
Dilaga la filosofia del rancore e della rivalsa
4 Aprile 2019
È in corso la battaglia decisiva
5 Aprile 2019Due sono le maniere in cui la filosofia si può suicidare: o adattandosi a redigere il proprio certificato di morte, firmato dalle scienze chimiche e biologiche, che risolve il pensiero nei circuiti cerebrali e lo riduce a pura secrezione fisiologica; oppure sciogliendosi nella prassi. La prima è più apprezzata dalle élite culturali post-moderne; la seconda gode di una vasta popolarità fra le persone comuni, ma anche presso i loro leader, compresi quelli religiosi. Marx sarebbe contento: questa è la sua vittoria postuma; per secoli i filosofi hanno pensato a come spiegare il mondo, ora lo stanno cambiando. Il massimo esponente di questo trionfo della prassi sul pensiero non è un filosofo, ma il signor Bergoglio, il quale, peraltro, è andato a scuola da un teologo, Karl Rahner, e da un filosofo, Gianni Vattimo. Pensiero debole, prassi dominante: è l’agire concreto che determina i valori e i giudizi, non più valori e giudizi che determinano l’agire: sia nel campo dottrinale, sia in quello morale. La subordinazione della teoria alla prassi ha trovato una serie di spettacolari applicazioni da parte dei radicali italiani, i quali, dall’alto del loro uno o due per cento dei voti alle elezioni, sono riusciti a imporre all’intera società una serie di svolte decisive, non solo sul piano giuridico e civile, ma anche su quello dei modi di pensare e di sentire. La società italiana attuale è una società radicalizzata: non conta ciò che è vero o ciò che è giusto, ma è l’azione pratica a determinare la verità e la giustizia delle cose. L’azione pratica determina anche la natura delle cose: le cose sono ciò che si vuole che siano. Maschio e femmina, padre e madre, sono concetti obsoleti: siamo noi a decidere cosa vogliamo essere; la tecnica si occuperà dei dettagli. In questa prospettiva, non si capisce cosa ci stia ancora a fare un dio; e infatti arriverà il momento in cui il signor Bergoglio getterà del tutto la maschera e proclamerà che il cristianesimo è solo un insieme di comportamenti e di pie intenzioni. In parte, l’ha già lasciata cadere: approvando le affermazioni dell’eretico Enzo Bianchi, che riduce Cristo a un profeta, e proclamando a gran voce che le diverse religioni sono tutte belle e buone, e tutte volute da Dio; il passo successivo sarà dichiarare che non c’è nessun Dio, che Gesù era uno dei tanti "illuminati" e che gli uomini devono imparare a redimersi da soli. Come insegna la premiata ditta radicale.
La tecnica è sempre la stessa, ma funziona sempre. Si parte dalla constatazione che esistono determinate realtà e situazioni di fatto, e si chiede alla società di accettarle. Poi, dall’accettazione, si passa all’approvazione, sia giuridica che morale: siccome quelle tali situazioni esistono, e non si può far finta di non vederle, allora bisogna anche approvarle, togliere da esse ogni "pregiudizio" di anormalità. Dall’approvazione si passa alla difesa d’ufficio: la società deve farsi carico di tutelare la piena accettazione e approvazione di quelle situazioni da parte di tutti; se qualcuno recalcitra, tale esitazione deve essere trattata alla stregua di una discriminazione: va punita per legge. Infine si passa al coronamento supremo di tutta l’opera: una volta annientate le obiezioni e criminalizzato il dissenso, si passa a "proporre" le situazioni anormali come scelte di vita più che legittime e si invogliano i cittadini, partendo dai bambini dell’asilo, a sperimentare di persona le meraviglie dell’auto-determinazione, anche sul piano fisiologico. Divorziare, abortire, sopprimere i malati terminali e cambiare sesso, sono le facce di uno stesso prisma: il prisma della assoluta auto-determinazione e auto-redenzione da parte degli uomini. Non è più Dio che redine, sono gli uomini che si redimono da soli: in questa vita, beninteso. Anche perché non ce n’è un’altra. In fondo, il controllo totale della vita non è la prerogativa fondamentale di un dio? Dunque, l’uomo è Dio e Dio è l’uomo. Per secoli e millenni, gli uomini hanno cercato Dio all’esterno, nei cieli o chissà dove; invece lo avevano vicino, vicinissimo: non dentro di loro, ma tutt’uno con loro. La religione del domani sarà, probabilmente, il buddhismo: una religione atea, con l’uomo al centro di tutto, e quindi anche di se stesso. Umanesimo integrale, appunto. Complimenti a Jacques Maritain: non solo ha ispirato il Concilio Vaticano II, ma anche il modello dell’uomo radicale.
E adesso facciamo qualche esempio pratico della dissoluzione della filosofia e della teologia nella prassi, cioè nella passiva accettazione delle realtà de facto. A proposito del recentissimo Congresso mondiale della Famiglia, tenutosi a Verona il 29-31 marzo 2019 e tanto osteggiato, denigrato e insultato dalla cultura politically correct, Giovanni Servodio (dal sito http://www.unavox.it/), osserva fra l’altro:
Leggendo qua e là, abbiamo notato il ripetersi di un concetto che, pur lasciandoci subito stupiti, ci ha fornito la chiave di lettura di quello che abbiamo pensato sia una sorta di "giro di boa" attuato dalla "famiglia cattolica" odierna.
LA FAMIGLIA VA ANZITUTTO PROPOSTA… MA VA ANCHE DIFESA, SEBBENE CON UNO STILE DI RISPETTO PER LE PERSONE CHE FANNO ALTRE SCELTE.
Il concetto contenuto in questa espressione ci ha fatto subito pensare a come si potesse difendere la famiglia manifestando rispetto per coloro che rifiutano la stessa famiglia!
La cosa in effetti è impossibile, se non a condizione di concepire la famiglia come una opzione personale o di gruppo. Ma la famiglia non è una scelta, la famiglia è una realtà naturale, senza la quale, oggettivamente non c’è neanche la società e quindi il vivere in comune di popoli, nazioni e civiltà.
E questo non lo diciamo solo in un’ottica cattolica, ma attenendoci semplicemente alla realtà naturale: senza un uomo e una donna che accomunano il loro destino terreno e mettono al mondo dei figli, che a loro volta faranno altrettanto, non può esserci un gruppo sociale e poi un popolo e poi una nazione e poi una civiltà.
Ecco il cavallo di Troia della cultura radicale: essa è riuscita a spingere il cuneo della "diversità" anche nella visione della vita più lontana da essa, quella cattolica: con la scusa dell’accettazione e del "rispetto", ha fatto passare il relativismo: tutte le scelte di vita devono essere accettate e rispettate; ma allora, come si può sostenere che una è oggettivamente preferibile a un’altra, che è più giusta, più autentica? Il "rispetto" diventa un grimaldello per far saltare tutta la scala dei valori: non ci sono più vero e falso, giusto e sbagliato; ci sono solo delle scelte personali e in se stesse indifferenti, nel senso che son tutte ugualmente lecite, possibili, dignitose. Stesso discorso, è ovvio, per le religioni: non ce n’è una più vera o più giusta, sono tutte lecite e apprezzabili; e infatti, come dice Bergoglio, l’apostolato è una solenne sciocchezza.
Sulla stessa linea l’analisi del professor Stefano Fontana, il quale, nel corso di un’intervista relativa al suo recente libro Chiesa gnostica e secolarizzazione (dal blog (www.sabinopaciolla.com./), ha detto:
In questo momento storico, la Chiesa sembra più preoccupata della prassi che della dottrina. Fare, intervenire, accogliere, integrare, aiutare, medicare, partecipare … hanno spesso la priorità sui contenuti: accogliere cosa? Integrare dove? Partecipare a che scopo? Succede allora che da un punto di vista dottrinale essa sia sempre più "aperta": per poter incontrare tutti, la dottrina è vista come un peso. Essa, infatti, segna dei confini, alcuni di quali non oltrepassabili in modo assoluto. Ora, mentre la dottrina viene posta in secondo piano, anche l’eresia — che è il suo contrario — viene ridimensionata. Non è più vista come un errore dalle tragiche conseguenze sulla vita materiale e spirituale dei fedeli. Essa viene derubricata, come lei dice nella domanda, a un contributo al dialogo e al confronto che fa procedere verso il meglio la coscienza della Chiesa. Quando non venga anche esaltata, in questa visione processuale e storica della dottrina della fede. Tutto questo lo abbiamo sperimentato di recente, nella commemorazione dei 500 anni della Riforma protestante. In questa occasione non è stato più tenuto presente che quella protestante sia un’eresia. Lo stesso si può dire per la gnosi, un nemico inavvertito ma devastante.
Questa nuova concezione positiva dell’eresia — che è di origine hegeliana, ossia nasce da un pensiero incompatibile con la fede cattolica — ha origine dalla visione processuale e storica della dottrina stessa, che cambierebbe nel tempo e avrebbe una sua evoluzione. In questa evoluzione anche le eresie svolgono il loro compito positivo di critica e di pungolo. Ma si tratta, come ho appena detto, di una visione che attinge a filosofie incompatibili con il cattolicesimo.
Le radici gnostiche dell’attuale deriva apostatica della Chiesa sono la base filosofica del relativismo imperante, anzi di quella forma estrema di relativismo che è il soggettivismo; la prevalenza della prassi sulla teoria si spiega col fatto — evidenziato da Fontana — che al concetto del bene comune oggettivo si è sostituito quello di un "bene" che in realtà è solo l’interesse generale, inteso come somma dei desideri individuali. E questo è precisamente quel che sta accadendo: ciascuno ha i suoi desideri di far valere, i suoi "sogni" (magari aberranti: ma tanto non c’è più un criterio di verità) da realizzare, e poco importa se diventano incubi: il bene è questo, cioè consiste nel trionfo di tutti questi desideri e nella contemporanea distruzione dell’idea che esista una norma superiore, assoluta, e quindi un bene oggettivo.
E sempre il professor Fontana, in un’altra intervista del 3 marzo 2018 (cit. da https://cooperatores-veritatis.org), a proposito della dottrina sociale della Chiesa, diceva:
La Dottrina sociale della Chiesa è l’incontro della Chiesa col mondo allo scopo di ordinarlo secondo il progetto di Dio e, quindi, salvarlo. Essa appartiene così alla missione della Chiesa ed è strumento di evangelizzazione, dato che per ordinare il mondo secondo il progetto di Dio e per salvarlo bisogna fare in modo che Dio abbia il posto che gli spetta nella costruzione della comunità umana nella storia. Dio è il principale "bene comune", il Vangelo è il primo fattore di autentico sviluppo, il mondo che si separa dalla religione cattolica e dalla Chiesa si separa da se stesso.
Credere nella filosofia significa credere nella ragione, non contro la fede, ma unita alla fede; e dunque è credere in un principio d’ordine. Se il mondo fosse solamente caos, la filosofia sarebbe inutile o impossibile: pensare vuol dire cercare l’ordine che si nasconde, ma anche si rivela, attraverso la mutevolezza delle cose. La visione soggettivista colpisce alla radice l’idea stessa dell’ordine, per sostituirvi il principio individuale del piacere: quel che piace a me, quel che sembra buono a me, è tutto ciò che conta; non mi si venga a parlare di verità oggettiva e di bene oggettivo, perché ciò vorrebbe dire impormi qualcosa che non sento, che non accetto, che mi dà fastidio. Io voglio essere norma a me stesso e sono anche norma al mondo: il mondo deve accettare tutto di me, anche il mo disordine, non solo: deve riconoscere che il mio disordine è ordine, che ha la stessa dignità delle forme più sublimi di ordine; in breve, la società deve abolire per legge l’idea stessa di ordine, e sostituirla con l’affermazione del disordine soggettivo istituzionalizzato. Infatti, se l’ordine esiste, allora il disordine è male, perché corrisponde a un stato inferiore di organizzazione del reale; dunque bisogna che l’ordine non esista e si deve trattare da nemico pubblico chi affermi il contrario. In fondo, siamo sempre al buon vecchio Bakunin: Se Dio esiste, l’uomo non è libero; ma l’uomo deve essere libero, quindi Dio non esiste. Allo stesso modo, i relativisti oggi imperanti affermano: Se l’ordine esiste, allora il disordine è illecito; ma il disordine deve essere lecito: quindi, l’ordine non esiste.
Ad esempio, quel ramo particolare del relativismo soggettivista, ma importantissimo — perché lo si sta adoperando come un grimaldello per scardinare tutto l’ordine sociale — che è l’ideologia gender — afferma che la realtà data è ininfluente; padre e madre sono concetti antichi e superati: sono concetti antropologici, non realtà naturali. La realtà "vera" è la mia volontà soggettiva: e se io, uomo, voglio essere donna, e sposare un altro uomo, e diventare sua "moglie"; e se noi, desiderosi di prole, ci procuriamo dei figli, quei figli sono tanto nostri quanto se fossero nati biologicamente da noi. Una volta passata questa visione, in base alla quale una madre non è tale perché accoglie la vita, porta avanti la gravidanza e partorisce, ma è madre chiunque, uomo o donna, "ami il bambino che nascerà", comunque egli nascerà, con l’utero in affitto o con la fecondazione eterologa, può passare qualsiasi cosa. Si potrà affermare che gli elefanti volano e il piombo galleggia, e denunciare per razzismo e istigazione all’odio sociale chiunque tenti di affermare il contrario. In questa battaglia del Caos contro l’Ordine, la Chiesa dovrebbe stare dalla parte dell’Ordine, non del Caos…
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