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Miserabili argomenti; sono già morti e non lo sanno

La notizia che Lega e Cinque Stelle hanno deciso, di comune accordo, di candidare ufficialmente il giornalista Marcello Foa alla presidenza della Rai ha provocato le reazioni isteriche, penose, addirittura imbarazzanti, dei soliti irriducibili della sinistra, abituati da una decennale occupazione dei palazzi a considerare inamovibili i propri uomini e immodificabili le loro direttive. Figuriamoci quanto stanno tremando tutti quei giornalisti di regime che da anni e anni ci rintronano gli orecchi con le loro filastrocche anti-populiste e anti-sovaniste, pro euro e pro immigrati; abituati a condurre programmi senza contraddittorio, fatti su misura per loro, e a occupare posti di corrispondenti dall’esterno per usarli come altrettanti pulpiti dai quali distribuire al pubblico non informazione, ma sermoni quotidiani di timbro europeista e mondialista. Inaudito! Dove andremo a finire, aveva piagnucolato sbigottita Giovanna Botteri da New York subito dopo la notizia della vittoria elettorale di Trump, se i giornalisti, compattamente schierati, non riescono a orientare nel modo desiderato il voto della gente? Eh, sì; non c’è più religione. Vuoi vedere che dovremo perfino privarci degli splendidi salotti culturali di Corradi Augias, delle classi di liceo che fanno da cornice ai suoi ospiti, tutti selezionati fra quelli della sua parte ideologica, tutti, dal primo all’ultimo? Eh, sarebbe grave, ma finiremo per farcene una ragione; dopotutto la vita continua, come si dice.

Ma per loro, no. Di che altro potrebbero vivere i Martina, gli Orfini, i Renzi, i Delrio, i Gentiloni, le Cirinnà? Senza l’aero da 150 milioni e senza le poltrone chiave alla Rai, l’informazione sfuggirebbe loro di mano e potrebbe perfino accadere, Dio non voglia!, che il popolo italiano, benché amorevolmente informato dai loro amici giornalisti e paternamente guidato dal clero progressista, la prossima volta esprima un voto simile, o magari anche peggiore, di quello del 4 marzo 2018: sarebbe l’inizio della fine. Il potere che hanno occupato da decenni si dissolverebbe come nebbia al sole. E Forza Italia, che diavolo farebbe? Con un Berlusconi sempre più imbolsito, sempre più disconnesso, sempre più egoico (incredibile, ma all’ipertrofia dell’ego non c’è alcun limite), che farebbero le sue bellone, piazzate in Parlamento affinché siano gli italiani stessi a mantenerle, le sue segretarie private, le sue igieniste dentali, le sue ex vallette e soubrette di Canale 5, quelle che al telefono si scambiavano giudizi ed impressioni sul culo flaccido del loro padrone e signore: chi le vorrebbe ancora come deputate e senatrici? Chi le voterebbe? E i suoi lacchè, i suoi yes-men, i suoi paladini a libro paga, a che santo si voterebbero, a quale potente andrebbero a offrire i loro servigi, presso quale ministero o azienda di stato andrebbero a strusciarsi, elemosinando un posto degno della loro immarcescibile fedeltà? E i cardinali e i vescovi di strada, amici dei poveri, quelli che come Maradiaga pigliano 35.000 euro al mese, e quelli che come McCarrick, molestano e sodomizzano seminaristi e giovani preti a ripetizione, o come Battista Ricca, che se la spassava nei locali gay all’ombra della nunziatura apostolica in qualche Paese estero, se non potessero più contare su una informazione pubblica capace di distrarre l’opinione pubblica dalle loro porcherie, e indirizzasse l’odio dell’uomo comune contro il nemico di turno (Vade retro Salvini!) che farebbero? Se un servizio d’informazione pubblico, finalmente depurato di raccomandati e parassiti, iniziasse a dire la verità e smettesse di rifilare balle in quantità industriale, tutta questa gente che fine farebbe? Se le telecamere non mostrassero più i cadaveri dei poveri migranti affogati e sballottati dalle onde presso le nostre spiagge, popolate da feroci leghisti mostruosamente indifferenti alle tragedie altrui e più crudeli dei Lestrigoni o dei Ciclopi dell’Odissea, cosa resterebbe da fare a Gad Lerner, a Enzo Bianchi, a don Ciotti, a Roberto Saviano; e cosa resterebbe da fare alla turba degli uomini in quota Pd, o amici di Paglia e Galantino, che hanno trovato lucrosi posticini in tutti i gangli del sistema pubblico, non solo nell’informazione, ma anche nelle aziende, nelle banche, nelle università, nella ricerca? E Grasso e Boldrini, con che pretesto terrebbero in piedi Liberi e Uguali, per prendere forse lo 0,4 dei voti alle prossime elezioni?

È di un certo interesse — interresse antropologico, più che politico — vedere con quali argomenti i democratici, scandalizzati e furenti, hanno manifestato la loro contrarietà, o meglio, il loro orrore — poiché, essendo essi, per definizione, il Bene, non possono che tripudiare o inorridire di fronte alle umane vicende: tripudiare quando il mondo va come vogliono loro, inorridire quando accade il contrario, ossia quando prevalgono le tenebrose forze del Male — alla notizia che la Lega e i Cinque Stelle si sono accordati per presentare il nome di Marcello Foa quale nuovo presidente della Rai. Dopo aver rivolto, insieme agli amici di Liberi e Uguali, un appello nientemeno che agli storici ex nemici di Forza Italia, già incarnazione del Male essi stessi e ora, di fronte alla barbarie giallo-verde, validi interlocutori per un nuovo patto di Resistenza, il loro capogruppo al Senato, Andrea Marcucci, ha dichiarato:

Ci opporremo in tutti i modi all’elezione di Marcello Foa a presidente della Rai. Ci appelliamo a tutte le forze di opposizione affinché impediscano che un amico di Putin, un giornalista-editore che ha fatto campagne contro i vaccini, diffuso fake news, ingiuriato il capo dello Stato, possa presiedere il servizio pubblico. Come ha detto il collega Faraone, il 1° agosto daremo battaglia.

Miserabili argomenti, degni di gente che crede d’essere ancora viva — politicamente, s’intende — e invece è già morta, sepolta e in avanzato stato di putrefazione. Foa, un amico di Putin? Ma come? La Russia non è stata, per decenni, il Regno del Bene, e gli Stati Uniti il Regno del Male? Adesso le parti si sono invertite e l’America — ma quella "vera", si capisce, quella di Obama e della signora Clinton, mica quella del populista Trump, del quale la Rai parla solo per dire dell’ultimo scandalo sessuale che lo riguarda e per annunciare l’imminente messa in stato di impeachment — è diventata il Regno del Bene, e la Russia, forse perché ha lasciato la retta via del comunismo, è diventata uno Stato canaglia, meritevole delle sanzioni e quindi, per la proprietà transitiva, chi intrattiene relazioni amichevoli con il suo leader non può essere che una canaglia pure lui. Foa è amico di Putin: orrore, scandalo! E che vuol dire amico, poi? Che ha ricordato come Putin sia l’ultimo grande e vero statista europeo capace di difendere i valori dell’Occidente, primo fra i cristianesimo? E che quelli che lo criticano, lo insultano e lo disprezzano — May, Merkel, Macron, Junker, Gentiloni – non rappresentano affatto l’Europa dei popoli, ma il capitale finanziario e speculativo, quello stesso capitale finanziario che ha messo in ginocchio la Grecia, l’ha spogliata di ogni suo avere, l’ha spremuta come un limone e ridotta in condizioni da non avere neanche più le autopompe per spegnere gli incendi di questa torrida estate di austerity. Oppure è imperdonabile il fatto di aver detto che, in Siria, Putin ha saputo tener testa all’arroganza degli Stati Uniti e ha salvato una situazione che, altrimenti, avrebbe visto il bis di quanto accaduto in Iraq, il trionfo del caos e del fondamentalismo islamico, con gravissimo danno e pericolo anche per l’Occidente? O aver fatto sapere ai lettori poco informati che i sedicenti "combattenti della libertà", finanziati e armati dagli americani, dai britannici e dai francesi, altro non sono che dei fanatici islamisti assetati di sangue e disposti a qualunque crimine, pur d’impadronirsi del potere? O ancora, di aver fatto presente quante menzogne si sono inventati gli americani e i loro sodali, per addossare ad Assad crimini orrendi, mentre quei crimini erano commessi sistematicamente dai suoi nemici, a danno delle popolazioni inermi? Se aver detto e scritto quelle cose è un crimine, allora Foa è un criminale; ma se è stato un servizio alla verità, allora la sua nomina a presidente della Rai sarà un evento estremamente positivo, e, si spera, l’inizio di una gran repulisti: fuori i bugiardi, i cialtroni, i prezzolati, i fabbricanti di notizie taroccate, e dentro gli onesti e i meritevoli. I quali, finora, hanno dovuto accontentarsi di scrivere su internet o in posizioni marginali, come sul Corriere del Ticino, perché gli spazi dell’informazione, in Italia, sono praticamente tutti nelle mani dei signori della menzogna, cioè sul libro paga di quel capitale finanziario che non accusa mai se stesso e che non ha il minimo interesse a che la gente riceva un’informazione corretta e veritiera.

Le accuse rivolte da Marcucci a Foa, e indicate come ragione per una opposizione alla sua nomina da condurre "in tutti i modi", sono ancora più miserabili della prima, sbattuta lì come la più grave, quella di essere un amico di Putin. Aver fatto campagne contro i vaccini? Non sapevamo che avere delle perplessità sul fatto che una mattina un ministro della Sanità si è svegliato e ha deciso di rifilare una decina di vaccini a tutti i bambini italiani, cosa mai vista né sentita in alcun Paese del pianeta, tranne forse quelli del Terzo e Quarto Mondo, dove i bambini sono le cavie viventi delle grandi aziende farmaceutiche, fosse una cosa talmente vergognosa da rendere moralmente indegno colui che se ne macchia. Ora lo sappiamo. Oltre che europeisti, mondialisti, immigrazionisti e omosessualisti, per essere politically correct bisogna anche essere incondizionatamente favorevoli ai vaccini; essere contrari ai vaccini è una cosa inammissibile, riprovevole, poco meno peggiore che essere dei razzisti o dei nazisti. Altro che Medioevo e altro che processo a Galilei: siamo in piena dittatura scientista e tecnocratica, come sarebbe piaciuto a Umberto Eco e ai suoi amici del C.I.C.A.P.; e i suoi più strenui giannizzeri sono i democratici. Fake news? Ormai sono come un disco rotto, quando sentono qualche voce fuori dal coro i democratici sanno parlare solo di fake news; ma perché non parlano mai delle loro? Perché non dicono, tanto per fare un esempio: Sì, a Duma l’attacco chimico non è stato dell’esercito di Assad, ma dei gloriosi combattenti per la libertà? E il bambino annegato in riva al mare, vogliamo dirlo che la foto era truccata? E che, anche se non lo era, la responsabilità delle morti in mare è molto più di chi incoraggia le folli partenze dei migranti, su barconi sovraccarichi e fatiscenti, che non di chi le vorrebbe scoraggiare? Infine, l’accusa di avere attaccato Mattarella (ingiuriato, dice il buon Marcucci). Eh, questa è veramente una cosa terribile: un reato di lesa maestà. Peccato che sia il presidente Mattarella ad aver mostrato, in più occasioni, d’aver poco rispetto dei sentimenti del popolo italiano (dov’era quando si celebrava, in Via D’Amelio, la ricorrenza della strage del giudice Borsellino e della sua scorta?), non ci sembra che chi si permette di avanzare delle critiche sul suo modo di fare sia un individuo così spregevole, come le affermazioni del capogruppo democratico lasciano intendere. Oppure è diventato assolutamente proibito criticare il capo dello Stato? Meno male che questi signori hanno sempre il pericolo fascista in bocca: il fascismo di qua, il fascismo di là, state attento che non ritorni il fascismo, guardate che il nuovo fascismo è alle porte e si chiama populismo e così via tutti i santi giorni. Ma lo sanno, costoro, che nemmeno ai tempi del fascismo, quello vero, vigeva una cortina di censura (e di auto-censura) così ferrea come quella da essi invocata a difesa della intangibilità della figura del presidente? Lo sanno che, nel 1925, Benedetto Croce poteva redigere, e alcune decine di intellettuali potevano controfirmare, un Manifesto degli intellettuali antifascisti, senza che nessun provvedimento venisse preso contro di loro, e questo proprio nell’anno delle "leggi fascistissime", cioè nell’anno in cui il fascismo diventò effettivamente una dittatura? Mentre oggi, secondo loro, chi osa avanzare delle critiche all’operato di Mattarella, entrando nel merito delle questioni e non sbraitando a vanvera, è un "fascista", un personaggio indegno, un nemico della democrazia. Bene, bravi: dieci e lode alla coerenza. Ma che ci vogliamo aspettare da gente così: gente che nel 1956, come faceva il futuro "re Giorgio", cioè il presidente Napolitano, altro baluardo della democrazia odierna, scriveva che i carri armati dell’Armata Rossa, a Budapest, ci stavano benissimo, perché il loro intervento contribuiva a preservare la pace nel mondo, oltre che — ovviamente — la causa del popolo lavoratore? Ma di che cosa stiamo dunque a discutere? Costoro hanno la faccia come il didietro: non arrossiscono mai, perché non sanno cosa sia la vergogna; non arretrano davanti ad alcuna bassezza, non provano alcun imbarazzo nel pronunciare alcuna menzogna, alcuna ipocrisia, alcuna sconcezza, per quanto colossale. Quanto all’ipocrisia, son degni compagni di strada dei preti di sinistra. Per esempio di quel direttore di Famiglia Cristiana, don Antonio Rizzolo, che ha voluto la copertina con la foto di Salvini e il titolo: VADE RETRO SALVINI, però ha voluto anche scrivere sotto: NIENTE DI PERSONALE O IDEOLOGICO. SI TRATTA DEL VANGELO. A parte il fatto che il Vangelo — quello vero, quello di Gesù Cristo e non quello anticattolico del signor Bergoglio e della C.E.I. – non dice affatto che i cristiani devono dir di sì al’invasione della loro patria, alla sostituzione della loro popolazione e alla islamizzazione di una Paese cristiano, quel niente di personale, dopo aver messo la foto di Salvini e averlo chiamato per nome, è il colmo dell’ipocrisia. Se non voleva essere un attacco personale, bastava restare sul piano delle idee: bastava parlare della politica dell’immigrazione, e lasciar perdere le foto, i nomi e i cognomi. Poveretti, da un certo punto di vista fanno quasi pena: sono già morti e non lo sanno. Lasciate che i morti seppelliscano i morti

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Christian Lue su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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