
L’Europa vuol restare Europa (e la chiesa, chiesa)?
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29 Luglio 2018La chiesa di San Francesco, presso l’ex convento dei Frati Minori — che naturalmente non va confusa con la chiesa presso l’ex convento di San Francesco della Vigna, situata nella odierna via Cussignacco –, in severo e armonioso stile romanico, è certamente una delle chiese più care al cuore degli abitanti di questa città; eppure, come tante altre, è da moltissimi anni sconsacrata e adibita a mostre di carattere profano. Una cosa che riempie il cuore di mestizia: pensare che i fedeli venivano qui a pregare fin dalla metà del 1200, fin dall’epoca in cui era appena nato il futuro autore della Divina Commedia; e che, pur essendo l’edificio perfettamente conservato, sfidando con successo guerre, terremoti, bombardamenti, e pur essendo ubicato in pieno centro cittadino, quindi in posizione comodissima da raggiungere, le ultime generazioni non sono state all’altezza delle precedenti e hanno permesso che uno dei luoghi di culto più antichi e venerati rinunciasse alla propria vocazione e venisse trasformato in una specie di museo temporaneo, buono per tutte le stagioni e per tutte le occasioni, dalle mostre di pittura a quelle sui dinosauri. I nostri padri scuoterebbero la testa e direbbero: Noi abbiamo costruito anche per voi un simile gioiello architettonico, vi abbiamo pregato e celebrato la santa Messa per secoli e secoli, lo abbiamo tenuto in ottimo stato di efficienza e funzionalità: e voi, che cosa ne avete fatto? Lo avete sconsacrato, lo tenete sempre chiuso e poi lo aprite e lo utilizzate solo per far entrare delle folle di visitatori e di turisti che non vengono a pregare, ma per ammirare delle opere profane o delle collezioni scientifiche, le quali, per quanto interessanti, non hanno niente a che fare con il sacro. E scuoterebbero la testa, tristi e pensosi; e direbbero, quasi parlando a se stessi: No, no; così non va bene, non va proprio bene: no va nuje ben…
Per noi, questa chiesa si lega a ricordi specifici. Sorge di fronte alla scuola superiore dove abbiamo studiato, l’ultimo anno della nostra permanenza in città: entrando e uscendo dal portone, coi libri di latino, scienze e geometria tenuti insieme da una cinghia, e con l’Eneide riservata alla lettura del sabato, avevamo sempre davanti agli occhi quella facciata suggestiva e disadorna, carica di secoli di storia, quel campanile massiccio, quell’angoletto di verde, con la statua in bronzo del poeta Emilio Giardini, ormai quasi cieco coi suoi occhiali spessi e col bastone per sostenersi, e, poco più in là, l’edificio in pietra grigia, grande e severo, dell’ex convento francescano, che era stato a lungo la sede dell’Ospedale Civile cittadino, poi, per qualche anno, dopo la costruzione, in periferia, del nuovo moderno ospedale, quella del Museo di Scienze naturali, e che ora infine è diventato la sede del Palazzo di giustizia. Faceva quindi parte del nostro scenario quotidiano: due volte al giorno, arrivando da casa e tornandocene via, passavamo lungo quei muri, sfiorando quelle pietre possenti, quelle superfici nude, senza una statua, quasi senza una decorazione e con poche e piccolissime finestre; e qualcosa di quella spiritualità vigorosa, di quella bellezza maschia, entrava a far parte del nostro orizzonte esistenziale, senza che ce ne avvedessimo, senza che vi dedicassimo, non diciamo un ragionamento, ma neanche il più piccolo pensiero.
Noi siamo, noi diventiamo, dall’infanzia all’età adulta, quel che respiriamo attorno a noi; la bellezza, la spiritualità, la cultura, la bontà e la generosità, non sono acqua fresca: entrano in noi senza quasi che ce ne accorgiamo, se l’ambiente in cui viviamo ne è ricco. Immenso è stato il privilegio di quegli italiani che sono nati negli anni ’50 del secolo scorso: innanzitutto come italiani, cioè in una terra benedetta da Dio, sovrabbondante di meraviglie della natura e dell’arte, che gli altri popoli non si sognano neppure. Non c’è da stupirsi che gli americani siano degli sradicati: nascere e crescere in città disumane, costruite solo ieri e in funzione puramente commerciale, dove nulla è bello, dove tutto è in vendita, dove tutto si misura solo ed esclusivamente a peso: il senso della bellezza si ottunde, la sensibilità svanisce, si rafforzano gli istinti egoistici, la smania di dominare, la pretesa di godere, anche a scapito degli altri. Ma l’Italia… arriveremo mai a capire quale immensa fortuna è nascere in Italia? Se lo capissimo, saremmo anche più gelosi di essa: ci muoveremmo in punta di piedi, come in un palazzo di cristallo; rispetteremmo la natura e l’ambiente, non lasceremmo che a occuparsi dei rifiuti siamo ditte disoneste, in combutta con la mafia; sentiremmo come uno schiaffo, come un oltraggio personale, anche il semplice gesto di un bambino che getta per terra la confezione del gelato. Qualche adulto gli si avvicinerebbe, gli spiegherebbe che non si deve far così, glie la farebbe raccogliere e deporre nel cestino più vicino. Invece, basta girare per le strada, basta guardare i cortili delle scuole ( i luoghi dell’educazione pubblica!) per vedere quanto gli italiani amano e rispettano l’ambiente. E poi saremmo anche più gelosi riguardo alla cittadinanza: non la regaleremmo a chiunque, ma pretenderemmo che chi vuol essere italiano, dimostri di essere degno di un simile onore, non a parole, ma coi fatti. Invece un ragazzo di Chicago, un ragazzo di Los Angeles, che senso del bello potrà mai avere? Dove lo avrà sviluppato? E che consapevolezza della storia, delle radici, della identità potrà mai coltivare, in una nazione che è nata da appena due secoli e che non ha neppure una storia, perché la sua storia l’ha rubata ad altri e poi ha raccolto tutti i poveri, i ribelli, gli scontenti e gli sradicati di mezzo mondo, per costruire grattacieli sempre più alti e macelli per i maiali sempre più grandi.
E oltre alla fortuna di essere nati in Italia, noi abbiamo avuta anche quella di nascere quando gli orrori della guerra erano finiti e cominciava ad arrivare un po’ di benessere: un po’ di benessere, non ancora il consumismo becero; solo quel tanto da poter fare una vita più comoda e scura dei nostri genitori, ma pur sempre sobria, senza sbavature, senza ostentazioni, soprattutto senza sprechi o volgarità, ma con molto senso della misura. E, nello stesso tempo, la fortuna di aver ricevuto una buona formazione intellettuale, da bravi insegnanti, competenti e pieni di passione, magari non tutti, ma abbastanza da imprimere una valida impronta culturale; e una educazione religiosa altrettanto seria, se non di più: completa, armoniosa, convincente, perché testimoniata dalla vita concreta di quei sacerdoti… Nulla a che spartire con il caos e con le blasfemie dei nostri giorni, con cardinali sodomiti e pederasti seriali, donne che vogliono fare il prete e dir la Messa, aborti che vengono minimizzati come fossero peccatucci veniali, eutanasia fatta passare di straforo dietro il paravento del no all’accanimento terapeutico, e divorzi che sono ormai la regola, e convivenze che sostituiscono il matrimonio, mentre a volersi sposare e a voler avere dei bambini pare siano rimaste solo le coppie sodomitiche. E la chiesa dei nostri giorni, che accoglie anche quelle, che benedice anche quelle, che approva anche quelle, perché, dopotutto, che male fanno? e chi siamo noi per giudicare?; dopotutto, se c’è l’amore c’è tutto, e dove c’è amore c’è famiglia. Sembra una massima dei Baci Perugina o il titolo di un romanzo di Susanna Tamaro, e invece è la teologia morale del signor Bergoglio, quell’uomo che siede sulla cattedra di san Pietro e ci vorrebbero convincere che è il papa, ma a noi non sembra proprio che lo sia, con tutta la buona volontà non riusciamo a farcene persuasi, ci abbiamo provato per tre anni e alla fine basta, abbiamo gettato la spugna, abbiamo deciso di non essere ipocriti e di non lasciar sussistere alcuna ambiguità, almeno per quanto ci riguarda. Come potrebbe essere papa, un signore che non è cattolico? Di più: un signore che non vuole essere cattolico; che dice che Dio non è cattolico; che accusa i cattolici di clericalismo; che ha fastidio dei cattolici; che li offende, li umilia ne li maltratta tutti i giorni; che parla bene sempre e solo dei non cattolici e degli anticattolici; e che si è circondato di una pletora di maggiordomi e adulatori che ribadiscono anche loro, tutti i giorni che Dio manda, i medesimi concetti: Dio non è cattolico; i cattolici sono pieni di colpe storiche, devono pentirsi, devono fare ammenda; hanno sbagliato con Lutero, sono colpevoli verso Lutero, Lutero era buono e loro erano egoisti e attaccati ai loro meschini privilegi. Anche i giudei sono buoni, al punto che non hanno bisogno di convertirsi, sono già nella Verità; e gli islamici, forse che non sono buoni gli islamici, forse che non sono migliori di noi, non hanno una fede più pura, un desiderio di Dio più forte, una coerenza di vita molto superiore alla nostra? Ma che stiamo dicendo: ebrei, islamici, luterani… anche i materialisti, anche gli atei, anche i massoni e i radicali più arrabbiati sono migliori dei cattolici, eccome se sono migliori; i cattolici possono solo imparare da loro, dovrebbero prendere a modello di vita quella perla d’uomo di Marco Giacinto Pannella, persona di nobile sentire e di altissima spiritualità, come ha detto monsignor Vincenzo Paglia. Il quale, di nobile sentire e di altissima spiritualità deve intendersene certamente, e anche di senso del bello, visto che, quand’era vescovo di Terni, ha fatto dipingere sulla controfacciata del suo duomo un enorme affresco con la redenzione dei peccatori: strana redenzione, con i peccatori che continuano a peccare e a fornicare, non paiono affatto pentiti, sono ladri, prostitute, omosessuali e transessuali d’ogni risma, e in mezzo a loro c’è anche la faccia sorridente di monsignor Paglia, non è una nostra illazione, non è una malignità gratuita, è proprio lui, lo ha detto egli stesso che si è fatto fare il ritratto dell’esimio arista, un omosessuale militante e impenitente, il quale ha voluto celebrare il peccato contro natura e ha ritenuto cosa buona e giusta ritrarre Gesù Cristo nell’atto di portare in cielo tutta questa gente, mentre alcuni angeli che parrebbero piuttosto dei diavoli osservano la scena; e per non far mancare nulla alla blasfemia, il buon Cinalli ha voluto ritrarre anche le pudenda del nostro Signore, mediante l’artificio di un perizoma semitrasparente e opportunamente mosso dal vento, un’idea che solo nella mente bacata di un pervertito della peggiore specie poteva spuntare, e che solo un monsignore come Vincenzo Paglia — il quale si recava in duomo tutti i giorni a osservare soddisfatto il procedere dei lavori, e poi ha pagato una bella cifra per quel capolavoro, tanto è vero che ha lasciato un buco colossale nei conti della diocesi, ma tanto che vuol dire, il buco lo ha ripianato il Vaticano, che ci sta a fare l’otto per mille se non per finanziare queste eccellenti forme di arte "sacra"…. I cattolici, del resto, sono i peggiori di tutti, i più sporchi, i più carichi di antiche e recenti responsabilità, dall’antisemitismo ai silenzi di Pio XII sull’Olocausto; ne hanno, di cose da farsi perdonare: non basteranno le prossime venti o trenta generazioni. Perciò è giusto riconoscere che i giudei sono nostri venerati fratelli maggiori; che gli islamici sono meritevoli di venire in chiesa e partecipare alla santa Messa, anche se ogni tanto sgozzano qualche prete cattolico, anche se massacrano qualche migliaio di cristiani nei loro Paesi d’origine; ma che volete, sono solo piccoli incidenti, non è il caso di chiamarli terrorismo, si sa che il terrorismo islamico non esiste, lo ha detto anche il signor Bergoglio e se lo ha detto lui, chi siamo noi per dire che non è vero
Queste ed altre simili amenità si possono leggere negli scritti di coloro i quali dovrebbero custodire, rafforzare e proteggere la fede dei cattolici; padre Spadaro, il direttore La Civiltà Cattolica; padre Sosa Abascal, il generale dei gesuiti; monsignor Galantino, segretario della C.E.I.; oppure si possono udire dalla viva voce di James, Marx, De Kesel, Bonny, Schönborn, Kasper, per non parlare dei nostri Lorefice, Cipolla, Zuppi, Perego, Betori, eccetera. E vi par poco? Riflettendo a queste cose, e ripensando alla bellezza, alla spiritualità, alla maschia sobrietà, piena di pudore, dell’atmosfera che abbiamo avuto il privilegio di respirare; alle chiese che abbiamo visto, ammirato e frequentato; ai sacerdoti che ci hanno avviato alla vita cristiana, ci hanno insegnato il Catechismo di Pio X, e ci hanno impartito il Battesimo, la prima Comunione e la Cresima, non possiamo non provare un senso di santa indignazione per l’odioso tradimento, per la truffa grossolana, per la falsificazione maligna operata sfacciatamente, sotto i nostri occhi, da un neoclero degenerato, apostatico, materialista, superficiale, mondanizzato, completamente succube della cultura del mondo, dei falsi miti della modernità, e letteralmente ubriacato da alcune parole-mantra, come dialogo, accoglienza, solidarietà, inclusione: tutti cavalli di Troia per far entrare nel cattolicesimo una serie di idee e di pratiche non cristiane e anticristiane. E mentre le chiese si svuotano, i seminari chiudono, le sante Messe si riducono a pochissime funzioni nell’arco della settimana (e non solo perché i preti sono pochi, ma perché molti vescovi hanno proibito ai loro preti di dire più di una Messa al giorno, come se fosse una cosa che scotta, che non sta bene replicare tanto spesso), e di andare a benedir le case e le famiglie non ci pensa più nessuno, anzi si fanno le confessioni collettive, con quanto giovamento perle anime è tutto da vedere; mente accadono queste cose, il signor Bergoglio e i suoi turiferari non lasciano passare un giorno sena intimare e ricattare i fedeli, assicurando loro che è un preciso e ineludibile dovere del cristiano accogliere qualsiasi massa d’immigrati clandestini. Si vede che quel milione di cattolici che si sono raccolti ai confini della Polonia per supplicare Gesù e la Vergine Maria di proteggere l’Europa e preservare la religione cristiana, erano tutti dei cattivi, anzi, dei pessimi cattolici, per non parlare dei loro pastori, evidentemente mossi dada sordidi istinti xenofobi e populisti. No, spiacenti, ma noi non ci stiamo…