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Ci serve una gigantesca opera di disintossicazione

La qualità della nostra vita è così scadente, e la nostra salute psico-fisica ne risente in maniera così diretta, fondamentalmente per una ragione precisa: siamo intossicati per avere immesso nella nostra mente, nel nostro spirito e nel nostro organismo fisico una quantità spaventosa di elemento tossici, deleteri, incompatibili con l’equilibrio, l’armonia e la salute. In pratica, siamo intossicati allo stesso modo in cui lo è un mangione o un ghiottone, il quale, pur essendo in sovrappeso, non si alza mai da tavola finché non è sazio fino a sentirsi scoppiare lo stomaco e che, per giunta, si rimpinza di cibi grassi, unti, fritti nell’olio o nel burro, e consuma grandi porzioni di carne di qualità scadente, ampiamente estrogenata, e innaffia il tutto con vino fatturato di poco prezzo, o, peggio ancora, di Coca-Cola o simili bevande altamente nocive alla salute. Ora, lasciando da parte, in questa sede, il discorso sulla salute fisica (benché sia di fatto impossibile tracciare una netta linea di separazione fra la salute fisica e quella mentale o spirituale), e limitandoci alla dimensione interiore, è chiaro che così come le cattive abitudini alimentari, o igieniche, o l’indulgere al vizio del fumo, o a quello del’alcool, o addirittura la dipendenza dalle droghe, provocano seri danni e compromissioni alla salute del corpo, allo stesso modo le cattive abitudini intellettuali e morali finisco per intossicare e compromettere seriamente l’equilibrio interiore, la lucidità della mente e la trasparenza dell’anima, creando, un poco alla volta, una opacità, una pesantezza, una confusione e una rilassatezza generali, per cui l’individuo finisce per degradarsi, per perdere il dominio di se stesso e per lasciarsi rende schiavo dalle pulsioni più basse e dagli istinti più egoistici e selvaggi. Ora, sappiamo bene, perché lo vediamo tutti i dì e in ogni circostanza possibile, che la cultura moderna, la cultura mainstream, non solo giustifica e approva, ma loda incondizionatamente tutto ciò che equivale a una trasgressione, a una rottura dell’ordine esistente, a una ricerca spasmodica di nuove esperienze, di nuove gratificazioni e di nuovi piaceri; sappiamo bene che essa li definisce elementi di libertà e di autonomia dell’individuo, mentre deride, al tempo stesso, e squalifica completamente i comportamento virtuosi, sani, normali, conformi al buon senso, alla tradizione e all’ordine morale. E l’arroganza degli esponenti della cultura odierna si spinge fino al punto di fare l’apologia della perversione, fino a sostenere che non c’è nulla di male nella pederastia e nella pedofilia, e che non vi è amore più bello, né "matrimonio" più ammirevole, di quello fra due persone dello stesso sesso; che l’aborto è un sacro diritto della donna e l’eutanasia un sacro diritto della persona; e che non c’è nulla di più turpe, di più marcio, di più trogloditico, autoritario e fascista della famiglia "tradizionale", cioè della normalissima famiglia formata da un uomo, una donna e, possibilmente, dei bambini nati dal loro reciproco amore. Se possibile, non quando la donna ha sessant’anni, con delle tecniche di fecondazione assistita, e preferibilmente non con lo sperma del marito morto dieci ani prima e conservato in congelatore. E, sempre se possibile, neppure sfruttando l’utero di madri, figlie o sorelle della donna che desidera provare le gioie della maternità; e meno ancora l’utero di madri, figlie o sorelle di un uomo che vuole provare lui pure le gioie della paternità o magari della maternità, qualora si tratti di un omosessuale che vive con un altro uomo svolgendo il ruolo di moglie di costui. A tanta arroganza, a tanta diabolica perversione del più naturale e istintivo buon senso, a tanta degenerazione dell’intelligenza, della morale e del decoro, non vi è che una risposta possibile: staccare la spina di tutti i ripetitori di siffatte aberrazioni e smettere di alimentare la propria mente e il proprio spirito con una siffatta contro-educazione, che un po’ alla volta sovverte la giusta percezione delle cose e spinge le persone, mediante la tecnica della "finestra di Overton", a incapricciarsi e desiderare le cose più orripilanti e mostruose, e che lei stessa giudicava tali. prima di subire la lenta ed occulta opera di lavaggio del cervello.

In fondo, la cosa è molto semplice. Se uno si accorge che sta bevendo dell’acqua inquinata, continuerà a berla come se nulla fosse? E se uno si accorge che sta respirando l’aria contaminata dagli antiparassitari dell’uva, continuerà beato la sua passeggiata tra i filari del vigneto? E se un altro nota che l’assunzione di un certo farmaco gli provoca dei pesantissimi effetti collaterali, delle allergie, delle ulcere, delle forme d’intossicazione, o la diarrea, o l’emicrania, continuerà ad assumere quel farmaco senza darsene per inteso e senza rivolgersi al suo medico di fiducia per avere schiarimenti su quel che gli sta capitando? Per tornare sul piano della dimensione morale: cosa diceva Gesù Cristo nei confronti delle tentazioni? Non diceva forse di strapparsi l’occhio, o la mano, o il piede, che danno scandalo all’uomo, cioè che provocano in lui dei desideri impuri? Non ricordava forse che è meglio entrare orbi, monchi e zoppi nel Regno di Dio, piuttosto che finire tutti interi nel profondo della Geenna? Proprio così: ce n’eravamo scordati? Probabilmente sì. A forza di sentire uomini di "chiesa" (con la minuscola e fra virgolette; per non dire della contro-chiesa massonica e diabolica), come James Martin, che essere gay è perfettamente o.k., e che si può essere anche santi e al tempo stesso tempo felicemente e orgogliosamente gay; o come Sosa Abascal, che nega l’esistenza del diavolo e mette in dubbio tutto quel che Gesù ha detto e fatto, non essendovi all’epoca registratori per riportare fedelmente le sue parole; o come il falso papa argentino che bestemmia contro la Santissima Trinità e si preoccupa sempre e solo dei migranti, del clima e dell’Amazzonia, coi suoi stregoni e i suoi culti animisti e feticisti, e mai dell’anima e della vita eterna, e soprattutto mai di Gesù Cristo, Figlio di Dio e solo Redentore del mondo; e don Corazzina che vorrebbe benedire le nozze delle coppie omosessuali, e don Carrega che si prodiga in corsi di affettività per tali coppie, e monsignor Bagnasco che vieta formalmente le preghiere di riparazione per il Gay-Pride, e tratta da appestati quei cattolici che le vorrebbero recitare: a forza di sentirsi dire tali cose e di assistere allo smantellamento capillare, sistematico, implacabile, di tutto l’edificio della dottrina e della morale cattoliche, per vederle sostituite da una dottrina sincretista e panteista e da una morale relativista e libertina, anche il credente più saldo nella propria fede incomincia a vacillare, a perdere la bussola, a smarrire i giusti punti di riferimento e a scivolare nel pantano e nell’oscurità della contro-civiltà moderna, nata per dispiacere a Dio e per trascinare gli uomini nel vizio, lontani da Lui e lontano anche da se stessi, dalla loro natura più autentica; se è vero, come è vero, che l’uomo senza Dio è una creatura incompleta, miseramente amputata, e quindi irrisolta, infelice e travagliata da mille angosce.

E infatti: non è forse vero che gli uomini moderni, dopo aver voltato le spalle a Dio e proclamato orgogliosamente la loro emancipazione, e dopo aver inseguito tutti i piaceri e tutti gli istinti, e soddisfatto tute le pulsioni, anche le più anormali, le più aberranti, le più mostruose (pedofilia, incesto, parricidio, satanismo, sacrifici umani) così, per puro gusto della trasgressione, per la maligna soddisfazione di calpestare i limiti della morale, devono poi pagare un prezzo pesantissimo ricorrendo alle cure di psicologi che non li possono aiutare, di psichiatri che non li possono guarire, e di psicanalisti che peggiorano e aggravano i loro mali, le loro nevrosi, i loro nodi contorti, che neppure un Alessandro Magno potrebbe sciogliere a colpi di spada? Sì, certo: quando ci si ribella contro Dio, quando si calpesta l’ordine morale naturale, c’è sempre uno scotto da pagare: nessuno può illudersi di fare tali cose e poi vivere un vita serena, e dormire sonni tranquilli. Ribellarsi a Dio e calpestare l’ordine morale naturale significa scatenare le forze dell’inferno, attirare su di sé mille fantasmi spaventosi, mille demoni bramosi di distruzione: significa andare incontro alla propria auto-distruzione e al proprio suicidio morale. Come scrive San Paolo, con implacabile chiarezza, nella Lettera ai Romani (1, 24-32):

Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d’una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa.

E Gesù stesso, con una chiarezza, se possibile, ancor maggiore (Luca, 13, 24-27):

Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete. Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d’iniquità! 

Altro che tutti salvi, tutti perdonati, tutti redenti, come insegnano falsamente Bergoglio e i suoi accoliti. Niente affatto: ci sarà una selezione; tutti grideranno: Signore, Signore!; ma Lui risponderà: Chi siete? Non vi conosco!

Ciò di cui abbiamo bisogno, pertanto, è di prendere le distanze dal male; di disintossicare le nostre menti e le nostre anime dal veleno del disordine morale e intellettuale che sta guastando l’intera società; che riconosciamo e ci teniamo alla larga dai falsi maestri, dai falsi pastori e da tutti gli uomini e le donne che sfruttano la loro popolarità per diffondere idee e stili di vita dissoluti, aberranti, nichilisti. Bisogna fare attenzione: non sempre il male si presenta in vesti squallide, scostanti, antiestetiche, come sempre più spesso capita con i divi e le dive del rock, o con i rapper da discoteca; a volte si presenta come raffinato e patinato, perfino dolce. Ricordate la canzone Imagine, di John Lennon? Tutti la cantavano, tutti l’ammiravano: quelle note dolci, quella musica suadente, quelle visioni idilliche di una società futura. Ma che cosa diceva, quel testo? Auspicava una società senza più stati, senza più confini, senza più religioni, senza più identità: esattamente quel che si sta verificando oggi; e ormai possiamo vedere che non si tratta di un ritorno al paradiso terrestre, ma di un viaggio verso l’inferno, il nostro inferno. Perdere l’identità e rigettare i valori che ci hanno tramandato i nostri genitori e i nostro nonni equivale al suicidio, sia in senso metaforico che in senso letterale. E infatti: ci stiamo suicidando, ci stiamo estinguendo. Alleviamo cani e gatti e non amiamo più i bambini, non li vogliamo più; diciamo che sono troppo impegnativi, che il mondo in cui viviamo è troppo complicato per metterli al mondo. In compenso, propagandiamo l’amore omosessuale e le nozze omosessuali, quasi a compensare lo scandalo dell’aborto e l’orrore dell’eutanasia. E contemporaneamente, importiamo milioni di stranieri, quasi tutti provenienti da culture incompatibili con la nostra, da religioni inconciliabili coi nostri valori, da stili di vita che mai e poi mai si possono amalgamare con i nostri. Perché lo facciano? Perché, inconsciamente, abbiamo deciso di non sopravvivere. E lo abbiamo deciso contro i nostri figli, contro le generazioni a venire. Non abbiamo compreso che trasmettere la vita, di generazione in generazione, non è una scelta, ma un dovere: come noi l’abbiamo ricevuta dai nostri genitori, così i nostri figli, anche quelli ancora non nati, hanno il diritto di riceverla da noi. Chi si sottrae a questo dovere, a meno che vi siano realmente delle forti e giustificate motivazioni, è un disertore. Questa che stiamo vivendo è una battaglia, non è un pic-nic; e per vincere le guerre bisogna innanzitutto avere i soldati. Dove sono i soldati pronti a morire per difendere i nostri valori, le cose che amiamo e nelle quali crediamo? Il fatto è che non crediamo più in niente e non amiamo più nulla e nessuno, tranne noi stessi; e neppure a noi stessi, in fondo, vogliamo davvero bene, anzi coltiviamo un odio segreto contro noi stessi. È l’odio che si spinge a detestare e ad aborrire tutto ciò che ci qualifica, che ci identifica: il genere sessuale, la patria, la religione, i valori morali, specialmente quelli che la tradizione ci ha affidato in custodia con amore, e che a noi sembrano catene, strumenti di tortura, rimasugli del passato. Di quei valori sovente ridiamo, sghignazziamo. Si osservino i cachinni sguaiati e scomposti della parlamentare Cirinnà durante il discorso al Senato del ministri Salvini, il quale parlava della propria fede religiosa anche come un valore comunitario da difendere (vedi qui: https://youtu.be/dVHIil3PaKA). Vi è in essi qualcosa d’inquietante e d’inumano: quasi di satanico…

Fonte dell'immagine in evidenza: Wikipedia - Pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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