Gesù Maestro
22 Settembre 2018
Dobbiamo tornare a parlare della virtù e del vizio
23 Settembre 2018
Gesù Maestro
22 Settembre 2018
Dobbiamo tornare a parlare della virtù e del vizio
23 Settembre 2018
Mostra tutto

Omaggio alle chiese natie: il collegio delle Dimesse

Non poteva mancare, in questa rassegna delle chiese cui siamo legati per debito di riconoscenza nel corso della nostra infanzia, la chiesa del Collegio delle Dimesse, in via Treppo, perché è proprio lì che, molti anni fa, abbiamo frequentato, invero per un breve periodo, l’asilo; più tardi, nel bel giardino del collegio, che per noi aveva i colori e l’atmosfera di un autentico paradiso terrestre, abbiamo fatto gli esercizi spirituali in vista della Prima Comunione, riportandone un ricordo indelebile. Ma chi sono le Dimesse? È molto probabile che, per chi vive in altre parti d’Italia, questo nome sia del tutto sconosciuto, anche se va detto subito che si tratta di una realtà religiosa dalle dimensioni ragguardevoli, visto che, attualmente, conta più di 350 suore sparse in oltre sessanta case, però soprattutto nei Paesi del Sud del mondo: Kenya, Brasile, India e Tanzania. Il loro nome completo è Suore Dimesse Figlie di Maria Immacolata (F.M.I.) e, inizialmente, erano delle suore laiche dedite alla preghiera contemplativa e alle opere assistenziali, che poi si sono concentrate nell’educazione cristiana della gioventù e che hanno abbandonato la condizione scolare solo nei primi anni del Novecento, quando la loro congregazione esisteva già da quasi tre secoli e mezzo. Era stata fondata, infatti, nel lontano 1579, a Vicenza, per iniziativa di un cappuccino veneziano, padre Antonio Pagani (1526-1589), attualmente venerabile e per il quale è in corso il processo di beatificazione, e si chiamava, in origine, Compagnia delle Dimesse o Compagnia della Madonna, mentre il ramo maschile della stessa opera si chiamava Compagnia dei Fratelli della Santa Croce. Le case delle Dimesse si diffusero fin dai primi decenni su tutto il territorio di terraferma della Repubblica di Venezia, da Verona a Feltre, da Padova a Bergamo; in seguito, con la tempesta della invasione degli eserciti rivoluzionari francesi e le soppressioni napoleoniche, vennero chiuse quasi tutte. Sopravvissero due soltanto: quella di Padova, fondata nel 1615, e quella di Udine, fondata nel 1656 da Nicola e Cesarea della Rovere, due sorelle di famiglia aristocratica, che aprirono delle scuole private per le fanciulle, riconosciute dal governo austriaco entro la metà del XIX secolo. Le Dimesse di Udine furono le prima a deporre la veste secolare per diventare suore a tutti gli effetti, alla fine del 1901; seguirono quelle di Padova pochi anni dopo, nel 1905. Nel 1956 la Santa Sede riconobbe alle Dimesse di Udine lo statuto di istituto religioso di diritto pontificio — in termine tecnico, il decretum laudis, decreto di lode -; dieci anni dopo, per iniziativa del cardinale Ildebrando Antonutti, da Nimis (1898-1974), notevole figura di uomo di Chieda friulano che assurse a rilievo nazionale, allora prefetto della Congregazione per i religiosi, si tenne il capitolo che decise l’unione delle due case di Padova e Udine, fino ad allora reciprocamente indipendenti, con la denominazione definitiva di Suore Dimesse Figlie di Maria Immacolata. Un’altra casa venne aperta nel 1934 a Triste, partendo da quella di Udine; casa che divenne però del tutto autonoma. Ai nostri giorni, come si è detto, le Dimesse hanno dispiegato una notevolissima attività in America Latina, in Africa e in Asia, aprendo una quantità di case in quei tre continenti, nelle quali svolgono un’intensa opera educativa e di promozione sociale. La loro casa generalizia si trova a Torreglia, un paese situato ai piedi dei Colli Euganei, nella diocesi di Padova.

Per la storia delle Dimesse di Udine, che attualmente dispongono di una scuola primaria, di una scuola secondaria di primo grado e di un convitto universitario, citiamo quanto riportato nel sito www.dimesse.org:

Padre Antonio Pagani, dell’Ordine dei Francescani minori è il fondatore delle suore Dimesse. Nacque a Venezia nel 1526, si laureò a Padova in Diritto civile ed entrò a far parte dell’Ordine Francescano nel 1557.

Partecipò alla terza fase del Concilio di Trento come teologo francescano.

Il Vescovo Matteo Priuli lo volle suo collaboratore per la riorganizzazione della diocesi di Vicenza.

In questa città nel 1579, Padre Pagani fondò la "Compagnia delle Dimesse" o "Compagnia della Madonna", ideando una forma di vita nuova, che riunisse in sè la dimensione contemplativa e comunitaria e insieme fosse aperta apostolicamente ad attività di bene. Morì a Vicenza il 4 gennaio 1589. La "Compagnia delle Dimesse" si estese ben presto in tutto il territorio della Repubblica Veneta: a Murano, Bergamo, Verona, Thiene, Schio, Feltre, Padova ed Udine.

Soltanto Udine e Padova si salvarono dalle continue ingiunzioni di soppressione di Napoleone e di altri governi, in quanto Case di educazione ufficialmente riconosciute nel 1812.

La casa delle Dimesse di Udine deve la sua origine a due nobili sorelle udinesi: Nicolosa e Cesarea della Rovere che il 27 luglio 1656 diedero inizio ufficiale alla fondazione.

Da allora le Dimesse si dedicarono all’educazione delle fanciulle aprendo scuole private, poi autorizzate dal governo nel 1842.

Come abbiamo detto, un debito di gratitudine molto antico ci lega alle Dimesse di Udine: in quell’asilo abbiamo iniziato a familiarizzarci con la vita al di fuori delle pareti domestiche, e ne abbiamo un caro ricordo, legato a delle suore pazienti e sorridenti, che amavano i bambini e svolgevano bene la loro missione. La loro sede si trovava, e si trova ancora oggi, al numero 11 di via Treppo, all’angolo con la via Luigi Scrosoppi, proprio a lato del bellissimo Palazzo Della Porta-Masieri, della metà del XVII secolo, impreziosito dagli affreschi del pittore comasco Giulio Quaglio, recentemente ristrutturato e intonacato e così restituito al suo antico splendore dopo anni di trascuratezza, e che attualmente ospita gli uffici della Curia arcivescovile; ed è adiacente a un altro collegio femminile del quale abbiamo già parlato, quello delle suore della Provvidenza di Gaetano da Thiene in via Scrosoppi. Personalmente, oltre all’esperienza, in verità assai breve, presso l’asilo delle Dimesse, abbiamo altri due ricordi preziosi: uno ben circostanziato nel tempo, in preparazione alla Prima Comunione, nel 1965; l’altro, più dilatato negli anni, relativo alla frequentazione della libreria paolina, che aveva sede lì vicino, accanto al Palazzo Della Porta, e che era servito, se ben ricordiamo, dalle stesse suore. A quel tempo, cioè fra gli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, nonostante i disastri del Concilio Vaticano II, che però non si erano ancora fatti sentire in tutta la loro devastante gravità, nonostante l’introduzione del Nuovo Messale Romano e della Messa di Paolo VI, nel 1969, una libreria paolina era ancora un luogo serio e sicuro, dove si potevano trovare ottime letture d’ispirazione cattolica e bellissimi libri per grandi e piccini, su ogni genere di argomenti, dalla letteratura alle scienze naturali, ma, com’è naturale, soprattutto di teologia, patrologia, filosofia, spiritualità, misticismo, vite di santi e religione in genere; mentre oggi, fra Enzo Bianchi e Karl Rahner, Dietrich Bonhoeffer e Paul Tilllich non si capisce nemmeno se si è ancora in una libreria cattolica, o no. Infine, all’inizio degli anni ’80, trovandoci di nuovo da quelle parti — i casi veramente strani della vita – per il servizio militare, fra gli alpini della brigata Julia (che, all’epoca, aveva ancora in dotazione i muli per il trasporto dell’artiglieria, sostituiti subito dopo da piccoli trattori cingolati), abbiamo avuto l’occasione di fare qualche altra scorribanda in quella stessa libreria e di riportarne un pingue bottino, compreso il diario, in dieci volumi, appositamente ordinati per noi, di Søren Kierkegaard, nella edizione tradotta e curata dall’eccellente studioso Cornelio Fabro, da Talmassons (1911-1995), altra insigne figura di sacerdote friulano, nonché di notevole pensatore, oggi ingiustamente dimenticato per un preciso malvolere dei cattolici progressisti, che non gli hanno mai perdonato le sue posizioni non allineate, per non dire critiche, sulle novità della "svolta antropologica" rahneriana (chi fosse interessato ad approfondire la sua figura e la sua opera, può consultare, oltre agli scritti che noi stessi gli abbiamo dedicato, il bel sito www.corneliofabro.org).

La chiesa delle suore Dimesse di Udine è un edificio raccolto e suggestivo, che quasi certamente la grande maggioranza degli udinesi non ha neppure mai visto, e di cui forse non sospetta neanche l’esistenza, a eccezione, beninteso, di quanti hanno studiato, nell’infanzia e nell’adolescenza, nelle loro scuole; più quelli che si recano talvolta a dare l’estremo saluto alle suore defunte, conosciute da bambini, come nel caso di suor Federica Calderari, al secolo Noemi, nata a Barbisano, frazione di Pieve di Soligo, nel 1932, e tornata alla Casa del padre, dopo sessanta anni di vita consacrata, spesi in buona parte presso il Collegio di Udine, il 17 luglio 2015. Il suo funerale si è svolto appunto nella chiesa del collegio, dove i suoi ex alunni hanno potuto renderle l’ultimo saluto. La facciata della chiesa, sobria ed elegante, si affaccia sul cortile interno, di fronte a una bellissima vera da pozzo e all’ombra di una possente magnolia, con un portone preceduto da due scalini in pietra, fiancheggiato da due ampie lesene e sormontato da un timpano, sopra il quale si apre un ampio finestrone; l’interno dell’edificio è luminoso, splendente di marmi, a tre navate, con le colonne in marmo broccatello grigie e giallo antico che corono prospetticamente verso l’arco trionfale del presbiterio oltre il quale, nel catino dell’abside, sorride, splendente di luce e di dolcezza, la Vergine Maria, e conferiscono solennità, ma anche vivacità all’ambiente sacro, creando un’atmosfera mistica e spirituale. È veramente una bella, deliziosa, piccola oasi di pace e di raccoglimento, nel cuore del centro storico e a due passi dal traffico cittadino; un posto dove si entra volentieri per pregare, e anche per riflettere in silenzio. È qui che le suore vengono a raccogliere le loro energie spirituali, in gruppo e da sole, con la corona del Rosario in mano; è qui che trovano il conforto dell’unione interiore con la Vergine Maria, con il Padre Celeste e con il suo divino Figlio, e chiedono l’assistenza dello Spirito Santo; è qui che trovano, o che ritrovano, quella serenità, quell’armonia dell’anima, senza la quale non è possibile stare tutto il giorno in mezzo ai bambini e trasmettere loro il modello della vita cristiana, perché ai bambini non sfuggono le ipocrisie e le insincerità degli adulti e vedrebbero subito una eventuale discrepanza fra ciò che questi dicono e insegnano e ciò che realizzano effettivamente nella loro vita, e che traspare senza fallo, oltre che nelle loro parole, nei gesti, negli sguardi e perfino nei silenzi. Ma che cosa può spingere una ragazza, ai nostri giorni, a farsi suora, a scegliere questo tipo di vita, così radicalmente e così eroicamente, vorremmo dire, in contrasto con lo stile dominante imposto dal consumismo, una vita fatta solo di amore a Dio e al prossimo?

Ecco cosa risponde una giovane di trent’anni, Nicole Francescato, originaria di Torreglia, che, da un anno, si è fatta suora nella congregazione delle Dimesse e che è presente appunto nel Collegio di Udine, dedicandosi alla pastorale dei giovani, in una intervista pubblicata sul giornale della diocesi di Padova La difesa del popolo (edizione online del 22 settembre 2018). Un viso allegro, sorridente, "pulito" e pieno di vita: tutto il contrario del cipiglio malinconico che molti, per uno stupido stereotipo, subito s’immaginano quando si parla di una giovane donna che ha deciso di sposarsi con Gesù Cristo. Era quasi arrivata al traguardo della laurea in Scienze politiche, quando le è scoccata nel cuore la chiamata del Signore, e lei non ha saputo dire di no. In quell’intervista, alla quale rimandiamo, ella spiega come, per prima cosa, ha dovuto faticare per convincere i suoi genitori della serietà della sua vocazione; essi temevano, infatti, che, passato l’entusiasmo del primo momento, avrebbe potuto pentirsi di una simile scelta. Significativamente, una comprensione e un appoggio incondizionati le sono venuti, invece, dal fratello molto più giovane, il quale, con la saggezza dei suoi sedici anni, le ha detto: Se tu sei felice, lo sono anch’io. Di quelle scelta, che si rinnova ogni giorno, lei non si è affatto pentita. La sua conclusione è significativa e fa riflettere, perché capovolge il comune modo di pensare: A qualcuno sembrerà un privarsi qualcosa, invece significa compiere una scelta libera, amplificando la propria vita. Ma come far capire una cosa del genere ai giovani letteralmente sprofondati nella palude del diabolico consumismo, che assorbe tutte le loro energie nella ricerca spasmodica del miraggio di un piacere senza limiti? È impossibile: solo se è Dio a toccare il cuore umano, questo diventa capace di non sentire, né pensare più secondo la carne, ma secondo lo spirito. Donaci, Signore, un cuore nuovo, uno spirito nuovo, dovremmo pregare come il profeta Ezechiele; un cuore di carne, capace di sentire veramente, al posto del cuore di pietra, che s’indurisce ogni giorno di più per il nostro egoismo. Ma l’Europa, l’Italia, terre cristiane da duemila anni, hanno ancora un cuore? Certo non è un caso che la maggior parte delle suore Dimesse abbia indirizzato la propria opera verso i Paesi poveri del Sud del mondo, ove esiste quella disponibilità alla fede, quell’umiltà di spirito che la nostra società superba e decadente ha perso ormai da tempo. Eppure, la ricetta per ritrovare noi stessi sarebbe tanto semplice: abbandonarsi a Dio non è privarsi di qualcosa ma, al contrario, arricchire ed espandere immensamente la propria vita, darle uno spessore più profondo, un significato nuovo e luminoso…

Fonte dell'immagine in evidenza:

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
Hai notato degli errori in questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.