
Omaggio alle chiese natie: l’Oratorio della Purità
27 Luglio 2018
Miserabili argomenti; sono già morti e non lo sanno
28 Luglio 2018La chiesa di sant’Antonio Abate è una delle più belle e delle meno conosciute della città, anche perché è sconsacrata e quasi sempre chiusa; vi allestiscono mostre e iniziative culturali: cosa un po’ triste, se si pensa che era la chiesa del Palazzo patriarcale, al quale è adiacente, nel quale per secoli hanno abitato i patriarchi di Aquileia, poi gli arcivescovi di questa città (dal 1751, quando il glorioso patriarcato venne soppresso, al tempo del patriarca Dionisio Dolfin). Benché l’edificio fosse, in origine, gotico, nel primo ‘700 venne radicalmente ristrutturato e la facciata fu progettata da uno dei migliori architetti veneziani, Giorgio Massari, che seppe realizzare un miracolo di equilibrio fra il modello classicheggiante e rinascimentale del Palladio e quello barocco e rococò di Baldassarre Longhena. Quando traversavamo la Piazza del Patriarcato, uscendo dai giardini Ricasoli, oppure scendendo dalla medievale, massiccia Porta Manin, per dirigerci verso la tranquilla e appartata Via Verdi, immersa nel verde e fiancheggiata dalla roggia, con i piccoli ponti che la scavalcano, oppure per imboccare la lunga e a suo modo suggestiva Via Treppo, con il severo edificio del Tribunale e, più avanti, col bellissimo Palazzo Della Porta, forse il più bello della città, oggi sede della Curia arcivescovile, non potevamo evitare di soffermarci un poco a contemplare la meravigliosa perfezione di linee della chiesa di sant’Antonio Abate, quella suprema eleganza stilistica, ottenute, contrariamente alla maggior parte degli edifici del periodo barocco, con una eccezionale purezza di rilievo e una geniale semplicità e compostezza d’insieme. Se, poi, il sole del primo mattino stampava le sue ombre sulla facciata, facendo risaltare, per contrasto, le semicolonne e i rilievi del timpano, pareva che le nove statue di santi – quattro sulla balaustra del cortile esterno, due sulla facciata e tre sul tetto — si animassero e prendessero vita, muovendosi scioltamente nei loro serici panneggi. Il tutto esprimeva un senso di calma, di pace, di dolcezza e di armonia, una sintesi perfetta di ragione e sentimento, di materia e spirito, di natura e grazia: un linguaggio universale, che si rivolge a tutti e che sa parlare a tutti, anche agl’illetterati, anche ai bambini e alle nonnine, e che costringe pefino il passante più frettoloso a lanciare in quella direzione uno sguardo ammirato, facendogli intravedere, per un istante, il prodigio dell’infinto che si mostra nel finito, dell’eternità che brilla nel tempo, come una promessa e quasi una caparra della beatitudine futura. Davvero, passando davanti alla facciata di sant’Antonio Abate per proseguire verso la severa e un po’ algida via Treppo, l’anima prova a come un brivido di esaltazione, di benessere, di felicità: perché l’anima di ogni essere umano è affamata e assetata di bellezza, e la più grande tragedia della città moderne è che sono una babele di edifici brutti e spazi disarmonici, ove l’anima si smarrisce e sente venir meno il suo alimento vitale.
Per noi, quella passeggiata aveva poi un significato ulteriore, perché appunto in quella via aveva sede, e crediamo l’abbia ancora, la libreria paolina, ove i nonni acquistavano Famiglia Cristiana e i genitori ci portavano qualche volta per comperarci un libro illustrato, il che era il massimo della festa. Che meraviglia quei libri per ragazzi, specialmente d’estate, quando la scuola era finalmente terminata, le giornate si facevano così lunghe, quasi senza tempo, e c’erano tante più ore per giocare, ma anche per leggere e sprofondare nei regni incantati della fantasia: Zanna Bianca di Jack London, Un cavaliere del Caucaso di Lev Tolstoj, oppure I cinque sbarazzini di Enid Blyton; e le copertine a colori, e le illustrazioni all’interno, e quell’atmosfera fiabesca, romantica, avventurosa. Tempi felici, quando le librerie paoline erano un luogo sicuro, dove si trovava solo buona stampa cattolica, e quando Famiglia Cristiana era ancora un giornale autenticamente cattolico, nel quale il fedele poteva pienamente riconoscersi. Sono passati meno di cinquant’anni, ma si direbbe che siano trascorsi alcuni secoli, tale è il cambiamento che, nel frattempo, ha stravolto e reso irriconoscibile la Chiesa cattolica, la sua stampa, il suo clero, tutto il suo modo di essere. Ora Famiglia Cristiana, che ha taciuto per tutti questi anni sui sei milioni di aborti effettuati legalmente in Italia da quando è stata approvata la legge voluta da Marco Pannella, definito un esempio di altissima spiritualità da monsignor Galantino, e da Emma Bonino, che il signor Bergoglio ha chiamato una grande italiana, ora dedica la copertina a una foto di Matteo Salvini e titola, a caratteri cubitali, VADE RETRO SALVINI, perché è il primo ministro italiano che si oppone non solo agli sbarchi, ma alle partenze, e quindi il primo che fa concretamente qualcosa per ridurre le tragedie del mare. Mentre tutti i buonisti di casa nostra, a cominciare dai preti di sinistra che blaterano sempre e solo di accoglienza illimitata, ce li hanno davvero, loro sì, sulla coscienza, tutti quei poveri morti: gente che hanno illuso, che hanno invitato, alla quale hanno fatto credere che l’Italia sia il Paese che accoglie tutti, che risolve i problemi di tutti, fosse pure di mezza Africa, e perché poi solo mezza?, anche tutta l’Africa, se occorre: sissignori, due miliardi e mezzo di persone (tante ne avrà il Continente Nero nel 2050), vengano pure da noi che aggiungiamo un altro posto a tavola. Lo dice sempre anche il signor Bergoglio, tanto poi mica li mette in Vaticano, no, per carità, se li prende sulle braccia il popolo italiano, lo stesso che è invitato a versare alla Chiesa cattolica l’otto per mille, magari per finanziare giornali come Famiglia Cristiana, che non si vendono più neanche nelle chiese, la gente non li compra, non ne vuole più sapere; li pubblicano per ragioni politiche, li finanziano in pura perdita, solo per far vedere che esistono ancora, ma la verità è che i cattolici preferiscono mille volte leggersi Il Timone oppure La Nuova Bussola Quotidiana piuttosto che VADE RETRO, SALVINI, oppure vedere quell’altra copertina, del precedente numero, con il papa che benedice due sposi, lei in bianco e col pancione di otto mesi, e la solita scritta: IL PAPA BENEDICE LE FAMIGLIE. TUTTE LE FAMIGLIE, come dire; anche le famiglie arcobaleno, anche le coppie di fatto, anche le coppie sodomitiche (chi sono io per giudicare?). E mentre crollano le vendite, non solo di quel settimanale, ma di tutta la stampa "cattolica", cioè bergogliana, si direbbe che quei signori non imparino niente, che siano sempre più sordi e ciechi di fronte alla realtà, che si incaponiscano a voler dare torto ai fatti piuttosto che ripensare la loro ideologia: la quale è ornai tutto, fuori che cattolica; è un misto di marxismo, di luteranesimo, di agnosticismo, di radicalismo, di gnosticismo, di massoneria, di materialismo, ma del vero Vangelo non ha più niente, tranne il none e un po’ di pittura in superficie.
Si guardano bene, ad esempio, dal riportare la voce del cardinale Sarah, un africano che parla ai suoi compatrioti africani, e li mette un guardia dal partire, li esorta a restare nelle loro case, sulla loro terra; e ricorda loro che, per ricostruire l’Africa, c’è bisogno degli africani, mentre non ci sarà mai alcun futuro se i giovani più robusti, più intraprendenti, più ardimentosi, si mettono in viaggio per la folle traversata del deserto e poi, sui barconi dei mercanti di carne umana, del Mediterraneo. No: di Sarah non dicono nulla, forse perché è un conservatore, secondo il loro modo di vedere; e per giunta è un nero, e quindi non si deve far sapere che un cardinale nero è contrario alle cosiddette migrazioni, che non ne vede la necessità, che le sconsiglia, che le condanna, che supplica gli africani di non partire. Così come non si deve sapere che nella Lega di Salvini, il novello Satana (ma non hanno detto e ridetto che il diavolo non esiste?) additato al pubblico ludibrio, c’è un altro africano che dice le stesse cose; e che ciò dimostra che chi è contrario all’immigrazione selvaggia non è necessariamente un razzista e un fascista, anzi, ci sono un sacco di immigrati regolari, gente perbene e lavoratrice, che non ne può più di questo diluvio di clandestini, di questa invasione di delinquenti, di malavitosi incalliti, che spacciano droga in tutti i giardini e fanno prostituire le loro donne su tutti i viali: no, la gente non lo deve sapere, i cattolici non lo devono sapere. Non lo devono sapere neanche i preti e le suore che fanno i digiuni, i cortei e i girotondi contro Salvini, contro la chiusura dei porti, contro il respingimento delle navi delle O.N.G. (finanziate da George Soros…). Non devono sapere come stanno realmente le cose, bisogna far credere a tutti che oggi c’è un solo Bene, l’accoglienza dei migranti, e un solo Male, la non accoglienza. Tutto il resto non conta, è secondario, insignificante. Il diavolo? Un simbolo, un’allegoria del male (a parte Matteo Salvini, che forse è un diavolo davvero): parola di Sosa Abascal. L’inferno? Non esiste; le anime cattive si dissolvono, e buona notte suonatori: parola di Bergoglio. La croce? È solo una protesta contro il peccato, la violenza, l’ingiustizia, la morte: parola di Antonio Spadaro. Non è mica il simbolo della Redenzione, anzi non è proprio un simbolo, perché i simboli sono pericolosi, sono aggeggi dai quali si ricava una identità, e nessuno deve permettersi di avere nella croce un simbolo dell’identità cristiana: giù le mani dal crocifisso, giù le mani dal Rosario, diavolo di Salvini, cattivi leghisti e cattolici conservatori, egoisti e insensibili, che pensate solo all’anima e ve ne fregate dei bambini che annegano in mare. Che bello, per questa neochiesa allo sbando, marcia di corruzione, piena zeppa di monsignori usurai alla Scarano e di cardiali sodomiti e pederasti alla McCarrick, poter vomitare tutto il suo rancore, la sua rabbia, il suo disprezzo contro un nemico esterno, un Salvini, populista e xenofobo, l’incarnazione di tutto ciò che essa odia: che bello poter rivolgere su di lui, anzi, contro di lui, l’attenzione dei lettori minchioni così che non si parli di McCarrick, né dei 35.000 euro mensili di stipendio del cardinale Maradiaga, altro fedelissimo di Bergoglio e della chiesa dei poveri, e di cento porcherie che vengono fuori, una al giorno, dalla sordida sentina sprofondata nel marciume, amica di tutti i viziosi, compagna di strada di tutti i ribaldi, fraternamente solidale con tutti i nemici della Chiesa di Gesù Cristo, coi Pannella, le Bonino, gli Scalfari. Se non ci fosse Salvini, bisognerebbe inventarlo: altrimenti con chi se la prenderebbero, dove potrebbero deviare l’attenzione dei cattolici, di che cosa si troverebbero a parlare? Potrebbero parlare di Dio, penserà qualcuno, una buona volta. Nossignori: per parlare di Dio, bisogna avere almeno un po’ di fede: ma costoro, la fede, l’hanno persa da un pezzo. A loro sono rimasti solo sentimenti di rabbia, frustrazione, rancore: hanno raccolto tutti i cascami di una sinistra ideologica fallita e sconfitta dalla storia, una sinistra che gli operai non votano più, figuriamoci, quelli votano Lega o Cinque Stelle: che se ne fanno di un Pd come quello di Renzi, col suo jet privato da 150 milioni di euro, tutti pagati di tasca nostra, 20.000 solo per gli arredi. Ora i preti della neochiesa son venuti a raccogliere il testimonio dai signori della sinistra neocapitalista, quella che si preoccupa delle adozioni e dell’utero in affitto per i sodomiti bramosi di prole, ma non si è mai spesa più di tanto per i pensionati costretti a vivere con 500 euro, dopo una vita di onesto lavoro; proprio come questi neopreti non se la sono mai presa tanto calda per i 10 milioni di poveri italiani, come ora se la prendono per queste migliaia di clandestini che non si sa chi siano, da dove vengono e perché, si sa solo che hanno lasciato a casa mogli, figli e genitori, e mentre attendono che si svolgano gli accertamenti per le richieste di asilo, se la passano gratis e senza fare il benché minimo lavoro, neanche raccogliere le foglie cadute dagli alberi in autunno. Ingannano la noia spacciando droga, rubando e rapinando a tutto spiano, vedere le statistiche della delinquenza in Italia per farsi un’idea fino a che punto l’arrivo di costoro abbia reso ancor più drammatica la vita di milioni di italiani, specie quelli delle fasce più basse, quelli che non hanno l’attico, né il Rolex, né la maglietta rossa, ma che per arrivare a fine mese, come accade spesso, vanno a raccattare la frutta e la verdura marce ai mercati generali, o rubano un po’ di cibo al supermercato, perché non ce la fanno proprio e d’altra parte non hanno la faccia tosta di chiedere l’elemosina, non possiedono la sfrontatezza di questi stranieri che non si vergognano affatto di bighellonare tutto il giorno in bicicletta, ascoltando musica e messaggiando col telefonino. Chissà da dove vengono quelle biciclette e chissà chi paga quelle cuffie e quei telefonini, visto che sono arrivati sui barconi senza nemmeno un centesimo (eppure pare che paghino quattro o cinque mila dollari per il viaggio: mistero!).
Abbiamo visto ieri alla televisione il direttore di Famiglia Cristiana, quello del VADE RETRO, SALVINI, don Antonio Rizzolo: aveva l’aria sicura e soddisfatta, perfino un po’ annoiata, della serie: ma cosa mi fate dire cose ovvie; è ovvio che Salvini è il diavolo, è ovvio che i buoni cristiani accolgono a braccia aperte l’invasione africana e islamica… Via, parliamo di cose serie, queste sono banalità. Mai un dubbio, mai una domanda: sempre il ditino alzato. Sanno tutto loro; come Bergoglio, il loro grande modello, il loro autocrate preferito (proprio loro, che vorrebbero trasformare la Chiesa in un sinodo permanente ultra democratico, dove si cambiano i dogmi a colpi di maggioranza). Mai ascoltare chi la pensa in altro modo: solo demonizzare, scomunicare e maledire. Mai un minimo gesto di umiltà. Come quell’altro prete, don Gianfranco Formenton, anche lui intrepido davanti alle telecamere nel lanciare anatemi e dire chiaro e tondo: meglio se certi cattolici se ne stanno fuori della chiesa; io razzisti non ne voglio. Ma che bravo. Peccato che la sua voce somigli così poco a quella del Buon Pastore, che le pecore riconoscono e verso il quale vanno con fiducia. Parla con l’arroganza di chi è padrone delle chiese e ci fa entrare solo chi piace a lui…