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Bellissima e bravissima: Ilaria, vera attrice italiana

Ilaria Occhini, una delle migliori e più autentiche attrici italiane, ci ha lasciati, a ottantacinque anni di età. Fiorentina, classe 1934, era figlia dello scrittore Barna Occhini, fondatore del settimanale Italia e Civiltà nel 1944, al tempo della Repubblica Sociale Italiana (cosa che gli cosò la reclusione nel campo di prigionia di Collescipoli) e nipote, per pare di madre, di Giovanni Papini, il nonno adorato e che l’adorava, mentre per parte di padre era nipote del senatore Pier Ludovico Occhini, che era stato tra i fondatori della rivista settimanale Il Regno, organo del movimento nazionalista di Enrico Corradini. Proveniva quindi da una famiglia molto colta e molto impegnata sul terreno politico, con una forte connotazione conservatrice e di destra. Quanto a lei, aveva le idee un po’ confuse, visto che dapprima si era candidata con i radicali, poi con la lista Pro Life di Giuliano Ferrara. Ma se aveva le idee confuse in politica, le aveva molto chiare, invece, in fatto di recitazione. Praticamente Ilaria Occhini si è cimentata in tutti gli ambiti: dal cinema, dove aveva debuttato diciannovenne nel film Terza liceo di Luciano Emmer, al teatro, agli sceneggiati e film televisivi che le diedero, senza dubbio, la massima notorietà. Diretta da Anton Giulio Majano aveva recitato negli sceneggiati televisivi L’Alfiere e Jane Eyre; con Luchino Visconti aveva mostrato la sua bravura in teatro recitando in Uno sguardo dal ponte; poi il grande pubblico l’aveva vista negli sceneggiati Puccini, del 1973, e L’Andreana, del 1982. Ancora nel 2011, a settantasette anni, vinceva il Premio Alida Vali come miglior attrice non protagonista nel film Mine vaganti di Ferzan Özpetek, oltre a ottenere il Nastro d’argento alla carriera.

Bellissima, dotata sia di fascino che di temperamento, non aveva mai fatto parlare di sé nella vita privata. Era stata la moglie felice e fedele dello scrittore Raffaele La Capria, in un rapporto d’amore tenerissimo durato cinquantotto anni. E già qui si nota una vera e propria anomalia, perché tranne poche sue colleghe, come Virna Lisa, non sono molte le attrici che possano vantare una simile stabilità sentimentale e un così profondo senso della famiglia. Per lei c’erano solo il lavoro e la famiglia; anche la sua attività d’imprenditrice enologica — si occupava dei vigneti di famiglia sui colli di Arezzo, con la figlia e i nipoti – non è stata che un aspetto collaterale del suo amore per la famiglia. Impossibile dimenticare il suo sguardo intenso e luminoso, il suo tratto volitivo e i suoi modi naturalmente aristocratici: quando compariva sulle scene, portava con sé come un soffio di vita, una vibrazione tutta particolare. Recitava con gli occhi quasi più che con le parole: occhi verdi, spendenti, magnetici. Divenuta anziana, non nascondeva in alcun modo le rughe, né i capelli sempre più bianchi. Era inoltre un’interprete eccezionalmente versatile: sapeva entrare in qualsiasi parte, drammatica o leggera, ma sempre portandovi qualcosa di suo, una speciale intensità emozionale, come un fervore di vita interiore. Dava l’impressione di un vulcano che sonnecchia sotto una coltre di ghiaccio e che in qualsiasi momento può ridestarsi. Abbiamo parlato di un tratto aristocratico; bisogna aggiungere che la sua era un’aristocrazia naturale che non escludeva, anzi che comprendeva la spontaneità e l’immediatezza, il che le consentiva di aderire a personaggi di estrazione popolare, come l’Andreana, la protagonista del romanzo di Marino Moretti, portato sul piccolo schermo dal regista Leonardo Cortese.

E tuttavia, nonostante tutta la sua bravura e la sua classe, si può dire che nel cinema non ha mai realmente sfondato. Non ha mai potuto dare il meglio di sé come attrice protagonista in un film di prima grandezza. Rispetto al brillantissimo esordio, la sua carriera ha avuto come una specie di rallentamento, e alla fine è stata relegata negli sceneggiati di costume. Un’artista della sua vaglia e della sua tempra avrebbe meritato molto di più: avrebbe meritato di diventare la signora del cinema italiano. Forse qualcosa ha intralciato la sua carriera: forse semplicemente la sua coerenza e la sua limpidezza. Non è mai stata tentata da Hollywood, non ha mai accondisceso alla moda americana ed è rimasta fedele alla sua terra, in tutti i sensi. È stata solo un’autentica e splendida attrice italiana.

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Dmitry Demidov from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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