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Sodoma e Gomorra in Vaticano

È incredibile come l’orchestrazione dei media, così implacabile quando si tratta di battere contro un avversario, così ingegnosa nell’amplificare piccoli incidenti e perfino nell’inventarseli, sia poi bravissima nel mettere il silenziatore, spegnere i riflettori e far cadere l’oblio totale sui fatti non graditi, allorché si tratta dei propri amici o di personaggi che risultano comunque funzionali agli interessi di chi il potere mediatico lo controlla, come controlla tutti gli altri poteri, e cioè la grande finanza che tiene al guinzaglio, come cagnolini, direttori di giornali e televisioni, intellettuali e opinionisti vari, uomini di governo e capi di Stato, economisti veri o taroccati, e così via. Nella fattispecie, vorremmo richiamare l’attenzione sulla totale, improvvisa amnesia che ha paralizzato i giornalisti a proposito di monsignor Battista Ricca, del quale si è parlato molto nel luglio del 2013, quando Bergoglio era salito al soglio pontificio da pochi mesi e una delle sue prime mosse era stata quella, disgraziatissima, di nominare il detto monsignore "legato" allo I.O.R., la chiacchieratissima Banca vaticana, proprio con l’intenzione di ridarle credibilità e di porre un rimedio agli scandali e ai veleni delle gestioni precedenti, che tanto disdoro avevano recato alla Sede di san Pietro. Oggi sappiamo che a "ripulire" l’incartamento di Ricca era stato il cardinale Bertone, allo scopo di nascondere a Bergoglio i non proprio encomiabili trascorsi di tanto personaggio; nondimeno, lo scandalo delle rivelazioni sul suo passato era esploso quasi subito, soprattutto per merito di un vaticanista serio e indipendente, Sandro Magister, eppure a distanza di cinque anni esatti nulla di significativo è avvenuto. Quel che vogliamo dire è che se Bergoglio era in buona fede, lui, il moralizzatore, l’uomo tutto d’un pezzo venuto dall’Argentina per fare pulizia nei sacri palazzi, lui che saliva e scendeva la scaletta dell’aero portandosi la sua valigetta ventiquattr’ore come un ragioniere qualsiasi, di tempo ne ha avuto per fare piazza pulita o, quanto meno, per prendere i doverosi provvedimenti riguardo al suo "legato" presso lo I.O.R. Ma i suoi inossidabili fan e ammiratori, che i quali dicevano: il papa non sapeva nulla; è stato ingannato, è stato tradito; ma adesso che sa, vedrete quel che succede!, sono rimasti buoni e zitti, e si son messi a parlare d’altro, perché non è successo proprio niente, o, almeno, niente di quanto si aspettavano, e di quanto era lecito attendersi. Sta di fatto che monsignor Ricca conserva ancora oggi il suo posto di "prelato" ad interim presso l’Istituto per le Opere di Religione.

Ma andiamo con ordine. Chi era questo monsignor Ricca, improvvisamente assurto ai fasti della notorietà per l’inaspettata nomina bergogliana, e subito dopo sprofondato nell’inferno dello sputtanamento mediatico per la denuncia delle sue passate turpitudini e della sua carriera ecclesiastica non precisamente specchiata? Tutto quel che si sapeva, era che costui aveva condotto una carriera diplomatica di un certo rispetto, mai però come protagonista, muovendosi fra i cinque continenti da una nunziatura all’altra, e senza far parlare di sé, né in bene né in male. Quel che non si sapeva, o che non si sapeva in Italia, era che nei Paesi dove aveva prestato servizio, e specialmente in Uruguay, si era fatto conoscere fin troppo, e aveva lasciato un ricordo tutt’altro che edificante, mettendo sovente in gravissimo imbarazzo sia i suoi superiori, sia le autorità civili, costrette a ripescarlo dalle sue scorribande notturne nei locali gay e a fronteggiare altre situazioni non meno di incresciose e disdicevoli. Un’altra cosa che si sapeva era che Bergoglio lo conosceva bene, non tanto per la vicinanza geografica all’epoca in cui entrambi erano in Sud America, sulle due sponde del Rio de la Plata, quanto perché Ricca era direttore di alcune case di riposo per il clero esistenti a Roma, fra le quali la Domus Sanctae Martae, quella dove poi Bergoglio ha deciso di stabilirsi, invece che nei palazzi vaticani; e che in occasione dei suoi viaggi a Roma aveva avuto modo di conoscerlo proprio per tale ragione. C’è una foto che li mostra uno di fronte all’altro, sorridenti come due vecchi amici, ed è Ricca che dà un buffetto alquanto informale a Bergoglio, benché questi sia ormai diventato papa e quel gesto, per quanto dettato da amichevole esuberanza, appare, come dire, un tantino inopportuno. Ma ecco come Sandro Magister, su L’Espresso del 29 luglio 2013, tratteggiava la carriera di Ricca all’epoca di Montevideo:

Il buco nero, nella storia personale di Ricca, è il periodo da lui trascorso in Uruguay, a Montevideo, sulla sponda nord del Rio de la Plata, di fronte a Buenos Aires.

Ricca arrivò in questa nunziatura nel 1999, quando il mandato del nunzio Francesco De Nittis volgeva al termine. In precedenza aveva prestato servizio nelle missioni diplomatiche del Congo, dell’Algeria, della Colombia e infine della Svizzera.

Qui, a Berna, aveva stretto amicizia con un capitano dell’esercito svizzero, Patrick Haari. I due arrivarono in Uruguay assieme. E Ricca chiese che anche al suo amico fossero dati un ruolo e un alloggio nella nunziatura.

Il nunzio respinse la richiesta. Ma pochi mesi dopo andò in pensione e Ricca, rimasto come incaricato d’affari "ad interim" in attesa del nuovo nunzio, assegnò l’alloggio in nunziatura a Haari, con regolare assunzione e stipendio.

In Vaticano lasciarono fare. All’epoca, in segreteria di Stato era sostituto per gli affari generali Giovanni Battista Re, futuro cardinale, anche lui originario della diocesi di Brescia.

L’intimità di rapporti tra Ricca e Haari era così scoperta da scandalizzare numerosi vescovi, preti e laici di quel piccolo paese sudamericano, non ultime le suore che accudivano alla nunziatura.

Anche il nuovo nunzio, il polacco Janusz Bolonek, arrivato a Montevideo all’inizio del 2000, trovò subito intollerabile quel "ménage" e ne informò le autorità vaticane, insistendo più volte con Haari perché se ne andasse. Ma inutilmente, dati i legami di questi con Ricca.

Nei primi mesi del 2001 Ricca incappò in più di un incidente per la sua condotta sconsiderata. Un giorno, recatosi come già altre volte — nonostante gli avvertimenti ricevuti — in Bulevar Artigas, in un locale di incontri tra omosessuali, fu picchiato e dovette chiamare in aiuto dei sacerdoti per essere riportato in nunziatura, con il volto tumefatto.

Nell’agosto dello stesso 2001, altro incidente. In piena notte l’ascensore della nunziatura si bloccò e di prima mattina dovettero accorrere i pompieri. I quali trovarono imprigionato nella cabina, assieme a monsignor Ricca, un giovane che le autorità di polizia identificarono.

Il nunzio Bolonek chiese l’immediato allontanamento di Ricca dalla nunziatura e il licenziamento di Haari. E ottenne il via libera dal segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano.

Ricca, pur recalcitrante, fu trasferito alla nunziatura di Trinidad e Tobago, dove rimase fino al 2004. Anche lì entrando in urto col nunzio. Per essere infine richiamato in Vaticano e tolto dal servizio diplomatico sul campo.

Quando tali trascorsi di monsignor Ricca divennero di dominio pubblico, nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato sulle sue fortune e sul progresso della sua carriera: l’uomo sembrava finito, in attesa della scure che lo avrebbe restituito al nulla da cui era venuto fuori. Lo pensarono tutti, e specialmente i sostenitori di Bergoglio, incuranti del fatto che il loro idolo seguitava a collezionare errori macroscopici, come quello di nominare membro della commissione per il riordino degli uffici economico-amministrativi del Vaticano tale Francesca Immacolata Chaouqui (altro personaggio prontamente lasciato cadere nel dimenticatoio dai compiacenti giornalisti filo-bergogliani), la quale ci stava a proposito come Ricca alla direzione della Banca vaticana. A parole, Bergoglio — che, nel frattempo, aveva trovato il tempo e la voglia di individuare un pericolosissimo scandalo e una grave minaccia da fronteggiare con la massima energia nei… francescani e nelle francescane del’Immacolata – aveva perfino denunciato l’esistenza di una lobby gay in Vaticano (bella scoperta…) e aveva detto che "questo è male" (come sopra), anche se aveva fatto una puntigliosa, e inutile, in quel contesto, o peggio che inutile, distinzione fra le lobby e le singole persone. Alla fine, tuttavia, pur essendo stato personalmente informato su chi fosse in realtà quel monsignore al quale aveva accordato, improvvidamente, una tale fiducia, e avendo ringraziato chi gi aveva aperto gli occhi, poi, con la sua tipica testardaggine sudamericana e con la sua costituzionale incapacità di ammettere un errore o di riconoscere un passo falso, per non dire di chiedere scusa, il signor Bergoglio lo aveva strenuamente difeso, in particolare durante un’intervista a bordo dell’aereo di ritorno da un viaggio in Brasile (gli aerei hanno sempre ispirato Bergoglio in fatto di conferenze stampa, come se l’alta quota gli sciogliesse la lingua e facesse venir fuori le parole che, a terra, perfino lui non osa pronunciare). Citiamo ancora dal sempre ottimo Sandro Magister (cfr. www.espressonline.it del 26/08/2013):

Le parole del papa che i media di tutto il mondo rilanciarono con più enfasi — in un tripudio di commenti favorevoli alla sua presunta "apertura" agli omosessuali — furono interpretate come una sospensione di giudizio: "Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?".

Pochi giorni dopo il suo rientro a Roma papa Francesco è stato più chiaro. Ha fatto sapere alla segreteria di Stato che monsignor Ricca "resterà al suo posto".

E così con lui resterà intatta la clamorosa contraddizione tra l’opera di pulizia e di riordino della curia romana che papa Francesco ha detto più volte di volere e il "prelato" di sua nomina in cui egli continua a riporre fiducia, emblema perfetto proprio di quelle condotte scandalose e di quelle "lobby" di potere che dovrebbero essere spazzate via.

Fu in quella circostanza, dunque, che Bergoglio pronunciò l’arcifamosa domanda: Chi sono io per giudicare un gay?, che tanto fece parlare e che evidentemente è divenuta parte integrante della nuova dottrina e della nuova pastorale bergogliana, visto che il vescovo di Verona, Zenti, come abbiamo raccontato, ha accolto come un figlio prodigo (ma per nulla pentito) il suo prete Giuliano Costalunga, di ritorno dalle Canarie, dove si è felicemente sposato con un uomo, lo ha abbracciato e ha dichiarato davanti a tutti, per la gioia dei giornalisti e di tutti i catto-progressisti, aperti, dialoganti, misericordiosi e soprattutto non giudicanti:

Ora, don Giuliano è unto a Paolo con il quale sognava di vivere di un amore autentico. Non ho nessun dirotto di giudicare don Giuliano poiché solo Dio che scruta i cuori conosce il travaglio della sua vita. (…) Ricorda don Giuliano, io ti sarò sempre vicino, fa la tua strada liberamente, adesso questa vicenda possibilmente si chiuda con buon senso di vicinanza cristiana.

Ed è logico: se il papa non se la sente di giudicare, come potrebbe farlo un semplice vescovo? Sarà per questo che anche il cardinale Coccopalmerio, il cui segretario privato è stato pizzicato dalla polizia nel bel mezzo di un’orgia gay in Vaticano, a base di sesso e droga di prima qualità, è passato indenne attraverso la brevissima tempesta mediatica; anzi, meno di una tempesta, appena un lieve spiffero, e ha tenuto ben salda la poltrona sotto il sedere. E ancora una volta, desolante spettacolo di servilismo e omertà di tutte le principale testate d’informazione, le quali, se a incappare in un simile incidente fosse stato un cardinale al tempo di Benedetto XVI, non si sarebbero certo lasciate scappare il ghiotto boccone, e tutte, La Repubblica in testa, avrebbero picchiato su quel tasto ogni santo giorno, per settimane, mesi e anni, con encomiabile perseveranza. Perché i radical-progressisti hanno questa strana caratteristica fisiologica: la loro memoria soffre di brucianti amnesie quando gli scandali colpiscono i loro amici, mentre si rivela una memoria d’elefante allorché si abbattono, anche solo indirettamente, su quanti stanno loro antipatici. Conclusione: le lobby gay in Vaticano sono talmente forti da resistere a qualsiasi scandalo, e da mantenere al loro posto anche i personaggi più seriamente coinvolti. Nel caso di Ricca, si sa che Bergoglio ha voluto vedere l’incartamento nella versione non purgata, e ha anche preso il telefono per informarsi presso la nunziatura di Montevideo, se le accuse relative al periodo uruguaiano fossero fondate o meno; dopo di che, tutto è rimasto come prima. Eppure, si sa che il signor Bergoglio è un decisionista; e si è visto come sa cacciare, senza tanti complimenti, i cardinali e i vescovi che non si vogliono allineare al suo "nuovo corso". Ricca e Coccopalmerio, però, non si toccano. E nessuno sapeva nulla di monsignor Charamsa, prima che lui stesso facesse outing nella maniera più clamorosa, davanti alle telecamere? Sarà per questo che Paglia e Galantino si mostrano così bonari e tolleranti verso i fratelli sodomiti?

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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