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Quello che devi fare, fallo presto

Quello che devi fare, fallo presto. Gesù rivolge queste parole  a Giuda Iscariota, nel cenacolo, dopo la lavanda dei piedi e dopo aver annunciato ai suoi discepoli che uno di loro lo avrebbe tradito. E Giuda, dopo quelle parole, esce dalla stanza e si reca dagli anziani del popolo per concordare con loro l’arresto di Gesù e far loro da guida nell’orto degli olivi, il Getsemani, dove sa che Gesù se ne andrà a pregare, dopo la Cena. E l’evangelista Giovanni soggiunge, nell’atto di mostrarci Giuda che esce dalla casa per andare a vendere il suo divino Maestro: ed era notte. Era notte perché le stelle già brillavano alte nel cielo di Gerusalemme, ed era anche la notte dell’anima, la notte del supremo peccato: il tradimento di Gesù Cristo da parte di uno dei suoi. Da parte di uno di quelli che lo avevano seguito, lo avevano ascoltato, e gli avevano udito annunciare verità sublimi, e visto compiere cose straordinarie, e placarsi le acque del lago in tempesta, e risanati gli storpi, e liberati dal diavolo gli indemoniati, e sfamata una folla di migliaia di persone con pochissimi pani e pesci, e infine tratto fuori dalla tomba il suo amico Lazzaro. Era la grande notte dell’umanità: il Figlio di Dio era venuto nel mondo a portare la luce, ma gli uomini avevano preferito le tenebre alla luce. Gli uomini, dice Gesù, preferiscono le tenebre perché le loro azioni non sono buone, e la notte le nasconde. Chi cammina secondo la volontà di Dio ama la luce, perché Dio è luce e illumina la sua strada; ma chi ha qualcosa da nascondere, preferisce il buio della notte, perché, se ci fosse la luce, tutti vedrebbero la sua vergogna; e forse vedrebbero anche la sua ipocrisia, perché molti, che hanno il cuore pieno di tenebre, amano però fare mostra di grandi virtù, per essere ammirati e lodati dagli uomini.

Il momento storico che stiamo vivendo mostra, più di altri, un’impressionante analogia con il brano evangelico che descrive l’uscita di Giuda Iscariota dalla casa dell’Ultima Cena. Quello che devi fare, fallo presto, si vorrebbe dire; basta con la commedia, giochiamo a carte scoperte: che il tradimento nei confronti di Cristo sia fatto apertamente, alla luce del sole; troppo comodo seguitare a consumarlo col favore del buio, tenendosi nella zona grigia dell’ambiguità. Vorremmo dire quelle parole a tutti i laici, a tutti i preti, a tutti i religiosi, a tutti i vescovi e cardinali che silenziosamente, astutamente,  ipocritamente, stanno tradendo la Chiesa di Cristo; che stanno ingannando i fedeli; che stanno turbando le anime, sia con l’indegnità della loro condotta personale, specie nella sfera sessuale, ma anche in quelle del denaro e del potere, sia con la diffusione di dottrine eretiche, di una pastorale blasfema e di una liturgia che ha del sacrilego. Ettore Gotti Tedeschi, dal 2009 al 2012 presidente dello I.O.R., durante il pontificato di Benedetto XVI, ha raccontato che frequentando il Vaticano, ne ha viste letteralmente di tutti i colori, perfino della gente che è disposta ad uccidere, e che a causa di ciò era sul punto di perdere la fede. Quante persone hanno perso la fede, in questi anni, a causa di un clero apostata e malvagio? L’avidità e la sodomia imperanti in vaste zone d’ombra della Chiesa, a quante  anime sono state di scandalo? E Gesù cosa ha detto a proposito di quanti sono di scandalo alle anime dei piccoli e dei semplici? Non ha forse detto che, per costoro, sarebbe meglio se  venissero precipitati nel mare, con una macina da mulino legata al collo? E che dire dello scandalo dato ai fedeli in ambito dottrinale? Che dire delle eresie e delle bestemmi e che escono dalla bocca di preti, vescovi e perfino del signore che si fa chiamare papa? Che Gesù si è fatto diavolo e serpente; che Gesù fa un po’ lo scemo; che la Madonna si è sentita ingannata; che le Persone della Santissima Trinità litigano tutto il giorno fra di loro; che Dio stesso ha voluto l’esistenza delle diverse fedi religiose… dobbiamo continuare? A tutti costoro verrebbe da dire: Quello che dovete fare, fatelo presto. Gettate la maschera, smettete d’ingannare la gente; abbiate il coraggio delle vostre vere intenzioni. Non è possibile che le vostre intenzioni siano buone, perché, se non altro, il grido di sgomento e l’eco del turbamento dei cristiani certamente sono giunti fino a voi, ma ciò vi lascia del tutto indifferenti: da questo si capisce chi siete in realtà e quali sono le vostre reali intenzioni. In tanti hanno perso la fede a causa vostra; sono tante le pecorelle che vagano smarrite, senza pastore, sole, disperate, facile preda dei lupi che si aggirano attorno, famelici, presentendo il facile banchetto che si offre alle loro zanne. Che ne è delle decine e centinaia di francescani e francescane dell’Immacolata, i quali, non potendo restar fedeli ai loro voti, a causa vostra, e impossibilitati a incardinarsi in una qualche diocesi, secondo le disposizioni del commissario papale, hanno abbandonato l’abito che avevano indossato cin tanto entusiasmo, e sono uscite dalle loro case, disperdendosi sulle strade del mondo? Dio ha visto anche questo tremendo peccato, il vostro peccato di pastori infedeli, di pastori malvagi; ha udito il belato di spavento di quelle pecorelle, ha visto le loro lacrime di angoscia e disperazione, e ne terrà conto nell’ora del Giudizio. Guai a voi, pastori malvagi e superbi, che disperdete le pecorelle del gregge di Cristo e vi fate beffe della sua raccomandazione: Pasci le mie pecorelle! Così ha detto Gesù a San Pietro, e gliel’ha ripetuto per tre volte: Pasci le mie pecorelle; e prima, per tre volte, gli aveva domandato: Simone di Giovanni, mi ami tu?, così come per tre volte Simon Pietro lo aveva rinnegato in quella notte terribile, la notte dell’arresto e della Passione del nostro Signore. E voi, invece di pascere le pecorelle del gregge che vi è stato affidato, che avete fatto e che cosa state facendo? Vi comportate come se il gregge fosse vostro, come se le pecorelle fossero una vostra proprietà, e voi poteste disporne a piacere, e anche scacciarle e disperderle, se così vi aggrada. Disgraziati, non sapete che le pecorelle del gregge di Cristo sono contate, fino all’ultima, fino alla più umile, alla più mite, e che Gesù non ne scorda neppure una sola, e che per lei Egli è disposto a sacrificare la sua stessa vita? Di quelle pecorelle Egli vi domanderà conto; vi chiederà per quale motivo si è persa, e che cosa avete fatto affinché non andasse perduta. Ma voi non le avete lasciate disperdere per pigrizia o trascuratezza, bensì per un motivo assai peggiore: perché tali erano i vostri perfidi e abietti disegni.

Al signore vestito di bianco che abita nella Casa di Santa Marta, vorremmo domandare: Chi sei tu, veramente, signor Bergoglio? Da dove vieni, e quali disegni tenebrosi nascondi nel tuo cuore di pessimo pastore, che disprezza le pecorelle e sta facendo di tutto affinché, turbate, confuse, disperate, si disperdano nelle quattro direzioni? Sappiamo come sei giunto a occupare il soglio pontificio, benché i gesuiti, per voto, non possano aspirare a divenire papi, e dopo le dubbie, scandalose dimissioni del tuo predecessore, il quale, a un certo punto, ha detto: Sono stanco, lasciatemi andare in pensione, questo peso è troppo pesante per le mie spalle! Ma Gesù, crocifisso fra due ladroni, come un malfattore, condannato a morire di una morte dolorosa e infamante, non ha chiesto di scendere dalla croce; non ha detto: Sono stanco, voglio andarmene a casa; ha bevuto l’amaro calice sino alla feccia, fedele in tutto alla volontà del Padre, al quale ha aveva detto: Sia fatto come Tu vuoi, non come voglio io. E mentre il pastore codardo fuggiva, il falso pastore veniva insediato al suo posto dalla mafia di San Gallo: una cricca di cardinali massoni e traditori, ben decisi a stravolgere la Parola di Cristo e a trasformarla nel verbo della massoneria. Ora, infatti, udiamo il falso pastore dichiarare, per compiacere il mondo, che Dio stesso, nella sua saggezza, ha voluto l’esistenza delle differenti fedi religiose, e ha giustificato queste incredibili parole, che svuotano di ogni significato il sublime mistero dell’Incarnazione, con la necessità di giungere alla fratellanza universale. Ma questa fratellanza fuori della Verità, fuori del Vangelo e lontano da Cristo, non è la fratellanza che ci ha insegnato il solo autentico Pastore, il nostro Signore venuto a rimettere i peccato del mondo; è la fratellanza dei massoni, una cosa tutta umana, pensata e voluta per fare a meno di Dio e per sovvertire la divina volontà. Lungi da noi questa fratellanza massonica, questa fratellanza menzognera! E tu, uomo vestito di bianco che sei venuto dall’altra parte del mondo; tu che non osi farti vedere nella tua terra natale, perché laggiù ben ti conoscono e sanno cosa c’è nel tuo cuore tenebroso, bada a ciò che stai facendo: puoi anche ingannare gli uomini, ma Dio non si lascia ingannare! Uomo vestito di bianco, bada a quello che fai: le tua parole e le tue azioni rivelano chi sei veramente e quali oscuri disegni tieni nascosti nel cuore, divorato da una smisurata ambizione e ubriacato dalle lodi e dagli applausi di questo mondo di tenebra, che vorrebbe instaurare un contro-vangelo fondato sul peccato! Da quando sei stato indegnamente eletto, fin dal primo istante, fin da quella sera in cui ti sei affacciato per la prima volta dal balcone del palazzo apostolico — palazzo nel quale non hai mai voluto abitare, non certo per modestia, ma forse perché una forza soprannaturale te lo impedisce -, da quel primo, terribile: Buonasera!, gettato in faccia alla folla che attendeva, come colui che muore di sete nel deserto attende la pioggia, un: Sia lodato Gesù Cristo!, tu ti stai adoperando per la confusione delle anime e per la rovina della Chiesa di Cristo. Non hai dunque nemmeno un po’ di timor di Dio? Non sai che dovremo tutti comparire al Suo cospetto?

Le tue stesse azioni involontarie ti tradiscono. Perché rifiuti che i fedeli ti bacino l’anello, e ritiri la mano davanti alle loro labbra, con un gesto sconcertante, assolutamente inusuale? Tu sai molto bene cosa simboleggia quell’anello, l’anello piscatorio: simboleggia la tua investitura del munus petrino. E allora, forse una forza potente e misteriosa t’impedisce di ricevere il dovuto omaggio, non alla tua persona, ma alla funzione che ricopri? Ti comporti come se l’anello fosse tuo, come se la Chiesa fosse tua; un giorno decidi di cambiare il Catechismo, e fai scrivere che la pena di morte è sempre e comunque illecita. Ma ciò esorbita, e di molto, dalla tua autorità; di te, che sei solo un uomo, e che anzi, al principio del tuo pontificato, avevi dichiarato più volte di non considerarti neppure il papa, ma solo il vescovo di Roma. Il rifiuto di lasciare che i fedeli bacino il tuo anello equivale al rifiuto di lasciare che i fedeli riconoscano la tua dignità petrina. Chi se tu dunque, veramente, uomo venuto da terre lontane, che quasi nessuno nel resto del mondo conosceva prima di sei anni fa, e che i tuoi diretti superiori ritenevano indegno anche solo di essere nominato vescovo, per i tuo carattere ambizioso e sleale, per la tua tendenza a creare divisioni e a sfruttarle a tuo vantaggio? Chi sei tu, che non rispondi ai legittimi e rispettosi dubia di quattro degni cardinali su importantissime questioni di fede, e che favorisci la carriera di personaggi indegni come il sodomita e stupratore seriale McCarrick, e cerchi poi di nascondere le tue complicità, e rifiuti di rendere conto del tuo operato? Tu che non rispondi a una precisa domanda di monsignor Viganò e ti sottrai al giudizio dei fedeli, come se fossi Dio? Tu che copri, con i tuoi silenzi, le bestemmie e le eresie di uomini come il falso teologo Enzo Bianchi e il falso gesuita James Martin? Enzo Bianchi nega la divinità di Gesù Cristo e James Martin nega che la pratica sodomita sia un grave peccato, anzi, accusa la morale cattolica di spingere i giovani sodomiti alla disperazione e al suicidio: chi sei tu, che ti circondi di gente simile e dici di apprezzarla, e la poni in risalto, affidando a costoro funzioni di grandissima responsabilità? Tu che dichiari la signora Emma Binino una grande italiana, e la ricevi in pompa magna, con affettuose strette di mano; tu che consenti a monsignor Paglia di celebrare le sublimi virtù morali di un uomo come Marco Pannella, la cui vita è stata una incessante battaglia frontale contro la verità cristiana, contro la morale cristiana, contro il Vangelo di Gesù Cristo? Tu che baci il Corano, nel quale è negata la divinità di Cristo ed è maledetto colui che la proclama; tu che baci la Bibbia valdese, tu che fai emettere dalle Poste Vaticane un francobollo per commemorare i cinquecento anni della pestifera eresia e dello scisma luterano, da te salutato alla stregua di un dono dello Spirito Santo; tu che fai degli interi viaggi "apostolici" senza neanche pronunciare il nome del nostro Signore Gesù Cristo, ma lodando Buddha e Maometto; tu che ricevi, gonfio di orgoglio, il massonico Premio Carlo Magno, che mai nessun papa aveva ricevuto, e che si sarebbe guardato bene dall’accettare; tu che dichiari al tuo amico Eugenio Scalfari, padre spirituale di tutti i massoni anticattolici d’Italia, che ti guardi bene dal volerlo convertire, come se annunciare al prossimo la Parola di Cristo fosse una cosa turpe, e infatti dichiari che l’apostolato è una solenne sciocchezza: chi se tu veramente, uomo vestito di bianco? Tu che mostri di provare un piacere maligno nell’adoperare sempre le parole più ambigue, più sconcertanti, più seminatrici di dubbi e di disagio, invece di annunciare con chiara e franca parola la sola verità di Cristo; tu che dici ad un gruppo di bambini che nessuno sa perché esiste la sofferenza, e che a uno di quei bambini, rimasto orfano di madre, il quale ti chiede una parola di conforto, rispondi che non solo non gliela puoi dare, ma che egli deve diffidare di chi dice di avere quella parola? Quale padre risponderebbe in un tal modo a suo figlio che soffre e che, inesperto della vita e già provato da un dolore più grande di lui, cerca una guida, una luce, un raggio di speranza? Quale padre, al figlio affamato che gli domanda un pane, dà un sasso, o un serpente? Qual è dunque l’indicibile segreto che si annida nella tua anima? Orsù, confessalo, uomo vestito di bianco! La commedia è finita. Dì a voce alta chi sei veramente

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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