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Due opposte filosofie per ristabilire la salute

Ci sono due filosofie opposte riguardo al ripristino della salute dell’organismo. Una punta ad aggredire la malattia, a combatterne i sintomi e a rimuovere le patologie mediante l’introduzione di sostanze di per sé velenose — antibiotici, antivirali, antimicotici -, o di vaccini, o di composti chimici che alterano le normali funzioni fisiologiche, o mediante la chirurgia che, nei casi estremi, amputa le parti malate del corpo, peraltro non sempre riuscendo ad arrestare il progresso delle infezioni o di altre patologie degenerative. L’altra filosofia punta non ad aggredire la malattia con interventi esterni più o meno massicci e invasivi, ma a preservare o a ripristinare la salute dell’organismo mediante i principi fondamentali della vita stessa, partendo dall’assunto che la salute è premio a se stessa e che l’organismo, se posto nelle condizioni naturali di esistenza, possiede in sé gli strumenti e le risorse per auto-regolarsi e quindi anche per ripristinare il suo equilibrio ottimale. Questa seconda filosofia fa notare, in particolare, che è assurdo intervenire con potenti agenti esterni su una patologia, quando l’organismo è costantemente iperstimolato da una condotta di vita innaturale, tale da compromettere la normale funzionalità degli organi e da alterare il suo spontaneo equilibrio vitale. E la distorsione mentale di questo approccio è tale che perfino nel pieno del processi patologici l’organismo non viene sottoposto a una sana disciplina, ma lasciato libero di indulgere a stili di vita disordinati, come, per esempio, continuare ad assumere cibi sostanziosi, grassi e proteine animali, e magari anche tabacco e alcolici, nel corso di una terapia antibiotica o di una convalescenza post-ospedaliera. Ora, la filosofia della medicina naturale parte dal presupposto che l’organismo, qualunque organismo, è fatto per la salute e non per la malattia; e che l’insorgenza di disturbi e disfunzioni patologiche è provocata da comportamenti e stili di vita che alterano il suo equilibrio naturale, saggiamente e istintivamente stabilito da madre natura. Un modo di vita disordinato e totalmente artificiale ha quasi spento, in moltissime persone, l’istinto infallibile che consiglia all’organismo certi comportamenti e certi stili e sconsiglia vivamente certi altri, sicché esse sono regredite al livello di bambini piccoli, incapaci di regolarsi e d’interpretare nella maniera corretta i segnali evidenti che il corpo manda alla mente per tenerla informata dei suoi problemi e delle sue necessità. Per fare un semplicissimo esempio: il corpo ci informa che stiamo indulgendo a un pasto troppo abbondante e troppo pesante, del tutto sproporzionati alle nostre necessità e al consumo di calorie che abbiamo affrontato nel corso delle ore precedenti; per cui, se non lo ascoltiamo e poi siamo vittime degli effetti di una indigestione, dai più lievi, come emicranie e insonnia, ai più grossi, fino alla necessità di una lavanda gastrica, non possiamo dire che esso non abbia fatto il suo dovere e non ci abbia avvisati per tempo. È come quando si vede il semaforo giallo e tuttavia si preme sull’acceleratore per passare ugualmente all’incrocio, a qualsiasi costo: abbiamo ignorato il segnale di pericolo e perciò dobbiamo assumerci la responsabilità delle eventuali conseguenze. Vi sono perfino di quelli che vogliono passare anche col semaforo rosso, magari scommettendo sulla scarsità del traffico nelle ore notturne: in quel caso più che di azzardo, bisogna parlare d’incoscienza suicida. E tale è anche il comportamento di quelle persone le quali, pur sapendo di essere affette da una determinata patologia, ad esempio il diabete, non resistono alla tentazione di mangiare dolci, oppure affette da gravi malattie respiratorie, le quali non sanno rinunciare al vizio del fumo, e vanno così incontro a disturbi certi e assolutamente inevitabili, dei quali erano perfettamente consapevoli. Questo ci porta a un’ulteriore considerazione: la filosofia che cura le malattie con la prevenzione e con il ripristino delle funzioni naturali dell’organismo mediante stili e comportarti del pari naturali, ad esempio il digiuno, richiede un certo grado di maturità e di consapevolezza e, in particolare, richiede la coscienza che nessuno, meglio di noi stessi, può farsi carico del mantenimento della nostra salute; ed è estremamente puerile invocare l’intervento di medici e medicine se non si è disposti a mutare sistema di vita.

Dunque, la prima cosa da fare per conservare il bene prezioso della salute è astenersi da tutti quei comportamenti e da tutte quelle abitudini, segnatamente le abitudini alimentari, che non vanno assolutamente d’accordo, anche alla luce del semplice buon senso, con uno stile di vita sano; nostro nonno diceva, scherzosamente ma con maggiore serietà di quel che possa sembrare: Se te vol star ben, non sta’ a inmalarte. Nostro nonno era un po’ filosofo: non aveva studiato filosofia all’università o sui libri, ma era un attento osservatore dei fatti della vita e aveva afferrato l’essenza della questione di come conservare la salute, evitando le malattie. Non è vero che le malattie ci vengono a cercare; siamo noi che andiamo loro incontro, più o meno consapevolmente, assumendo stili e comportamenti sbagliati, più o meno come l’automobilista irresponsabile che punta ad attraversare il semaforo in qualsiasi caso, che il semaforo dia via libera o no (vedi, in particolare, i nostri articoli: Aria, luce, frutta: il segreto per la salute naturale secondo M. Lezaeta Acaharan, e Ciascuno di noi possiede un sistema psico-somatico di auto-guarigione, pubblicati rispettivamente sul sito di Arianna Editrice il 21/02/08 e il 31/03/08, e poi su quello dell’Accademia Nuova Italia il 16/12/17 e il 17/12/17). Il naturopata americano Herbert W. Shelton (1895-1985), strenuo sostenitore della medicina alternativa e, in particolare, della pratica del digiuno terapeutico e dell’assunzione dei cibi crudi, perché convinto che la cottura ne altera il valore nutritivo, scriveva, nella sua opera probabilmente più importante, Digiunare per rinnovare la vita (titolo originale: Fasting for Renewal of Life, Chcago, Natural Hygiene Press, 1974; tradizione dall’inglese di Piergildo Bianchi, Cinisello Balsamo, Edizioni Paoline, 1986, pp. 205-207):

C’è una grossa differenza tra il conservare la salute mediante l’adozione di un naturale sistema di vita, e la prevenzione delle malattie che si pensa di poter ottenere con l’uso illegittimo di medicine velenose, vaccini e sieri, e con la chirurgia. Nello stesso modo, c’è una grande differenza tra il ristabilimento della salute ottenuto con le forze e i processi intrinseci all’organismo vivente assecondando un normale sistema di vita, e la cura della malattia che si pensa di ottenere con medicine velenose, vaccini e sieri, e con la chirurgia. È notevole il fatto che sia gli sforzi per prevenire sia gli sforzi per CURARE le malattie consistono nel provocare malattie. Se vuoi rimanere in buona salute, ammalati; se vuoi guarire, ammalati di più.

In genere non si riconosce che un medico è quasi sempre occupato a creare la patologia che sta curando. I pazienti pagano il medico per essere storpiati e distrutti, tutto in nome della "scienza". I medici e le loro medicine velenose non possono guarire. La guarigione è un processo biologico, la cui capacità è intrinseca all’organismo vivente, e non risiede in nessun’altra parte. I veleni provocano malattie, non salute. Il corpo umano è una macchina che si regola da sé. Contiene in se stesso le uniche forze di guarigione esistenti. Tutto quello che dobbiamo fare per curare un ammalato è di sostenere le condizioni vitali necessarie al suo corpo. La guarigione è un aspetto particolare della vita stessa e opera sempre nel modo più onesto, semplicemente perché non può fare niente altro. Se trascuriamo di fornire le condizioni richieste dalla guarigione e cerchiamo di coercizzarla con palliativi, sistemi e condizioni anormali, possiamo distruggerla, ma non conquistarla. Essa non conosce altra legge che quella scritta nella sua organizzazione.

Un bambino può fare la cosa giusta nel modo giusto; il genio più elevato, con i ritrovati scientifici più recenti, non può fare la cosa giusta nel modo sbagliato: quest’affermazione l’abbiamo già fatta un’atra volta. Il giusto rimedio di ogni malanno è una correzione completa del modo di vita. Quando le abitudini deleterie vengono interrotte, il malato inizia a migliorare; e, una volta ristabilito, continuerà a star bene a meno che non riprenda le cattive abitudini. L’IGIENE, la pietra che il costruttore ha scartato, è diventata pietra d’angolo, non solo del tempio della salute, ma anche di quello della guarigione. L’IGIENE previene e guarisce, e non esiste altra cosa che lo possa in sua vece.

Gli IGIENISTI hanno sottolineato un fatto molto importante: l’organismo malato mette in atto i suoi sforzi curativi per tutto il tempo in cui resta fortemente conscio della necessità di guarire. Quando questa consapevolezza viene assopita da medicine o altri mezzi, i suoi sforzi curativi si riducono o addirittura si interrompono. I sedativi, gli anodini, gli analgesici, gli antispasmodici, i sonniferi, i tranquillanti, ecc., non fanno che obbligare il corpo a tollerare a tollerare la presenza della malattia; non favoriscono la sua rimozione.

Uno dei punti essenziali della guarigione di un asmatico o di un artritico, ad esempio, consiste nel suggerirgli una visione della vita nuova e del tutto opposta alla precedente. Fin qui egli ha avuto paura quasi ossessiva dei suoi sintomi e ha cercato di eliminarli; ne ha temuto l’insistente ricorrenza e non è riuscito ad altro che ad attenuarli. Ora deve affrontare il compito più radicale di ristabilire la salute; deve imparare a pensare, non più ai sintomi e alla loro riduzione, ma alla salute e alle sue necessità. Un sollievo solo temporaneo dai sintomi non deve interessarlo più; la paura dei sintomi ora deve scomparire dalla sua mente; deve sospendere l’uso di palliativi e convincersi che ogni loro somministrazione è dannosa e ritarda la guarigione. Il suo più grande nemico, a questo punto del processo, è l’amico ben intenzionato, magari il medico, che gli offre qualcosa, una medicina o un ritrovato, per alleviare le sue sofferenze. L’asmatico o l’artritico che si abitua a dipendere dal SOLLIEVO difficile te si lascia convincere a rinunciarvi e a continuare facendone a meno; continuerà a cercare il SOLLIEVO anche quando sa che è dannoso. Pertanto tutte le pratiche palliative dovrebbero essere evitate poiché provocano complicazioni e prolungano il disagio. Le medicine usate per alleviare il dolore dell’asma, dell’artrite, dell’emicrania, ecc., provocano reazioni contrarie, allergie e malattie"da medicamento", assuefazione e forse morte prematura. (…)

Una salute durevole e sicura, in grado di garantire l’individuo contro i danni della fatica e dei casi della vita, è possibile solo se la causa della malattia viene rimossa e quindi debellata. Non si può ottener en nessun altro modo. Le varie IMMUNIZZAZIONI sono delle frodi. Il corpo si guarisce a solo quando ciò che ha provocato la malattia viene eliminato. Il successo nella cura degli ammalati dipende dall’eliminazione delle cause dei loro malanni. A cosa serve la diagnosi accurata dello stato dell’ammalato, se non possiamo riconoscere la causa della sua infermità?

Probabilmente questo linguaggio è troppo duro per gli orecchi di molte persone, e non solo per i medici e gli esponenti della medicina accademica. E in effetti vi è in esso qualcosa di estremista, di "talebano", nonché di semplicistico, poiché non siamo affatto persuasi che la malattia di per sé non esista, e che sia solo un prodotto della medicina e delle cure mediche. Frasi come questa: un medico è quasi sempre occupato a creare la patologia che sta curando; o come questa: I pazienti pagano il medico per essere storpiati e distrutti, tutto in nome della "scienza", ci ricordano troppo da vicino l’antipsichiatria, con la sua pretesa che la malattia mentale sia originata solo dalla società, e in particolare dalle cure psichiatriche. Vi è in esse, inoltre, una contraddizione logica: come è possibile che il medico curi una malattia creata da lui? Se sta curando una malattia, ciò significa che essa esisteva anteriormente al suo intervento, giusto o sbagliato che sia. Fatte queste premesse dobbiamo però anche dire che nei concetti espressi da Herbert Shelton vi è molto di giusto su cui riflettere. Non ci sono dubbi che la medicina chimica, sintomatica, invasiva e riduzionista, figlia di una visione materialistica e meccanicistica del rapporto fra uomo e natura, ha preso la mano agli uomini moderni e li sta allontanando dalle sorgenti della vita sana e perfino del semplice buon senso. Infatti che senso ha curare una malattia, se non si modifica in nulla lo stile di vita che l’ha determinata? Più in generale, ci sembra che il grande merito dell’approccio di naturopati come lo Shelton sia la ferma volontà di risalire alle cause di questa o quella patologia; mentre è indubbio che sono rarissimi i medici accademici i quali si pongono questa semplice domanda: Perché nel paziente X si è manifestata questa tale malattia? Al contrario, essi rilevano i sintomi, formulano una diagnosi generale (che potrebbe andar bene per pazienti diversissimi fra loro, dato che non esistono due mal di testa determinati da cause identiche) e partono all’assalto della malattia come fosse un nemico da distruggere. Ma se non ci si chiede perché la malattia sia insorta in quel soggetto, la cura non centrerà mai il bersaglio: sarà solo un palliativo, un modo di allontanare i sintomi e rimandare la soluzione del problema. Il problema è il nostro modo di vivere: quanto più esso è innaturale, tanto più chiama su di sé le malattie. C’è poco da fare: chi vuol star bene deve prendersi la responsabilità della propria salute con uno stile di vita sano; non andare dal medico quando ormai si è ammalato…

Fonte dell'immagine in evidenza: Wikipedia - Pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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