
Satana divora le anime mediante la concupiscenza
25 Aprile 2019
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26 Aprile 2019C’è stato un tempo, e cioè quello in cui noi eravamo bambini, in cui i libri di scuola parlavano del bene. Pensate un po’: non parlavano solo dell’ambiente, delle questioni sociali, del progresso, della giustizia, dell’uguaglianza dei diritti: parlavano, sì, di queste cose, ma con spirito di concretezza e senza l’insopportabile cappa ideologica che oggi contraddistingue, e sovente ammorba, tali discorsi, perlopiù ridotti a mero esercizio retorico e propagandistico; ma parlavano anche, nello stesso tempo, e soprattutto, del bene. Parlavano dell’onestà, della lealtà, della sincerità, della laboriosità, della responsabilità, della disciplina, della fedeltà alla parola data; e, horribile dictu, persino della famiglia, della Patria e di Dio. Non un dio generico; non un dio massonico, o sincretista, o gnostico; e neppure dei valori delle diverse religioni, ebraismo, islamismo, buddismo, eccetera. No: parlavano di Gesù Cristo; parlavano del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; parlavano degli Angeli, dei Santi e della Vergine Maria. Parlavano della preghiera, della carità, della contemplazione, della fede; e ricordavano il Natale e la Pasqua, con la Resurrezione del Signore. Terribile, vero? Insomma, parlavano dei buoni sentimenti, delle nostre tradizioni, delle nostre radici, della nostra identità. Assegnavano un posto ordinato a ciascuno nella grande famiglia umana; parlavano persino del padre e della madre, e di quanto siano entrambi necessari all’esistenza di una solida e serena famiglia; non parlavano del Genitore 1 e del Genitore 2, né della famiglia arcobaleno, né delle nonne ultrasessantenni che partoriscono bebè per i propri figli omosessuali, con i gameti del proprio figlio e della sorella di suo "marito" (o "moglie", come preferite). Si dirà che le famiglie arcobaleno e tutto il resto, allora, non c’erano, sono venuti dopo; verissimo: resta da capire in quale misura il cambiamento di ritta del nostro intero sistema educativo e dell’informazione abbia contribuito ad accelerare e a incoraggiare l’avvento di queste nuove situazioni, esistenti non solo di fatto, ma anche di diritto. E si dirà che in quelle letture non si parla dei problemi: dell’inquinamento, delle disuguaglianze sociali, delle minoranze discriminate, delle guerre. Non è esatto. Dell’inquinamento non si parlava, ma non per ottusità di quegli autori, ma perché il problema ancora non era percepito neanche dagli scienziati (ed è a loro che va rivolto il rimprovero); dei problemi sociali c’è il riflesso, ma in chiave di comprensione, di buona volontà e di carità cristiana: insopportabile, vero? Niente rivendicazioni; niente scioperi; niente lotta di classe. Si dirà, ancora, che cinquant’anni fa esisteva una morale condivisa, esistevano delle certezze che oggi sono scomparse; rispondiamo, di nuovo, che se stiamo affogando nella palude del relativismo, oltretutto spacciandola per un bellissimo specchio d’acqua cristallina, chiamato progresso, civiltà, pluralismo, ciò è dovuto anche al fatto che chi era depositario di quei valori, gli adulti in genere, e gli educatori in specie, clero compreso, a un certo punto hanno bellamente abdicato al loro ruolo, si son fatti compagni di merende dei bambini e dei ragazzi e li hanno illusi con il miraggio di un apprendistato alla vita che non comporta doveri, né sacrifici, né responsabilità, né scotti da pagare quando si commettono sbagli.
Prendiamo in mano uno di quei vecchi libri di lettura per la scuola elementare, uno qualsiasi, ad esempio Sentire. Letture per il primo ciclo della Scuola elementare (a cura di Adriana Ferro, classe 2a; Milano, Editrice Noseda, 1963 [?], passim) e soffermiamoci su alcuni brani, scelti fra gli altri, non perché spicchino sul piano letterario o quello dei contenuti, ma per il loro carattere esemplare; alcuni sono di scrittori allora assai noti:
UNA SECONDA MAMMA. Avete mai visitato una scuola durante le vacanze? È una tristezza vedere tutti quei banchi in fila, quelle lavagne nere, quei quadri appesi al muro. Ma ecco la maestra, e tutto muta. Sui banchi sorridono tante testine di fanciulli dai riccioli d’oro. La lavagna si mette a parlare. I quadri sorridono. La scuola diventa allora un nido allietato da gai cinguettii, un giardino pieno di fiori. Che fata è la maestra! Apre la mente a ciascuno dei suoi piccoli alunni. Educa i cuori. Guida le mani. Il suo sguardo è più luminoso del sole. La sua vice è più soave della musica. È lei che fa vivere la scuola. La scuola è nella sua anima di mamma. La scuola è nel suo sorriso di sorella. Senza di nei la scuola non sarebbe più nulla. (P. Bargellini; p. 4).
IL MIRACOLO DEL MULINO. C’era una volta un mugnaio, il quale si preparava a macinare il grano che un contadino gli aveva portato. Fu bussato un colpo alla porta: era un poveretto che chiedeva l’elemosina. "Va’ via! — gli disse aspramente il mugnaio. — Non ho nulla da darti." Il contadino, che stava vicino al suo sacco di grano, ebbe pietà del mendico e gli diede una manciata di grano. Uil poverello la mise nella sua bisaccia e tese nuovamente la ano. E il contadino gliela riempì di grano. Lo stesso avvenne una terza, una quarta, una centesima volta, finché il sacco fu quasi vuoto. Il mugnaio rideva fra sé e pensava: – Che cosa gli resta ora da macinare?". Non restava quasi nulla. Tuttavia il mugnaio mise sotto la mola il poco grano rimasto e cominciò a macinarlo. Ed ecco, avvenne il miracolo: la farina cominciò a uscire, bianca e fina, e non smetteva mai di ve ir fuori. Il mugnaio guardava sgomento e il contadino cadde in ginocchio dinanzi al poverello per abbracciarli le ginocchia. Ma in quel momento il mendico, che era Gesù, scomparve ai suoi occhi. (M. Tibaldi Chiesa; p. 65).
IL RITORNO. Una volta accade che un angioletto, essendosi sperduto, non poteva ritrovare la strada per tornare in Paradiso. E l’angioletto piangeva piangeva, seduto sull’erba d’un prato, e pareva un povero bambino abbandonato. Passò di lì un pettirosso e l’angioletto gli chiese subito se sapeva insegnargli la strada per tornare in Paradiso. "Io conosco soltanto la strada per arrivare all’albero dove ho il mio nido. Però ti posso dire una cosa. Ho saputo che le preghiere dei bambini buoni arrivano in cielo. Prova a seguire una preghiera, forse riuscirai a tornare da Gesù." L’angioletto volò sino alla casa d un bimbo buono; lo trovò appunto che diceva la sua preghiera. Era inginocchiato accanto al suo lettino con le manine giunte e sembrava un angioletto anche lui. Allora l’angioletto seguì la strada della preghiera: era una stradina tutta d’oro come un raggio di sole. Così riuscì ad arrivare in Paradiso. (M. Menicucci; pp. 80-81)
L’ASINELLO E L’AUTOMOBILE. Un asinello se ne va lento per la via erta e polverosa. Passa una superba automobile che dice canzonandolo: "Povero ciuco! Chissà quando arriverà!". E gli getta sul viso un nugolo di polvere. Ma, poco dopo la boriosa automobile deve fermarsi per la rottura dello sterzo. L’asinello le passa davanti e la saluta con un raglio potentissimo: "Ih ih à!… chi sa quando arriverà!" (A. Cuman Pertile; p. 83).
DOLCE STAGIONE. È bello, adesso, andare a passeggio. L’aria è tiepida, profumata, gli alberi sono carichi di gemme, le rondini si rincorrono di campanile in campanile, di nuvola in nuvola. I bimbi che vivono in città pensano con nostalgia ai prati, ai boschi. Vorrebbero esser rondini, volarsene tra siepi che rinverdiscono, erbe nuove, primule, pervinche e viole mammole. Devono accontentarsi dei giardini pubblici, dei larghi viali fiancheggiati di ippocastani. I bombi di campagna, invece, posseggono tutta la bellezza della natura: l’immenso cielo risplendente, i ruscelli che si sono liberati dal ghiaccio e corrono tra i prati cantando, ogni germoglio, ogni raggio. Ma i bimbi di città e i bimbi di campagna sono egualmente felici, poiché la primavera, oltre che sulla terra rivestita di foglie e di fiorellini, sorride nel loro cuore carico di speranza. (M. Spano; p. 107).
È RISORTO! Le campane suonano a festa, nei nostri cuori c’è tanta gioia, la natura rinasce a nuova vita; esultiamo: Gesù è risorto! La colomba e l’agnello pasquale, simboli della pace e della mitezza, ci invitano ad essere buoni, più buoni; e noi lo promettiamo con cuore sincero. Gesù, morendo, perdonò ai suoi crocifissori ed ora dal cielo ci invita a perdonare le offese, a compatire gli altrui difetti, ad usare carità verso tutti, amici e nemici. Pasqua è festa lieta, perché è festa di cuori, apportatrice di benedizione e di gioia nelle nostre famiglie. (senza autore; p. 109).
Sono testi semplici, accompagnati da belle illustrazioni, altrettanto semplici, ma gaie, colorate, adatte a dei bambini di sette anni. Oggi farebbero sorridere, e per diversi motivi. Oggi i bambini, si dice, vogliono delle illustrazioni sul tipo dei cartoni animati o degli eroi dei dì videogiochi; e dei testi che li facciano riflettere sui problemi del mondo, che li introducano alla comprensione del reale secondo l’ottica della modernità. In altre parole, li si vuole indottrinare e somministrare loro il veleno, facendo finta che sia l’antidoto. Si scaraventano su di essi delle metodologie, delle pedagogie, delle filosofie da adulti, da adulti malati di quella malattia che è la modernità, vale a dire che li si vuol schiacciare sotto il peso di cose che non riescono a capire (per fortuna), paralizzandoli con la sensazione che viviamo in un mondo complesso, così complesso che non è possibile capirlo; e che le sole cose da capire sono i diritti e l’esercizio dei diritti, come estenderli sempre di più e come combattere chi non li rispetta. I diritti degli animali; i diritti delle minoranze; i diritti degli svantaggiati; i diritti dei "poveri"; i diritti dei profughi (veri o falsi, meglio non indagare); i diritti alle scelte di vita personali: divorziare, abortire, sposarsi con una persona dello stesso sesso, avere un bambino col sistema dell’utero in affitto o la fecondazione eterologa, cambiare sesso se si è stufi di esser sempre maschi o sempre femmine… In altre parole, oggi gli adulti, a cominciare dai cosiddetti educatori — partendo dalla prima società naturale, la famiglia – col pretesto di trasmettere ai giovanissimi la consapevolezza dei problemi del mondo in cui viviamo, sono ben decisi a far di loro ciò che sono diventati essi stessi: dei nevrotici, dei maniaci, dei depressi, dei problematici, dei caratteriali, degli insoddisfatti, degli infelici e dei disperati. La parola d’ordine sembra esser questa: togliere ai bambini l’incanto del mondo; toglier lo stupore, la sorpresa, la gratitudine; rincorrere le mode della società consumista; assecondare la mentalità edonista e ultraindividualista; togliere il gusto delle cose semplici, sane, "ingenue"; indurli a scimmiottare gli adulti nei loro atteggiamenti compulsivi, disordinati, instabili. Il bambino ha una sua stabilità istintiva; tende al cambiamento, perché deve formarsi e scoprire mille cose: ma non tende affatto al disordine, né alla dispersione, purché trovi nell’adulto una guida sana, dalle idee chiare, equilibrata e dotata di buon senso; e, soprattutto, che l’adulto accetti di far l’adulto; il maestro, di fare il maestro; il papà e la mamma, di fare i genitori; il prete, di fare il prete. Ma se l’adulto vuol fare l’amicone, se vuol rendersi simpatico dicendo sempre sì e non proibendo mai nulla, insomma se vuol gareggiare in immaturità col bambino, invece di mostrargli la strada verso la vita responsabile, quel che si attua è una vera e propria contro-educazione, i cui frutti saranno disastrosi, se non tragici.
Certo, il contesto sociale in cui vivono i bambini, oggi, è radicalmente cambiato rispetto a cinquant’anni fa. Ciò non significa che il bambino sia cambiato: nei tratti essenziali della sua natura, è sempre lo stesso. A cambiarlo sono le cattive abitudini, il telefonino sempre in mano, le ore passate al computer o davanti alla cattiva tivù. Ma il problema numero uno parte dagli adulti: sono loro che si stanno adoperando per rubargli l’infanzia; e la scuola sta diventando il maggiore strumento di questa odiosa sottrazione. Il bambino deve crescere, ed essere aiutato a crescere, ma secondo la sua natura, rispettando i suoi tempi e la sua personalità. Bombardandolo con lezioni d’informatica, d’inglese, di ecologia e di ricerche sociali, ma non parlandogli mai del bene e del male, di Dio e dell’anima, del vero e del falso, del bello e del brutto, lo si deruba del suo diritto, questo sì, fondamentale: quello di diventare un adulto dal cuore sensibile e dalla mente aperta; un adulto che sappia interrogarsi e commuoversi, e non un arido specialista che s’interessa solo di cose pratiche o di petizioni di principio, slegate dalla realtà concreta e mascherate da solidarietà, accoglienza, inclusione. Quante dannatissime chiacchiere gli riversiamo addosso, col pretesto di renderlo edotto della complessità del mondo moderno. Di fatto lo rispettiamo così poco, da trasformarlo in docile cavia per gli esperimenti interessati delle multinazionali farmaceutiche, somministrandogli una decina di vaccini, o meglio, di sostanze dalla dubbia natura e dalla ancor più dubbia efficacia, ma non prive di rischi per la sua salute. E intanto lo incoraggiamo ad andar dietro a qualche pifferaio magico, tipo Greta Thunberg, facendolo sentire importante e giustamente sdegnato contro l’egoismo degli adulti, che gli stanno sottraendo il futuro mediante le emissioni di CO2. Quanta ipocrisia negli "educatori" dei nostri giorni. Non c’è nulla da fare: i malefici frutti del’68 continuano a propagare disastri, una generazione dopo l’altra, senza mai ombra d’autocritica.
Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Wallace Chuck from Pexels