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Di notte, le forze del male camminano su piedi umani

Sì, sì, lo sappiamo: tu non credi alle storie da vecchie zitelle; tu sei una persona solidamente razionale, e non ti lasci smuovere da fantasie morbose o da leggende metropolitane. Benissimo, in tal caso possiamo salutarci: le nostre strade si dividono qui. Ma tu, lettore curioso e aperto, che non ti lasci dominare dai pregiudizi scientisti, né ricattare da un concetto di "attendibilità" buono solo per la premiata ditta dei divulgatori scientifici imbevuti di un rozzo e grossolano neopositivismo, che dominano il panorama dell’informazione e della cultura "ufficiale" di casa nostra, tu puoi capire che certe cosa accadono, anche se nessun esperimento le potrà mai riprodurre in laboratorio, sotto l’osservazione di qualche scienziato in camice bianco. Accadono a dispetto di tutto: della scienza meccanicista e materialista, e anche a dispetto di ciò che consideriamo razionale, avendo della ragione una nozione molto vaga e imprecisa, tutta forgiata in un’ottica rigidamente immanentista. Perciò tu, lettore intelligente, che hai timor di Dio e sai che la realtà invisibile è infinitamente più ampia di quella visibile, puoi fare un retto uso degli spiragli che è possibile aprire sul mondo che sta oltre le apparenze, e che ci permettono di sollevare in parte il velo delle cose nascoste: cose che, peraltro, sarebbe meglio lasciare dove stanno. Ma poiché vi sono degli individui così pazzi o così malvagi, i quali osano evocare le forze oscure e stringere patti atroci con le creature del Male, allora è bene sapere che certe cose accadono. Ed è bene saperlo non già per vivere in un cupo terrore, o per coltivare segrete angosce, ma per capire bene chi è il Nemico e per predisporre tutte le difese atte a respingerlo: ricordando sempre, comunque, che la difesa numero uno consiste in una vita buona, lontana dal peccato e confidente in Dio.

L’episodio di magia nera che ci accingiamo a riportare è stato raccontato da Sergio Conti, il quale, a sua volta, lo ha raccolto dalla viva voce di un giovane romano, dotato di facoltà medianiche e che frequentava un circolo di amici dediti alle sedute spiritiche. Ma una sera qualcosa non andò nella solita maniera: l’evocazione degli spiriti non diede risultati soddisfacenti e la probabile causa di tale esito negativo fu ritenuta la scarsa coesione delle persone che formavano la "catena". Fra di esse, infatti, c’erano due giovani donne che erano rivali in amore; una delle due, amica del ragazzo, era chiamata "la strega" per le sue conoscenze occultistiche e per la fama non troppo lusinghiera che la avvolgeva. Usciti dalla seduta, la ragazza si fece accompagnare dal suo amico, quella stessa notte, in un appartamento senza la targhetta col nome dell’inquilino, dove si intrattenne a lungo con una donna misteriosa. Il giovane rimase nell’altra stanza ad attendere; quando sentì degli strani rumori, come di una grattugia che veniva adoperata in maniera continuativa, si avvicinò alla porta e cercò di sbirciare, ma quel che intravide lo allarmò e lo indusse a tornare al suo posto, per non farsi sorprendere. Finalmente la ragazza uscì e insistette per essere accompagnata in un cimitero semi-abbandonato fuori dalla capitale, in direzione di Viterbo; stringeva nervosamente la borsetta come se contenesse qualcosa di molto prezioso, che nessun altri che lei poteva vedere. Era tutto molto strano; il razzo era stanco, faceva caldo e lui avrebbe voluto tornarsene a casa, tanto più che il luogo indicato aveva fama di essere frequentato, per i loro riti, da occultisti e praticanti della magia nera; eppure non ebbe la forza di opporsi alle pressanti richieste della sua amica, che pareva estremamente decisa a concludere qualcosa che aveva in mente.

Ecco quel che avvenne poi. Ci scusiamo con il nostro lettore per la crudezza e l’oscenità macabra di certi particolari; tuttavia chi si è interessato di tali argomenti sa che i satanisti non scherzano, si fa per dire, quando praticano le loro operazioni magiche, ed è giusto che si parli di queste cose, visto che gli scienziati accademici fanno finta che non esistano, oppure non osano rischiare la loro reputazione scientifica per occuparsene (da: S. Conti, Nel mondo dell’incantesimo, Milano, Mondadori, 1988, pp. 30-34; cit. in: Moreno Fiori, Il maleficio. Indagine sulle pratiche del male, Roma, Città Nuova Editrice, 2005, pp. 334-336):

La ragazza si aggirò un po’ tra le tombe per fermarsi vicino a una delle più sconnesse. Si accoccolò per terra e trasse dalla borsetta una specie di bambolotto rudimentale fatto con un fazzoletto. Sulla parte che faceva la funzione della testa era disegnata una bocca rosso vivo e due occhi dalle ciglia lunghe. Dei lunghi fili neri erano stati fissati sulla parte alta a mo’ di capelli. Il tutto dava a quella vaga forma antropomorfa l’idea di un essere femminile.

La sua amica, continuando a frugare nella borsetta, tirò fuori un paio di forbici, tre candele nere, un nastro anch’esso nero, un grosso chiodo annerito dal fuoco, un sacchetto, una lastrina di piombo con dei segni incisi e un pentacolo, che lui riconobbe essere quello di Saturno.

Ella scavò con le forbici una piccola fossa e vi pose la rudimentale bambola; poi, sempre con le forbici, tracciò un ampio cerchio sul terreno, in modo che racchiudesse se stessa e il compagno, accese le candele, pose in terra il pentacolo e cominciò a salmodiare con parole incomprensibili.

La notte era calda, afosa. Il giovane sudava, non tanto per la temperatura, quanto per la tensione incombente che avvertiva intorno a sé. Evidentemente la sua sensibilità di medium era sollecitata da un qualcosa di misterioso e di inafferrabile che permeava l’aere. Si sentiva come svuotato di volontà, abulico, mentre osservava gli strani movimenti della sua compagna.

La ragazza si accucciò vicino alla fossa e piantò le forbici su di essa, aperte, formando come un ponte, prese il nastro nero e lo tranciò con i denti, per poi disporne i due pezzi a croce sulla bambolina. Prese il sacchetto, vi frugò e ne trasse della polvere che gettò tre volte sull’immagine. Quella polvere era stata ottenuta grattugiando ossa di morto. La signora nella cui casa erano stati era infatti un’occultista la quale per le sue pratiche usava polvere di ossa umane. Queste le venivano procurate da qualche compiacente necroforo, che le faceva sparire da un ossario manomesso.

Pronunciando le parole rituali della maledizione, la ragazza continuò a coprire il piccolo simulacro con la macabra polvere, fino a velarlo completamente. Terminato il suo improperio, dalla posizione accovacciata nella quale si trovava si gettò all’indietro e poggiò la schiena al suolo arrivando a sfiorare con la testa il limite estremo formato dalla linea del cerchio magico, che aveva tracciato all’inizio del suo esorcismo e che segnava l’area nella quale il "mondo magico" era entrato in azione. Sollevò le gambe portando le ginocchia contro il petto, tirò a sé la gonna e si sfilò le mutandine. Quindi appoggiò di nuovo i piedi in terra, tenendo le gambe aperte sì da far da sponda alla piccola fossa che aveva scavato e dove era stata posta la bambolina.

Il simbolo magico era evidente: la vagina doveva aprirsi al limitare della fossa (secondo il concetto magico la vagina simboleggia, a seconda dei riti in atto, due cose: il recesso della vita e il recesso della morte). A quel punto la ragazza fissò l’amico e con voce decisa, come un secco comando, gli chiese perentoriamente di masturbarla. Egli, quasi come un automa, preso dalla macabra suggestione del rituale e dell’ambiente, obbedì. Giunta all’orgasmo, era rimase qualche istante immobile, a occhi chiusi, quasi fosse morta. Prese poi le mutandine e, con gesto lento e attento si asciugò a lungo profondamente, con gesti quasi rituali, cercando di far assorbire al tessuto tutti i suoi umori. Su mise in ginocchio e coprì con esse la bambolina. Afferrò le forbici, le chiuse e, impugnandole come un pugnale, con un gesto rapido, preciso e violento, le infisse con forza nel simulacro, trapassandolo tutto attraverso la stoffa delle mutandine. Fece cadere delle gocce di cera sulla fossa delle candele, che poi spense con tre soffi, si trascinò sulle ginocchia, allargò le gambe sopra la piccola fossa e cominciò ad orinare, inzuppando con il suoi liquido fisiologico l’intero simulacro. Con le mani raccolse la terra rimossa e riempì la fossa riportando a livello il terreno affinché nulla potesse trapelare all’esterno. Da ultimo, prese il chiodo e lo infisse lentamente nel suolo là dove era seppellita la bambolina, fino a farlo scomparire. Si alzò in piedi. Il rito era compiuto, la fattura era stata fatta, il maleficio scagliato,

I avviò verso il limite segnato dal cerchio magico, lo sorpassò con cautela, poi con attenzione e gesti misurati lo cancellò facendone scomparire ogni traccia.(…)

Il giorno seguente il giornale riportava che nella tarda nottata, in un incidente d’auto, era perita una giovane donna. Si trattava della ragazza rivale della "strega".

Si resta profondamente pensosi di fronte a racconti di questo genere, nei quali ogni gesto e ogni particolare del rito hanno un significato preciso. Nel caso in questione, non si tratta di gratuita pornografia, ma di una cerimonia avente lo scopo, oltre a liberare le potenti energie sessuali, che sempre si accompagnano ai riti della magia nera, di produrre la massima quantità di umori corporei per impregnarne il pupazzo raffigurante la persona che si vuol colpire attraverso il maleficio. Non sappiamo come, ma tali riti producono effetti: si resterebbe sbalorditi se si sapesse quante persone ne sono vittime, sia in Europa e negli Stati Uniti, sia negli altri continenti. E non sappiamo neanche per quale motivo certe cose è più facile che accadano di notte, ma anche questa è una realtà. La notte è fatta per il riposo, per la meditazione e la preghiera; la notte l’anima deve vegliare, perché le forze del male vanno attorno in cerca di vittime da divorare, e talvolta esse camminano su piedi umani. Il popolo della notte, che scorrazza in cerca di piaceri disordinati, è come se andasse in cerca del Male. Gli unici a non farsi domande, allorché si parla di tali cose, sono i bacchettoni dello scientismo, i quali aborriscono ciò che non conoscono e ignorano deliberatamente quanto non rientra nei loro rigidi schemi mentali. In particolare, sono tre gl’interrogativi che sorgono alla mente, sentendo storie come quella sopra riferita: primo, davvero la magia nera è in grado di produrre effetti così tangibili, così immediati e così micidiali? Secondo: davvero esistono delle persone così immensamente malvagie, sia fra i praticanti delle arti magiche, sia fra coloro i quali ricorrono ai loro abominevoli servigi? Terzo: si rendono conto, gli uni e gli altri, di tutte le implicazioni del loro agire, cioè delle conseguenze che derivano dal votarsi alle forze del Male? La risposta è affermativa alle prime due domande; negativa, probabilmente, alla terza. Sì: la magia funziona; e la magia è essenzialmente magia nera. Non esiste una magia buona, una magia bianca: le forze del bene non agiscono per ordine degli esseri umani, ma vengono in aiuto, materialmente e spiritualmente, delle anime buone che si trovano in difficoltà, se tale è il volere di Dio. La magia nera funziona perché è una tecnica e perché questa tecnica suscita l’intervento delle forze del male: naturalmente non sono esse che obbediscono, ma fingono di obbedire, per prendere al laccio lo sciagurato che le ha chiamate. Esiste una vastissima letteratura su questo argomento, che riguarda tutti i tempi e tutte le latitudini. Vi sono testimonianze dal mondo greco e romano e testimonianze dai villaggi africani o asiatici; i missionari, i viaggiatori e, più tardi, gli etnologi, sapevano bene quanto grande sia il potere degli stregoni e come esso sia giustamente temuto da tutti i membri di quelle popolazioni. Esistono malefici che agiscono a danno della salute e dell’equilibrio spirituale, ed esistono fatture di morte, a lungo o a breve decorso, le quali infallibilmente conducono la vittima al decesso. E ci sono, naturalmente, delle persone così malvagie che praticano la magia nera per i loro scopi, e altre persone, non meno malvagie, che ricorrono agli stregoni per colpire i loro nemici personali: essi sono in grado di commissionare dei veri e propri omicidi, sui quali non verrà mai aperta alcuna inchiesta, perché saranno classificati come malattie naturali, per quanto insolite, o incidenti stradali, o incidenti sul lavoro, o incidenti domestici. Né si deve pensare che tutto questo appartenga al passato o che avvenga solo in Paesi lontani da noi: avviene anche nelle nostre città, all’ombra dei grattacieli, nel mondo cosiddetto civilizzato e altamente tecnologico. Ma è quasi certo che né gli stregoni, né i loro clienti, sono in grado di valutare pienamente tutte le conseguenze del loro agire. Gli stregoni sono dominati dall’orgoglio, dal senso d’onnipotenza che deriva dalla conoscenza di quelle tecniche e dall’uso di quei poteri; i loro clienti sono mossi dalla gelosia e dall’odio nei confronti di qualcuno: ma né questi né quelli sanno di aver messo la testa nelle fauci del leone. Una volta che le forze del male hanno afferrato un’anima, non lasceranno più la presa e cominceranno a pretendere, a tormentarla, a perseguitarla, finché non la domineranno del tutto e la ridurranno a un misero fantoccio nelle loro mani, un fantoccio che si può gettar via in qualsiasi momento. Esse non hanno bisogno di quel particolare adepto, perché vi sono milioni di persone pronte e disposte a prenderne il posto: non è la materia prima che scarseggia nelle loro mani. Sono dunque invincibili, le forze del male? Niente affatto: si possono fronteggiare e sconfiggere, sempre e solo con l’aiuto di Dio. Ma è necessaria la metanoia, la conversione: bisogna pregare sempre, fuggire le tentazioni e conservarsi nella grazia del Signore. A tali condizioni, il diavolo è vinto, non può nulla contro le anime: neppure se scatenasse contro di loro tutte le forze dell’inferno…

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Biswajeet Mohanty from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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