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Badate a voi, oligarchi: sta montando l’ira dei miti

Abbiamo notato, in quest’ultima fase della nostra vita, due grossi cambiamenti nell’atteggiamento della gente, quella che i giornalisti sono soliti chiamare, con un termine troppo vago e proteiforme per avere la benché minima credibilità scientifica, opinione pubblica. Sono come due correnti marine che corrono, a breve distanza l’una dall’altra, in direzioni opposte: se vi piace la similitudine sono come la fredda corrente Oya Shivo, che solca il Pacifico a nord dell’arcipelago giapponese, e la calda corrente Kuro Shivo, le quali a un certo punto s’incontrano e per un tratto mescolano le loro acque di differente temperatura, che esercitano un’opposta influenza sul clima, sulla vita marina e su tutto l’ecosistema di quella vasta area oceanica. Il primo cambiamento si è svolto all’insegna del conformismo e dell’inconsapevolezza: è stato reso possibile dall’influenza martellante dei mass-media, i quali, quasi all’unanimità — il che si spiega col fatto che i loro proprietari sono praticamente le stesse persone o gli stessi gruppi finanziari — hanno predicato, per anni, insistentemente, implacabilmente, che una società, per essere civile, deve riconoscere ai suoi cittadini tutte le libertà possibili, compresa quella di eliminare i nascituri nel seno della madre; di scegliere di essere soppressi negli ospedali anziché curati, se depressi o malati incurabili; di praticar la sodomia alla luce del sole, di cambiare sesso a piacimento, di drogarsi in tutta pace e serenità, di procurarsi dei bambini — se si è presi dalla smania genitoriale — sia con la fecondazione eterologa, sia con quella dell’utero in affitto, sia con quella, se possibile ancor più mostruosa, di sottrarli alle loro legittime famiglie con la complicità criminale di assistenti sociali, psichiatri e giudici aderenti alla mafia gay che imperversa in numerose parti d’Italia, e della quale, guarda un po’, nessuno si era mai accorto fino a quando non è scoppiato il caso Bibbiano.

Gli stessi mass-media, contemporaneamente, hanno predicato che anche per gli altri, per i non cittadini, per i lontani che però si avvicinano a bordo di zattere, gommoni e navi delle o.n.g., ci sono tutti i diritti possibili e immaginabili, primo fra tutti quello di sbarcare, di essere accolti, di essere sfamati, alloggiati, e di ricevere il riconoscimento dello status di profughi, anche se non sono affatto tali, così come prima di sbarcare avevano ottenuto, di fatto, lo status di naufraghi, anche se naufraghi, in senso tecnico, non lo erano per niente. Perché il vero naufrago è chi si trova in difficoltà sul mare, indipendentemente dalla sua volontà, non chi parte in condizioni precarie, al preciso scopo di farsi soccorrere; così come profugo è chi fugge temporaneamente da situazioni estreme, in particolare dalla guerra, e al termine di quelle condizioni fa ritorno a causa sua, grato dell’ospitalità e dell’assistenza ricevute, e non chi pretende di insediarsi per sempre in casa d’altri, di fare quel che gli pare e piace, compreso delinquere, spacciare droga, far prostituire le proprie connazionali, rubare, rapinare, stuprare e ammazzare; e inoltre di farsi raggiungere dai propri familiari e accamparsi come in una terra di conquista, disprezzando le leggi e le usanze del paese adottivo e pretendendo d’imporre ad esso le proprie leggi e tradizioni. Tutte queste idee, queste teorie, queste pretese, urtano frontalmente con tutto, o quasi tutto, quel che ci era stato insegnato, a noi nati poco dopo la metà del secolo passato: e cioè che ciascuno deve svolgere il suo ruolo nella vita, il maschio deve fare il maschio, e possibilmente il padre, e la donna deve fare la donna, e possibilmente la madre; che bisogna trovarsi un lavoro per vivere dignitosamente; che la famiglia, quella formata da uomo e donna, è il pero di tutto, il fondamento di tutto, e che costituisce un bene così prezioso da meritare che, per essa, sia i genitori che i figli si sottopongano, se necessario, ai più duri sacrifici e alle più strette economie; che la medicina è stata inventata per aiutare la vita e non per assecondare il desiderio di morte; che ogni vita in arrivo è la benvenuta, anche se i genitori non sono ricchi; che chi è afflitto da tendenze anormali, deve cercare di curarle, e in ogni caso non le deve ostentare; che drogarsi è male, perché corrisponde a una fuga dai propri doveri sociali e crea problemi sia al chi fa uso delle sostanze stupefacenti, sia agli altri, cominciando dai suoi familiari, Inoltre ci era stato insegnato che ogni popolo ha una patria, ogni cultura ha un suo posto nel mondo, ogni civiltà è unica e preziosa; che tutte meritano rispetto, ma che nessuna può pretendere di sovrapporsi ad un’altra, tanto meno di fare come il cuculo, buttar fuori dal nido i piccoli di genitori altrui e farsi allevare al posto loro, trasformando quei poveri genitori nei suoi servitori e sottoposti; che la propria identità culturale, religiosa, morale, è un bene di valore incalcolabile, mentre la mescolanza e la sovrapposizione di valori, credenze e abitudini è un male, perché genera la più grande confusione e fa perdere agli uomini le proprie radici. Tutto questo ci era stato insegnato, insieme alla fede in Dio – nel Dio della nostra infanzia, il Dio cristiano e cattolico -, al rispetto della famiglia e all’amore verso la Patria. Orbene, i messaggi diffusi dai mass-media, dal cinema, dalla televisione, dai discorsi degli intellettuali e degli uomini politici, nel corso degli ultimi decenni, hanno attaccato frontalmente questa educazione e questi valori e li hanno sostituiti con una educazione (si fa per dire) e con dei valori, o pseudo valori, di segno esattamente opposto; ma la maggioranza della gente, almeno in apparenza, non si è ribellata, non è trasalita, non è insorta. I cittadini non hanno gridato che la patria era stata tradita, i papà e le mamme non hanno denunciato il tradimento della famiglia, e i cattolici non solo non si son lamentati dell’apostasia dalla fede praticata e predicata dal clero, ma se ne sono rallegrati, hanno applaudito le novità più discutibili e scandalose, e, a partire dal Concilio Vaticano II, si son messi d’impegno a far sì che nulla, nella Chiesa e nel Deposito della loro fede, rimanesse com’era prima, al tempo della loro infanzia, ma tutto cambiasse, in base al principio che bisogna marciare sempre col proprio tempo e che non c’è niente di più sbagliato, e di più sterile, che remare controcorrente. A dispetto del piccolissimo dettaglio che Gesù Cristo non ragionava né agiva affatto a questo modo, ma che si è sempre opposto alla mentalità del mondo, proclamando con la massima chiarezza che è il mondo che deve convertirsi al Vangelo, non il vangelo (con la minuscola, a questo punto) che deve adattarsi al mondo e sforzarsi di piacergli.

Il primo cambiamento, perciò, è consistito in questo: nel fatto che milioni e milioni di persone si son lasciate docilmente portare fuori dai solchi dell’educazione ricevuta, dei valori che le generazioni precedenti avevano trasmesso loro, e docilmente, docilissimamente, si sono adattate a un modo di essere, di sentire, di pensare, radicalmente nuovo e diverso, perfino opposto a quello che era stato lasciato loro in eredità dai propri genitori. Resta solo da capire, e da spiegare, se tale rapidissimo e stupefacente adattamento sia avvenuto per una adesione consapevole, e sia pure sotto la suggestione uniforme e massiccia dei mezzi d’informazione di massa, della scuola di massa, della cultura di massa, oppure se sia avvenuta sostanzialmente senza che la gente se ne accorgesse, quindi in modo totalmente passivo e addirittura inconsapevole, così come ci si addormenta mentre il treno è fermo in una stazione ferroviaria e ci si sveglia in un’altra stazione e in un’altra località, magari a centinaia di chilometri di distanza dalla precedente, senza nulla aver visto del tratto intermedio. Il secondo cambiamento è quello che si sta verificando, questa volta spontaneamente, nella coscienza delle persone e specialmente di quella maggioranza silenziosa che finora ha subito ogni cosa, ha taciuto, ha sopportato le inefficienze, le assurdità, le prevaricazioni e le angherie di una classe dirigente irresponsabile, corrotta o venduta a poteri e soggetti estranei alla nazione; che ha visto andare in malora, anno dopo anno, giorno dopo giorno, la patria, la famiglia e la religione, senza poter fare nulla; e che, alla fine, comincia a riscuotersi e a dar segni sempre più chiari di non poterne più, di essere giunta al limite della sopportazione e di avere accumulato una immensa ira repressa, che ormai potrebbe esplodere in qualsiasi momento, e far divampare un grave incendio allo sprigionarsi della più piccola scintilla. Si è troppo a lungo stuzzicata l’ira dei miti, delle persone buone, delle persone semplici, delle persone capaci di sopportare molto, delle persone dotate di un così alto senso di responsabilità da non sollevare troppe proteste neppure davanti allo spettacolo, sempre più manifesto, di una classe dirigente ben decisa a portare la nazione fuori rotta, verso gli scogli e verso un inevitabile naufragio, con la conseguente perdita di tutto ciò che esse hanno faticosamente costruito e ancor più faticosamente difeso contro gli sperperi irresponsabili della pubblica amministrazione e di uno Stato capace di far sentire la sua presenza quasi solo per caricare di tasse i cittadini e imporre loro sempre nuovi cavilli burocratici e nuovi balzelli.

Conosciamo personalmente non poche persone che possiedono un carattere pacifico e bonario, per niente litigiose, per niente prevenute verso chicchessia, per niente razziste fasciste, qualunque cosa s’intenda, oggi, quando si adoperano simili paroloni; persone che non hanno mai pianto una grana in vita loro, che non hanno mai parlato male o calunniato il prossimo, che non hanno mai profittato di un momentaneo vantaggio per fare il loro interesse a discapito di qualcun altro; persone che non hanno mai disprezzato o discriminato un omosessuale, pur disapprovando fortemente la pratica dell’omosessualità; e che hanno sempre cercato di porgere una mano agli stranieri in difficoltà, ai migranti, anche acquistando da loro dei prodotti inutili, oppure facendo elemosine e donazioni sia direttamene ad essi, sia a qualche associazione di volontariato o alla Chiesa cattolica, anche prestandosi al lavoro gratuito e alla raccolta di fondi a livello parrocchiale. Ebbene: abbiamo visto queste persone cambiare in maniera stupefacente; le abbiamo viste pian piano irritarsi, poi indurirsi, infine digrignare i denti; le abbiamo viste passare dalla mitezza alla tensione estrema che precede lo scoppio dell’aggressività; e ne abbiamo avuto quasi paura. Abbiamo pensato che se hanno esaurito la loro pazienza proprio loro, chiunque altro sarebbe già scoppiato da molto, moltissimo tempo. Sono state ammirevoli nella sopportazione; adesso rischiano di essere terribili nella manifestazione dell’ira troppo a lungo repressa. E non vorremmo per nulla al mondo trovarci davanti a quello scoppio in qualità di nemici, quando esso alla fine avverrà. Perché siamo certi che esso avrà luogo, presto o tardi: perché ciò non accada, sarebbe necessario un totale cambio di rotta da parte delle istituzioni e in generale delle classi dirigenti; cambio di rotta di cui non vi è il minino indizio, semmai il contrario, stiamo assistendo a un’accelerazione sulla medesima rotta. Più migranti da accogliere, più Europa cui sottomettersi, più austerità in ambito economico-sociale, più tagli alla spesa pubblica, più tasse e più I.V.A., più diritti alle coppie gay, più adozioni facili a vantaggio di soggetti inaffidabili, più chiacchiere senza costrutto nella scuola e all’università, più conformismo dei giornali e delle televisioni, più arroganza della politica e della magistratura verso il cittadino comune, più tolleranza verso i delinquenti, più ostacoli e diffidenza verso le forze dell’ordine, più ponti verso i nemici dello Stato e della Chiesa, più elogi e complimenti a chi odia e calpesta i valori socialmente riconosciuti, più esibizionismo e narcisismo nei comportamenti individuali, più edonismo sfrenato e rifiuto delle responsabilità, più promiscuità sessuale in tutte le forme possibili e immaginabili, più divorzi facili, più aborti, più eutanasia, più libertà di drogarsi, più diritti senza doveri, più disprezzo della tradizione ed esaltazione acritica di qualsiasi novità, più confusione e relativismo religioso spacciato per dialogo fra culture, più disprezzo del merito e della competenza, più cialtroneria e mancanza di serietà smerciate per moneta buona.

A questo punto, la rivolta dei buoni, dei miti, dei pazienti, è pressoché inevitabile. Non sono loro ad essere cambiati; è il mondo intorno a loro che è cambiato, troppo in fretta e troppo in peggio. Il loro senso della giustizia freme e si ribella. Sono buoni, non fessi; sono miti, non pavidi; sono pazienti, non animali da soma. Si sentono ingannati, traditi; si stanno rendendo conto che la loro pazienza, la loro mitezza, la loro bontà, sono state fraintese e sfruttate da una classe dirigente marcia e senza scrupoli, totalmente asservita ad interessi estranei al bene della nazione. Si sentono frustrati e raggirati sia come cittadini, sia come fedeli cattolici. Non si riconoscono più in questo Stato, né in questa Chiesa. E non ne possono più dei Renzi, delle Boldrini, delle Cirinnà, delle Bonino, dei Bergoglio, di tutta questa gente che fa loro la predica ogni santo giorno, che li accusa di razzismo e omofobia, che fa il tifo per chi calpesta le regole sociali, che sta sempre dalla parte degli zingari, dei clandestini, degli assistenti sociali deviati, degli psichiatri prevaricatori, degli amministratori corrotti, dei politici trombati che non si rassegnano a farsi da parte ma vogliono occupare sempre il centro delle scene. Rappresentano sì e no il 20, il 22% degli italiani, ma parlano come se fosse il 90%: con quella sicumera, con quella strafottenza, con quella petulanza che viene loro dal fatto di aver dalla propria i poteri oligarchici, i mass-media, i docenti universitari, i signori di Bruxelles, insomma la gente e le istituzioni che contano. E non ne possono più, i buoni e i pazienti, dei giornalisti e degli intellettuali progressisti che imperversano nei salotti: i Sansonetti, i Parenzo, i Cacciari, i Canfora, i Saviano. La gente normale che lavora, che fatica, che tira avanti con le pensioni minime, è stanca delle loro facce da saccenti, delle loro prediche monotone e spocchiose…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Christian Lue su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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