È in corso la battaglia decisiva
5 Aprile 2019
Le tre rivoluzioni che ci stanno distruggendo
7 Aprile 2019
È in corso la battaglia decisiva
5 Aprile 2019
Le tre rivoluzioni che ci stanno distruggendo
7 Aprile 2019
Mostra tutto

La Parola di Gesù è troppo dura ai nostri orecchi?

Poco dopo aver compiuto il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, Gesù riprende il discorso nella sinagoga di Cafarnao e cerca di condurre i sui uditori su un piano più spirituale, definendo con maggior precisione la natura della Sua missione: il vero Pane degli uomini, il Pane di vita eterna disceso dal Cielo, non è un pane materiale, come quello distribuito sulle rive del lago, e neppure come la manna mandata al popolo ebreo nel deserto, perché non morisse di fame; ma il Pane di vita è Lui stesso, Gesù, il Figlio di Dio. E chi lo accoglie con fede, chi proclama che Gesù è il Figlio di Dio e chi si nutrirà del suo Corpo e del Sangue, costui avrà la vota eterna, perché Gesù stesso lo resusciterà nell’ultimo giorno; ma chi lo rifiuta, chi si scandalizza di lui, chi non crede alla sua divina missione, non avrà parte nella vita eterna. Gesù è molto chiaro su questo punto: non tutti si salveranno; non tutte le strade portano a Dio, né qualunque Dio conduce alla salvezza; c’è una sola strada per la vita eterna, ed è quella da Lui annunciata, e compendiata nella Sua divina persona. Udendo quelle parole, i bravi ebrei osservanti si scandalizzano: sanno chi è quell’uomo, il figlio di Giuseppe, il carpentiere di Nazareth: come può essere lui il Figlio di Dio, il Messia inviato dal Padre celeste? Come può resuscitare i morti e rimettere i peccati? E come può dare se stesso quale Pane di vita eterna, per la salvezza degli uomini? Si scandalizzano perché, dice l’evangelista Giovanni, quel Suo linguaggio è "troppo duro" per i loro orecchi: contrasta irrimediabilmente con l’idea che si sono fatti di Dio e del suo Messia. Per tale motivo molti di loro se ne vanno, mormorando e lanciando parole d’incredulità e di sfida all’indirizzo di Gesù; e non vogliono più saperne di Lui e dei Suoi insegnamenti.

Gira e rigira, il problema è sempre lo stesso, ed è attuale anche ai nostri giorni, anzi, ai nostri giorni più che mai. Oggi, a differenza di allora, c’è una Chiesa, la Chiesa da Lui stesso fondata e affidata poi, nell’arco di duemila anni, ai suoi vicari; ci sono i pastori, i vescovi e ci sono i sacerdoti; ci sono le facoltà di teologia, ci sono i seminari, ci sono i professori, ci sono i catechisti, ci sono centinaia di milioni di fedeli: ma il problema è ancora e sempre quello: lo scandalo. Le parole di Gesù hanno ancora un suono troppo duro, per gli orecchi di molti, a cominciare dal clero. Molta parte del clero dei nostri giorni, specialmente a partire dal Concilio Vaticano II, non vuol più sentire neanche una parola che sia suscettibile di creare "divisione": trova che essa sarebbe contraria al concetto di "inclusione", un concetto inventata dal neoclero, e del quale non vi è traccia nel Vangelo. Gesù non ha mai puntato all’inclusione, se per inclusione s’intende una pratica mirante ad accogliere tutti, lasciando ciascuno nelle sue convinzioni precedenti e nel suo precedente stile di vita, magari erroneo, magari peccaminoso; nossignori: Gesù desidera che si formi un solo gregge e che abbia un solo pastore, ma sulla roccia indistruttibile della Verità. La Verità è Lui stesso: Io sono la Via, la Verità e la Vita. Dunque, Gesù non ha mai considerato l’unità come un bene a sé stante, al quale ogni altro principio può essere sacrificato; niente affatto: al contrario, ha dichiarato più volte di essere venuto a portare non la pace, ma la spada; e di esser venuto a creare la divisione perfino all’interno delle famiglie, il padre contro il figlio e il figlio contro il padre, la madre contro la figlia e la figlia contro la madre. Pertanto è evidente (o almeno dovrebbe esserlo, se i cristiani fossero meno distratti, meno conformisti e meno pigri) che c’è qualcosa che non va; che esiste un grosso problema nella Chiesa dei nostri giorni, e che quel problema ha un nome: Concilio Vaticano II. A voler dialogare con tutti, il clero si è dimenticato delle parole di Gesù; ma le parole di Gesù sono chiare: esiste una sola verità e una sola via che conduce alla salvezza; non si possono fare giochetti, equilibrismi e compromessi; non si possono fare sconti, tanto meno per compiacere lo spirito del mondo. Allo spirito del mondo le parole di Gesù danno fastidio, hanno un suono sgradito, sanno d’intolleranza: ma dire che la Verità è una non significa essere intolleranti; se ai cattolici sembra così, è solo perché sono diventati, in tutto e per tutto, dei modernisti e non più dei veri cristiani.

Rileggiamoci, dunque, quei versetti del Vangelo di Giovanni nei quali Gesù annuncia la vera natura della sua missione (6, 28-66; traduzione Bibbia C.E.I. 1974):

Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». Gesù rispose: «Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato».

Allora gli dissero: «Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete. Vi ho detto però che voi mi avete visto e non credete. Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

Intanto i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?».

Gesù rispose: «Non mormorate tra di voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna.

Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao. Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio».

Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.

Confrontando le Parole di Gesù, in questo brano del Vangelo, con le parole che si sentono continuamente sulla bocca dei vescovi e dei sacerdoti dei nostri giorni, per non parlare del signor Bergoglio, che si fa chiamare papa, ma non parla, né agisce come un papa dovrebbe fare, semmai il contrario, balza all’occhio la distanza abissale che le separa, sia nella forma che nella sostanza. «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». Gesù rispose: «Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato». Perché non si odono più parole di questo genere sulla bocca del clero? Perché è tanto raro, e ormai quasi impossibile, udirle pronunciare al catechismo, o nelle omelie domenicali, o nei messaggi che i vescovi indirizzano ai fedeli, o nelle forme più solenni del Magistero, come le encicliche e le esortazioni apostoliche? Si sente parlare ogni giorno dei migranti e del nostro dovere di accoglierli illimitatamente; si sente parlare dei poveri, della giustizia, dell’inclusione; si sente parlare dell’ambiente da preservare, del clima da sorvegliare, della biodiversità da proteggere: ma non si sente più dire che lo scopo della vita umana è fare la volontà di Dio, e che fare la volontà di Dio è credere in Gesù Cristo, il suo Figlio Unigenito. E perché non si sente mai ripetere quest’altra frase di Gesù: E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato? Forse perché il signor Bergoglio sta facendo esattamente l’opposto, e pur di guadagnare le simpatie di quanti non credono in Gesù Cristo, e anche di quanti lo hanno sempre combattuto, non si cura minimamente delle pecorelle del suo gregge, le quali si allontanano, amareggiate e sconsolate, a causa del suo modo di fare? Gesù, che è il Figlio di Dio, dice di voler fare in tutto e per tutto la volontà del Padre suo, e dice anche che la volontà del Padre suo è che nessuna delle pecorelle del gregge si disperda. Tuttavia, i membri del neoclero se ne infischiano delle pecorelle, anzi, si direbbe che facciano di tutto perché se ne vadano tutte quelle che non comprendono la svolta operata rispetto al Magistero perenne; e come dei cattivi pastori, come dei mercenari a cui non importa del gregge, se ne vanno diritti per la loro strada, dicendo di voler "cambiare la Chiesa", come se la Chiesa fosse un edificio di loro proprietà, e avendo sempre come meta finale il dialogo con tutti, l’inclusione di tutti, l’accettazione di tutti: anche degli errori, anche dei peccati, anche delle false religioni. L’espressione stessa "false religioni" è scomparsa dal vocabolario del clero, per non parlare dei teologi, dopo che documenti conciliari come la Dignitatis humanae e la Nostra aetate hanno affermato esplicitamente, contraddicendo il Magistero perenne, il principio della libertà religiosa, che già Pio IX aveva posto, nel Sillabo, fra i gradi errori dell’età moderna, e che Pio X aveva ribadito essere una dottrina del tutto erronea e inaccettabile dal punto di vista cristiano. Infatti quel principio è non solo falso, ma fuorviante e pericoloso: esso è in contrasto col Magistero perché è in contrasto insanabile con il Vangelo. Gesù Cristo non è venuto ad insegnare una dottrina fra le tante, una fede come le altre; è venuto a dire che Lui stesso è la Via, la Verità e la Vita, e che per giungere al Padre, bisogna passare per Lui, perché tale è la volontà del Padre suo: Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato. E dunque, come si permettono i neopreti di parlare in maniera completamente diversa? Come si permettono certi vescovi e certo sacerdoti di invitare i seguaci di altre religioni a entrare nelle chiese, a partecipare alla santa Messa, cantando ciascuno degli inni al proprio dio, e talvolta inscenando danze pagane nel presbiterio? Cime osano i pontefici postconciliari affermare che gli ebrei hanno già l’Alleanza e dunque non si devono convertire, non devono confessare che Gesù è il Figlio di Duo, e che solo la fede in Lui è via di salvezza? E come osa il falso papa Bergoglio, ad Abu Dhabi, sottoscrivere con gli islamici un documento in cui si attribuisce a Dio la volontà di veder esistere e convivere le diverse fedi religiose, e poi fare istruzioni affinché i vescovi diffondano ovunque questa falsa, blasfema dottrina, che non ha nulla a che fare col Vangelo, anzi, che è l’esatta negazione del Vangelo di Gesù Cristo?

Il fatto è che, per i cristiani "moderni", "adulti", "consapevoli", come essi amano definirsi, la Parola di Gesù è veramente troppo dura. Gesù parla chiaro, troppo chiaro per loro: quando dice che se l’occhio è di scandalo, meglio strapparselo, usa un linguaggio troppo duro. E quando dice che chi dà scandalo ai piccoli dovrebbe legarsi una macina al collo e gettarsi nel mare, usa un linguaggio troppo duro. E quando dice che chi rifiuta la sua missione redentrice è un figlio del diavolo, che ama le opere del padre suo, usa un linguaggio troppo duro. I cattolici dei nostri giorni sono persone molto sensibili, molto perbene, molto delicate: il "vangelo" che piace loro è un falso vangelo che scusa tutti i loro vizi, che legittima i peccati e approva le false religioni. È triste, ma bisogna pur dirlo: non c’è peggior nemico della parola di Cristo, oggi, che il falso clero che infesta la sua Chiesa. Superbi, avari, lussuriosi: i neopreti e i neocattolici vogliono un vangelo su misura per loro…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
Hai notato degli errori in questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.