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La chiesa odierna aiuta la fede o la distrugge?

I neopreti e tutti i neocattolici dovranno rendere conto anche di questo: di aver condotto alla solitudine e allo sconforto, e perfino di aver fatto sì che si allontanassero da Dio, moltissimi buoni cristiani, riempiendo la loro vita di tristezza, il che fa parte dell’ordine naturale, e mettendo in pericolo mortale le loro anime, il che attiene all’ordine soprannaturale e si configura come un vero e proprio peccato contro lo Spirito Santo.

Di questi cristiani isolati, amareggiati, disprezzati (sì, disprezzati: perché nessuno sa disprezzare più "cordialmente" dei cattolici progressisti, quegli stessi che hanno sempre in bocca l’apertura, il dialogo, il confronto e l’accoglienza verso tutti, purché appartengano ad altre confessioni e ad altre religioni) ce ne sono assai più che non si creda. Certo, probabilmente sono una minoranza, perché l’impressione è che la grande maggioranza dei cattolici non si sia resa affatto conto di quel che sta accadendo nella Chiesa: il movimento verso l’apostasia generale è stato così abilmente dissimulato, almeno fino a pochi anni fa, e così scrupolosamente sincronizzato, da risultare quasi impercettibile, beninteso per quei credenti che sono abituati a lasciarsi portare dalla corrente, che non vivono la fede in profondità e non coltivano neanche un minimo d’istruzione religiosa; perché, diversamente, ciò che è accaduto a partire dal Concilio Vaticano II, cioè lo smottamento progressivo, non solo della liturgia e della pastorale, ma della dottrina stessa, verso posizioni sempre più decisamente non cattoliche, sarebbe apparso evidente anche ai meno avvediti e ai meno colti e informati. Però, senza dubbio, sono tanti. Impossibile fare una stima: tuttavia, se i cattolici nel mondo sono oggi, in totale, 1 miliardo e 285 milioni (così dicono le cifre ufficiali), non crediamo di andare lontano dal vero affermando che si tratta non di migliaia, ma di milioni di persone. Peraltro, non ci sembra giusto rimanere dentro una logica di tipo quantitativo: se anche una sola anima fosse stata spinta alla disperazione e alla lontananza da Dio a causa di atti e comportamenti della Chiesa, sarebbe comunque uno scandalo enorme, e tutto il clero e il popolo dei fedeli dovrebbero interrogarsi, perché di quell’anima, del suo destino eterno, verrà chiesto conto a tutti quanti, nessuno escluso. Ciascuno dovrà rispondere della propria fede, della propria coerenza, della propria linearità; ciascuno dovrà giustificarsi. E nessuno potrà fare spallucce e rispondere a Dio: Sono forse il custode di mio fratello?, perché il cristianesimo è tutto qui, nella solidarietà degli uomini fra di loro e davanti a Dio; e chi non ha capito questo, o non ha saputo fare questo, e non si è neppure accorto di non averlo fatto, non è degno di chiamarsi cristiano, ma usurpa quel nome indegnamente, e aggiunge un ulteriore fardello a quello delle proprie colpe.

Conosciamo un santo sacerdote, non più giovane, che vive in un villaggio d’alta montagna, isolatissimo, a due passi dal cielo, in una casa piena di libri. Entrato in seminario per autentica vocazione, ci è rimasto nonostante vi abbia trovato insegnanti e programmi completamente diversi da quelli che si aspettava, e tali, per dirla tutta, da scoraggiare piuttosto che rafforzare la sua decisione. Essendo cresciuto in una famiglia molto religiosa, e avendo avuto l’esempio del suo sacerdote, aveva concepito l’idea di farsi ministro di Dio per servire il Vangelo, ma si era trovato in pieno clima di "svolta conciliare". I canti gregoriani, tanto cari alla sua infanzia, erano stati proibiti, come ogni altra forma di canto liturgico in latino; in compenso, in seminario si cantavano le canzoni di Bob Dylan. In tutto il suo corso di studi, non ha avuto la possibilità di fare un solo corso sulla filosofia di san Tommaso d’Aquino, come si era aspettato, ma la sua formazione comprendeva, in compenso, un corso sull’ateismo. Così pure, era rimasto sconcertato e amareggiato nel vedere che, per la festa di Carnevale, i seminaristi, incoraggiati dai loro superiori, avevano tirato fuori l’abito talare e se erano abbigliati, adoperandolo come un costume mascherato; lui, infatti, sapendo che quello era stato, fino a pochissimi anni prima l’abito "normale" di tutti i sacerdoti, e che per alcuni, compreso quello del suo paese, lo era ancora, aveva trovato tale esibizione di pessimo gusto, come se si fosse voluto irridere e degradare ciò che, nella liturgia, era stato sacro fino a ieri, ma che adesso doveva essere totalmente abolito e rimosso. Queste cose lo avevano fatto riflettere, ma non erano state sufficienti a piegare la sua vocazione. Dopo aver fatto il cappellano in diversi paesi, era stato rimandato a casa, con la promessa di ricevere la nomina a parroco: la sta ancora aspettando, dopo 16 anni, ed è ormai chiaro che non arriverà più. La ragione? Non ha mai nascosto di voler restare fedele alla Chiesa della sua infanzia, la Chiesa di sempre, e di non essere disposto a piegarsi, per conformismo e interesse, agli stravolgimenti del post Concilio. Un giorno il suo vescovo ha visto che nella chiesetta del suo paese, dove egli dice la santa Messa per pochissime persone, non c’è l’altare rivolto verso l’assemblea, ma solo il "vecchio" altare pre-conciliare, quello appoggiato alla parete, con il tabernacolo del Santissimo (fra parentesi, un capolavoro di scultura lignea del XVII secolo), e glie ne ha chiesto ragione; lui ha risposto che il vero pastore guida le pecorelle in avanti, e quindi è logico che volti loro le spalle, perché la meta è davanti, e in alto, e non altrove. Da quel momento, la promessa promozione a parroco è rimasta congelata a tempo indeterminato. Pare che in curia non abbiano bisogno di lui, né di preti come lui, nonostante la crisi irreversibile delle vocazioni (numero degli studenti presenti in quel seminario, che erano circa 80 al tempo della sua formazione: zero virgola zero, seminario chiuso per totale assenza d’iscrizioni). E non solo questo santo prete vive da solo, senza quasi contatti con il mondo esterno (visto che non guida neppure l’automobile), ma deve anche fare i conti con la frustrazione, l’amarezza, il senso di impotenza di fronte a una Chiesa che sta tralignando completamente dalla sua missione. Il vescovo ha avuto anche la sfacciataggine di chiedergli di avanzare la richiesta di sospensione a divinis, come se il desiderio di lasciare l’abito sacerdotale partisse da lui. Ha rifiutato con sdegno: se c’è qualcuno che dovrebbe lasciare la Chiesa, ha pensato, e forse lo ha anche detto, è chi non vuole più servirla secondo la Tradizione.

La situazione di questo sacerdote somiglia a quella di altri sacerdoti e anche di parecchi laici, compresi molti che sono ancora più giovani e che, quindi, non hanno mai conosciuto la Chiesa di prima del Concilio, e che nondimeno, da soli, semplicemente ragionando con la loro testa e confrontando quel che oggi accade nella Chiesa con quel che la Chiesa dovrebbe essere, se fosse la fedele Sposa di Cristo, sono arrivati alle stesse conclusioni. Conosciamo parecchie persone che si trovano in una tale situazione, con questo stato d’animo, e che stanno vivendo un vero e proprio dramma di coscienza. Alcune ci contattano per avere un consiglio. Un lettore, che non abbiamo mai conosciuto di persona, ci ha mandato questa mail, dalla quale togliamo solo poche parti riguardanti la nostra attività di scrittore (che qui non interessa) e, naturalmente, il nome dell’autore; per tutto il resto, la lettera è assolutamente autentica, e non ne abbiamo cambiato una sola virgola.

Sono del 1974, quindi da bambino ho conosciuto una certa Chiesa, in cui il sacerdote ci dava degli scapaccioni quando ci trovava fuori dall’aula del catechismo (ma poi a fine lezione ci dava la caramella), in cui prima di fare la comunione bisognava confessarsi, ed ho anche ricordo dei vespri cantati in latino. Poi sono andato alle scuole medie e complici le lezioni di scienze (ovviamente la colpa è mia, non voglio giustificarmi) mi sono abbandonato all’apostasia, ricordo ancora il giorno in cui tornai a casa dalle scuole medie e dissi a mia madre: ma mamma, Dio non esiste, il mondo è stato creato col Big ben e via ripetendo la lezione su Darwin che avevo appena imparato, e da quel giorno mi sono professato ateo (peggiorando la cosa con le scuole superiori dove ho conosciuto il marxismo…). Mamma provò a controbattere ma in fin dei conti questa era pure la lezione che dovevo ripetere per andare bene a scuola, a così non riuscì fermarmi, ma probabilmente ha tanto pregato per me. Io però sono una persona molto spirituale, aspetto che per conformismo ho tenuto celato a lungo, e a lungo andare le istanze spirituali hanno cominciato a bussare alla porta ed ho compreso che non mi bastava assolutamente il materialismo confusionario propinato da tutte le direzioni dalla società moderna ed ho allora cominciato a cercare altre vie prima di cadere nella follia o abbandonarmi al nichilismo ed alla disperazione. Allora (avevo circa 29 anni) ho cercato altre vie, mi sono imbattuto in autori anti-moderni che contrapponevano la tradizione alla modernità (Evola, ad esempio) ma anche questa visione sentivo non essere adatta a me, troppo complicata ed arzigogolata, roba da intellettuali mi sono detto, ed io non lo sono. Allora, Provvidenzialmente, mi venne in aiuto Benedetto XVI, che metteva in guardia contro il relativismo culturale, che io avevo identificato, seppure con altre parole, come uno dei mali dei nostri tempi; mi dicevo: possibile che ognuno la può pensare come vuole su tutto e va tutto bene così? Allora ho iniziato a seguire di più gli ammonimenti del Papa ed una certa area culturale di estrazione cattolica, ed in quel tempo ho conosciuto anche Lei grazie al sito di Arianna Editrice; questi due eventi sono stati per me come una folgorazione, e lì mi è apparso chiaro che la via che stavo cercando era Gesù Cristo, e che era lui che dovevo seguire, l’unico che si può seguire con semplicità di cuore. Sono seguiti anni veramente difficili perché ho dovuto fare entro di me una opera di decostruzione titanica per depurarmi dalle tossine che per anni avevo fatto ingerire alla mia anima, ho dovuto ripensare praticamente tutta la mia impostazione culturale, la qual cosa, può ben immaginare, ha reso molto più sottile il tessuto sociale a cui posso far ora riferimento, lei me lo insegna, il modernismo non accetta ripensamenti, pena la scomunica. Ma io sono andato avanti, oltretutto sono un tipo solitario per natura, quindi non mi disturba un certo grado di isolamento a livello sociale. Stavo poi decidendomi anche a rientrare nella comunità cattolica, quando Benedetto XVI ha abdicato ed è stato eletto Bergoglio e da quel giorno, nuovi dubbi mi lacerano. Infatti, fino a Bergoglio, non mi ero molto addentrato nelle questioni dottrinali e non ero a conoscenza del fatto che il Concilio Vaticano II avesse prodotto delle divisioni all’interno della Chiesa (poi ho conosciuto Lefebrve); con Bergoglio, ed anche grazie a lei e ad altri scrittori cattolici che seguo (il sito "La nuova bussola quotidiana", ad esempio), ho capito che queste divisioni stavano venendo alla luce, ed allora il mio percorso di fede ha avuto una battuta d’arresto. Ho cercato di confrontarmi su questo tema con alcuni conoscenti cattolici che non hanno mai abbandonato la Chiesa nella loro vita, ma mi guardavano allibiti e fuggivano il dibattito, quasi che stessi turbando la quiete della loro anima; perfino il "chi sono io per giudicare" viene accolto positivamente da questi miei conoscenti cattolici, una delle quali infine (che ha anche fatto l’insegnante di catechismo in passato), parlando dell’omosessualità, ha detto candidamente: "in fin dei conti che male c’è? Se non fanno male a nessuno…". A quel punto mi sono fermato, anche perché avevo letto una citazione di Sant’Agostino: sono tutti benvenuti nella processione, ma l’ultimo arrivato non può pretendere di guidarla (questo almeno ne era il senso), e mi sono chiesto: chi sono io per ammonire i cattolici che stanno seguendo il pastore sbagliato, io che dalla Chiesa ne sono uscito, posso ora rientrarne e pretendere di avere la verità in mano? Posso io, che per anni sono caduto nell’ateismo, andare a spiegare a chi è sempre rimasto nella Chiesa che sta seguendo il pastore sbagliato?

Sono parole che fanno riflettere e sono cose che fanno male. Fa male pensare che dei buoni cristiano sono costretti a un tale grado di isolamento e di angoscia dai pessimi esempi di leggerezza, confusione e stravolgimento dottrinale che provengono in continuazione dalla neochiesa dei nostri giorni. Fa male all’anima pensare a quante persone buone, dall’animo sincero, dalla coscienza retta, si avvicinano alla Chiesa, in un momento storico travagliato come il nostro, cercandovi le parole di vita eterna che solo Gesù Cristo sa dispensare agli uomini, e non solo non le odono, ma odono parole completamente diverse, e assistono a comportamenti di segno totalmente difforme; parole e comportamenti dei quali il neoclero si fa vanto, tanto è vero che non arrossisce di servirsi dei media, di rilasciare interviste ai giornali, di comparire frequentemente nei programmi televisivi, per diffondere sempre di più un modo di essere preti e di essere cristiani che non è quello insegnato da millenovecento anni di Tradizione e non è nemmeno conforme alla lettera e allo spirito della Scrittura. Come nella società profana, purtroppo, anche nella Chiesa è in atto, ormai da cinquanta anni, una vera e propria selezione dei peggiori, mentre i migliori vengono respinti, umiliati ed emarginati. La passione che stanno soffrendo i Francescani e le Francescane dell’Immacolata è un esempio eloquente di questo perfido disegno, che vuol sostituire, pezzo a pezzo, una chiesa falsa e apostatica alla vera, fondata da Gesù Cristo e affidata al suo vicario in terra. Ma papa Francesco è il vicario di Cristo, e agisce come tale? Ciascuno è chiamato a dare una risposta sincera davanti a Dio.

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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