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Siamo in guerra: right or wrong, my country!

Scrive Marcello Veneziani, con ragione, che siamo in guerra, perché la Troika ci ha dichiarato guerra: non alla manovra economica, ma al governo italiano; il suo obiettivo non è far cambiare la manovra, ma far cadere il governo democraticamente eletto. Chi non ha capito questo, è fuori della realtà; oppure diciamo che non vuol capire. La posta in gioco, pertanto, è la caduta del governo o la caduta dell’Europa di Bruxelles, l’Europa delle banche private e dei tecnocrati. Anch’essi, a loro modo, lottano per sopravvivere: si vedono sfidati e reagiscono con tutte le armi che hanno a disposizione. Non faranno prigionieri. Sanno di aver poco tempo; sanno che probabilmente, a primavera, quando si voterà per il rinnovo del Parlamento europeo, saranno spazzati via. Vogliono sfruttare questi sei mesi che ancora hanno a disposizione per liquidare l’Italia: per la prima volta hanno a che fare non con dei movimenti o dei partiti di opposizione, sovranisti e populisti, ma con un governo. L’Italia, con le elezioni del 4 marzo scorso, si è data un governo sovranista e populista, se così vogliamo chiamarlo, seguendo l’uso corrente; o piuttosto un governo sovrano che tenta di essere tale, cioè di governare nell’interesse dell’Italia e degli italiani, dopo decenni di governi fasulli, che amministravano l’Italia per conto di poteri estranei, e, dal 2000, per conto della Banca Centrale Europea. Ora c’è un governo che non piega la testa, che non cede al ricatto dello spread, che vuol vedere le carte: Juncker e Moscovici si vedono sfidati e vogliono piegare l’Italia, prima che l’esempio si estenda ad altri Paesi. Cercano di rimpicciolire la questione, di farla passare per una questione locale: questi italiani, cosa volete, sono sempre i soliti: prima fanno i debiti e poi non vogliono pagarli. Juncker ha avuto la faccia tosta di dire che non lui non può approvare la manovra del governo Conte, perché, se lo facesse, gli altri Paesi insorgerebbero. E l’Austria, per bocca dello stupido Kurz, gli ha subito fornito l’appiglio desiderato, bacchettando gli incorreggibili italiani che mettono a repentaglio la stabilità di tutta l’Unione, solo perché non son capaci di tenere i loro conti in ordine. Ma Junker, quando fu richiesto, qualche anno fa, di spiegare perché la Francia potesse sforare impunemente il rapporto deficit/pil, rispose tranquillamente: Eh, la Francia è la Francia. E Moscovici, quando era ministro del governo francese per l’economia e la finanza, dal 2012 al 2014, non si preoccupava di far politiche simili a quella che fa ora il governo italiano. E allora? E allora questa della BCE è anche una guerra contro l’Italia, non solo contro il governo italiano. Vogliono mettere in ginocchio l’Italia, impedire che si riprenda il posto che le spetta fra le grandi nazioni, anche sul piano economico. Temono le sue industrie, la sua capacità di riprendersi i mercati esteri. A spartirsi gli affari devono essere solo Parigi e Berlino.

Ora, la cosa veramente grave è che questa versione stravolta dei fatti venga fatta propria anche da molti personaggi italiani. Alcuni si sa perché lo fanno: hanno i loro interessi da difendere. Perciò nessuna meraviglia, ma solo molta tristezza, davanti allo spettacolo indecente dei Martina, dei Renzi, dei Delrio, e, simultaneamente, dei Tajani, dei Berlusconi, ecc., che tifano contro il governo, che difendono le buone ragioni di Bruxelles e che predicono catastrofi apocalittiche se gli italiani non rinsaviranno. Di Mattarella non parliamo: si era capito fin dal caso Savona, perlomeno, quali fossero le sue intenzioni. Anche di Tria, meglio non dire: se avesse un minimo di onestà e di dignità, si sarebbe dimesso da un pezzo; invece resta lì, ministro dell’Economia che mette i bastoni fra le ruote al governo di cui fa parte, e che intralcia le decisioni politiche di esso, comportandosi anche lui fa tecnocrate e invocando il giuramento di fedeltà non al governo, ma al popolo italiano, quale ministro della Repubblica. Siamo commossi da tali scrupoli di coscienza. E anche di Draghi non c’è niente da dire: ogni volta che apre bocca fa salire lo spread, e lo sa benissimo. Quel che si guarda bene dal dire è che, se volesse, potrebbe fermare lo spread con una sola parola, ma non lo fa, anzi fa tutto il contrario, e la ragione è che la BCE, se qualche anima bella non l’avesse ancora capito, è una banca d’affari che pensa ai suoi interessi e se ne infischia bellamente della sorte dei popoli europei.

La verità è che il carrozzone europeo sta per saltare in aria, e i tecnocrati di Bruxelles lo sanno: per questo cercano un capro espiatorio. L’Italia, per loro, deve svolgere questa finzione: prendersi tutte le colpe del fallimento dell’Europa. I popoli europei non devono sapere che l’Europa sta morendo per colpa loro, della loro stupidità e della loro arroganza, ma soprattutto del fatto che essi sono solo i procuratori di una grande banca privata, la BCE, che impone ai governi le folli politiche di austerità (folli, dal punto di vista dei popoli; ma perfettamente logiche dal suo punto di vista). Essa stampa il denaro dell’Europa ma non rende conto ai popoli dell’Europa del suo operato, ma solo ai suoi azionisti di maggioranza: le banche, appunto. I tecnocrati pensano che i popoli europei siano formati da perfetti imbecilli, e che non abbiano ancora capito che le politiche di austerità, che continuano a proporre ed imporre con stolida monotonia, sono quelle che hanno portato la Grecia al disastro, e ora vorrebbero portare al disastro anche l’Italia. La loro non è mancanza di fantasia: è rispetto del copione. Con l’austerità si taglia la spesa sociale e si rende impossibile la ripresa, perché i cittadini impoveriti non consumano, quindi non alimentano il mercato. L’obiettivo finale, per i signori di Bruxelles, è metter le mani sul risparmio privato degli italiani (come già hanno fatto con quello dei greci), che è il più consistente d’Europa e uno dei maggiori al mondo. Dopo averci rapinati delle gradi aziende pubbliche e private, comprate a prezzi di saldo per merito della crisi indotta dalle dallo spread e dalle politiche di austerità, ora vogliono comprarsi anche i beni privati, le case degli italiani, e i loro conti in banca. Ma la cosa veramente triste è vedere l’atteggiamento dei giornali, delle televisioni e degli intellettuali italiani, sdraiati quasi tutti sulle posizioni di Juncker e di Moscovici, o, se si preferisce, di Tria e di Mattarella. L’Europa ci chiede di abbassare il debito, bisogna esser ragionevoli. Abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi, ora dobbiamo pagare. Se non paghiamo, il debito crescerà e i nostri figli verranno fatti schiavi. Terrorismo psicologico. E perché? Per restare sul libro paga dei poteri forti: delle banche. È triste, tristissimo soprattutto vedere giornalisti e pseudo esperti d’ogni tipo, pseudo economisti, pseudo-filosofi e pseudo intellettuali, spiegarci, ogni santo giorno, oppure insinuare, alludere, che siamo su una strada pericolosa, che stiamo scherzando col fuoco, che la pagheremo cara. Sono venduti al nemico, perché siamo in guerra, e quando si è in guerra chi sta col nemico è un traditore, puramente e semplicemente.

Questa è la nostra Patria e chi non è dalla sua parte, in questo momento, non è degno di essere chiamato italiano. È un servo di Bruxellles, è un servo delle banche, è un servo di Soros & C. Non avendo più argomenti, né credibilità, né uno straccio di consenso popolare, screditati, delegittimati, impresentabili, costoro sono ridotti all’ultimo livello: insultano, ringhiano, minacciano. Ma che credibilità, quale autorevolezza può avere un Renzi, il quale nel 2016 disse (sembra che siamo passati anni luce): Se perdo al referendum, non mi vedrete più? E un Berlusconi, che si fa sostenitore di quella stessa Troika che lo costrinse a dimettersi nel 2011, per puro astio di vecchio che vuol sbarrare la strada ai giovani, perché non può ammettere che il mondo vada avanti senza di lui? Con quale faccia si possono presentare agli italiani, ora che i nodi vengono al pettine, quelli che hanno venduto il Paese agli interessi della BCE e delle altre grandi banche e multinazionali straniere, e seguito servilmente le loro "ricette" economiche e le loro imposizioni (senza, ovviamente, raggiungere alcun risultato positivo) e che hanno chiuso entrambi gli occhi mentre l’Italia veniva invasa da centinaia di migliaia di clandestini travestiti da profughi, i quali hanno causato un tragico peggioramento nelle condizioni della vita civile, e la cui sola presenza farà abbassare paurosamente il costo del lavoro, togliendo sempre più ai giovani la speranza di trovare un lavoro onesto e ragionevolmente retribuito e garantito? Questi europeisti, questi immigrazionisti i quali ci hanno ripetuto che mettendo i conti in ordine con l’austerità avremmo agganciato la ripresa, e che aprendo le frontiere a qualunque tipo d’immigrazione avremmo reso la società italiana più giovane, più aperta, più moderna, più tollerante e più felice? Adesso, sfruttando il monopolio dell’informazione di cui dispongono, senza contraddittorio, i giornalisti politicamente corretti ci ripetono tutti i santi giorni, nei loro interminabili salotti televisivi, le stesse giaculatorie, le stesse litanie porta scalogna: guai a noi, italiani, se ci lasceremo governare ancora da questa banda d’irresponsabili. Se la fanno e se la dicono, si invitano fra di loro nei rispettivo salotti, il direttore di un telegiornale e il direttore di un altro telegiornale, il conduttore di un certo task-show e il direttore di un altro talk-show, sempre politicamente corretti, però, cioè sempre al servizio degli stessi poteri. Si scambiano i favori, i sorrisi, i complimenti, e intanto rincalzano la dose di ammonimenti, di minacce, di ricatti: attenti, italiani, quelli che vi governano vi stanno portando verso il baratro, vi porteranno via i risparmi, vi preparano un futuro d’inferno, per voi e per i vostri figli. Non vendono più giornali, anche l’audience televisiva è crollata, non hanno più alcuna credibilità, la gente ha voglia di vomitare solo a vere quelle facce, quei sorrisi, quelle allusioni, quelle frecciate, quegli sguardi d’intesa che si scambiano fra loro, come Juncker con la stampa internazionale, come la Merkel e Sarkozy nel 2011, ve li ricordate? Sono sempre gli stessi. I nemici dell’Italia sono sempre gli stessi: quelli esterni e quelli interni. Giornalisti prezzolati: si guardano bene dal mandare in onda l’intervista in cui l’ex ministro delle finanze tedesco Theo Waigel dice chiaro e tondo che, nella contesta fra l’Italia e Bruxelles, ha ragione l’Italia, la quale ha dato assai più di quanto abbia mai ricevuto. No, ci fanno sentire solo la voce di quelli che danno ragione a Bruxelles; e Mediaset brilla in questa trista operazione. E invece proprio adesso, guarda un po’, avremmo delle carte buone in mano da giocare: se solo conservassimo i nervi saldi. Abbiamo l’appoggio di Russia e Stati Uniti, e scusate se è poco. Abbiamo, soprattutto, il sostegno e la simpatia dei popoli europei; che son tutt’altra cosa dai loro governi. L’Italia sta guidando un esperimento: i popoli contro i governi. Chi ama veramente l’Europa sta con l’Italia; ma l’Europa vera, quella dei popoli, non quella fasulla e ripugnante delle banche e dei tecnocrati. Quella sarà spazzata via fra qualche mese; questa, ha ora una speranza di riscatto che fino a ieri sembrava impossibile e impensabile. È un’occasione storica: l’Italia, oggi, grazie a questo governo, pur con tutte le sue carenze e le sue contraddizioni, rappresenta davvero una novità e una speranza epocali. La Gran Bretagna, uscendo dall’UE (cui peraltro non aveva mai aderito per la parte più significativa, quella monetaria), ha fatto come al solito i suoi esclusivi interessi; mentre la battaglia che sta combattendo l’Italia è una battaglia per la libertà dei popoli e contro i loro oppressori: i banchieri e i burocrati. Siamo alla vigilia di una svolta: quei signori bluffano, non hanno niente in mano. Sanno bene che, se l’Italia uscisse dall’Europa, questa andrebbe in pezzi, e l’economia tedesca ne subirebbe un danno gravissimo.

Purtroppo, in Italia c’è troppa gente che tifa perla nostra sconfitta: come nel 1940. Scommettono sulla disfatta italiana per poter tornare a fare quel che hanno sempre fatto: svolgere la funzione di proconsoli di un potere straniero, finanziario o politico che sia. Hanno l’anima dei servi e l’istinto dei servi. Per loro, la parola sovranità è una parolaccia, perché non sanno immaginare un futuro che non sia coloniale, nel quale seguiteranno a fare i vice-governatori. E pur di riprendersi le amate poltrone, che hanno lasciato a marzo con rancore e con un profondo senso d’ingiustizia, sono disposti a qualsiasi cosa: anche a scatenare una guerra civile. De resto, stanno già affilando le armi. Ricordate il buon Giampaolo Pansa dire, in televisione, che le forze armate manderanno i carri armati per abbattere questo governo? Roba da incriminazione per incitamento all’odio sociale: però nulla è successo, nessuno ha fatto una piega. Se una frase del genere fosse stata pronunciata da un uomo vicino al governo, sarebbe scoppiato il finimondo. E a Bruxelles non aspettano altro: probabilmente stanno già finanziando le prove generali per la nostra guerra civile. Del resto, le loro bordate continuano a spararle, una dopo l’altra. Perfino la condanna solenne dell’Italia per "violazione dei diritti umani" nei confronti di Bernardo Provenzano, uomo condannato a venti ergastoli per decine di efferati delitti. E chi ha emesso una tale sentenza? La Corte Suprema Europea: un altro baraccone dell’oscena Europa dei banchieri e dei tecnocrati. Quella che ci sta soffocando e ci vorrebbe in ginocchio, umiliati, vinti, come la Grecia, come chiunque osi ribellarsi. Il momento è delicato, l’Italia (e l’Europa) è una polveriera. Può bastare un singolo fatto, come il crimine del quartiere San Lorenzo, per esasperare gli animi e accendere le fiamme di un incendio. Speriamo di tutto cuore che non accada: ma c’è qualcuno che lo vorrebbe, e che ci sta lavorando; ed essendo padrone del Discorso, si prepara anche a far ricadere la colpa sulla parte che vuol solo difendersi e che lotta perché l’Italia viva, e gli italiani possano decidere da sé il proprio destino…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Christian Lue su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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