
Quante gambe ha una miss Italia?
1 Agosto 2018
Imola Oggi (da Il Giornale, 14 gennaio 2016)
2 Agosto 2018La chiesa del Redentore, o per essere precisi, del Santissimo Redentore e di Santa Lucia, sorge in uno degli angoli popolari della città vecchia, alla fine di via Mantica e quasi in vista di Borgo San Lazzaro; di fronte, delle case a due piani, con gli scuri di legno, una addossata all’altra, e un bel palazzo seicentesco con mascherone in pietra sopra il portone, all’angolo fra via Superiore e via Anton Lazzaro Moro, Via San Lazzaro nella parlata della gente d’una certa età (sarebbe interessante sovrapporre la vecchia toponomastica con la nuova, e vedere come la pretesa degli amministratori moderni di rifare, cambiando i nomi dei luoghi, l’immaginario degli abitanti, è sostanzialmente fallita: nessuno, qui, chiama Piazza Matteotti se non Piazza San Giacomo, o Piazza Primo Maggio se non il Giardino Grande, e nessuno si sogna di dire "via Anton Lazzaro Moro", ma tutti dicono, semplicemente, via san Lazzaro, o meglio Borc san Làzar, tanto più che San Lazzaro non c’entra assolutamente nulla con il personaggio storico di Anton Lazzaro Moro, uno scienziato e naturalista di San Vito al Tagliamento, vissuto fra Sei e Settecento e divenuto famoso per un libro sull’origine dei fossili, ma che, probabilmente, ben pochi udinesi conoscono. Della chiesa del Redentore la prima cosa che si vede, arrivando da qualsiasi lato o anche ammirando la città dall’alto, dal piazzale del Castello, è il campanile, sottile, appuntito, con la guglia altissima, che svetta sopra la foresta dei tetti: così come si presenta oggi, risale ai primi del Novecento, e venne restaurato dopo che gli austriaci, durante l’occupazione del 1917-18, ebbero saccheggiato le campane per fonderle, danneggiato l’organo dell’Ottocento (che è il più grande della città dopo quello del duomo) e recato diversi altri danni alla chiesa. Individuato il campanile, il visitatore si avvia nella sua direzione, ma solo all’ultimo momento s’imbatte nella chiesa cui esso appartiene, perché la case la stringono e la sopravanzano da entrambi i lati, e quasi soffocano la pur bella e liscia facciata in stile neoclassico, progettata dall’architetto pordenonese G. B. Bassi, con quattro semicolonne dai capitelli ionici, la breve scalinata d’ingresso, il timpano triangolare sormontato dalla croce. L’interno, a navata unica, è armonioso, anche se i marmi colorati creano alla vista un po’ di confusione, che non sembrerebbe favorire il raccoglimento, ma a questo provvede la tenue luminosità dovuta alle poche finestre. L’altar maggiore d’impianto neoclassico, fiancheggiato da due angeli in marmo, è impreziosito da una pala del Redentore di Jacopo Palma il Giovane, l’opera più notevole della chiesa; sulla controfacciata, al di sopra del portone d’ingresso, l’organo imponente, con le sue canne scintillanti, vero gioiello dell’arte organaria dell’inizio del XIX secolo. La chiesa venne consacrata nel 1788 e, se non è fra le più belle o le più celebrate della città, è tuttavia, senza dubbio, molto cara al cuore degli abitanti di questo quartiere e s’inserisce con tanta naturalezza e discrezione nel tessuto urbano, al punto quasi di nascondersi, che non può non risultare simpatica, perché ben riflette una caratteristica essenziale dell’anima friulana: la modestia e la riservatezza, generalmente un po’ rudi, ma schiette e incapaci di calcoli furbeschi. L’atmosfera è raccolta, quieta; la chiesa, tranne che alle funzioni, generalmente è poco frequentata; chi entra per pregare si trova bene, si sente in pace, in un luogo silenzioso e sereno. Verrebbe da dire a misura d’uomo, ma le chiese cattoliche, e il Redentore è una di queste, non si "accontentano" della misura puramente umana, mirano a innalzare l’anima del fedele che vi entra, a spiritualizzare i suoi pensieri, a indirizzarli verso la trascendenza. Cosa che non si può dire, purtroppo, di molte brutte chiese costruite dopo il Concilio, che non hanno nulla di spirituale, e meno ancora della liturgia e delle omelie di tanti neopreti i quali si moltiplicano come la gramigna e al giorno d’oggi, con gli uomini più che mai assetati della parola di Dio, come viandanti persi nel deserto, d’una Parola che eleva, che salva ed è fonte di vita eterna, si esibiscono invece in canti sguaiati, gesti plateali, prediche improntate alla dimensione materiale dell’uomo, alle sue necessità economiche, o peggio alle rivendicazione di reali o supposti diritti civili, che nulla hanno di cristiano e, sovente, sono addirittura contrari alla natura stessa.
Ci viene in mente quel monsignore friulano, Raffaele Nogaro, vescovo emerito di Caserta, il quale, ai primi di luglio 2018, ha aderito all’iniziativa del "digiuno a staffetta" di don Ciotti e di padre Zanotelli, per protestare contro la decisione del governo gialloverde di chiudere i porti italiani alle navi delle o.n.g., e si è spinto ad affermare che, se fosse per lui, pur di salvare i migranti in pericolo, cederebbe volentieri tutte le chiese cattoliche agli islamici, in modo che le trasformino in altrettante moschee. Una dichiarazione folle, arrogante e blasfema: folle, perché non esiste alcun nesso logico fra l’accoglienza o il respingimento dei migranti e l’ipotetico trasferimento di proprietà delle chiese all’islam; arrogante, perché dimostra in quale conto il neoclero tenga il popolo dei fedeli, che verrebbe privato di tutti i suoi luoghi di culto, senza essere stato minimamnente consultato; blasfema, perché le chiese, fino a prova contraria, non appartengono a questo o quel vescovo e neppure ad alcuna autorità umana, neppure al papa, ma a Dio solo, per la cui lode sono state erette, affinché gli uomini lo possano meglio conoscere, adorare e servire. Ma questo monsignor Nogaro, da dove viene fuori? Qual è la sua formazione, quale la sua cultura, quale la sua ideologia? In quale seminario e presso quale facoltà teologica ha studiato, chi lo ha ordinato sacerdote e chi lo ha consacrato vescovo? E come mai le sue scandalose e insopportabili parole non hanno ricevuto la sanzione che meritavano? Come mai è tanto facile scacciare e scomunicare un don Minutella, il quale non ha detto una sola parola che sia contraria al credo cattolico, mentre un monsignor Nogaro può dire che regalerebbe tutte le chiese all’islam, senza che dall’alto gli giunga il minimo cenno di biasimo, la più leggera tirata d’orecchi? È dunque lecito, a un vescovo (per quanto in pensione) pronunciare discorsi di un simile tenore? Non sono forse l’equivalente di un alto tradimento? Immaginiamoci un generale, e sia pure in pensione, il quale dica, con la massima disinvoltura, che, se fosse per lui, regalerebbe tutte le caserme, con i depositi e il materiale da guerra, ad una potenza straniera confinante, guarda caso quella con cui esistono, oggettivamente, relazioni difficili, per non dire apertamente ostili. Sissignori, è inutile fare finta di nulla: l’islam non ci è amico, non è mai stato bene intenzionato verso il cristianesimo, non ha mai rinunciato all’idea di sottometterlo, con le forza o con il peso demografico dei suoi migranti. Alcuni capi di Stato islamici, come il presidente algerino Boumedienne, lo hanno detto apertamente: conquisteremo l’Europa grazie al ventre delle nostre donne. Altri , come il turco Erdogan, lo hanno ripetuto in maniera ancora più decisa: bisogna che ogni donna islamica che vive in Europa faccia almeno cinque figli, e così la conquista sarà cosa fatta, senza bisogno di guerre e di battaglie. Tanto più che le donne europee, aggiungiamo noi, figli non ne fanno più, preferiscono assumere anticoncezionali, abortire o magari fidanzarsi e sposarsi con altre donne, folle ma anche logico punto d’arrivo di cinquant’anni di ideologia femminista che vede nel matrimonio (con l’uomo) e soprattutto nella maternità e nella famiglia, una prigione che deve ad ogni costo distruggere. È questo che hanno predicato le signore del femminismo e dell’aborto, come Emma Bonino, la quale si è vantata di aver procurato migliaia di aborti con una pompa da bicicletta: e il signor Bergoglio la tiene in grande stima, la considera un’amica e l’ha chiamata una grande italiana; e ci sono preti che la invitano a parlare nelle chiese.
Monsignor Nogaro, si vergogni. Lei è stato prete e vescovo per tanti anni, ed è diventato anziano, senza aver capito nulla della sua missione, del Vangelo e della Chiesa. La Chiesa non è una cosa sua, non è una proprietà umana; e il Vangelo, quello vero, non si lascia travisare sino al punto di dire quello che lei ha detto. Lei si crede un’anima nobile, bella e pura, perché farebbe il più grande sacrificio per salvare delle vite: questo era il senso della sua dichiarazione. Ma le sfugge un piccolo particolare: che a nessuno è lecito farsi bello con il…; lasciamo perdere, giovando con la pelle degli altri. Lei si fa bello dicendo che sacrificherebbe gli altri: questo non solo non è cristiano, ma non è neppure una cosa umanamente accettabile. Se qualcuno ha voglia di sacrificarsi, lo faccia, ma esponendo se stesso e non gettando gli altri allo sbaraglio. Lei è talmente accecato dall’ideologia progressista e di sinistra, mondialista e immigrazionista, da aver perso il senso della realtà: lei si permette di giocare con la cosa che le dovrebbe essere più sacra, perché le chiese sono il luogo, non solo materiale, in cui si raccoglie per pregare il popolo di Dio, e per incontrare Gesù Cristo nella santa Eucarestia. Niente chiese, niente preghiera (almeno collettiva) e niente Eucarestia. Ma se non c’è più l’Eucarestia, il cristianesimo è finito. Se ne rende conto, o semplicemente non le interessa? Non le importa che il popolo cristiano si troverebbe privato della santa Eucarestia? E con quale diritto lei ipotizza una cosa del genere? D’accordo, la sua è stata solo un’espressione ipoetica, una specie di petizione di principio: ma non perde nulla della sua gravità per il fatto che, per fortuna, non è attuabile, o almeno non lo è nel senso da lei prospettato. Lei sembra essersi scordato per quale ragione è stato fatto prete, per quale ragione è stato fatto vescovo: lei non si ricorda più chi sono i vescovi, i successori degli Apostoli. Gesù Cristo ha voluto servirsi degli Apostoli per diffondere il Vangelo su tutta la terra. Gesù Cristo non ha detto: Andate a predicare il Vangelo; ma, se vedrete delle persone in pericolo, smettete di predicarlo, rinunciate a battezzare, non celebrate il Sacrificio eucaristico. Nossignore: non si è mai sognato di dire o di pensare una cosa simile. Gesù Cristo voleva la salvezza degli uomini, e la salvezza degli uomini passa per la conversione a Lui e per la celebrazione della santa Eucarestia. Lei si preoccupa molto della dimensione fisica degli uomini, ma si è scordato che non di solo pane vive l’uomo, e che il cristiano è colui che ha scelto la parte migliore, quella che non gli verrà mai tolta, perché non è in potere di alcuna forza umana toglierla o darla. Le crede che la Chiesa sia una grande o.n.g. e che, pur di salvare anche una sola vita, qualsiasi altro fattore deve passare in seconda linea. Ma guardi che questo non è più cristianesimo, è un’altra cosa: lei ha messo il cristianesimo sullo stesso piano di una qualsiasi ideologia di questo mondo, materialista e utilitarista. Per lei conta solo il risultato, e la cosa più importante le pare che sia la difesa della vita fisica. A parte il fatto che non ricordiamo averle mai sentito dire che darebbe via tutte le chiese cattoliche in cambio della salvezza di una sia pur minima percentuale dei nascituri che vengono soppressi a termini di legge (sei milioni solo nella nostra Italia, da quando la legge 194 è entrata in vigore), non è cattolico porre la vita fisica come il bene supremo da difendere. Per il cattolicesimo, la vita umana è importante, ma non è il valore supremo; se lo fosse, tanti santi e sante avrebbero dato la loro vita per niente, Maria Goretti, per esempio: che sciocchina; non aveva capito che la vita è più importante, e che avrebbe fatto meglio a lasciarsi violentare, perché non c’è alcun valore che venga prima della difesa della vita, la propria o l’altrui. Nessuno le avrebbe ascritto a sua colpa il fatto di aver subito violenza: non è forse vero? E così tutti quei cristiani che hanno preferito, e che preferiscono ancora oggi, farsi ammazzare, piuttosto che rinnegare la fede in Gesù Cristo: sono tutti dei poveri sciocchi, dei fanatici, delle persone che non hanno capito il Vangelo come invece lo ha capito lei? Ai tempi di Roma antica, bastava bruciare qualche grano d’incenso davanti alle immagini dell’imperatore; ai nostri dì, basta abiurare il Vangelo e riconoscere che Allah è il solo dio, e Maometto il suo profeta. Eppure, migliaia e migliaia di uomini e donne si fanno uccidere, piuttosto che compiere quei gesti, pronunciare quelle poche parole. A Otranto, nel 1480, tutti gli abitanti della città, tutti, dal più vecchio al più giovane, maschi e femmine, laici e sacerdoti, preferirono farsi martirizzare piuttosto che accettare di convertirsi all’islam: a quell’islam cui lei vorrebbe regalare tutte le chiese cattoliche.
Monsignore, lei è un folle o un irresponsabile; in ogni caso, lei è un vescovo indegno della veste che indossa. Si sente forte perché sul seggio di Pietro siede un certo signor Bergoglio, il quale non solo non la censurerà, ma la prenderà in simpatia per quello che ha detto; sappia però che, dicendo quelle cose, lei si è separato dalla vera Chiesa cattolica, la Sposa di Gesù Cristo. Le potrà anche avere la stima e l’apprezzamento del cardinale Ravasi e di monsignor Galantino, del cardinale Bassetti e di monsignor Paglia, di Enzo Bianchi e di Andrea Grillo; ma ha voltato le spalle a Gesù Cristo, che lei sta mandando a farsi crocifiggere per la seconda volta, visto che non le importa nulla della croce. Lei non è un cattolico, ma un bergogliano; e il bergoglismo è un disegno consapevole per liquidare il cattolicesimo. Dio non è cattolico, ha detto il signor Bergoglio; e tutti i suoi turiferari si sono prontamente adeguati, si son messi a gareggiare in piaggeria e in eresia. Visto che dalla cattedra di Pietro arrivano simili spropositi, ogni vescovo e ogni sacerdote si sente autorizzato a spararne di sempre più grosse. Non c’è limite alla demagogia: la vostra neochiesa ha lasciato cader la maschera, e ora ogni fedele di retto sentire ha visto e udito che razza di pastori voi siate: non pastori, ma mercenari, pronti a consegnare le pecorelle negli artigli dei lupi. Ebbene: non fa nulla. Se voi non custodite il gregge, ma anzi fate del vostro meglio (o del vostro peggio) per disperderlo, c’è chi vigila sempre su di esso; Uno che disse: Ecco, io sono con voi ogni giorno, sino alla fine del mondo.