«Il mondo li ha odiati, perché non sono del mondo»
20 Luglio 2019
Uomini veri e uomini per tutte le stagioni
22 Luglio 2019
«Il mondo li ha odiati, perché non sono del mondo»
20 Luglio 2019
Uomini veri e uomini per tutte le stagioni
22 Luglio 2019
Mostra tutto

Davvero ne valeva la pena?

La vita umana è un soffio: oggi c’è, domani si spegnerà in un attimo. Oggi noi ci siamo, coi nostri desideri, le nostre ambizioni, le nostre vanità; domani non ci saremo più e nel giro di qualche anno saremo dimenticati. Quando se ne andranno, a loro volta, quelli che ci hanno conosciti, e subentrerà una nuova generazioni, sarà quasi come se non fossimo mai esistiti. I nostri nomi, sulla tomba, saranno solamente nomi; le nostre immagini non diranno più niente a nessuno. Passeranno ancora degli anni, e le concessioni cimiteriali scadranno, e non verranno rinnovate; allora anche le nostre tombe verranno rimosse per fare posto ad altre, e i nostri resti finiranno mescolati a quelli di tanti altri: non ci sarà più neanche un luogo fisico a ricordare il nostro passaggio sulla terra. Nessun compiacimento macabro, nessun gusto romantico per la malinconia: questa è la realtà della condizione terrena. Aggrapparsi ad essa è come costruire una casa sulla sabbia, fatta di sabbia: il primo acquazzone la scioglierà e se la porterà via.

Queste considerazioni, non pessimistiche, ma semplicemente realistiche, ci sorgono spontanee osservando l’accanimento, sempre più maligno, col quale i falsi pastori che si sono impossessati della Chiesa cattolica e la stanno pervertendo nella sinagoga di Satana, proseguono imperterriti nella loro opera infernale. L’ultimo colpo — l’ultimo, ma domani ne verrà un altro, e dopodomani un altro ancora – viene dal cardinale Braz de Aviz, presidente della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata, il quale ha dichiarato che un certo modo di pregare, un certo modo di vestire, nei conventi, devono cambiare. I media, complici o distratti, non sembrano aver colto l’enormità di quest’affermazione. Voler cambiare il modo di pregare dei religiosi equivale a dire che per millenovecento anni essi hanno pregato in maniera sbagliata: è esattamente lo stesso che dire di voler fondare una nuova religione. La religione si basa sulla preghiera, che è il rapporto spirituale fra l’uomo e Dio: il come si prega non è un fatto esteriore e secondario, è la sostanza stessa della fede. Si prega in base a ciò che si pensa dell’uomo e di Dio; in base a ciò che si pensa della relazione che lega le creature al loro Creatore. Inoltre, significa gettare nella più totale confusione decine di migliaia di religiosi e, in prospettiva, decine di milioni di fedeli. Significa mettere in crisi la loro fede e la loro vocazione, e spingerne molti a lasciare il convento. È già successo coi Francescani dell’Immacolata e poi con le Piccole Suore di Maria Madre del Redentore. Del resto, è difficile sfuggire all’impressione che fosse proprio questo l’obiettivo della "riforma": costringere ad andarsene quelli che non ci stanno. Ma per ognuna di queste anime che sono turbate e spinte a lasciare l’abito religioso, il cardinale Braz de Aviz dovrà rendere conto a Dio. Gesù Cristo in Persona gli chiederà di rendere conto di quel che sta facendo, così come lo chiederà a colui che si fa chiamare papa Francesco, e che intanto si diverte a fare giochi di magia davanti alla stampa. Gli domanderà di rispondere di quanto ha fatto ai Francescani dell’Immacolata; e perché non ha risposto ai quattro cardinali; e perché non li ha voluti neppur ricevere privatamente; e infine perché, mentendo, ha dichiarato di non aver mai ricevuto la loro lettera. Gli chiederà perché ha coperto il cardinale McCarrick e perché si è rifiutato di rispondere alle circostanziate accuse di monsignor Viganò. Ma soprattutto gli chiederà di rendere conto di tutte le anime che ha gettato nell’angoscia, nella disperazione e nella perdita delle fede: che non sono poche, come noi periostalmente possiamo testimoniare. E così per tutti gli altri. Bergoglio, Sosa Abascal, Paglia, Galantino, Bassetti, Ravasi, Braz de Aviz, Maradiaga, Kasper, Bianchi: sono tutte persone anziane. Nel giro di qualche anno non ci saranno più. Questo non è gettare il malocchio, è la normale previsione in base alla durata della vita media. Entro dieci anni, probabilmente nessuno di loro sarà più in vita. Dovranno lasciare le loro ambizioni mondane, le stanze del potere, la pubblicità mediatica, i pubblici onori, tutto ciò che gratifica l’ego, e presentarsi, nudi, al cospetto di Dio, giusto Giudice: come noi tutti, del resto. E allora che cosa diranno? Come si giustificheranno? Ciò che stanno facendo grida vendetta al Cielo…

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
Hai notato degli errori in questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.