
La deriva inizia con l’abbandono dell’adolescenza
20 Giugno 2018
«Quelli che usurpa in terra il loco mio»
21 Giugno 2018Vogliamo proseguire a approfondire la precedente riflessione dedicata al tema dell’adolescenza e alle strategie educative più adatte all’età dell’adolescenza, La deriva inizia con l’abbandono dell’adolescenza, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 19/06/2018). Premesso che, in ogni casi, un progetto educativo è necessario, e che non può essere solo della famiglia, o della scuola, o della Chiesa, ma deve essere un progetto totale, portato avanti dalla società nel suo complesso, avevamo osservato, sulla scorta della riflessione di Rudolf Allers, che l’adolescente è ribelle per natura, e più precisamente "rivoluzionario", nel senso che è naturalmente avverso alla tradizione. Avevamo poi osservato, per conto nostro, che questo non è un dato originario della psicologia adolescenziale, ma un portato della cultura moderna, la quale si fonda, precisamente, sul mito del cambiamento brusco e irreversibile, e quindi della rivoluzione, naturalmente non solo e non tanto in senso politico-sociale, ma in ogni ambito (la rivoluzione scientifica; la rivoluzione industriale; la rivoluzione tecnologica; la rivoluzione informatica, ecc.). Inoltre la cultura moderna, a un certo punto del suo sviluppo, quando si è verificato il "salto" definitivo dalla rivoluzione dei mezzi alla rivoluzione dell’immaginario, e quindi della narrazione di se stessa, ha incentivato in modo sistematico, e per ragioni meramente economiche, il ribellismo giovanile, vedendo in esso una nuova occasione di lauti profitti (sesso, droga, cinema e musica trasgressivi, ecc.). Gli adolescenti, però, più che mai bisognosi di modelli di riferimento, e di modelli diversi dai propri genitori, dai propri insegnanti e dai propri sacerdoti (rottura con la tradizione, appunto), si sono aggrappati a questi miti consumistici e ribellistici senza rendersi neppure conto della loro antinomia intrinseca, perché parlare di una ribellione all’insegna del consumismo è una contraddizione in termini, essendo la ribellione un atto che viene diretto conto il sistema dominante. Ma tant’è: l’uomo moderno è, di per se stesso, una contraddizione vivente, in quanto è divenuto un individualista di massa, e anche questa è una cosa impossibile, un ossimoro al quale egli si è felicemente adattato, più che mai convinto di essere libero, cosciente e meritevole di esser preso sul serio, quando rivendica la sua libertà e la sua consapevolezza.
D’altra parte, avevamo notato che il ragazzo non rifiuta l’autorità in se stessa, ma solo quella che gli appare poco credibile, mentre desidera, più o meno inconsciamente, una autorità capace di guidarlo nelle scelte che egli, da solo, sente di non essere in grado di assumersi. Nella sua mente, autorità fa rima con credibilità, e gli adulti della società moderna, a differenza di quelli delle società pre-moderne, non reggono quasi mai al confronto fra ciò che sono e ciò che pretendono di essere. La loro mancanza di credibilità si traduce quindi in una mancanza di autorevolezza, ed è per questa via che si opera la rottura generazionale, a causa della quale il mondo adulto non riesce più ad esercitare una seria influenza sull’universo dei giovani. Questo è un fatto drammatico, perché equivale a dire che la società moderna è del tutto incapace di sviluppare un suo progetto educativo e che i giovani, di fatto, crescono al di fiori di qualunque progettualità educativa, a casaccio, andando qua e là in cerca di risposte, senza che gli adulti siano capaci di offrirle in maniera organica e d efficace, ma, al massimo, sporadicamente e isolatamente. In altre parole, il giovane dei nostri giorni deve fare una fatica doppia o tripla, per crescere e maturare, di quella che veniva richiesta al giovane di due o tre generazioni fa, per non parlare di quello di epoche ancora più antiche. Egli deve in qualche modo imparare da solo, perché gli adulti non sanno, non possono o non vogliono assumersi le loro responsabilità educative nei suoi confronti: preferiscono latitare, sia disinteressandosi del problema, sia recitando la parte degli "amici", e tradendo, così, il loro preciso dovere di genitori, di insegnanti, di sacerdoti, eccetera. Perciò, o gli adulti tornano a fare il loro mestiere di educatori, oppure l’educazione dei giovani verrà demandata sempre più alla televisione, ai social network e a tutto l’insieme della macchina consumista globale.
La posta in gioco è molto alta. Finora, abbiamo lasciato che i giovani andassero allo sbaraglio, senza una guida, senza una meta, senza neanche gli strumenti minimi per affrontare la vita in maniera consapevole e responsabile. Se si sono ficcato nei pasticci, almeno nel 50% dei casi, a dire poco, la colpa è stata degli adulti, che non c’erano là dove avrebbero dovuto essere presenti, ma erano in tutt’altre faccende affaccendati. Per esempio, erano affaccendati nei loro capricci consumisti, inseguivano il miraggio dell’ultimo modello di automobile, o di telefonino, oppure inseguivano l’ultima conquista sessuale, mandando a catafascio la propria famiglia e infliggendo ai figli adolescenti il trauma delle tensioni, dei tradimenti, delle ripicche, delle liti, delle separazioni e dei divorzi, sballottandoli dall’uno all’altro genitore, a colpi di avvocato. I giovani si son resi conto, non senza sgomento e una profonda amarezza, di essere all’ultimo posto nei pensieri degli adulti, e ne hanno tratto la conclusione che si devono arrangiare da soli; ma, privi di modelli validi, di saldi punti di riferimento, si son trovati a dover andare tentoni, come ciechi, in un mondo ostile, che essi credono di conoscere, perché la tecnologia informatica dà facilmente questa illusione di conoscenza e di padronanza del reale, ma in realtà senza conoscerlo e ignorandone le innumerevoli trappole e insidie. Di fatto, vi è una distanza enorme fra quel che il giovane crede di sapere e di poter fare, di poter gestire, e ciò in cui s’imbatte allorché, andando in cerca di risposte alle sue domande esistenziali, si espone all’influenza nefasta di forze interessate a soggiogarlo per i loro oscuri fini, dandogli però, in cambio, l’illusione della libertà. Un genitore che lotta strenuamente per sottrarre suo figlio alle spire della droga è un buon esempio di questa lotta impari, disperata, fra una generazione adulta che ha mancato la sua missione educativa e le sfide di un mondo sempre più popolato di sirene, d’inganni, di parassiti e di vampiri, interessati unicamente a sfruttare l’ingenuità e l’inesperienza altrui, e quindi, in primo luogo, quelle dei giovani. E questo la dice lunga sulla bontà e sulla moralità intrinseche di una cultura e di una società le quali, voltando le spalle a Dio, hanno tradito anche l’essenza più profonda dell’uomo, e lo hanno consegnato inerme, a partire dai più piccoli e indifesi, in balia delle forze demoniache che proprio la modernità ha evocato, e delle quali vive e si alimenta.
Qualcuno ha detto che l’adolescenza non è il tempo della spensieratezza, ma dell’eroismo; e oggi la cosa è più vera che mai. Mettiamoci nei panni di un adolescente, per piacere: solo così, forse, è possibile capire qualcosa della sua situazione, senza la pretesa di giudicarlo in maniera astratta. L’adolescente dei nostri giorni non ha le fortune che abbiamo avuto noi adulti: in linea generale, intorno a lui ci sono molte chiacchiere e pochissimi buoni esempi. Gli adulti coi quali si confronta sono poco credibili, perché sono poco seri: lo esortano a crescere, a maturare, ma da parte loro mostrano di aver capito pochissimo della serietà della vita, tanto è vero che sprecano tempo ed energie per rincorrere delle autentiche sciocchezze, o, peggio, perché si sono fatti schiavi del principio del piacere. Come aspettarsi impegno, dedizione e serietà da un adolescente, quando sua mamma, invece di stargli vicino (ma senza esagerare), passa ore e ore dall’estetista, o in palestra, o chattando stupidamente in rete e giocando a fare la ragazzina in cerca di romantiche avventure; e quando suo padre è sempre fuori per lavoro, e, quando c’è, invece di stare un po’ con lui, parlare con lui, chiedergli come vanno le sue cose, corre al bar, dagli amici, oppure si sprofonda davanti alla televisione, e perfino quando esce coi suoi, invece di chiacchierare con loro, s’incretinisce a mandare e ricevere messaggi col telefonino? Certo, i genitori non sono tutti così; ci mancherebbe altro: però questa è la tendenza, e molti, troppi seguono questo modello, il modello idiota del consumismo all’americana. Niente sentimenti, poco affetto; superficialità, esteriorità, fatuità, ricerca della frivolezza, scambiata per questione di vita o di morte; enorme attenzione per le cose vuote e disordinate e nessuna attenzione per le cose belle, pulite, profonde. Amore per la cultura, zero. Onestà, lealtà, esser di parola: qualche volta, a seconda dei casi. Per il resto, arrampicarsi, sbavare per ottenere qualcosa in più, per salire un gradino, per avere dei favori, delle corsie preferenziali, degli spazi privilegiati; sentirsi dei grand’uomini (e delle gran donne) quando si può disporre di molte cose, e sentirsi dei poveracci, delle nullità, dei falliti, quando ciò non accade. Misurare la vita a peso, si vale per quel che si possiede, per il numero delle conquiste sessuali, per la varietà dei vestiti e delle scarpe che s’indossa. Cosa può imparare un ragazzo, da tutto ciò?
Dunque, punto primo, se gli adulti vogliono evitare di "perdersi" gli adolescenti, devono tornare ad essere credibili; e per essere credibili, punto secondo, devono tornare ad essere persone serie. La persona seria non è colui che non sa sorridere, ma è colui che ha imparato a distinguere le cose essenziali dalle cose superflue, le cose profonde dalle cose banali, le cose (e le persone) di valore dalla paccottiglia. Oggi, sul mercato delle idee e dei comportamenti, c’è molta, troppa paccottiglia; non solo: c’è una gran quantità d’immondizia, spacciata per merce di prima qualità. La gente fa a gomitate per arraffare la sua bella porzione di porcheria, mentre il tesoro rimane trascurato, in un angolo, e nessuno gli si avvicina. Ci sono dei poveri stupidi per certi aspetti assai furbi (la furbizia non va confusa con l’intelligenza) che guadagnano cifre astronomiche solo perché postano delle fotografie sui social e trovano milioni di followers, mentre un onesto padre di famiglia deve spaccarsi la schiena in fabbrica o in miniera per portare a casa appena lo stretto necessario per vivere. Né le cose vanno diversamente in ambito intellettuale, spirituale e religioso: la folla va dietro ai demagoghi, si assiepa per ascoltarli, per farsi firmare l’ultimo libro del "grande" scrittore, per avere un autografo del "grande" pensatore; la folla si assiepa anche per applaudire un neoclero senza fede e senza decenza, che trascina nel fango la Parola di Dio, che incoraggia e giustifica ogni licenza, ogni peccato, ogni turpitudine, e che si autonomina progressista e vero interprete del Vangelo. C’è anche un signore che dice si essere papa ma non fa il papa, e che è stato eletto in maniera dubbia, per non dire irregolare, dopo le inspiegabili e subitanee dimissioni del suo predecessore; un signore che non lascia passare un giorno senza dare scandalo ai fedeli con delle omelie e con delle interviste che non hanno niente di cristiano, meno ancora di cattolico, cosa della quale peraltro si vanta, dal momento che dichiara con decisione che Dio non è cattolico, e che il Dio in cui lui crede non è cattolico.
Agli adolescenti, dunque, è necessario oggi avere una certa dose di eroismo. Hanno tutto contro e poche cose a loro favore. L’intero sistema si regge sul fatto che essi vengano attirati, sedotti e manipolati dagli stili di vita che ne spegneranno le potenzialità migliori, per trasformarli in tanti uomini-massa, omologati e lobotomizzati, passivi consumatori di beni inutili, che poi non sono nemmeno dei veri beni. Oltre che incretinirlo, il sistema consumista vorrebbe anche abbrutirlo, e a tale scopo lo bombarda con dosi industriali di messaggi erotici e pornografici, che ne esasperano le tensioni emotive ed ormonali. E per completare il disordine, fa di tutto per insinuargli il dubbio sistematico circa la propria identità sessuale e per spingerlo verso la promiscuità e l’ambivalenza: in questo modo, la destrutturazione della sua personalità è completa. Ma se la società si "gioca" gli adolescenti, è veramente spacciata. Gli adolescenti sono le persone in formazione, e dal modo in cui essi vivranno la loro fase di passaggio, dipenderà quel che saranno, probabilmente per tutto il resto della vita. Anche l’infanzia è un’età importantissima, ma il bambino è anteriore alla coscienza del bene e del male, mentre l’adolescente è colui che fa questa scoperta, e in base ad essa costruisce il proprio io. Gli "errori" del bambino sono, in linea di massima, rimediabili, proprio perché non coinvolgono tutta la sua personalità; quelli dell’adolescente, se ne fa, rischiano di essere definitivi. L’adolescente è sospeso fra due abissi: da un lato rischia di cadere nel nulla e di essere nulla, dall’altro ha la possibilità di realizzare le sue migliori potenzialità, ciò per cui è stato chiamato alla vita. Non può sbagliare: se sbaglia, precipita nel nulla; ma se riesce, con l’aiuto di Dio, diventa un essere umano completo, maturo, una persona riuscita, felice, che sarà di consolazione e aiuto per gli altri. Gli uomini sono chiamati alla felicità: ma essa non è la stessa cosa del piacere, perché coincide col bene, e il bene si raggiunge per una strada faticosa, erta e solitaria. L’adolescente è chiamato alla felicità, e quindi è chiamato ad affrontare la strada che porta verso il bene; fuori di essa non troverà che inganni e illusioni; ma in essa proverà la stanchezza e la sete, e si ferirà i piedi, perché il sentiero che conduce al bene è invaso dai rovi e attraversa una landa arida, ove non piove quasi mai. La pioggia è la grazia di Dio, senza la quale anche le cose miglioro inaridiscono e appassiscono. Così, l’adolescente deve imparare ad affidarsi alla sola guida che non delude, né inganna o tradisce: quel Gesù Cristo che ha detto: Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero (Mt 11, 28-30).
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