
E se fosse tutto vero?
30 Gennaio 2019
Disobbedire alla (falsa) chiesa per obbedire a Dio
31 Gennaio 2019Abbiamo usato più volte la metafora di colui che si sveglia un mattino e scopre di non essere più quel che credeva di essere, quel che aveva sempre saputo di essere: in altre parole, scopre di non avere più un’identità. È successo agli italiani in quanto italiani, agli europei in quanto europei, ai cattolici in quanto cattolici: un mattino si sono accorti di non essere più né italiani, né europei, né cattolici. E, cosa ancor peggiore, di non esserlo più da molto tempo. La loro identità era sparita in qualche cavità misteriosa, come un fiume carsico; solo che non se n’erano accorti. Insieme all’identità, era scomparso anche tutto il bagaglio della loro vita spirituale e materiale. I risparmi, per esempio: hanno scoperto che il loro denaro non era più loro; che era delle banche; che le banche potevano farne quel che volevano; che potevano anche giocarlo e perderlo alla grande roulotte della speculazione sulla borsa mondiale, per poi dir loro, senza fare una piega: Spiacenti, ma le quotazioni sono crollate d’improvviso e purtroppo non è stato possibile farci nulla. Del resto, lei sapeva che c’era un margine di rischio. C’è critto sul contratto d’acquisto di quel prodotto finanziario, che lei ha firmato a suo tempo. Un’altra vola abbiamo paragonato questa situazione a un borseggio: uno se ne va per la strada, o sale su un autobus, e un abile borseggiatore gli sfila il portafogli da sotto la giacca, senza che lui se ne accorga: solo assai più tardi, rientrato a casa, si accorgerà di essere stato derubato. Sì, entrambe le similitudini possono rendere l’idea di quel che è accaduto allorché ci siamo accorti di esser stati derubati, a nostra insaputa, delle cose più preziose che caratterizzano la vita di un uomo, così come quella di una comunità religiosa o di un popolo: la nostra identità, il nostro patrimonio di valori, la nostra tradizione, la nostra fierezza di essere ciò che siamo, e che è costato lavoro e sacrifici ai nostri antenati.
E tuttavia, onestamente, sentiamo che né luna, né l’altra metafora descrivono in maniera esatta e del tutto veritiera quel che è accaduto. In un racconto letterario, come La metamorfosi Franz Kafka, può succedere che un uomo si svegli un mattino, nel suo letto, e si accorga di essere diventato un’altra cosa, perfino un altro essere; ma nel mondo delle cose reali, un fatto del genere non può accadere. Cioè, non può accadere che una metamorfosi si verifichi del tutto all’insaputa di colui che la subisce. Nella realtà, una metamorfosi, cioè una trasformazione radicale del proprio essere, non può verificarsi senza che colui che ne è protagonista se ne renda conto, e ciò fin dai primi segnali. Anche nel caso del borseggio. Del resto, possiamo ammettere che un fatto del genere possa accadere, e infatti accade ogni giorno; ma non è pensabile che una persona si lasci tranquillamente borseggiare in continuazione, per settimane, mesi e anni, senza mai sospettare di niente, senza mai stare in guardia, e quindi senza mai accorgersi del momento in cui il ladro gli infila la mano sotto la giacca. No, una cosa del genere è impossibile: bisogna essere onesti e dirlo francamente, anche se ciò apre ulteriori, inquietanti interrogativi che dovremmo rivolgere a noi stessi. Chi si fa derubare sistematicamente non è più un ingenuo, ma, in un certo senso, un complice, o meglio un istigatore dei rapinatori. Lo sanno bene quegli automobilisti i quali hanno subito il furto della propria automobile nei pochi istanti in cui, lasciando il motore acceso e la marcia in "folle", sono scesi per acquistare il giornale al chiosco dell’edicola, e poi, recatisi dai carabinieri per denunciare il furto, si sono visti presentare a loro volta una denuncia per aver facilitato il furto stesso (e magari anche per la sosta col motore acceso). Se quell’auto verrà usata per commettere un resto, ad esempio una rapina, la responsabilità ricade, infatti, anche sul proprietario che ha omesso di sorvegliarla e, anzi, si è posto in condizioni tali da agevolare l’opera dei ladri. Nel caso del cittadino o del cattolico che si accorgono, troppo tardi, di essere stati derubati sia della cittadinanza effettiva, sia della propria fede, non basta dire che non si erano accorto di nulla; bisogna anche spiegare come abbiano fatto a non accorgersi di nulla, in un arco di tempo di oltre mezzo secolo: dal Concilio Vaticano II, 1962-65, fino ad oggi. Una distrazione veramente troppo lunga per essere credibile.
E allora, ecco la domanda scomoda, dolorosa, inquietante, che dobbiamo rivolgere a noi stessi: ma dov’eravamo, cosa facevamo, negli ultimi cinquant’anni, sia come cittadini, sia come genitori, sia come risparmiatori, sia, infine, come cattolici, quelli almeno fra noi che si ritengono tali? Dove eravamo e cosa facevamo, mentre le nostre frontiere, terrestri e marittimi, venivano, di fatto, abolite, e il Parlamento, invece di prendere misure per rafforzarle, promuoveva e incoraggiava tutti i clandestini del mondo, invitandoli a venire proprio qui, nel Bel Paese, e specialmente i delinquenti ben decisi a delinquere, ma spaventati dalla prospettiva di finire dietro le sbarre nei loro Paesi d’origine, dove le carceri sono luoghi nei quali il criminale rimpiange amaramente la scelta di vita che ha fatto, e più che mai allettati, invece, dalla prospettiva di aver mano libera in Italia, di poterla fare franca alla luce del sole, di poter spacciare droga, rubare e rapinare in pieno giorno, sotto il naso delle autorità, e di non aver molto da tenere in caso di arresto, visto il buonismo e il razzismo alla rovescia dei magistrati italiani e visto il clima rilassato e pacioso delle carceri italiane, specie verso i detenuti di provenienza extracomunitaria? Dove eravamo e cosa facevamo mentre gli aggressivi gruppi LGBT si infiltravano ovunque, specialmente negli asili e nelle scuole elementari, per indottrinare i bambini sulle meraviglie dell’inversione sessuale e della transessualità, e mentre il Parlamento, in nome dei sacri Dritti dell’Uomo e del Cittadino, varava la legge che equiparava le unioni di fatto, comprese quelle omofile, al matrimonio regolare fra un uomo e una donna, e si accinge a varare leggi per l’abolizione della odiosa qualifica di "padre" e "madre" per sostituirla con quella, assai più politicamente corretta, di "genitore 1" e "genitore 2"? Dove eravamo e cosa facevamo mentre il governo italiano separava il Tesoro dalla Banca d’Italia, e poi mentre decideva l’ingresso dell’Italia nella UE e nella zona euro, e quindi mentre gettava nel cestino la sovranità monetaria italiana e poneva il nodo scorsoio della BCE alla gola di sessanta milioni di cittadini? E dove eravamo e cosa facevamo mentre il clero postconciliare modificava, giorno per giorno, diocesi per diocesi, parrocchia per parrocchia, la vera Chiesa cattolica, sostituendola, un pezzo alla volta, liturgia, pastorale, dottrina, con una falsa chiesa non più cattolica, se non di nome, ma in realtà eretica, apostatica e scismatica? Come è stato possibile che simili enormità si siano verificate sotto i nostri occhi, sotto i nostri piedi; che qualcuno ci abbia sfilato il tappeto da sotto la sedia e ci abbia fatto ritrovare in una situazione falsa, aberrante, aliena, senza che noi ci accorgessimo di nulla, senza che ci sorgesse alcun sospetto, senza che cominciassimo a sentire il puzzo di bruciato — e, nel caso della fede cattolica, il puzzo dell’Inferno?
Certo, bisogna riconoscere che quei signori sono stati di una abilità veramente diabolica; che hanno agito con la massima astuzia e con un misto sapientissimo di prudenza e sfrontatezza; che hanno incominciato a lasciar cadere la maschera, e a rivelare le loro vere intenzioni, solo a partire dal momento in cui era già troppo tardi per tornare indietro, per gridare all’inganno e al tradimento, per rimediare al mal fatto. E tuttavia, cerchiamo di essere sinceri con noi stessi: non è possibile circuire e ingannare così clamorosamente sessanta milioni di persone, se queste sono davvero vigili e sveglie; se hanno a cuore il proprio vero bene e conoscono la propria vera identità; se hanno un minimo di amor proprio, di consapevolezza, di dignità e di fierezza: insomma, se sono davvero persone e non bestiame da macello, buono solo per essere munto, tosato, sfruttato e, infine, condotto all’ammazzatoio. Il punto è tutto qui: ed è importante, anzi, è essenziale rendersene conto, perché senza questa presa di coscienza e questa assunzione di responsabilità, non sarà mai possibile neppure immaginare, per noi, come singoli e come popolo, un futuro diverso da quello che attualmente ci si prospetta, e che è, appunto, quello del bestiame da far lavorare ciecamente per un padrone il quale, alla fine, lo abbatterà senza scrupoli, per sfruttarne anche le spoglie. Partiamo, allora, da un atto di umiltà e di contrizione: se ci hanno derubati, noi ci siamo lasciati derubare; se ci hanno ingannati, noi ci siamo lasciati ingannare; se ci hanno manipolati, noi ci siano lasciati manipolare. Non possiamo recitare la parte delle Belle Addormentate nel bosco: un sonno di cinquant’anni è un tantino troppo lungo perché qualcuno possa prenderlo per buono. Tanto più che, se noi dormivamo della grossa, qualcuno che vegliava, c’era; c’era qualche coraggiosa e leale sentinella, la quale ha ben dato l’allarme, suonando la tromba e gridando nella notte; ma noi abbiamo preferito girarci dall’atra parte del materasso e proseguire indisturbati i nostri sonni felici. In entrambi i casi, per la Chiesa e per lo Stato, le sentinelle più vigili si sono dimostrate quelle francesi; logico: la Francia era il Paese più minacciato; perché se è vero che il governo francese, oggi, è il più direttamente manovrato, in Europa, dai poteri finanziari occulti (ma neanche tanto occulti), è altrettanto vero che il popolo francese è quello che da più tempo — diciamo pure dal XVIII secolo, genocidio della Vandea compreso — ha subito il "trattamento" da parte di quei poteri, che, un po’ alla volta, si sono mangiati tutta la rappresentanza popolare; prova ne sia che è dalla Francia dei gilet gialli che, oggi, parte un segnale di riscossa dai popoli europei, brutalizzati dalle politiche monetarie e immigrazioniste della UE e della BCE, cioè della massoneria finanziaria internazionale. Le due sentinelle, pur fra loro così diverse — diverse per prospettiva, per cultura, per visione del mondo – sono state monsignor Marcel Lefebvre per la Chiesa cattolica, e lo storico Dominique Venner per la società laica. L’uno con il no alla rivoluzione conciliare, l’altro con il no (estremo) alla distruzione della società francese e della civiltà europea. Due uomini diversissimi, ma uniti da una consapevolezza e da una lucidità simili; ed entrambi totalmente inascoltati e relegati nel dimenticatoio, grazie anche alla pressione della cultura e dell’informazione politicamente corrette, che li hanno bollati, rispettivamente, come "tradizionalista", chiuso e incapace di comprendere il rinnovamento della Chiesa, il primo, e come "fanatico" di estrema destra, dunque di per sé inattendibile e moralmente censurabile, il secondo. Senza bisogno di prendersi il disturbo di vedere cosa dicevano e perché protestavano. Per anni, per decenni, la falsa chiesa conciliare e modernista ha giocato al gioco degli opposti estremismi — i lefebvriani come estremisti di destra, i teologi della liberazione come estremisti di sinistra — per confondere le idee e distrarre la massa dei fedeli, mentre portava avanti, con decisione e spregiudicatezza senza pari, ma anche con infernale cautela e furbizia, la sua rivoluzione neoprotestante. E noi tutti, questa è stata la nostra colpa, ci siamo cascati in pieno; senza prenderci la briga di vedere cosa diceva monsignor Lefebvre e perché si era posto in urto con la neochiesa, lo abbiano lasciato solo, guardandolo con un misto di sospetto e commiserazione. Se ci fossimo presi il disturbo di ascoltarlo, di leggere quel che scriveva, ci saremmo resi conto che non diceva né faceva assolutamente niente di nuovo e di diverso da ciò che ogni vescovo cattolico aveva sempre fatto, in continuità con la Tradizione e col Magistero: in altre parole, che non lui stava facendo qualcosa di nuovo ed, eventualmente, di "sbagliato", ma la chiesa, o ciò che ancora usurpava il nome di vera chiesa cattolica, si stava allontanando, a velocità sempre maggiore, dalla Tradizione e dal Magistero. Però quel disturbo non ce lo siamo preso; abbiamo seguito la corrente, abbiamo peccato di tiepidezza e di conformismo. Abbiamo pensato: se i papi gli danno torto — Paolo VI, Giovanni Paolo II — possibile che abbia ragione lui, e lui solo? Se nessun altro vescovo ha fatto quel che ha fatto lui, denunciare il Concilio Vaticano II come una rivoluzione modernista entro la Chiesa, possibile che tutti gli altri vescovi siano in errore? Ci era comodo, in realtà, ragionare a questo modo, perché ci risparmiava la fatica di andare a verificare, di leggerci e meditare i documenti del Concilio, di confrontare la vecchia Messa con la nuova, quella del 1969, uscita dal cilindro dell’arcivescovo massone piduista Annibale Bugnini. Ma che strana coincidenza, vero? Il regista della cosiddetta riforma liturgica era un massone, e la cosa era talmente nota che Paolo VI decise di allontanarlo per punizione (di essere massone o di essersi fatto scoprire?), però si pensava, tutti quanti, che quella riforma fosse in se stessa una cosa bella e buona, un passo avanti, un enorme progresso rispetto al passato. Ciechi; ciechi e stolti siamo stati; dobbiamo fare ammenda, dobbiamo pronunciare non uno, ma dieci, cento, mille mea culpa! Avevamo la tragica realtà delle cose sotto gli occhi, ma non abbiamo voluto vederla: per quieto vivere, per pigrizia e pusillanimità. Quanto al clero, e specialmente ai cardinali e ai vescovi, per non parlare dei teologi progressisti, che dire di loro? Avevano il preciso dovere di vigilare e di custodire il gregge di Cristo; non l’hanno fatto: perché? Per conservare poltrone e privilegi, stipendi e posizioni di potere? Probabile; misteri del cuore umano. Noi, i laici, avremmo dovuto svegliarci dal letargo; avremmo dovuto vedere e capire. Ora, probabilmente, è troppo tardi: le cose sono giunte a un punto tale che difficilmente si potrà fare qualcosa. Il corpo sano è andato in cancrena: come minimo ci vorrà un’amputazione, e non è detto che il paziente sopravviva. E tuttavia, siamo cristiani o no? E allora ricordiamo le parole del Signore Gesù Cristo (Lc 18,27): Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile…
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