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Chiesa e politica oggi: realtà e prospettive

Non demordono neppure per un attimo. Un giorno è il direttore de La Civiltà Cattolica, l’organo dei gesuiti, ad invitare gli italiani a una nuova resistenza: naturalmente contro Salvini, la lega e il populismo xenofobo, se non proprio razzista. Un altro giorno è il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana (dal 2017, dunque bergogliano d.o.c.) il quale, non pago di aver invitato gli elettori a votare "per l’Europa", cioè per il PD e la BCE, con relativa disfatta elettorale, ora mette in guardia contro chi "sfrutta i simboli religiosi", come appunto fa Salvini col Rosario e le preghiere alla Madonna, ma che dice, non ha nulla di cristiano; e avanti di questo passo, fin da quando Famiglia Cristiana uscì con la famosa copertina titolata Vade retro, Salvini, con i barconi dei migranti sullo sfondo e il truce Ministro dell’Interno, in primo piano, additato al pubblico ludibrio come una specie di diavolo incarnato o quasi. Del resto, in moltissime parrocchie d’Italia la guerra civile è già cominciata: moltissimi parroci, e non da oggi, né da ieri, sono scesi trionfalmente in campo e spendono tutte le loro energie per predicare a favore dell’immigrazione indiscriminata e dei matrimoni omosessuali (con tanto di corsi diocesani di affettività gay), spesso, per dare maggior forza alle loro parole, indossando dubbi paramenti "sacri" sui quali spicca la lunga sciarpa arcobaleno, simbolo dei movimento LGBT (dopo che le bandiere arcobaleno erano state il simbolo del dissenso contro l’aggressione USA all’Iraq, nel 2003), oppure appendendo cartelli sulla porta delle loro chiese nei quali invitano i "razzisti" a star lontani. Il che non manca di provocare reazioni più o meno vivaci, che sfociano in battibecchi fra sacerdoti e fedeli, a volte perfino nel bel mezzo della santa Messa.

Intendiamoci: la Chiesa cattolica ha sempre fatto politica, il clero ha sempre fatto propaganda elettorale; basti ricordare il contributo determinante alla schiacciante vittoria della DC nelle elezioni politiche del 1948, le prime dopo la fine della Seconda guerra mondale e la nascita della Repubblica. Solo un ipocrita potrebbe negare questo fatto: che la Chiesa, dopo la caduta del fascismo, non si è mai astenuta dal fare politica, e che il clero ha sempre fornito indicazioni di voto agli italiani. La novità, quindi, non è questa, ma il fatto che oggi, per la prima volta, so registra un nettissimo scollamento fra ciò che dice la Chiesa, attraverso le esortazioni politiche del clero, e le scelte dei cattolici. Per vedere una distanza così grande, bisogna riandare ai tempi dei due referendum degli anni ’70, quello sul divorzio e poi quello sull’aborto, conclusi entrambi con la disfatta della Chiesa, disfatta alla quale contribuirono non poco i cattolici stessi, che in pratica votarono in senso opposto a ciò che la Chiesa e il clero avevano indicato. E tuttavia c’è una grande differenza fra i due eventi: perché allora lo scollamento si verificò su due questioni di ordine morale, ché tali in primo luogo erano per i cattolici, e solo di riflesso attinenti alla politica; mentre ora è la Chiesa ad aver scelto quale campo di battaglia il cuore della politica, particolarmente la questione dei migranti, e secondariamente la questione della "fedeltà" o meno all’Unione Europea, ed è lì che ha subito una durissima batosta e patisce tuttora l’aperta insofferenza, le critiche e le contestazioni di una grossa fetta dei fedeli. In altre parole, mentre negli anni ’70 furono i fedeli a dissociarsi dalla Chiesa su questioni attinenti la sfera morale, ora è la Chiesa ad essersi di fatto dissociata dai fedeli, e dal suo stesso insegnamento, su questioni afferenti essenzialmente la politica. Si tratta, pertanto, nella situazione odierna, di un clamoroso autogol fatto dalla Chiesa del signor Bergoglio: perché mentre la Chiesa dei tempi di Paolo VI si vide costretta a prender posizione sui questioni che investivano direttamente l’ambito della sua dottrina morale, in particolare la Humanae vitae del 1968, ora niente e nessuno avrebbero costretto la Chiesa a scendere in campo su questioni politiche, come la permanenza nell’euro e le migrazioni dalla sponda sud del Mediterraneo: la Chiesa e il clero hanno deciso autonomamente di fare di esse il proprio cavalo di battaglia, addirittura di concentrare su di esse gran parte del loro magistero ordinario e straordinario, comprese le omelie della Messa domenicale, modellate su quelle dalla casa Santa Marta che parlano sempre e solo di miranti, ambiente e clima, e proprio su quel terreno sono state sonoramente bocciate dai cattolici, i quali, come si è visto alle elezioni politiche italiane del marzo 2018 e ancor più clamorosamente in quelle europee del maggio ’19, hanno espresso una volontà diametralmente opposta a quella professata, ostentata e promossa da Bergoglio, dalla C.E.I. e da un gran numero di "preti di strada", più o meno pittoreschi (e patetici) nei loro abbigliamenti e nei loro atteggiamenti da studenti sessantottini fuori corso e fuori secolo.

La situazione, pertanto, è la seguente. C’è una chiesa, che si dice ancora e sempre chiesa cattolica, ma che di fatto è diventata una grossa O.N.G., tutta dedita al migrazionismo, alla gay-friendship, all’ambientalismo, alla climatologia e perfino al tribalismo (vedi il documento preparatorio al prossimo sinodo dell’Amazzonia, Instrumentum laboris, che rivaluta perfino l’animismo e lo sciamanesimo ed è stato apertamente denunciato come eretico e apostatico anche dall’ex prefetto della Congregazione per la Dottrina delle Fede, il cardinale Müller, uno dei silurati da Bergoglio. Questa chiesa ha smesso di parlare delle questioni dottrinali, spirituali e morali, anzi si è messa a svilire e denigrare la spiritualità, l’ascesi e la preghiera contemplativa, per parlare quasi esclusivamente di questioni sociali, di emancipazione politica, di giustizia economica, giungendo al punto di falsificare non solo la dottrina, ma i dati storici del Vangelo e della Bibbia, per fare di Gesù, Giuseppe e Maria una famiglia di migranti, e degli abitanti di Sodoma i progenitori dei gay odierni, che per primi sperimentarono il perdono di Dio senza alcun bisogno di cambiare stile di vita (quest’ultima perla, cioè la mancata distruzione di Sodoma da parte di Dio, è dovuta alla saggezza e alla cultura biblica di monsignor Galantino, un prelato così cattolico da avere affermato che la rivoluzione e lo scisma protestante di Lutero furono ispirati dallo Spirito Santo). Dall’altra parte c’è un laicato che non segue la Chiesa su questa china, non approva la politicizzazione esasperata del messaggio evangelico e trova, al contrario di Bassetti e Bergoglio, che se un politico italiano stringe in mano un Rosario e invoca la Vergine Maria durante la campagna elettorale, e coerentemente con quei gesti si prefigge di difendere i valori cristiani, in ciò non vi è alcuno scandalo, alcuna strumentalizzazione, semmai si rammaricano del fatto che tanti preti si comportino in tutt’altra maniera, nascondano i simboli religiosi cattolici e si auto-censurino in tutto ciò che riguarda l’annuncio della propria fede, per una forma travisata e profondamente malintesa di rispetto delle idee e delle fedi religiose altrui, fino al punto da coprire il Crocifisso o da eliminarlo addirittura dalle facciate dei loro templi modernisti e dalle loro case del popolo (e perché no, dal momento che Dio non è cattolico?), che i fedeli ignari hanno seguitato per anni a scambiare, a torto, per delle chiese cattoliche destinate alla celebrazione del servizio divino. Dunque, non è la chiesa che rimprovera ai cattolici di essersi allontanati da Dio per seguire ingannevoli dottrine politiche (non lo ha mai fatto neppure ai tempi del comunismo rampante, figuriamoci adesso), ma è il mondo dei fedeli laici che si è stufato di ascoltare i sermoni politicizzati del clero e ha fatto sapere, col suo voto e con tanti altri segnali, che non intende tollerare oltre un così patente tradimento della missione religiosa, spirituale e soprannaturale della Chiesa, quella vera, quella che si scrive con la maiuscola, da parte di una falsa chiesa o contro-chiesa segretamente apostatica, ma abbastanza sfacciata da seguitare come nulla fosse a chiedere contribuzioni e la devoluzione dell’otto per mille, come se fosse tuttora la vera chiesa e avesse, pertanto, il diritto di sollecitare il sostegno, anche materiale, dei fedeli. Non vi è chi non veda i risvolti impliciti in questa situazione: mentre Bassetti & Co. invitano i cattolici praticanti a votare PD, o carezzano l’idea di fondare una nuova DC decisamente spostata a sinistra, una buona parte del laicato cattolico non si riconosce più nelle indicazioni che vengono dal magistero, né comprende quelle che non vengono, come lo sconcertante silenzio sul caso del piccolo Alfie Evans e addirittura i ringraziamenti del clero britannico ai medici dell’ospedale nel quale il bambino ha subito l’eutanasia. E del pari i fedeli non capiscono perché il sedicente papa debba rintronar loro gli orecchi tutti i giorni con le cosiddette stragi de mare, che stragi non sono, e poi taccia sistematicamente sulle stragi, quelle sì fin troppo vere, che subiscono i cattolici in ogni parte del modo, specie da parte dei fanatici islamici; per non dire del silenzio assoluto sulla morte del carabiniere ucciso da due giovani delinquenti americani, mentre svolgeva il proprio dovere. Si è quindi creato un vuoto fra la chiesa e i fedeli, che potrebbe essere facilmente riempito qualora qualcuno si facesse avanti per trarre le naturali conclusioni da una simile, inaudita frattura, quale mai si era vista nel corso degli ultimi secoli.

Per trovare un parallelo sia pur vagamente pertinente, a parte i referendum del 1974 e del 1978, bisogna risalire fino al 1944, quando un sacerdote della diocesi di Terni, don Tullio Calcagno, dopo aver rinnovato la professione di fedeltà al fascismo e aver diffuso nel Nord Italia il settimanale più letto dell’epoca, la Crociata Italica, con una tiratura fra le 100 mila e le 150 mila copie, fondò addirittura un movimento, con lo stesso nome, avente lo scopo di avviare una vastissima riforma religiosa e di promuovere la nascita di una chiesa cattolica autocefala, cioè separata dalla chiesa romana e avente un primate distinto dal vescovo di Roma: sia perché disapprovava la presa di distanza del Vaticano dal fascismo dopo i fatti del 25 luglio e dell’8 settembre 1943, sia perché riteneva, più in generale, che se la chiesa italiana continuava ad avere quale primate il papa, capo della Chiesa universale, i suoi specifici interessi e le sue specifiche problematiche sarebbero stati inevitabilmente sacrificati sull’altare degli interessi e delle problematiche del pontefice e del Vaticano. È molto difficile dire fino a che punto don Calcagno, che oltre a proclamare una incondizionata fedeltà al fascismo e alla Germania (della quale tuttavia rifiutò i finanziamenti) poneva fortemente l’accento sulla necessità di profonde riforme sociali, interpretasse i sentimenti di una pare consistente dei cattolici italiani. Tuttavia, il fatto che il suo giornale avesse così tanti lettori, e in tempi così difficili, con l’andamento della guerra sempre più sfavorevole all’Asse, fa pensare che le sue idee non fossero poi così avulse dal sentire del popolo italiano, o meglio di quella parte di esso che si trovava ancora sotto la sovranità della Repubblica Sociale. C’erano anche diversi sacerdoti che collaboravano alla sua impresa, fra i quali don Edmondo De Amicis, don Antonio Padoan e fra Ginepro da Pompeiana: per costoro era molto grave che la Chiesa, dopo aver sottoscritto i Patti Lateranensi con Mussolini, gli avesse voltato le spalle subito dopo la sua caduta; così come per molti cattolici era inaccettabile vedere il legittimo capo dello Stato in quel re che aveva abbandonato il Paese al suo destino per mettersi in salvo il mattino del 9 settembre 1943, e in quella dinastia che aveva sempre nutrito sentimenti anticlericali e aveva colpito la Chiesa con confische e soppressioni di ordini religiosi. Era anche difficile accettare l’idea che ora gli amici dell’Italia fossero i protestanti anglosassoni, che seguitavano a bombardare spietatamente le città del Nord, e addirittura i bolscevichi atei dell’Unione Sovietica, i quali aizzavano i partigiani slavi a compiere efferati eccidi ai danni della popolazione italiana nella Venezia Giulia. Ad ogni modo, le due idee centrali del programma di don Calcagno appaiono in sostanza ragionevoli: che i cattolici italiani avessero fatto troppa strada con il fascismo, per scaricarlo come un vestito vecchio nell’ora della difficoltà; e che il papa fosse proiettato verso una dimensione troppo universale per dare piena espressione ai bisogni specifici della chiesa italiana. Ma la guerra si avviava alla conclusione nel modo che sappiamo e il movimento di don Calcagno non ebbe il tempo né i mezzi per svilupparsi ulteriormente; lui stesso, sospeso a divinis il 16 dicembre 1943 e scomunicato il 24 marzo 1945 (su pressione particolare dell’arcivescovo di Milano, il troppo lodato Ildefonso Schuster, fu passato per le armi dai partigiani appena un mese dopo, il 29 aprile (cfr. il nostro articolo: Don Tullio Calcagno, il prete che andò a morire con Mussolini, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 03/11/19 e poi su quello dell’Accademia Nuova Italia il 10/12/17). Al di là di alcune analogie, peraltro, vi è una differenza sostanziale fra le vicende del movimento di Crociata Italica nel 1944 e quelle del mondo cattolico dei nostri dì. Allora era una parte minoritaria del clero e dei fedeli che si era posta in contrasto col vertice della Chiesa per ragioni essenzialmente politiche; ora sembra che una buona fetta dei cattolici sia in contrasto coi vertici della Chiesa perché non riconosce nel suo insegnamento un autentico spirito cattolico, oltretutto su questioni politiche che coinvolgono i principi della fede. Il nodo del contrasto è proprio qui. Per Bergoglio e per le decine di don Corazzina, la questione dei migranti è spirituale e religiosa: i migranti sono come Cristo; accoglierli è accogliere Lui, rifiutarli è rifiutare Lui. Per moltissimi cattolici, questa è una strumentalizzazione inaccettabile del Vangelo, tanto più che essi non hanno visto altrettanta sollecitudine nei confronti dei milioni di poveri italiani e inoltre temono, non a torto, l’islamizzazione dell’Italia. Se ora si facesse avanti un don Calcagno…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Christian Lue su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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