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Omaggio alle chiese natie: il Duomo

Tecnicamente non sarebbe un "duomo", bensì una "cattedrale", la chiesa principale di una diocesi, anzi, di un’arcidiocesi; inoltre la sua vera dedicazione è a Santa Maria Annunziata; ciò non toglie che tutti, a cominciare dai suoi parrocchiani, lo hanno sempre chiamato, semplicemente, il duomo. Si dice: Vado a Messa in duomo; nessuno si sognerebbe di dire: Vado a Messa in cattedrale; meno ancora direbbe: Vado a Messa a Santa Maria Annunziata. Anche se poi, entrando, la prima cosa che colpisce l’occhio è proprio l’Annunciazione, al di sopra dell’altare maggiore: l’Arcangelo Gabriele a sinistra, la Madonna inginocchiata sulla destra, scolpiti in un marmo che ha la prodigiosa leggerezza e la capacità di movimento di un prodigio, tanto da parer vivi e parlanti, impegnati in un colloquio che la gravità della pietra non riesce a circoscrivere. È un edificio bellissimo, con la facciata romanico-gotica, mentre l’interno è prevalentemente barocco: armonioso, proporzionato, soffuso di una luce mistica e ricchissimo di opere d’arte di notevole fattura. L’arcivescovo della nostra infanzia, Giuseppe Zaffonato, uomo dai progetti grandiosi, voleva innalzare il campanile sino a eguagliare l’altezza del campanile di Santa Maria di Castello, che, in linea d’aria, non è molto lontana: idea, più che ardita, diremmo quasi fantascientifica, e tuttavia non così pazzesca come si potrebbe pensare. Sembra anzi che gli architetti quattrocenteschi che progettarono il possente campanile avessero già in mente un’idea del genere, poi rimasta incompiuta: portarlo alla stessa altezza di quello del castello, e collocarvi una statua della Vergine Maria, in modo che l’Angelo di bronzo, che svetta in cima a quella, indicasse proprio Lei, la Madre di Dio, al di sopra dei tetti della città, in una sorta di dialogo a distanza, spettatrice l’intera popolazione cittadina. Pare che la cosa sia fattibile, tanto più coi mezzi offerti dalla tecnologia odierna, e che sia solo questione di reperire i necessari finanziamenti (cfr. Il Gazzettino del 01/02/2011). Non sappiamo come andrà a finire e se resterà solo un eterno desiderio, una sorta di utopia; ma è certo che se il progetto venisse realizzato, in un certo senso cambierebbe tutto il panorama cittadino e gli conferirebbe una prospettiva nuova, inedita: sarebbe un caso unico, di una città indotta a ripensare la propria immagine da una singola opera architettonica, non però un’opera nuova, come la Tour Eiffel a Parigi, o la Statua della Libertà a New York, bensì modificando un edificio già esistente, vecchio di secoli, e collegandolo idealmente e visivamente ad un altro edificio, ancora più antico.

Ma di questa magnifica chiesa abbiamo già parlato a suo tempo, per cui non ci soffermeremo ulteriormente su questo aspetto (cfr. l’articolo: Il duomo romanico-gotico di Udine ha un cuore in puro stile settecentesco, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 18/02/2008, e ripubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 21/10/2017). Ciò a cui vorremmo rendere omaggio è la spiritualità che si respira al suo interno e che ha esercitato un così forte influsso su generazioni di uomini e donne, e naturalmente di bambini che, lì, o nell’adiacente chiesetta della Purità, hanno ricevuto il Battesimo, poi la prima Comunione e, infine, la Cresima, diventando membri della Chiesa cattolica. La nostra memoria ritorna alle lezioni catechismo che abbiamo ricevuto nelle aule al primo piano, sopra la sacrestia, dal cappellano, don Giuseppe Tracanelli, sacerdote umile e pieno di passione, e a tutte le volte che abbiamo servito la santa Messa, proprio all’altar maggiore, sotto l’occhio vigile dell’arciprete, monsignor Riccardo Travani, uomo autorevole, colto, imponente (anche fisicamente). Ricordiamo perfettamente lo zelo, la pietà, il rigore e la coerenza di quei sacerdoti e ci pare di star parlando di un’epoca lontanissima, addirittura favolosa, oggi quasi impensabile; né possiamo trattenerci dal chiederci, istintivamente, cosa direbbero oggi quei santi sacerdoti di ciò che sta accadendo nella Chiesa, di tutto il sovvertimento che un clero apostatico sta causando, con scandalo e immenso pericolo per le anime, dietro le apparenze di un "semplice" rinnovamento, di uno "stile" più evangelico, come esso dice, in realtà più protestante, più secolarizzato, più politicizzato e sempre più lontano dalla vera dottrina e dalle vere sorgenti della fede cattolica.

Questo interrogativo ci tormenta addirittura: loro ci hanno insegnato, insieme ai genitori, che cos’è il cristianesimo; loro ci hanno amministrato i Sacramenti che trasformano un essere umano in un figlio adottivo di Dio, innalzandolo dalla natura alla grazia; loro ci hanno introdotti ai sacri Misteri, ci hanno spiegato in che modo il Creatore si è fatto creatura, è vissuto sulla terra in un corpo mortale, ha sofferto, è stato crocifisso ed è risorto il terzo giorno, per tornare alla gloria del Padre e inviarci, nello stesso tempo, il divino Consolatore, lo Spirito Santo; loro ci hanno insegnato i principi della morale cattolica, basati sull’idea tomista (e aristotelica) che non vi è contrasto, ma sostanziale concordia, fra la legge naturale e la legge divina, e che la seconda è, in definitiva, un approfondimento, un innalzamento e un perfezionamento della prima. Ebbene, che cosa direbbero di ciò che oggi viene detto e insegnato dagli altari, a partire dalla Casa di Santa Marta, giù, fino all’ultima chiesetta di paese e all’ultimo oratorio parrocchiale? Che cosa penserebbero di un papa che dà ragione a Lutero, e afferma che Dio non è cattolico, e dice che le Persone della Santissima Trinità litigano fra loro, e definisce l’apostolato una solenne sciocchezza, e chiama la signora Emma Bonino una grande italiana? Che cosa penserebbero del blasfemo affresco che monsignor Paglia ha fatto dipingere nel duomo di Terni, e dell’elogio sperticato che ha fatto del defunto Marco Pannella, portandolo a modello di preclare virtù morali, che tutti i credenti dovrebbero imitare? E di un monsignor Galantino, il quale ripete ogni santo giorno che i cristiani, per essere veramente tali, devono essere a favore dell’accoglienza illimitata, cioè devono dire "sì" all’invasione dell’Italia da parte di milioni di africani di fede islamica? Che cosa penserebbero di una chiesa che proclama l’omosessualità un comportamento lecito, e che si accinge a benedire le unioni omosessuali? Che a parole è pur sempre contro l’eutanasia, ma che, in pratica, si piega ai diktat di medici e magistrati ad essa favorevoli, e lascia praticamente sola una famiglia che lotta per difendere il diritto alla vita e alle cure mediche di un bambino piccolo, e poi ringrazia i carnefici per lo zelo che hanno dispiegato facendo "tutto il possibile" per lui? Cosa penserebbero di un clero che abolisce il Credo perché non ci crede, che abolisce la Messa per "rispetto dei migranti", che organizza dei corsi di affettività per fidanzati gay, che tiene veglie di preghiera contro l’omofobia e si rifiuta, per bocca del vescovo, di unirsi alle preghiere di riparazione per i Gay Pride; che ride e scherza durante la santa Messa, che si presenta con la sciarpa arcobaleno sopra le sacre vesti, che distribuisce l’Eucarestia dentro l’acqua del mare, fino al ginocchio, ai comunicandi in costume da bagno; che non parla mai della grazia e del peccato, di Dio e della vita eterna, della tentazione e del sacrificio, del paradiso e dell’inferno; che non parla mai dell’anima immortale e del suo destino finale, ma sempre e solo di politica, di accoglienza, di problemi sociali, e che si scaglia contro quanti vorrebbero riportare il crocifisso nei tribunali, nelle scuole, negli aeroporti e in tutti i luoghi pubblici? Un clero che si vergogna di andare in strada indossando non diciamo la talare, ma neppure il clergyman, anzi, di appuntarsi anche solo un piccolissimo crocifisso sul risvolto della giacca; e che afferma, per bocca di un vescovo emerito, monsignor Nogaro — che viene proprio dalla diocesi di cui stiamo parlando — che lui darebbe agli islamici tutte le chiese cattoliche, se ciò servisse a favorire l’accoglienza e a far rientrare la decisione del governo di chiudere i porti alle navi che trasportano i clandestini (d’intesa con scafisti e criminali della peggiore risma, nonché con un pescecane della finanza come George Soros). E che cosa penserebbero, udendo che i giudei non hanno più bisogno di conversione, perché l’Antica Alleanza è sempre valida e quindi Gesù, quel Gesù che i loro padri misero in croce, è venuto per salvare tutti gli altri uomini ma non loro, perché loro sono già salvi, essendo già nella Verità? E che cosa penserebbero, vedendo il signor Bergoglio che apre le chiese agli islamici e invita i seguaci del profeta Maometto a partecipare, insieme ai cattolici, alla santa Messa? Cosa penserebbero vedendo il ritratto sorridente di Martin Lutero sui foglietti della Messa, il francobollo commemorativo di Lutero, raffigurato in devoto omaggio ai piedi della Croce, emesso dalle Poste Vaticane per il lieto evento della Riforma, voluto – dice Galantino -, anzi, donato dallo Spirito Santo? E cosa penserebbero vedendo che in certe chiese si introducono opere "sacre" che glorificano il peccato, ad esempio una scultura raffigurante due uomini che si baciano sulla bocca; e udendo che quel prete, davanti alle proteste dei fedeli, l’ha rimossa, sì, però malvolentieri, e dicendo che lui non ci trovava nulla di male?

Qualcuno dirà che non è lecito, né corretto, fare ipotesi su quel che penserebbero o direbbero delle persone che non sono più fra noi; che nessuno può presumere di sapere come avrebbero reagito ai casi della vita quelli che hanno fatto ritorno alla casa del Padre. Spiacenti, ma non sia d’accordo. Qui non si tratta di sapere quale sarebbe l’opinione, tutta umana, di un essere umano, che non può parlare, perché non c’è più: qui stiamo parlando di una verità eterna, che proprio quella persona ha insegnato a tante altre persone, che un tempo erano bambini, e che ha insegnato non sulla base di un sapere umano, come potrebbe fare un professore di greco o di latino, ma sulla base di un sapere soprannaturale, che la Chiesa ha tramandato fedelmente nel corso d’innumerevoli generazioni, senza mai deflettere, senza mai piegarsi, senza mai modificarlo per compiacere il potere di turno o per carezzare la cultura di moda. Sempre, fino al Concilio Vaticano II: a partire dal quale, in effetti, qualcosa è cambiato, e uno spirito molto, troppo umano (direbbe Nietzsche), si è insinuato in quella verità perenne, e ha preteso di modificarla, sia pur cautamente, almeno nelle prime fasi, mirando a un lento, ma sistematico e inesorabile sovvertimento della fede cattolica, partendo dalla liturgia e arrivando fino alla pastorale e alla stessa dottrina. Stiamo perciò parlando d’una verità trascendente, non adattabile ai tempi, non interpretabile soggettivamente (a differenza di quel che pensano i luterani), non negoziabile, non soggetta a modifiche costituzionali, con buona pace di tutti i democratici di questo mondo, secondo i quali la volontà del popolo è sovrana e ha il diritto d’imporsi, a maggioranza, su qualsiasi normativa e legislazione precedenti. Il cristianesimo non è affatto democratico (il che mostra la totale infondatezza di affermazioni come quella del presidente della C.E.I., monsignor Bassetti, secondo il quale la democrazia è un punto qualificante e irrinunciabile per la Chiesa; scordandosi che la Chiesa esiste da duemila anni e la democrazia si è imposta da meno di cento), anche perché non ha niente a che fare con la politica. Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, ha detto Gesù Cristo. Ma i neopreti dei nostri giorni hanno deciso che cristianesimo e politica sono una cosa sola; e, per esempio, il direttore di Famiglia Cristiana, don Antonio Rizzolo, ha voluto dedicare la copertina del suo settimanale al ministro Matteo Salvini e alla sua politica nei confronti dei cosiddetti migranti, titolando, a caratteri cubitali, Vade Retro Salvini. Ora, vade retro, Satana, sono le parole che Gesù Cristo ha rivolto a san Pietro (a san Pietro!) quando quest’ultimo, all’annuncio della Passione, gli ha detto che a Lui non sarebbe mai accaduto niente di male; e ha aggiunto: Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini. Ebbene, anche a don Rizzolo si potrebbe dire, e con tanta più ragione, che non pensa secondo Dio, ma secondo gli uomini: che il suo cristianesimo è pensato per piacere agli uomini, agli intellettuali radical chic, agli scrittori di sinistra con la scorta ma che vivono in un appartamento panoramico a New York; ai giornalisti con l’attico e il Rolex al polso; alle signore politicamente corrette, che vogliono essere chiamate signora presidente; ai cardinali massoni e ai vescovi di strada che pregano non contro le sconce esibizioni dei sodomiti, ma contro chi prega in riparazione di tali scandali; a tutti i preti progressisti che indossano le magliette rosse e le sciarpe arcobaleno e che si indignano se affonda un barcone di africani, e parlano sempre delle stragi del mare (come se fossero colpa nostra) ma hanno la bocca cucita, da sempre, sulle stragi dell’aborto, che hanno visto in Italia, finora, l’orrore di sei milioni di soppressioni di nascituri; e che invitano a parlare appunto di migranti la signora Bonino, la quale di aborti ne ha fatti personalmente migliaia, e se ne è pubblicamente vantata. Ecco quanto è lunga la coda di paglia dei Rizzolo, dei Bassetti, dei & C: tacciono su ciò che è da sempre la dottrina morale cattolica, ma parlano tutti i giorni di ciò che è una loro opinione politica interamente personale. Coi sedicenti profughi non è in ballo l’etica: non lo dicano nemmeno per scherzo; perché, se avessero una simile faccia tosta, allora bisognerebbe porre loro questa semplice domanda: se i barconi si rovesciano e affondano, la colpa è di chi ha deciso di non farli più sbarcare (ma non ha mai negato loro assistenza in caso di pericolo, acqua, cibo e cure mediche) o di chi li incoraggia a salpare in condizioni disastrose, oggettivamente solidale coi negrieri del mare che li sfruttano e li espongono alla morte?

Ecco perché non abbiamo dubbi. Quei pastori di prima del Concilio che ci hanno trasmesso la verità cristiana, oggi non potrebbero smentirsi approvando l’indecente voltafaccia che ne è il travisamento completo; mai e poi mai avrebbero approvato le sconcezze del neoclero gay-friendly e pro-islamico.

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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