualsiasi nazionalità, perché per lui la patria non è un ideale e al tempo stesso una realtà concreta, per la quale, se necessario, si deve anche dare la vita, ma una fonte di vantaggi, diritti e privilegi e poi, se le cose non vanno per il verso giusto, una illustre sconosciuta che si può scaricare senza scrupoli, o perfino una matrigna che si può offendere e svillaneggiare impunemente.
C’è poi un altro aspetto della cosa, strettamente intrecciato con questo: il fatto che gli "italiani" col cuore a sinistra non solo si sentono veramente italiani solo se l’Italia naviga secondo la rotta che piace a loro, e se al timone e sul ponte di comando ci sono i loro compagni di partito, ma inoltre, nel loro furore giacobino e internazionalista (senza aver capito che oggi l’internazionalismo proletario è stato rimpiazzato dall’internazionalismo finanziario, del quale loro, proprio loro, sono divenuti il maggiore pilastro), fremono dalla voglia di mettersi a disposizione del potere straniero che più si avvicina alla loro visione ideologica, perché da esso attendono gli aiuti coi quali sconfiggere il nemico interno, cioè lo Stato italiano caduto nelle mani dei barbari della destra. Pertanto la sinistra italiana odierna si potrebbe a buon diritto definire il Partito dello Straniero: chiunque sia lo straniero, la Merkel o Macron, gli USA o la BCE, Soros o Bergoglio: l’importante è che sia uno straniero abbastanza forte da poter rovesciare i governi italiani che a loro non piacciono e che a loro giusto e insindacabile giudizio ritengono indegni — moralmente e storicamente — di governare. Anche se eletti dal popolo: e con buona pace di tutti i sacrosanti principi democratici, coi quali si riempiono continuamente la bocca, ma che in realtà per essi valgono sempre e solo se confermano le loro aspettative e rafforzano la loro posizione; ma in caso contrario, no.
Ai militanti del Partito dello Straniero, per esempio, non ripugna affatto fare il tifo per lo spread, quell’arma vigliacca inventata dalla BCE per tenere costantemente l’Italia sotto scacco e per impedirle non solo di appianare il suo debito (artificialmente creato), ma di tornare ad essere, come quando aveva la sovranità monetaria, una formidabile concorrente industriale e commerciale; e per ricattare o abbattere i governi italiani che, per una ragione o per l’altra, si mostrano anche solo moderatamente indocili ai voleri della BCE e osano, di tanto in tanto, levare qualche timido belato, qualche impercettibile miagolio di malcontento, se non proprio di autentica protesta, per le politiche di austerità che quei signori vorrebbero imporle, al solo scopo di depredarla impunemente, fino all’ultima industria e fino all’ultima riserva di risparmio privato. Lo si è visto, è un copione che si ripete. Ogni volta che il governo giallo-verde tentava di sottrarre, anche solo in parte, il collo al cappio della BCE, di levarsi un po’ la museruola, di far valere i diritti di una nazione indipendente e sovrana, il Partito dello Straniero si metteva a fare del terrorismo psicologico e ad ammonire che lo spread stava salendo, che bisognava tener d’occhio lo spread, che lo spread ci avrebbe puniti per la nostra indisciplina e inaffidabilità, e avanti con lo spread quale Angelo vendicatore dell’Apocalisse. Anche dentro il governo, si capisce; il ministro Tria ce l’hanno messo apposta per quello, mica perché sia il Mandrake dell’economia; e apposta per quello Mattarella non volle firmare la nomina di Savona: lo ricordate? E mai che quei signori si siano degnati, una sola volta, di ricordare che lo spread non è un dato oggettivo e corrispondente ad un fattore reale dell’economia reale, ma è solo una forma di pressione psicologica e finanziaria basata sul nulla; tanto è vero che in Francia, nei mesi delle proteste dei gilet gialli, c’è stata quasi una guerra civile, eppure lo spread non s’è spostato d’un decimale. Che cosa strana, non è vero? Talmente strana che dovrebbe finire sul Guinnes dei primati.
E dunque a noi sembra che la loro Italia, l’Italia asservita allo straniero, alle politiche straniere, alla finanza straniera, all’invasione straniera e alla religione straniera (oh, ma una religione di pace, chi lo metterebbe in dubbio?) dovrebbe avere una costituzione a parte, diversa da quella che ha la nostra Italia; un inno nazionale a parte, un presidente a parte, una magistratura a parte (ma che sbadati!; quella ce l’ha già; da dove vengono fuori procuratori come Luigi Patronaggio o giudici come la pro-Carola, Alessandra Vella, se non da quella loro Italia, di cui vanno tanti fieri, ma che noi non invidiamo loro affatto?). E, soprattutto, dovrebbe avere un padre nobile a parte, specifico e inconfondibile. E quale padre della (loro) patria più adatto a svolgere tale funzione, dell’eterno e divertentissimo Pulcinella, la maschera della commedia dell’arte creata in quel di Napoli ai primi del 1600 dall’attore Silvio Fiorillo, e definitivamente codificata e consacrata nella forma attuale a metà ‘800, dall’attore e commediografo Antonio Petito, magistrale e insuperato interprete della ormai celeberrima maschera partenopea? E quanto al santo protettore e modello di civiche virtù, quella loro Italia potrebbe benissimo scegliersi il maresciallo Pietro Badoglio, l’uomo del 25 luglio e poi dell’8 settembre 1943: due date nelle quali si è macchiato d’infamia imperitura davanti al mondo e ha trascinato l’intera nazione nella catastrofe e nella vergogna, ricevendone in cambio il potere, gli onori (senza gli oneri) e generosi riconoscimenti anche d’ordine materiale, che si sommarono a quelli già avuti dal regime fascista, del quale si acconciò ad essere il volonteroso becchino. Proponiamo pertanto che in tutti gli uffici pubblici, nelle scuole, nelle prefetture e nelle aule di giustizia siano poste, d’ora in poi, quale segno di riconoscimento dell’Italia che piace a quella sinistra la quale ha posto i suoi uomini di fiducia, nel corso degli anni e dei decenni, in tutti i gangli vitali dello Stato e della pubblica amministrazione, i ritratti affiancati di tre personaggi, simboli intramontabili delle "qualità" che tutti gli italioti progressisti dovrebbero possedere o, quantomeno, ammirare e venerare: Pulcinella, maestro di buffonate e facezie d’ogni genere, anche e soprattutto nelle situazioni più serie, tragiche o disperate del Paese; Pietro Badoglio, maestro di machiavellismi, d’ipocrisia, di doppiezza e tradimento, nonché sperimentato acrobata dell’arte di cadere sempre in piedi, anche dopo due o tre salti mortali consecutivi; e infine il buon nonnino, dolcissimo e filantropo, nonché mago della finanza, che egli usa solo per sostenere le buone cause, George Soros, nei cui vispi occhietti di ultramiliardario e speculatore mondiale di prima forza brilla, come tutti avranno certo notato, un’ineffabile luce di bontà, umanità e altruismo.
Mentre scriviamo, non sappiamo ancora — nessuno lo ha capito — come andrà a finire l’invereconda sceneggiata che dovrebbe portare dal defunto governo Conte al redivivo governo Conte bis, nel più fulgido stole andreottiano, anzi, diciamo pure, dotato di una spregiudicatezza cui nemmeno il divino Giulio avrebbe mai saputo pervenire. Non sappiamo se il governo Conte bis nascerà, sulle due gambe del PD e del M 5Stelle, ripartendosi equamente le poltrone e scongiurando il comune pericolo delle elezioni, da entrambi ugualmente temuto per l’evidente rischio, che è quasi una certezza, di non essere più rieletti e perdere (Dio non voglia!) la comoda e ben remunerata professione di parlamentari della Repubblica di Pulcinella, dopo tanti sacrifici e tanti sforzi fatti per raggiungerla. Quel che si può dire, allo stato attuale delle cose, è che la crisi politica dell’agosto 2019 riassume e compendia a meraviglia tutti i caratteri salienti della Repubblica di Pulcinella, gloriosamente fondata da Pietro Badoglio il 25 luglio del 1943 e passata, da allora, di disfatta in disfatta, cioè, volevamo dire, di vittoria in vittoria (per i poteri finanziari e politici stranieri), segnando le tappe inarrestabili del progressivo smantellamento della patria italiana (quella vera), della finanza italiana, dell’economia italiana, delle risorse italiane, della dignità italiana e della sovranità italiana, mentre il grande capitale straniero si compra i nostri gioielli di famiglia, uno dopo l’altro, pagandoli un pezzo di pane. Il tutto con il volonteroso contributo e con l’appoggio incondizionato del nostrano e magnifico Partito dello Straniero, da alcuni chiamato anche Partito dello Spread: e sarebbe una grande idea pubblicitaria quella di fondare un nuovo partito progressista, europeista, migrazionista e gay-friendly, chiamandolo, sul modello di Forza Italia, Forza Spread. Signor Conte, ne prenda buona nota, è un’idea che le regaliamo gratis per il prosieguo della sua brillante carriera. Per ora, quel che si può dire è che la sceneggiata d’agosto volge continuamente dal comico al laido, al grottesco, con un ritmo imprevedibile, come un turacciolo di sughero preso nei vortici della corrente. Come andrà dunque a finire: sul registro comico, su quello laido o sul grottesco? Perché gli elementi della tragicommedia ci son tutti. C’è un Signor Nessuno che aveva dichiarato, sino a ieri, che la sua esperienza politica di uomo senza un voto che ambisce però ai vertici della scena italiana, finiva con le sue dimissioni da primo ministro, e adesso lo si vede remare col vento in poppa verso traguardi sempre più ambiziosi, forte dei consigli di Angela Merkel e della doppia benedizione (caso pressoché unico a livello mondiale, e certo irripetibile) di Trump e di Bergoglio, i quali fra loro non è che si amino tanto. C’è un Piccolo Furbo che ha preso il timone del movimento grillino, lo ha condotto ai fasti del potere e adesso si mangia le unghie perché si è reso conto d’essersi scavato la fossa da solo, con il terzo incomodo incautamente invitato, Zingaretti, che vorrebbe la sua testa, e con la sua creatura, l’avvocato foggiano, che non muove un dito per difenderlo. E c’è un intramontabile Berlusconi che, sentendosi (ed essendo) l’eterno ago della bilancia, parla a nuora perché suocera intenda: chiede cioè il voto, ma non mira ad altro che a intrufolarsi in un eventuale governo di centro-destra, proponendosi come luogotenente di Francia e Germania (lui che fu cacciato e umiliato proprio dalla Merkel e da Sarkozy) ma che soprattutto mira a tutelare, come sempre, le sue fortune e soprattutto le sue amate televisioni: le quali per tutto questo tempo non hanno certo brillanto in difesa dei valori del centro-destra, tutt’altro, hanno spesso e volentieri unito la loro voce al coro della Rai infeudata al PD, e impenetrabile a qualsiasi vento di novità, Foa o non Foa, Salvini o non Salvini. Tutti hanno il loro tornaconto inconfessabile: personaggi che gli italiani erano ben lieti d’aver scordato, tornano alla grande, occupano gli schermi con le loro facce non amate da alcuno: le Boschi, i Delrio, i Franceschini, perfino i Renzi. Caspita! Valeva la pena di andare a votare, nel marzo del 2018, per ritrovarsi, un anno e mezzo dopo, con un governo di sinistra che è l’esatta negazione dei risultati di quel voto? Ma certo, un senso c’è, in tutto questo, e ce lo illustra la filosofia di Pulcinella, unita alla saggezza di Tomasi di Lampedusa: «Non preoccupatevi, cari italioti che continuate a sperare e pazientare; ridete pagliacci, non c’è niente di vero e niente di serio in quel che sta accadendo sul palcoscenico della democrazia nostrana». Infatti, perché tutto possa restar come prima, è necessario sollevare un po’ di polvere, spostare qualche sedia, fare un po’ di chiasso e poi… ci troveremo come nuovi ministri la Boldrini, la Cirinnà e quasi certamente la Bonino! Credevate forse che Soros spenda i suoi quattrini gratis ed amore Dei, senza pretendere di vedere uno straccio di risultato?
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