
Antonio Santin: quello sì, era un Vescovo
23 Gennaio 2019
Quel che resta da fare
24 Gennaio 2019Come se li avesse morsi una tarantola, i neopreti e i neovescovi della neochiesa, per non parlare dei teologi, hanno deciso che l’essenziale non è più pregare, non è più ascoltare la Parola di Dio; non è più lasciarsi illuminare dalla grazia, mediante il silenzio, la contemplazione e l’adorazione del Signore, specialmente nel Mistero eucaristico. No: hanno scoperto che l’essenziale è trasformare le basiliche in mense popolari, le chiese in discoteche e le parrocchie in centri di accoglienza per migranti, anche chiudendo un occhio, e magari tutti e due, sulle attività criminali che i poverini, essendo un po’ confusi e spaesati, nonché disturbati da un vitto monotono a base di pastasciutta, vanno a compiere tranquillamente nelle città, per poi tornare, a fine giornata, forniti di cuffie per la musica e di telefonini cellulari, per ricevere il pasto caldo della sera e poter trascorrere la notte in un comodo letto, sovente in una stanza d’albergo. Questo mentre milioni di italiani, non solo disoccupati, ma anche pensionati o lavoratori che sono stati licenziati a causa della crisi, sono al freddo e non hanno mangiato a sufficienza; e mentre i terremotati di Amatrice e le vittime di altre calamità naturali passano il loro secondo o terzo Natale e Capodanno nelle roulotte, sotto la neve, tremando di freddo e senza alcuna certezza sul loro futuro.
C’è l’ombra di una cattiva teologia, dietro questa cattiva pastorale: l’ombra della Scuola di Bologna, per esempio, e anche quella, più remota, ma più massiccia, della teologia della liberazione: una teologia che è contraria, per principio, al misticismo, anzi, perfino alla spiritualità, e che vorrebbe ridurre la religione cristiana a un annuncio politico e sociale, corredato da azioni pratiche, legalitarie finché possibile, poi anche di disobbedienza civile o di autentica ribellione contro le leggi ingiuste: vedi le folli affermazioni di sindaci cattolici di sinistra, come Leoluca Orlando a Palermo, a proposito del Decreto Sicurezza varato dal governo giallo-verde e il loro invocare nientemeno che il tribunale di Norimberga per processare Salvini e i populisti, rei di aver chiuso i porti italiani all’incessante invasione dei falsi profughi e falsi naufraghi, peraltro dopo che il nostro Paese ne ha già accolti circa settecentomila, senza ricevere un grazie da nessuno e anzi sentendosi chiamare autore di politiche "vomitevoli" dai generosissimi cugini di Parigi (che i loro porti, li hanno chiusi da un sacco di tempo e che ci respingono continuamente, e anche illegalmente, i migranti dei quali non vogliono farsi carico), e per non parlare di Berlino che si sfila dalle operazioni di contrasto in mare alle attività criminali degli scafisti.
La buona teologia è quella che viene dalla Tradizione e dalla Scrittura e che trova conferma nel Magistero perenne. La cattiva teologia è quella che si appiglia solo ed esclusivamente al Concilio Vaticano II, anzi neanche al Concilio, ma ad un suo non meglio definito "spirito" (colla minuscola) e che parla sempre e solo delle opere, mai della fede; per giunta, delle opere intese in senso meramente materiale, come se i bisognosi fossero solo quelli che sono poveri di denaro. Ma la vera e peggiore povertà, la chiesa lo ha sempre insegnato, è la lontananza da Cristo, che è la Verità: Io sono la via, la verità e la vita. Chi è lontano da Cristo è povero, è infelice, ed è in grave pericolo di smarrirsi in questa vita, e di perdersi per sempre nell’altra: questo insegna la vera dottrina, la dottrina di sempre. La dottrina fasulla dei neoteologi e dei neovescovi, al contrario, insegna che bisogna sconfiggere la fame nel mondo, instaurare ovunque la democrazia (e il libero mercato), promuovere i ditti civili, magari anche il divorzio, l’aborto e l’eutanasia, e sopratutto le meravigliose unioni gay, che sono tanto belle perché in esse c’è tanto amore: al punto che non si potrebbe affidare un bambino orfano a nessuno, con maggiore tranquillità e fiducia, che ad una coppia d’invertiti, maschi o femmine che siano. Strano, c’è una perfetta convergenza con l’ideologia massonica e con gli obiettivi della grande finanza internazionale, per gran parte, come tutti sanno ma nessuno vuol dire a voce alta, controllata da capitale ebraico. Sarà per questo che la cattiva teologia postconciliare, dalla Dignitas humanae in avanti, non ha fatto altro che corteggiare il giudaismo, fino ad affermare, come oggi apertamente fa il sedicente papa, che gli ebrei non hanno alcun bisogno di convertirsi, perché hanno già l’Alleanza con Dio, in quanto popolo eletto? E sarà sempre per questo che essa dice, oggi, le stesse cose che diceva la famosa risoluzione delle Nazioni Unite (nel giugno del 2011), affermante l’assoluta liceità e la perfetta normalità dell’inversione sessuale e della sodomia, minacciando sanzioni contro quanti non sono d’accordo? E sarà sempre per questo che la neochiesa si trova a fare, sui migranti, un discorso perfettamente identico a quello del miliardario speculatore, e notorio bandito della grande finanza, George Soros, cioè un discorso umanitario, filantropico, buonista, nel quale non si tiene minimamente conto della sovranità dei Paesi destinatari di codeste "migrazioni", e si nega risolutamente il loro buon diritto a stabilire se, e in quale misura, accogliere i sedicenti migranti, in base ai propri legittimi intessi e alle proprie necessità? Incredibile, ma vero: in nome della difesa dei migranti (ma è difenderli, incoraggiarli a partire, mettendosi in pericolo di morte e lasciando la loro terra sempre più abbandonata e desolata?) la neochiesa oggi arriva a sposare, al cento per cento, le posizioni e le pratiche della grande finanza speculativa, cioè del principale fattore di sfruttamento, di impoverimento e di indebitamento dei cinque continenti, nell’era della globalizzazione. Se Bassetti, Maradiaga, Galantino, eccetera, fossero tutti sul libro paga di Soros, o della Goldman Sachs, o della Lehman Brothers, non potrebbero parlare né agire diversamente da come parlano e agiscono oggi. Una mera coincidenza? Sarà, tutto è possibile; però, per favore, non vorremmo essere trattati del tutto da deficienti.
Del resto, noi abbiamo un sistema infallibile per sapere se siamo sulla strada giusta o su una strada sbagliata: guardare non quel che fa e che dice Bergoglio, ma quel che fa e che dice Gesù Cristo. Se riteneva suo compito primario sconfiggere la fame nel mondo, perché Gesù Cristo non ha lanciato una campagna planetaria per sensibilizzare la gente su questo argomento? Oppure, se riteneva che la questione primaria sia la pace, o l’ambiente, o il clima, perché non organizza proteste, convegni, campagne miranti a dibattere ciascuno di questo temi? E non si venga a dire che, al suo tempo, tali problemi non esistevano. Il problema della fame esisteva, eccome; e anche il problema della pace. Clima e ambiente esistevano anch’essi: le flotte romane stavano distruggendo le foreste, la Siria e la Palestina si stavano desertificando, e anche il clima mutava in conseguenza della deforestazione. Però non ci risulta che Gesù abbia messo in cima alla sua agenda nessuna di tali questioni, per quanto importanti fossero. Non ci risulta che abbia mai preso di petto neppure la questione della schiavitù; e nemmeno quella dell’indipendenza della Giudea, ridotta a sotto-provincia dal potere imperiale romano. Che cosa significa, questo? Che era favorevole, o tacitamente consenziente, con lo sfruttamento imperialista dei romani ai danni degli altri popoli, oppure che se ne infischiava delle condizioni di vita degli schiavi, e riteneva inutile impegnarsi per modificare la loro condizione giuridica e materiale? Nossignori; non significa questo. Significa che Gesù è venuto sulla terra per andare dritto all’essenziale; per mostrare agli uomini ciò che è essenziale. L’essenziale è Dio e la realizzazione del Regno di Dio. Possiamo anche dire che l’essenziale è l’amore, purché non abbiamo una concezione naturalistica, o perfino sub-naturalistica, dell’amore, come ce l’hanno le moderne organizzazioni LGBT, o come ce l’hanno i fautori del divorzio, dell’adulterio, dell’aborto. L’essenziale è l’amore, sì, ma partendo dall’amore e dal timore di Dio: esso comprende tutte le altre forme d’amore. Amare Dio, il vero Dio, e possibilmente non i feticci, non gli dèi assetati di sacrifici umani, non gli dèi falsi e bugiardi, come li chiama Dante; riconoscere, adorare e servire il vero Dio, significa mettersi sulla strada giusta per fare bene tutto il resto. I miglioramenti nelle relazioni umane sono figli del culto dell’unico vero Dio, e non d’iniziative interne alla logica immanentistica. Nessuna riforma politica, economica, sociale o culturale ha mai cambiato il mondo: non in meglio, almeno; e nessuna mai lo farà, se prima non vi sarà una seria riforma interiore dei singoli esseri umani. Gesù non ha insegnato a cambiare il mondo, ma a cambiare se stessi; e ha mostrato come: abbandonandosi fiduciosamente alla volontà del Padre, come ha sempre fatto anche Lui, fino al sacrifico sulla Croce.
Ecco cosa scrivono i padri benedettini di Saint André d’Ottignies, Clervauux ed Hautecombe nel Messalino festivo dell’Assemblea (titolo originale: Missel dominical de l’assemblée; traduzione dal francese e adattamento a cura di Giancarlo Bernabei e Maria Adele Cozzi, Bologna, Edizioni Dehoniane, 1984, pp. 626):
Che cosa ci suggerisce Gesù moltiplicando i pani per la folla, nel deserto? Di organizzare una campagna contro la fame nel mondo? Oggi, in seguito al ripiegamento aggressivo del mondo occidentale sui propri privilegi alimentari, i due terzi dell’umanità sono sotto-alimentati. E il mondo che dispone di cibo in abbondanza coincide esattamente con i paesi cristiani di antica data, così come le società tecnicamente evolute.
Ma ci sono altre fami, meno materiali, che i soli mezzi tecnici non sono in grado di soddisfare. Se ci si preoccupa così poco di chi manca del pane quotidiano, ci si preoccupa forse di più di chi è privo di amore? Quando Gesù si è rifiutato di congedare la folla senza averle procurato da mangiare, col suo gesto di accoglienza non le ha offerto forse anche il pane del’amore? È stato spesso notato, in Luca, un parallelismo tra la moltiplicazione dei pani e l’episodio di Emmaus. Sembra effettivamente che l’evangelista abbia voluto fare, della condivisione del pane ad Emmaus, una ripresa allusiva di quel miracolo, lanciando così un messaggio ai cristiani che ormai conoscono l’eucaristia, segno dell’amore divino che si dona agli uomini.
Quando il Cristo è entrato nella sua passione, quando ha collocato le prime pietre della sua chiesa, non ha tenuto una conferenza stampa sulla salvezza del mondo. Era venuto il momento di tacere e di dare una prova tangibile del proprio amore. Non facciamo de vangelo un libro che sbiadisce nella nostra memoria. Perché il vangelo è un annuncio che attende da noi la risposta dell’amore., che solo può assicurarla presenza indefettibile di Gesù all’umanità.
Infatti. Né conferenze stampa, né campagne contro la fame nel mondo. Rispondere alla fame degli uomini con atti di carità materiale, e con politiche di giustizia, è giusto ed è cristiano; ma l’essenza del cristianesimo non è questa. Queste cose le può fare anche una organizzazione non governativa perfettamente laica, o un partito o un movimento politico, o magari una scuola di pensiero economica, purché trovi dei sostenitori di un certo peso. Il Vangelo non è questo. Il Vangelo di Gesù è la risposta ad una fame e ad una sete molto più profonde e molti pi radicali: una fame e una sete di verità, di amore, di giustizia, di bellezza, che non trovano mai una risposta adeguata sul piano puramente umano, perché gli uomini, in quanto tali, non ne sono capaci. La sola risposta possibile, credibile e persuasiva è nella vita e nell’insegnamento di Gesù: (Gv 6, 32-33): In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo. In altre parole, la risposta è Gesù, e nessun altri che Lui. E ancora (idem, 35): Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete. E alla donna samaritana aveva detto (Gv., 4, 13-14): Chiunque beve di quest’acqua avrà sete di nuovo; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna.
Ci consola che vi siano dei Messali nei quali la parola di Dio viene rettamente interpretata; purtroppo, quello a cui abbiamo fatto riferimento è di ben trentacinque anni fa. Chissà se oggi la neochiesa consentirebbe ai buoni frati benedettini francesi di scrivere simili parole, e ai buoni padri dehoniani di tradurli in italiano? La tirannide modernista sta toccando ormai vertici inauditi di prepotenza e di arroganza. I sacerdoti che non si adeguano al nuovo corso bergogliano vengono puniti, trasferiti, commissariati; non pochi, presi dalla’angoscia e dalla frustrazione, si allontanano dalla chiesa; e la stessa cosa sta succedendo a moltissimi laici. I responsabili di questa situazione ne renderanno conto a Dio. Guai a chi ostruisce la fonte d’acqua viva che Cristo dona a tutte le anime…
Fonte dell'immagine in evidenza: Immagine di pubblico dominio (Raffaello)