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Chiamiamoli col loro nome: sono creature del Male

Il recente articolo di Cesare Baronio, La grande impostura. Riflessioni dinanzi alla crisi presente, ammirevole per chiarezza, lucidità e coraggio, ci ha confortato in tutta una serie di ragionamenti e di passaggi che da alcuni anni andiamo svolgendo e che ci hanno condotto su una terra paurosa e quasi inesplorata, nella quale ben pochi osano avventurarsi, cioè alla presa di coscienza di quanto sia terribile la radice della crisi attuale della Chiesa e di tutta la società civile; quale la sua vera natura; quali le forze dalle quali scaturisce e grazie alle quali progredisce con una rapidità e una sfrontatezza impressionanti. Cominciavamo a sentirci soli, a temere di esser caduti in un abbaglio: l’enormità di quel che ci era parso di aver scoperto deponeva contro la sua plausibilità e pareva dar ragione a quanti ritengono che le nostre conclusioni siano azzardate, esagerate, indimostrabili. Se siano indimostrabili, non possiamo dire; certo, indizi ve ne sono anche troppi. Ad ogni modo, ci è stato di conforto constatare che una persona di tale valore, tale lucidità e tale onestà intellettuale, è giunta, ci sembra (non sta a noi interpretarlo e pretendere di porre un’etichetta sulle sue affermazioni) a delle conclusioni molto, ma molto simile alle nostre. E in particolare alla conclusione che il motore e l’istigatore della deriva morale e spirituale che stiamo vivendo, e che sta squassando la Chiesa dalla base al vertice, o meglio dal vertice alla base, ha un solo, grande regista finale: il diavolo. Di conseguenza, che quanti stanno conducendo la loro incessante campagna per "aggiornare" la Chiesa, per riformulare la dottrina, adeguandola al sentire dell’uomo moderno, non sta sbagliando per ingenuità e un eccesso di ottimismo, né sarebbe possibile convincerlo di errore mediante ragionamenti, perché costui non è affatto in buona fede, sa quel che sta facendo e lo sta facendo proprio per la ragione che a noi appare così sconvolgente e deleteria, quasi incredibile: provocare tutto il male possibile, per spingere nella confusione, nell’angoscia e nella disperazione milioni di anime, per privarle della luce del Vangelo di Gesù Cristo e condurle all’inferno. In altre parole: quanti si prestano all’opera di demolizione della Chiesa, specie dal suo interno, specie per mano del suo stesso clero, non sono uomini che sbagliano perché non sanno quello che fanno, ma sono operatori del Male. Sono creature del Male. Il loro movente è il Male, con la lettera maiuscola.

Ora, il principio del Male è la menzogna; il diavolo è il grande bugiardo; e il suo disegno consiste non nella negazione frontale ed esplicita, ma nella falsificazione subdola e nel rovesciamento graduale e abilmente calcolato della Verità. Pertanto i suoi servitori e si suoi strumenti non diranno mai: Vogliamo abolire il Vangelo di Gesù, ma diranno, e infatti dicono: Noi vogliamo aggiornare e rendere più facile, più accessibile la divina Rivelazione. In realtà, il loro obiettivo si vede chiaramente dai frutti che la loro opera sta dando: l’apostasia generalizzata dalla fede, lo svuotamento della dottrina cattolica, la distruzione della sua legge morale. Anche il più cieco, il più ingenuo osservatore, se dotato di un minimo di buona fede, davanti a simili risultati dovrebbe restare interdetto e profondamente addolorato, e farsi qualche scomoda ma indispensabile domanda. Chi non se la fa, non può essere assolutamente in buona fede, ma è solo un operatore o un collaboratore consapevole del Male. E poiché, mentendo, sosterrà di essere animato dalle migliori intenzioni, se ne deduce che il suo abito costante è l’ipocrisia. Questi sciagurati strumenti del Male vivono immersi nell’ipocrisia, mentono con la facilitò con cui respirano. Padre Giovanni Cavalcoli si arrampica sugli specchi per conciliare la possibilità che un papa menta con l’impossibilità, a suo credere, che cada nel delitto di eresia, cioè che menta in materia di fede e che inganni, così, anche i fedeli. Eppure è evidente: quel che sta facendo il signore argentino, quel che stanno facendo i Paglia e i Galantino, i Sosa e i Kasper, i Bianchi e gli Spadaro, non è certo un ingannarsi in buona fede: è la lucida, ipocrita, diabolica sovversione della Verità di Gesù Cristo, metodica, deliberata, quotidiana, capillare, fatta sia di gesti e parole sia di silenzi e omissioni, avente come obiettivo la sostituzione della sua vera Chiesa con una orribile contro-chiesa, dove il peccato diventa un diritto naturale, il falso è uguale al vero, il male diventa bene: vale a dire, l’edificazione della sinagoga di Satana, profetizzata da san Giovanni nel libro dell’Apocalisse.

Per colpa di questi uomini, se pure sono soltanto uomini, migliaia di anime si sono allontanate da Dio e hanno perso la fede, oppure, se andavano in cerca di essa, non l’hanno trovata, e sono state risospinte nell’angoscia e nel gelo dei un mondo senza Cristo; fra esse, tanti francescani dell’Immacolata e, adesso, tante delle Piccole Suore di Maria, Madre del Redentore. Anime che si erano consacrate totalmente alla loro missione spirituale, che avevano scelto di vivere pregando Dio e servendo il prossimo (cosa che si può fare con la preghiera non meno che con l’assistenza materiale), secondo l’infallibile insegnamento di Gesù Cristo. Come è possibile immaginare che una simile ferita nel Corpo Mistico di Cristo, la Chiesa, sia stata inferta, e venga inferta praticamente ogni giorno, per semplice ignoranza e goffaggine, e tuttavia in buona fede? No davvero; qui siamo in presenza di qualcosa d’infinitamente peggiore: qui ci troviamo dinnanzi all’opera del diavolo. Lo stesso, eterno Nemico che ha fatto perseguitare san Pio da Pietrelcina da uomini della Chiesa cattolica; lo stesso che ha suscitato tante eresie dentro di essa e tanti persecutori al suo esterno. Il diavolo si è da tempo insediato in Vaticano, e da tempo ha reclutato i suoi adepti nelle file del clero, specialmente dell’alto clero. Quello che spingeva padre David Maria Turolodo a spezzare una coroncina del Rosario e a mettersela sotto i piedi, dicendo ai presenti allibiti: Basta con queste superstizioni da Medioevo!, era forse l’arcangelo Gabriele? Quello che suggeriva al cardinale Martini (un cardinale gesuita: violazione dello statuto dei gesuiti) d’istituire, nella diocesi ambrosiana, la cattedra dei non credenti, e che gli faceva dire che la Chiesa deve recuperare un ritardo di 200 anni, evidentemente rispetto al mondo moderno, era lo Spirito Santo? Ed era una ispirazione della Vergine Maria quella che induceva il prete Lorenzo Milani a scagliarsi con parole di fuoco contro la classe dei professori, rei di bocciare agli esami gli alunni impreparati, e gli dettava le parole: E chi potrà amare i miei ragazzi fino all’osso, senza finire col metterglielo nel culo?, eccetera, cosa che poi i suoi eredi morali, i signori del Forteto, hanno fatto, eccome se lo hanno fatto, abusando i ragazzi difficili affidati loro per "recuperarli", nello spirito di quella mentalità "cattolica" rivoluzionaria e di sinistra? E chi dirigeva le mosse del cardinale Marcinkus, l’amico e il socio in affari di Sindona e di Calvi, l’uomo che ha trasformato il Vaticano, con la connivenza e la copertura di Wojtyla, in un cinico e spietato potere finanziario, rotto a tutte le astuzie e disposto alle più disinvolte e sporche operazioni? Qualcuno si meraviglia della deriva nell’ora presente, e trova da eccepire se il cardinale Ravasi rimprovera a Salvini l’abuso del Rosario, lui che ha diretto la sconcia operazione commerciale del Met Gala di New York, con la satanista Rihanna e altre star di Hollywood che hanno sfilato indossando i paramenti autentici dei papi, e contraffacendo con diabolica malizia la figura del divino Redentore e quella della sua santissima Madre. Ma la pestilenza dell’eresia parte da lontano, e chi possiede appena un po’ di onestà intellettuale è costretto ad ammetterlo. Certo, è estremamente doloroso, per un sacerdote, e in genere per un cattolico, specie se avanti negli anni, dover riconoscere tutto questo; dover ammettere che la Chiesa, da anni, è stata presa in ostaggio di una banda di massoni e satanisti. Ma cosa può esserci di più doloroso che vedere e capire una cosa del genere, e tuttavia far finta di nulla, minimizzarla, ridurla alle proporzioni di una malattia passeggera, di una serie di sfortunate coincidenze?

È triste e patetico vedere illustri teologi, come padre Cavalcoli, annaspare alla ricerca della quadratura del cerchio, pur di negare l’evidenza, anche dopo aver preso atto, sia pure parzialmente, di quel che sta accadendo nella Chiesa. Lo studioso domenicano sostiene che un papa può dire bugie, ma non può essere eretico, il che è già un bell’esercizio di equilibrismo e un triplo salto mortale; ma non si spinge fino alla radice del problema, cioè non affronta la questione se il signore argentino che si veste da papa, sia effettivamente il legittimo papa. Arrivate le cose al punto in cui sono, sarebbe necessario che tutte le persone oneste trovassero il coraggio per chiamare le cose con il loro nome, per denunciare apertamente l’odioso tradimento che si sta consumando contro la Chiesa e contro Gesù Cristo. Ripetiamo: è comprensibile il dolore che una tale prospettiva suscita in un vero sacerdote e in un vero credente; ma, d’altra parte, come tacere ancora? Come conservare del rispetto umano, quando si nega ogni rispetto a Dio e si mette in opera una tale diabolica manovra contro le anime? Dovremo rendere conto, tutti, di ciò che abbiamo fatto e di ciò che non abbiamo fatto, in un frangente così drammatico. E chi ci ha garantito, quando siamo stati battezzati, e poi quando siano stati confermati mediante i Sacramenti, che non avremmo incontrato ostacoli e che la nostra fede non avrebbe potuto venir messa in pericolo anche dalla parte che meno ci saremmo immaginati? La sola cosa che ci è stata garantita è l’assistenza dello Spirito Santo: quella sì, sempre. Ma nessuno ci ha garantito contro l’eventualità di un papato eretico, di una Chiesa caduta in mano agli eretici. Alcune celebri profezie mariane, come quella di La Salette e come quella di Fatima, alludono anzi in maniera piuttosto chiara al verificarsi di una tale situazione. E le rivelazioni private della Vergine Maria a don Stefano Gobbi battono e ribattono sullo stesso tasto: la Chiesa è in pericolo, l’integrità e la santità della fede sono in pericolo, perché la massoneria ecclesiastica sta manovrando per inquinarle con il veleno di false dottrine. Che altro deve ancora fare il signore vestito di bianco, che già non abbia fatto, perché i veri cattolici capiscano chi egli è veramente, perché è stato eletto papa, e quale scopo sta perseguendo sin dal primo istante, e continua a perseguire, metodicamente, implacabilmente, ogni giorno di più, con le parole, le azioni e le omissioni? Non basta neppure che si presenti all’incontro con i rabbini indossando un crocifisso che non è Crocifisso, perché mancante della parte inferiore? O che si presenti alla santa Messa impugnando una casuala che non è una casula, ma una specie di bastone infernale? O sfoggiando una veste sulla quale compare, visibilissimo e ripetuto due volte, il numero 666? O che durante la sua "liturgia" il coro innalzi un inno a Lucifero? O che si rifiuti di benedire i fedeli, i quali glielo hanno esplicitamente domandato? O che si sieda, tronfio e orgoglioso, davanti al Santissimo nel Duomo di Milano, mentre di fronte a dei semplici uomini, come i capi di Stato africani, non esita a gettarsi bocconi fino a terra e a baciar loro le scarpe? E questo solo per citare alcuni episodi di omissione; ma tutti conosciamo gli episodi nei quali ha pronunciato parole blasfeme, sacrileghe, nei confronti della Santissima Trinità e di Gesù Cristo; non semplicemente imprudenti o avventate, e sempre con un sorriso di compiacimento e una luce sinistra nello sguardo.

Qualche anima bella teme che, denunciando tutto questo, si potrebbe avviare uno scisma. Lo scisma c’è già, anche se non dichiarato, e proprio per questo più micidiale. Alcuni affermano che proprio la minaccia di uno scisma fu l’argomento, o uno degli argomenti, coi quali furono estorte a Ratzinger le sue dimissioni. È possibile; ma costoro dovrebbero liberarsi dall’ingenua contrapposizione fra l’eresia di Bergoglio e l’ortodossia del suo predecessore. La verità è che anche Benedetto XVI è stato un maestro di relativismo, dunque di eresia; che anche lui, che pure a parole condannava la cultura del relativismo, aveva elaborato una teologia relativista, caratterizzata da una doppia verità, quella del Vangelo e quella della speculazione umana. L’eresia al vertice della Chiesa non nasce con Bergoglio, ma già con Roncalli; e lo strumento per la sua instaurazione è stato il Concilio Vaticano II. Chi non ha compreso questo, non ha compreso nulla. E quei cattolici che ripetono senza riflettere ciò che hanno sentito dire cento volte, che il Concilio è stato il momento più bello e più alto nella vita della Chiesa, senza rendersene conto rinunciano a essere cattolici e diventano apostati, perché se davvero il Concilio fu, come lo fu, una rivoluzione nella Chiesa, allora non può essere stato che un tentativo di rovesciare la dottrina e falsificare la perenne Verità di cui la Chiesa, da quasi duemila anni, è depositaria. Le rivoluzioni si fanno per questo: per scardinare il vecchio ordine e per instaurarne uno nuovo. La massoneria ecclesiastica ha vinto la partita decisiva non nel 2013, e nemmeno nel 1965, ma nel 1958, con il conclave che ha eletto Giovanni XXIII. Che c’è? È un boccone troppo amaro da mandar giù, questo? È vero: ma chi non lo vuol inghiottire, fa come lo struzzo: caccia la testa sotto la sabbia per non vedere quel che gli riesce sgradito. Dio sa se prendere atto di una realtà di tal genere non risulti sconvolgente, addirittura traumatico. La ragione vacilla; la fede è sul punto di smarrirsi; tutti i consueti punti di riferimento paiono svanire. E dunque? Non ci resta forse lo Spirito Santo, promesso da Gesù Cristo ai suoi seguaci? Ecco, io sono con voi ogni giorno, sino alla fine del mondo. Non ha detto: io sarò; ma: io sono. E allora, di cosa dovrebbero aver paura quanti confidano in Lui? Di un Bergoglio, un Ravasi, un Paglia? Per favore, siamo seri…

Fonte dell'immagine in evidenza: Immagine di pubblico dominio (Gustave Dorè)

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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