Chiesa e politica oggi: realtà e prospettive
8 Agosto 2019La società si regge su un patto fiduciario
9 Agosto 2019Qualsiasi società, semplice o complessa, piccola o grande, per esistere ha bisogno di un principio che la animi, che la compatti, che attragga le sue energie spirituali o, quanto meno, che non le mortifichi né le disperda. Per le società antiche e per quelle primitive, il principio coagulante era il sacro. La società romana ha cominciato a decomporsi quando ha perso il principio ideale che la teneva unita, l’amor di Patria e la pietas verso gli dei e verso la famiglia; il che è accaduto molto prima della nascita dell’Impero, più o meno all’epoca delle guerre puniche e della conquista dei regni ellenistici. La società medievale ha iniziato a disgregarsi quando lo spirito mercantile e il nascente capitalismo hanno messo in ombra la forte componete spirituale e religiosa che l’aveva tenuta a battesimo e l’aveva sostenuta per un migliaio d’anni. Il nostro caso di cittadini europei del terzo millennio è un po’ diverso: noi siamo figli di una non-civiltà, se non addirittura di una anti-civiltà. La cosiddetta civiltà moderna, infatti, nasce da un progetto di rivolta consapevole contro la tradizione e contro la religione dei padri, con tutta la sua morale e la sua visione del mondo: il momento di passaggio si legge, in controluce, nelle poesie di Petrarca e soprattutto nelle novelle di Boccaccio. Ora, una anti-civiltà non va in crisi per una ragione o per una serie di ragioni; nasce già morta e la sua esistenza non è che una continua agonia. Noi siamo dei moribondi che coltivano tenacemente la propria necrofilia: come attestano migliaia di romanzi, di poesie, di film, di opere d’arte, di canzoni, di telefilm polizieschi e non (che iniziano con l’autopsia del cadavere di un uomo sulla cui morte gli inquirenti devono far luce) e perfino di fumetti, videogiochi e pubblicità varie, tutti caratterizzati da una perversa attrazione per la morte e da una ostentazione di corpi martoriati, di sevizie inflitte sadicamente, da giochi di ruolo in cui si svolgono partite che hanno per posta la vita di qualcuno, nonché da un vero diluvio di licantropi, lupi mannari, maghi neri, satanisti impegnati in sacrifici umani e diavoli dell’inferno pronti a erompere dalla loro dimensione per ghermire, sghignazzando paurosamente, i viventi. Pertanto, la fine di una società come la nostra è solo questione di tempo: in un certo senso, essa è iniziata sin dal primo giorno e tutto il resto non è stato che una lunga, interminabile discesa verso la fine, non priva di un sinistro compiacimento e di cospicue componenti sado-masochiste.
Va da sé che una società di questo genere non è in grado, non diciamo d’integrare, ma neppure di accogliere alcun apporto estraneo, tanto meno se nelle forme di un’immigrazione così massiccia e imperiosa da potersi considerare a tutti gli effetti come un’invasione, anzi come un’auto-invasione, dato che è incoraggiata da noi stessi e che le forze preposte alla difesa dei confini sono invece impiegate per incentivarla; e come una sostituzione di popoli, dato che noi ci stiamo estinguendo non solo spiritualmente, ma anche biologicamente, mentre i nuovi venuti si riproducono secondo i ritmi dei loro Paesi d’origine, cioè in maniera esponenziale. Per noi, mettere al mondo un figlio è divenuto un problema, nonché un drammatico caso di coscienza: molti potenziali genitori si chiedono infatti: Abbiamo il diritto di dare alla luce una creatura che si troverà a dover vivere in un mondo così difficile? Ma per gli immigrati maghrebini, centroafricani, bengalesi e pakistani non si pongono domande del genere: i figli si fanno, poi qualcuno penserà a mantenerli. Tanto più che le mogli per farli possono essere due, tre o quattro, e non una sola, come concede la religione islamica ai suoi seguaci; e pazienza se le leggi italiane considerano concubinato un secondo matrimonio, figuriamoci un terzo o un quarto, e lo perseguono come un reato a termini di codice penale; ma solo se a commetterlo è un italiano. Così come dissimulare il volto è un reato, ma di fatto solo per i cittadini italiani, ai quali, per esempio, non è consentito andare in giro indossando un casco da motociclista; mentre basta uscire in strada un quarto d’ora per imbattersi in numerose donne islamiche col viso interamente nascosto dal velo, senza che vigili o altre forze dell’ordine le fermino, le identifichino e notifichino loro il reato commesso.
Naturalmente la società si fonda su quella società elementare che è la famiglia, perciò è da lì che bisogna ricominciare per tentar di restituire coesione al corpo sociale. Da quando l’individualismo e l’edonismo sono entrati nelle pareti domestiche e hanno spinto mogli e mariti a preoccuparsi più dei rispettivi diritti che del bene della famiglia e innanzitutto dei figli, nulla ha più funzionato come prima; e la causa di ciò va attribuita in grandissima parte alla cultura femminista, che ha trasformato il matrimonio in un agone sindacale ove ciascuna delle due parti misura puntigliosamente ogni minuto di tempo e ogni gesto prestati alle cure familiari, per pretendere che l’altra faccia altrettanto, pena il ricorso al giudice e lo scioglimento dell’unità familiare. Vi è stata, in generale, una progressiva rinuncia, una progressiva abdicazione, da parte dei genitori, a svolgere con autorevolezza il loro ruolo nei confronti dei figli: spesso a questi ultimi non hanno chiesto sacrifici, né impegno, né senso del dovere; in compenso hanno assicurato paghette, vestiti firmati e vacanze garantite, indipendentemente dalla situazione del bilancio familiare: proprio come quei sindacalisti i quali pretendono il posto garantito e lo stipendio fisso per i dipendenti, anche se le aziende sono in gravi difficoltà e non producono più lo stesso fatturato dei tempi buoni. Oggi, poi, l’attacco mortale contro la famiglia viene sferrato dall’ideologia gender e dai movimenti LGBT, tutti protesi a dimostrare la pari dignità, e possibilmente la superiorità, dell’amore omosessuale rispetto a quello eterosessuale, e delle famiglie cosiddette arcobaleno rispetto alle famiglie tradizionali, le quali ultime, come dice la signora Cirinnà, sono fasciste e producono una vita di merda, con licenza parlando. Oggi è in atto una manovra sempre più capillare, coordinata e pianificata per far penetrare nella coscienza delle persone, e specialmente dei più giovami, simili idee aberranti, le stesse che animano certi psichiatri, certi giudici del tribunale dei minori e certi assistenti sociali, sia in quel di Bibbiano che in cento altri luoghi di tutta Italia. In ogni film o telefilm, ormai c’è la presenza fissa di uno o più personaggi dichiaratamente omosessuali, secondo un piano prestabilito; e ciò vale anche per i fumetti, la letteratura, l’arte, la musica leggera, perfino la pubblicità commerciale. Per fare solo un esempio, la serie tv intitolata Un posto al sole, che va in onda da circa vent’anni su Rai3, nella fascia di prima serata e perciò destinata a un pubblico familiare, anche di minorenni, dopo aver sciorinato tutta una serie di personaggi e situazioni omosessuali, pretendendo anche di ricavarne una morale (l’ottusità dei genitori che non accettano, l’ipocrisia di quelli che criticano, ecc.), secondo i più vieti stereotipi della sinistra, ora ha introdotto anche il tema del transessualismo: un padre, che aveva abbandonato anni prima la famiglia, ora si ripresenta per stabilire un dialogo con l’ex moglie e le figlie. Piccolo particolare, costui nel frattempo ha fatto l’operazione per cambiare sesso ed è diventato donna. Senza dubbio gli sceneggiatori si preparano a rifilarci la solita morale progressista e libertaria: che male c’è se un povero Cristo segue le proprie inclinazioni e decide di diventare donna, da uomo che era? Certo, è spiacevole che moglie e figli ne abbiano sofferto; ma a tutto c’è rimedio, se c’è l’amore, se c’è la comprensione e se finalmente l’Italia si decide a diventare un Paese civile, come sempre ripetono i sussiegosi soloni del Partito Democratico. Conclusione: i figli capiranno, perdoneranno, saranno felici per la scelta "coraggiosa" del loro ex papà, divenuto un transessuale che sembra Luxuria e parla con voce profonda da uomo, nonostante la camicetta sexy, la vistosa acconciatura e le scarpe coi tacchi a spillo. E tutti vissero felici e contenti, sia pure in un mondo alla rovescia.
Dopo la famiglia, a svolgere un ruolo educante decisivo sono, o piuttosto erano, la chiesa e la scuola, specialmente la scuola elementare, perché è quella che forma le menti e i cuori dei bambini e lascia in loro un’impronta indelebile. Ma che fare con una chiesa che non è più se stessa, che si vergogna del proprio passato e rinnega la propria tradizione, che è diventata una grande O.N.G. laicista, modernista, semi-giudea e semi-protestante, venuta a patti col mondo e impegnata essa stessa a diffondere una dottrina relativista e una morale possibilista, tanto larga di manica quanto priva del concetto di pentimento e proponimento di non perseverare nel peccato? Di una "chiesa" che parla tutti i giorni sempre e solo del dovere di accogliere qualunque numero di migranti, e che apre alle unioni gay, ai fidanzamenti gay, e invoca al più presto un "riconoscimento" ai matrimoni gay? Che tace sull’eutanasia, parla poco e male dell’aborto, civetta coi radicali e i massoni, ammicca ai peggiori nemici del Vangelo e svende, per compiacere costoro, il Vangelo di Gesù Cristo, trasformandolo in una blando e generico messaggio di amore e riconciliazione, senza alcuna vera distinzione fra ciò che è naturale e ciò che è soprannaturale, fra il mondo e la grazia, fra il peccato e la Redenzione, e dove ogni singolo prete si sente autorizzato e perfino incoraggiato a farsi da sé stesso la propria liturgia, la propria pastorale, la propria dottrina? Cosa aspettarsi da una chiesa che ai bambini non insegna più il valore della purezza, della castità, della rinuncia, del superamento delle passioni, dello sforzo di piacere a Dio e non agli uomini, del dovere e della gioia di uniformarsi alla sua Volontà, ma che insegna loro, al contrario, come un qualsiasi movimento di attivisti LGBT o un qualunque circolo politico-culturale dell’estrema sinistra, che l’importante è "realizzare se stessi, " inseguire i propri sogni", e via di questo passo con innumerevoli banalità ed espressioni equivoche, senza mai specificare che non esiste alcuna realizzazione, per il cristiano, che non tenga conto della chiamata divina, e che la vita non ci è data per inseguire i sogni voluttuosi dell’uomo carnale, ma per piantare solidamente in terra i paletti che segnano la strada all’uomo spirituale, di sacrificio in sacrificio, di conquista in conquista, fino al cospetto di Dio? A che serve una chiesa del genere, se non a confermare gli uomini nel peccato e a dar loro l’illusione di essere a posto con Dio, mentre disprezzano e calpestano la sua Volontà?
Quanto alla scuola, c’è poco da dire: il disastro è sotto gli occhi di tutti. La scuola italiana era una delle migliori al mondo fino a due generazioni fa; poi ha voluto diventare "moderna", cioè uniformarsi agli schemi e ai metodi della scuola anglosassone, puntando sullo sviluppo di una efficienza pratica e di abilità tecniche del tutto avulse dalla coltivazione del carattere e dalla trasmissione dei valori. Inoltre ha dichiarato guerra al merito, all’impegno, al sacrificio (anche lei!) e ha concentrato i suoi sforzi non nell’innalzare il livello dell’apprendimento e nel contribuire alla maturazione degli alunni, ma tutto al contrario, nell’abbassare il livello generale, affinché non spicchi in maniera troppo impietosa il divario fra quelli che s’impegnano, prendono lo studio sul serio, cercano di migliorare, e quelli che tirano a campare, pigri e svogliati, e par quasi che a scuola ci vadano per fare un favore ai genitori o agli insegnanti, quando addirittura non ci vanno al preciso scopo di molestare e infastidire gli altri, certi di poter godere di ogni sorta di scusanti e giustificazione e, in definitiva, di una sorta d’impunità preventiva, grazie al retaggio culturale del Proibito proibire di sessantottesca memoria, oggi divenuto uno dei cardini della sedicente pedagogia scolastica. La società liquida ha partorito una scuola liquida, in cui il bambino non ha più una maestra o un maestro, ne ha quattro o cinque, e nessuno di loro riesce a porsi nella giusta maniera sotto il profilo didattico, con la necessaria autorevolezza, perché si è voluto mettere in soffitta, giudicandolo obsoleto e autoritario, il metodo che poneva al centro il rapporto fra maestro e alunno, ma partendo dalla centralità del maestro, che è colui che deve insegnare, e non dell’alunno, che è colui che deve essere aiutato a svilupparsi. Ma se il maestro diventa la variabile secondaria e tutto si incentra sull’alunno, da dove attingerà, l’alunno, il senso della scopetta, dell’impegno, del lavoro e della bellezza di impegnarsi e fare anche dei sacrifici, per poter divenire ciò che è chiamato a divenire? Oggi questo discorso è divenuto improponibile: la scuola moderna, americanizzata e materialista, ha abolito qualunque idea di finalismo; guai a parlare di una vocazione sia dell’alunno, sia del maestro, sia di chiunque altro; non ci sono vocazioni, ma solo "sogni da realizzare", come insegnano Susanna Tamaro e le auree massime dei Baci Perugina. Il concetto di vocazione ha a che fare con una chiamata al proprio dover-essere; ma la società edonista e permissiva non vuol neanche sentir nominare il dover-essere, tanto più se si sottintende che tale chiamata non è di origine naturale ma soprannaturale. Per la cultura politicamente corretta non c’è alcun fine nel mondo, quindi non deve esserci alcun fine per l’uomo, tranne quello di "realizzarsi", pomposa espressione che significa, in realtà, semplicemente fare quel che più gli pare e piace. Torniamo così alla domanda iniziale: dove trovare il principio coagulante che, solo, potrebbe ridare un minino di coesione, e perciò di concordia e di speranza nel futuro, alla nostra società? Siamo convinti che una sola è la strada possibile: quella del ritorno alla nostra vera tradizione, alla fede religiosa, ai valori dello spirito. Siamo diventati pagani, cioè adoratori dei beni e delle cose; ma adorare le cose è lo stesso che adorare il nulla. Le cose danno sempre e soltanto cose: per trovare il bene, il giusto, il vero e il bello, bisogna tornare alla fede dei padri e rifondare la Chiesa e lo Stato, scuola compresa…
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