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Ma non l’avete ancora capito?

L’11 novembre 2016 un professore di religione belga, direttore di una rivista mariana, autore di una ventina di libri e insignito di numerosi premi letterari, Jean Pierre Snyers, classe 1956, ha scritto questa lettera aperta al papa Francesco sul portale d’informazione Reposte Catholique, che inizia con un Bonjour pape François (https://www.riposte-catholique.fr/archives/133789); lettera che, per la storia personale e la rinomanza di chi l’ha scritta, dovrebbe far tremare le vene e i polsi a più di qualcuno, in Vaticano, se in Vaticano non ci fossero ormai che modernisti, massoni e catto-comunisti, arruolati solo per fare da clacque al tiranno in abito bianco che si è installato a Casa Marta, forse perché si ritiene superiore a tutti i suoi predecessori o forse perché una forza assai più grande di lui gli impedisce di abitare, come tutti gli altri pontefici, nel Palazzo apostolico. Ne riportiamo solo l’incipit e la conclusione, invitando a leggerla tutta: non è lunga circa una pagina dattiloscritta; segnaliamo che è stata ripresa e tradotta dal sito Riassunto – Gloria.tv il 2 febbraio 2019:

Buongiorno Papa Francesco,

con tutto il rispetto che ho per Lei, ma non per un buon numero delle sue idee, Le scrivo per dirLe che sono prossimo a lasciare la sua Chiesa. Non avrei mai pensato che un papa potesse indurmi a considerare una tale rottura, ma Lei è riuscito in questa prodezza.

Da dopo la sua elezione, che Lei deve in gran parte all’oscuro gruppo San Gallo, io L’ho osservata. Per lungo tempo Le ho lasciato il beneficio del dubbio. Ma oggi, Santo Padre, io non posso più riconoscere in Lei Colui che rappresenta.

Comparando i suoi discorsi con ciò che è riportato nella Scrittura dagli Apostoli, posso solo constatare che Lei non presenta più il Vangelo descritto da essi. Un esempio: Lei parla DELLE vere religioni, le cui fondamenta (dottrine) poggiano secondo Lei sulla capacità dell’uomo di trascendere se stesso verso l’assoluto. Dicendo questo, Lei lascia chiaramente intendere che la Verità è plurale. Ebbene, mi è impossibile sottoscrivere una tale affermazione senza rinnegare puramente e semplicemente che Cristo è, come dice Lui stesso, LA Verità e la sola via che conduce al Padre e alla vita eterna. (…)

Santo Padre: chi è Lei veramente? Su quale riva sta conducendo la barca di Pietro? Lei mi fa paura. E io comincio francamente a pensare che Lei è al servizio di tutt’altro che la fede cattolica.

E non è certo il fatto che Lei si inginocchia davanti ai migranti, ma non davanti al suo Signore presente nell’Ostia consacrata, che mi rassicura.

E non è neanche la sua presenza in Svezia per festeggiare i 500 anni dello scisma di Lutero, e la sua assenza alla processione del Corpus Domini e al congresso eucaristico a cui erano presenti tutti i vescovi d’Italia, che contribuirà a farmi credere che Lei sia sulla buona strada.

Scrivendo questa lettera, io mi sento come in una strana veste: quella di un semplice laico che è obbligato a supplicare il successore di San Pietro, i vescovi e i sacerdoti, di essere fedeli alla fede apostolica e cattolica.

E allora, io sogno il giorno in cui, piuttosto che impietosirsi per il surriscaldamento climatico Lei avrà finalmente a cuore l’interessamento per il raffreddamento della fede; sogno il giorno in cui i media e il mondo non l’applaudiranno più, perché Lei avrà acconsentito a ritornare a quello a cui Cristo La chiama: l’annuncio di quella Verità che è la sola via verso il Cielo e verso Dio, nostro Padre.

Verrà quel giorno? Io non lo so e per non nasconderLe nulla io ne dubito assai. Nondimeno, possano Nostro Signore e la Madonna fare in modo che sia così.

Parole terribili nella loro nuda, disadorna semplicità. Un vecchio cattolico, che ha dedicato tutta la sua vita a servire la Verità di Cristo, sta perdendo la fede a causa dei comportamenti e delle parole del papa: non è forse, già questo, uno scandalo enorme, un qualcosa di totalmente inammissibile e inaccettabile? E poi gli dice: Santo Padre, chi è Lei veramente?… Lei mi fa paura. Parole semplicemente spaventose: lei mi fa paura! È come se un figlio dicesse a sua madre: tu mi fai paura! Evidentemente, c’è qualcosa che non va in questo pontefice: all’inizio lo sentivano e lo dicevano solo pochi soggetti, i soliti tradizionalisti incalliti; poi, nell’arco di sei anni, le cose sono apparse, purtroppo, sempre più chiare, e ormai sono legione i cattolici in uscita: non nel senso bergogliano del termine, non nel senso che vanno gioiosamente verso il mondo e le sue sfide, ma nel senso, tristissimo, che hanno perso la speranza, e molti anche la fede, e che se ne vanno, sconsolati, lontano dalla chiesa ex cattolica, divenuta, per essi, una madre matrigna, che premia gli eretici e i peccatori impenitenti, mentre rampogna acerbamente e fa di tutto perché se ne vadano i più fedeli, i più affezionati, i più sinceri. Non diciamo "i migliori", perché potrebbe sembrare una auto-celebrazione; diciamo, semplicemente, i più sinceri e i più coerenti; i più fedeli alla Chiesa di sempre, alla Tradizione e al Magistero, e queste sono affermazioni incontestabili e oggettive, perché se c’è qualcuno che si è allontanato, e di moltissimo, dalla Chiesa di sempre, dalla Tradizione e dal Magistero, non sono loro, ma è il signor argentino circondato dalla turba dei suoi Sosa Abascal, Spadaro, Paglia, Galantino, Bassetti, eccetera.

Ora, il pensiero che anche un solo cattolico di provata fede e di lunga militanza sia arrivato a sentire quel che sente il professor Snyers, dovrebbe esser più che sufficiente per indurre il destinario di una simile lettera a fare delle ampie e approfondite riflessioni sulla propria pastorale e su tutto il proprio modo di essere papa, non solo al livello della comunicazione, ma anche e soprattutto al livello dei continui dottrinali dei quali si è fatto interorete. Il professor Snyers, per esempio, prega Dio che tocchi il cuore al signore argentino per fare sì che questi si preoccupi un po’ meno della temperatura dell’atmosfera terrestre e un po’ di più della temperatura delle fede dei cattolici, in crollo verticale da parecchi anni a questa parte. Ma la verità è che, al destinatario di quella lettera, non importa proprio nulla se il professor Snyers sta pensando seriamente di uscire da una Chiesa nella quale è sempre vissuto, della quale si è serpe sentito figlio devoto e sincero, ma nella quale, da un po’ di tempo in qua, non si sente più affatto a casa sua. Così come non gli importa assolutamente nulla di migliaia e milioni di cattolici i quali stanno vivendo lo stesso dramma del professor Snyers: persone che, come lui, possono dire di non aver mai pensato che, un giorno, proprio il vicario di Cristo, col suo modo di agire e di parlare, li avrebbe indotti a lasciare la Chiesa. E che non gliene importi proprio nulla non è una nostra gratuita supposizione, ma un dato evidente: qualsiasi dirigente d’azienda, o allenatore di una squadra sportiva, o capofamiglia, se si sentisse rivolgere parole di un simile tenore dai suoi dipendenti, dai suoi atleti o dai suoi familiari, si fermerebbe a riflettere sul proprio modo d’interpretare il ruolo che svolge. Ma il signore argentino non ha mai mostrato alcuna sensibilità, alcuna compassione, alcuna delicatezza verso i cattolici scioccati e sconvolti dal suo modo di fare il papa; al contrario, è sempre andato avanti per la sua strada, a testa bassa, come un toro nell’arena, versando continuamente sale nelle piaghe che lui stesso produce, raddoppiando e triplicando gli atteggiamenti e le affermazioni sconcertanti, scandalosi, traumatici. Egli sa benissimo — il suo ufficio stampa senza dubbio glie ne dà conto ogni mattina – di quanta sofferenza esiste nella Chiesa, provocata proprio dalla sua azione "pastorale", ma non solo non ha mai cercato di dialogare con i cattolici che non lo seguono ciecamente: ha sempre evitato rigorosamente il dialogo, ha sempre voltato loro le spalle e ha sempre sfruttato l’ambone della santa Messa per polemizzare con loro, per coprirli d’insulti, per dipingerli come una turba di pessimi soggetti, scriteriati, dementi, egoisti e perfino cani selvaggi. Non ha risposta alle rispettose domande dei quattro cardiali sui punti controversi di Amoris laetitia e non ha mai dato spiegazioni sul commissariamento dei Francescani dell’Immacolata; non si è degnato di rispondere una parola a monsignor Viganò e nemmeno, per rispetto della stampa e dell’opinione pubblica, di dare qualche chiarimento a decine di milioni di cattolici i quali vorrebbero sapere se sapeva o non sapeva delle orrende malefatte del cardinale McCarrick, e, più in generale, del dilagare della pederastia e della sodomia nelle alte sfere della Chiea. Peggio ancora: ha sempre cercato di confondere le acque, di far passare come effetti del "clericalismo" tali atti immorali e inqualificabili, peraltro derubricandoli da "sodomia" a "violenza sessuale", tanto è vero che ora sta cercando di spostare l’attenzione sugli abusi subiti dalle suore all’ombra dei palazzi apostolici. Sempre per compiacere la potentissima lobby gay del Vaticano, la quale non ci sta proprio a lasciarsi processare.

Gesù ha detto chiaramente che ai mercenari, essendo falsi pastori, non importa delle pecorelle che sono state loro affidate; mentre il vero pastore si riconosce dal fatto che è pronto a dare la sua vita per difenderle. Come sta difendendo le pecorelle del suo gregge, il signore argentino? Sta facendo di tutto per allontanarle e farle scappare dal recinto, nel buio della notte, dove ci sono i lupi pronti a balzare su di esse per divorarle. È questo che vuole, costui? È a questo che tendono la sua azione "pastorale", la sua riforma, il suo rinnovamento ecclesiale? Del resto notiamo una contraddizione di fondo nell’atteggiamento dei cattolici onesti, come il professor Snyers; una contraddizione molto comprensibile e molto umana, perché nasce dalla loro difficoltà di fare due più due, cioè di giungere a quelle conclusioni cui li porterebbe l’evidenza stessa delle cose, ma cui vorrebbero non dover giungere, per l’amore immenso che nutrono verso la Chiesa. È duro, per un figlio, rendersi conto che suo padre lo odia, lo disprezza, vorrebbe sbarazzarsi di lui; se il figlio ama suo padre, pur vedendo le sue azoni e udendo le sue parole, cercherà in ogni modo di trovare qualche spiegazione che salvi l’immagine di lui, che la mantenga, almeno in parte, nella sua supposta purezza originaria. Anche se quella purezza non c’è mai stata; anche se quel padre non è cambiato, da buono e gentile a perfido e malvagio, ma è sempre stato un padre snaturato, ha sempre nutrito cattivi sentimenti verso suo figlio e, a dir la verità, non si è mai preoccupato di nasconderli più di tanto. Ora, al principio della sua lettera, Snyers individua chiaramente la situazione irregolare di un "pontefice" che è stato eletto da un collegio di cardinali massoni, la mafia di San Gallo, evidentemente per compiacere i loro progetti e per trascinare la Sposa di Cristo là dove vogliono loro. Però, alla fine, ingenuamente gli chiede: Santo Padre, chi è Lei?, senza rendersi conto che un uomo eletto dalla mafia di San Gallo non è il Santo Padre, ma è appunto un affiliato alla massoneria ecclesiastica: inutile chiedergli chi egli sia, la sua elezione lo rivela, così come rivela le sue vere intenzioni. Moltissimi cattolici, pur addolorati all’estremo dalle azioni e dai discorsi del signor Bergoglio, sperano, in qualche angolo della loro anima, che le cose non siano come in effetti sembrano; sperano che costui possa rinsavire, che possa tornare a fare il pastore della Chiesa. Pericolosa illusione: quell’uomo è stato messo lì per demolire la Chiesa; altro, da lui, non bisogna attendersi. Lui non ama i cattolici, per il semplice fatto che non ama Cristo, né crede in Cristo; direbbe, altrimenti, che Dio non è cattolico? Direbbe che il suo teologo preferito è Enzo Bianchi, il quale, di fatto, nega la divinità di Cristo? E bacerebbe il Corano, nel quale è esplicitamente negata la divinità di Cristo? Sono le sue parole e i suoi gesti che lo accusano; per chi vuol capire, è tutto terribilmente chiaro. Scomodo, doloroso, ma chiaro. Inutile chiedesi, perciò, per quale motivo costui continui imperterrito sulla strada che ha imboccato sin dal primi istante: lo fa perché questo è il lavoro che è stato incaricato di fare. Per questo lo hanno eletto e non per altro. E quella è gente che non scherza. Oppure qualcuno pensa che sia stato eletto per le sue eccellenti virtù di pastore d’anime, o di zelante ministro di Dio, o di uomo dalla raffinata cultura teologica? Via, non scherziamo. In Argentina ha lasciato una così cattiva fama di sé, che non osa neppure tornarci. E sappiamo che il suo superiore gesuita aveva espresso parare negativo alla sua nomina a vescovo. A questo punto ci sarebbe anche un altro discorso da fare. Bergoglio è l’ultimo frutto velenoso della deriva postconciliare della Chiesa, da quando i suoi vertici sono caduti in mano alla massoneria. Ciò non è avvenuto il 13 marzo 2013, con l’elezione di costui, né il 28 febbraio 2013, con le (strane) dimissioni del suo predecessore, ma il 28 ottobre 1958, con l’elezione di Roncalli. È quella la data che fa da spartiacque: quel che è successo poi, non è che la logica conseguenza. Perciò, non ha senso parlare di Bergoglio come se fosse lui l’intero problema; e come se, dopo di lui, si potrà tornare abbastanza rapidamente sulla strada giusta. Il male è assai più profondo: tutta la Chiesa ne è infetta, e lo strapotere della lobby gay è solo un esempio. Denunciare l’illegittimità di Bergoglio perciò è solo l’inizio di una vasta opera di bonifica.

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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