Non sanno più a cosa attaccarsi: sono pericolosi
2 Agosto 2018
Omaggio alle chiese natie: Santa Maria della Neve
3 Agosto 2018
Non sanno più a cosa attaccarsi: sono pericolosi
2 Agosto 2018
Omaggio alle chiese natie: Santa Maria della Neve
3 Agosto 2018
Mostra tutto

Omaggio alle chiese natie: San Giacomo

Parlare della chiesa di san Giacomo o anche solo nominare Piazza San Giacomo (e che la chiamino pure, le mappe stradali, Piazza Matteotti; per gli abitanti di questa città sarà sempre e solo Piazza san Giacomo!), un tempo Mercato Nuovo, significa toccare una delle corde più sensibili, evocare i ricordi più cari, suscitare tutto l’affetto istintivo che si prova nei confronti del proprio luogo natio. I più anziani ricordano i tempi magnifici del mercato della frutta e della verdura, quando non c’erano ancora le baracche prefabbricate e le contadine venivano dalla campagna, col fazzoletto in testa e le ceste e le stadere, bilance antichissime, e si mettevano in mezzo alla piazza, o vicino alla fontana, al massimo col riparo di un ombrellone nella stagione estiva; e tutto l’insieme era animato da voci, suoni, colori, bambini, tutta una festa di vita, perché la città era viva, le famiglie erano sane e numerose, c’era la povertà eppure i cuori erano più lieti, si confidava in Dio e, come sempre da queste parti, nelle proprie braccia e nella buona volontà. Perché la gente, da queste parti, davanti al lavoro on si è mai tirata indietro; andavamo fino in Australia, fino in Siberia e nella Terra del Fuoco, costruivamo ponti, dighe e ferrovie, scavavano miniere, mettevano da parte qualche soldo e poi tornavano a comprarsi la casa e a la lasciavamo ai figli, sicuri di poter trovare l’eterno riposo nel cimitero di paese, accanto ai padri. No: i friulani, in patria e all’estero gran lavoratori: poveri, sì, ma puliti; gente seria, sobria e rude, ma onesta: nessuno ha mai potuto affermare il contrario. Non bighellonavano tutto il giorno, col telefonino e il Wi-Fi, a spese degli Stati ove emigravano (e non migravano); e non si presentavano con la prepotenza, con il ricattai di poter naufragare, di poter morire: bussavano ed entravano in punta di piedi. Poi, si facevano apprezzare. La Transiberiana, l’hanno costruita in buona parte loro; e cos’ il canale di Suez e al Diga di Kariba. Sempre in prima fila dove c’era da curvar la schiena e farsi venire i calli sulle mani. Perciò, quei signori e quei (falsi) preti che ci rintronano gli orecchi tutto il giorno con le loro giaculatorie sul dovere cristiano dell’accoglienza, e ripetono che anche i nostri non i erano migranti, si risciacquino la bocca prima di parlare: non c’è niente, ma proprio in comune, fra i nostri nonni e i finti profughi africani che ci piovono addosso a getto continuo, inventandosi inverosimili pretesti per passare da perseguitati; gente che non ha neanche la dignità di spazzare le foglie in cambio del’ospitalità che viene offerta loro, gratis, per almeno due o tre anni. Gente che se ne va in giro a spacciare droga, a far prostituire le sue donne, a rubare e rapinare, questo subito dopo aver fatto domanda di accoglienza come rifugiati. Bella roba, bella umanità: ma i nostri nonni era o fatto di tutt’altra pasta. E chi dice che parlare così è da razzisti, è lui un razzista: un razzista all’incontrario. Oggi solo parlar bene degli africani e degli asiatici è consentito; ed è quasi un dovere parlar male di noi stessi. Secondo il quotidiano dei vescovi, L’Avvenire, gli ultimi episodi di razzismo sono tali per cui ci dovremmo vergognare tutti quanti. Che si vergognino loro. semmai, innanzitutto perché incoraggiano le partenze di questa gente che mette a rischio la propria vita sin da quando scende in mare, e che si affida ai mercanti di carne umana, criminali della peggiore specie: se poi i barconi affondano, se quelli che sono a bordo annegano, si passino una mano sulla coscienza questi vescovi di strada e questi preti di sinistra. E poi si vergogni, perché non se la sono mai presa calda per gli italiani povero, per i pensionati che nona arrivano a fine mese con cinquecento euro e devono chiedere l’elemosina: e parliamo di circa 10 milioni di persone, fra vecchi e nuovi poveri.

Dunque, la chiesa di San Giacomo. In origine c’era una confraternita, che aveva sede nella vicina chiesa di San Pietro Martire, la confraternita dei Pellicciai, che si erano posti sotto la protezione di san Giacomo. Nel 1378 fu eretta ,la chiesa attuale, che è, pertanto, una delle più antiche della città; all’inizio del ‘500 fu completata la facciata, opera di Bernardino da Morcote, il geniale architetto cui si deve, in gran parte, il progetto della Piazza Contarena (attuale Piazza Libertà), una selle più belle piazze d’Italia in assoluto; infine la Cappella delle Anime venne aggiunta fra il ‘600 e il ‘700. Sulla torretta, sormontato dalla cella campanaria con una bifora, il più antico orologio della città, costruito per sostituire quello distrutto nel terremoto del 1511. La facciata bianca, svelta, elegantissima, rialzata rispetto al livello della strada; la statua della Vergine Maria, posta in cima a una colonna, della fine del 1400; la bellissima fontana rinascimentale, opera di Giovanni da Udine; infine un pozzo poligonale, sempre del tardo ‘400, un poco più discosto, a sinistra, completano il colo d’occhio sul lato sud della piazza; sugli altri tre lati, vecchi palazzi dai tetti spioventi, alcuni con la facciata in parte affrescata, e una fila di portici dall’ombra gradita, sui quali si affacciano negozi e botteghe d’ogni tipo, completano il quadro di questa piazza animatissima, armoniosa, veramente a misura d’uomo: non sono molte le città che possono vantare un simile gioiello, peraltro realizzato con relativa semplicità di mezzi, di linee, di idee. L’interno della chiesa — è questione di gusti — contrasta non poco con la grazia leggiadra dell’esterno: è stato ristrutturato nel ‘600 in uno stile barocco un po’ pesante; la luminosità lascia assai a desiderare; le decorazioni hanno qualcosa di sovrabbondante, di eccessivo, che va a scapito del raccoglimento e del misticismo. Ciò non toglie che generazioni di cittadini hanno amato questa chiesa più di ogni altra, tranne forse il duomo, e sono entrate qui dentro per dire una preghiera, per trovare un po’ di silenzio spirituale dopo i rumori del mercato. Per molto tempo si celebrò la Messa all’esterno, sulla piazza, in modo che una grande folla vi potesse partecipare; la consuetudine venne poi abbandonata per rispetto del decoro dovuto al culto divino. Eppure qualcosa di sacro, qualcosa di profondamente religioso, ha continuato a permanere in questo spazio, ha indugiato a lungo sotto i portici, sulle facciate delle case, fra le ceste delle venditrici di frutta e verdura: perché questo è un popolo rude, che non ha mai lesinato, purtroppo, né il vino, né le bestemmie; però, a suo modo, è sempre stato anche un popolo profondamente radicato nella fede. Non per niente ha dato al mondo dei santi come Odorico da Pordenone e Marco d’Aviano: dei grandi missionari e dei veri campioni della Chiesa, che fecero il miracolo di salvare l’Europa dai turchi.

Ora pare che qualcuno abbia voglia di ripetere il miracolo, ma all’incontrario: di spalancare le porte all’invasione, di vedere l’Europa e l’Italia islamizzate, di contribuire volonterosamente alla cancellazione della civiltà cristiana. Ci stanno provando, e da molto tempo, agendo dall’interno, introducendo legislazioni e modi di pensare che sono in perfetta antitesi col Vangelo, dal diritto di abortire al diritto all’eutanasia, passando per il diritto di celebrare le oscene nozze sodomitiche (diritto in senso laicista e radicale, beninteso); ora ci stanno provando, i neopreti specialmente, con il ricatto morale dei cosiddetti migranti. Ebbene lo facciano, ma non in nome del Vangelo; che abbiano almeno la decenza di non tirare in ballo le Parole di Gesù Cristo: lascino che a portare avanti questa bieca operazione siano i banchieri senza scrupoli e senz’anima, come George Soros, e la smettano di rendersi ridicoli e grotteschi con le loro chiacchiere insulse sui poveri e i disperati che abbiamo tutti il dovere cristiano di accogliere fra noi: perché i poveri non hanno cinquemila dollari da pagare per venir fin qui e i disperati, se non davvero tali, non lasciano nella fame e nel pericolo le mogli, i figli e i vecchi genitori. A questi ritornelli non crede più nessuno, e forse non ci credono neanche loro. è penoso sentire quel che ha detto il parroco della chiesa udinese del Carmine, don Giancarlo Brianti, in una commemorazione del beato Odorico da Pordenone, nel gennaio del 2013: Sono l’accettazione e l’ascolto dell’altro che rendono il beato Odorico così credibile e moderno, più attuale che mai (cfr. Il Messaggero Veneto del 15/01/2013). Tanto per cominciare, essere credibili ed essere moderni sino due cose completamente diverse: la credibilità viene dalla santità, non ha tempo e non ha luogo; la modernità è legata a un certo modello di società e di cultura, il quale, per dir le cose come stanno, di santità non è che ne abbia prodotta molta. E non si può neanche dire che la neochiesa parli molto della santità, che l’abbia messa in cima alla sua agenda: pare, anzi, che sia un di più, in optional, riservato a poche creature d’eccezione. Ma se la Chiesa non chiama alla santità, vuol dire che non crede più al Vangelo: perché il Vangelo rivolge a tutti la chiamata di Dio, e quindi mira alla santità per tutti e per ciascuno. Poi, che significa affermare che, per essere moderni e credibili (posto che la modernità sia un valore di per sé, e che la cedibilità sia l’equivalente di un indice di gradimento), bisogna accettare e ascoltare? Gesù non accettava, se per accettare significa accettare anche l’errore e il peccato; all’adultera, Gesù disse: Vai, e d’ora in avanti non peccare più. E ai suoi Apostoli disse: A chi rimetterete i peccati, quegli sarà salvo; ma a chi non li rimetterete, non saranno rimessi. E non disse loro: Andate ad ascoltare i problemi della gente, ma disse: Andate a battezzate e predicare il Vangelo. La differenza non è solo di linguaggio e di stile, ma proprio di sostanza. Per Gesù, convertirsi al Vangelo e meritare la salvezza sono una cosa sola; ma convertirsi al Vangelo significa anche accettare l’unicità della Rivelazione: Io sono la via, la verità e la vita; nessuno può venire al Padre se non per mezzo di me. E se i neopreti predicano un vangelo diverso da questo; se predicano un vangelo dove Cristo non è al centro di tutto, nella sua divinità, ma dove basta accettare e accompagnarsi agli altri per un tratto di strada, allora siamo in presenza di un’altra religione e di un’altra chiesa. Come scriveva don Divo Barsotti (1914-2006), il fondatore della Comunità dei Figli di Dio: Soltanto la santità salva la Chiesa. E i Santi, dove sono? Nessuno sembra crederci più.. (…) Tutti gli insegnamento del Concilio, tutta l’azione della Chiesa, tutto è sospeso nel vuoto, se la Chiesa non ha più il coraggio di rendere testimonianza della divinità del Cristo.

Ci sono parecchie maniere di predicare la centralità e la divinità di Gesù, ma una sola è quella veritiera e fedele al Vangelo, cioè quella secondo lo spirito e non secondo la carne. Chi parla sempre e solo di migranti, di accoglienza di solidarietà, di inclusione, di giustizia sociale, dimentica che alle opere di misericordia corporale si affiancano quelle della misericordia spirituale; e, oltre a questo, dimentica spesso i bisognosi vicini a favore dei bisognosi lontani, cadendo in una sorta di pregiudizio anti-italiano e anti-cattolico, e non di rado scambia i più rumorosi, i più invadenti, i più sfacciati, per quelli che sono più bisognosi di tutti, finendo per non vedere i bisognosi veri, quelli che ha sempre avuto sotto gli occhi, ma che non chiedono, non gridano, non pretendono né invocano diritti, reali o immaginari, ma se ne stanno in disparte, timidi e vergognosi. Come scrive san Paolo nella Lettera ai Romani (8, 1-9):

Ora, dunque, non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. Perché la legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò che era impossibile alla Legge, resa impotente a causa della carne, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della Legge fosse compiuta in noi, che camminiamo non secondo la carne ma secondo lo Spirito.

Quelli infatti che vivono secondo la carne, tendono verso ciò che è carnale; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, tendono verso ciò che è spirituale. Ora, la carne tende alla morte, mentre lo Spirito tende alla vita e alla pace. Ciò a cui tende la carne è contrario a Dio, perché non si sottomette alla legge di Dio, e neanche lo potrebbe. Quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio.

Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.

Ecco: se dovessimo riassumere in una sola espressione le ragioni che ci inducono a considerare la neochiesa di Bergoglio come una falsa chiesa, eretica e apostatica, e che non ci consentono di considerarla altrimenti, per quanto vorremmo che le cose non fossero come appaiono, perché non sta a noi dare o togliere la qualifica di cattolico ad alcuno ma sono i fatti a parlare da soli, diremmo: perché tutti costoro, i Bergoglio, i Bassetti, i Galantino, i Paglia, eccetera, e con loro tutti i teologi neomodernisti alla Walter Kasper e tutti i preti di strada alla don Gianfranco Formenton, quello che sfida il ministro Salvini e invita i "razzisti" a non entrare nemmeno in chiesa, sono espressione di una chiesa carnale, che non ha più nulla di spirituale. Quando si parla sempre e solo delle necessità del corpo si è carnali; quando si giustifica il vizio, il peccato contro natura, e si minimizza la gravità del divorzio, dell’aborto, dell’eutanasia; quando ci s’indigna per la morte di otto profughi, annegati in mare, come se la colpa fosse degli italiani egoisti, ma si tace sui sei milioni di nascituri soppressi in questi anni nel rispetto della legge voluta da Pannella e Bonino, i grandi amici di Bergoglio, non si è con lo Spirito di Cristo ma si è amici della carne, che non giova a nulla perché tende alla morte…

Fonte dell'immagine in evidenza:

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
Hai notato degli errori in questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.