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Ora è il giudizio di questo mondo

Nell’imminenza dell’ultima Pasqua celebrata da Gesù Cristo nella sua vita mortale, preannunciando il suo imminente sacrifico, Egli disse (Gv. 12, 31-32):

Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me, alludendo alla sua morre sulla Croce. E poi, sempre rivolto alla folla (id., 35-36): Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce.

E infine, dopo aver osservato che molti, pur credendo in Lui, tenevano nascosta la loro fede, perché temevano i capi dei farisei e "amavano la gloria degli uomini più che la gloria di Dio" (id., 44-50):

Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me.

Sono parole chiarissime e drammaticamente attuali. Gesù non è venuto per condannare il mondo, ma per salvarlo; non lo può salvare contro sua voglia, tuttavia: per essere salvato, il mondo deve credere in Lui; se il mondo non vuol credere, se resiste, se rifiuta di riconoscere la verità delle Parole di Cristo, allora il mondo è già condannato, non da Dio, ma da se stesso. Rifiutando ed impugnando la verità che gli viene offerta, il mondo sottoscrive la propria condanna. Alle parole di Gesù fanno riscontro le parole, non meno inquietanti, pronunciate dai giudei allorché pretendevano la crocefissione di Cristo da Ponzio Pilato, il quale esitava, dichiarando di non voler condannare un innocente (Mt. 27,25): Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli.

La storia è pertanto il luogo di un dramma cosmico, nel quale si affrontano le forze del bene e quelle del male; e la venuta di Cristo rappresenta il momento culminante di esso, perché provoca un radicale assestamento delle due schiere, e, per reazione, un rabbioso assalto delle potenze infernali. Gesù è venuto a portare la luce, la luce della Verità; ma non la vuole imporre, la vuole solo offrire; e il diavolo, da parte sua, fa di tutto perché quella luce non possa risplendere, affinché gli uomini si chiudano al suo splendore e preferiscano restare nelle tenebre più fitte, le tenebre dell’idolatria, dell’egoismo, delle passioni disordinate, che rendono l’anima schiava dei suoi stessi vizi e che abbassano la dignità dell’uomo al di sotto delle bestie. Chi accoglie la Parola di Cristo diviene figlio della luce, ma chi la respinge diventa un figlio delle tenebre. Così, anche se Gesù non è venuto per condannare il mondo, la sua venuta provoca comunque un giudizio, portando a maturazione il grandioso disegno che Dio aveva in serbo per la sua creazione: fare in modo che le creature scelgano liberamente se accettare o no di essere suoi figli adottivi, legate a Lui da un indistruttibile vincolo di amore. I cristiani, specialmente nei tempi moderni, sembrano aver perso, insieme con la consuetudine della lettura e della mediazione del Libro Sacro, anche la consapevolezza che la storia umana è solo la parte visibile, limitata e miope, se non addirittura cieca, di una storia infinitamente più vasta, la storia dell’amore di Dio per la sua creazione e della salvezza che viene portata dal suo Figlio Unigenito fra gli uomini. Inoltre, la visione che hanno molti cristiani della storia pare che sia essenzialmente statica, mentre dovrebbe essere quanto mai dinamica, aperta e imprevedibile. Il finale non è stato scritto in anticipo e la libertà dell’uomo, il dono più prezioso che Dio ha fatto alla sua creatura prediletta, fa sì che l’esito della lotta cosmica fra il bene e il male rimanga sospeso fino all’ultimo giorno, fino all’ultima ora; e, sebbene la vittoria del bene sia certa, perché garantita da Dio stesso, non è per niente scontato in che modo ciascun essere umano risponderà alla prova degli ultimi tempi, che fungerà da discrimine fra il buon grano e il loglio, fra l’erba fruttifera e l’erba infestante, destinata a venire strappata e gettata nel fuoco, a bruciare.

Dunque, dice Gesù, poco dopo il suo ingresso a Gerusalemme per la celebrazione pasquale: Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Sono parole austere, in parte chiare e in parte misteriose, che andrebbero meditate giorno e notte, perché furono pronunciate nel momento dell’intersezione fra la storia del mondo, dominata dal suo principe tenebroso, e la storia soprannaturale, che è storia di salvezza, incarnata nel Verbo disceso dal Cielo per mostrare agli uomini la via del ritorno al Padre. Ora, non solo i cristiani, parlando in generale, sembrano ormai incapaci di "leggere" la storia nella giusta maniera, cioè come parte del piano di salvezza universale voluto dal Creatore; ma proprio il clero, a cominciare dai più alti livelli, mostra di aver completamente introiettato le filosofie della storia proprie della cultura materialista, laicista e immanentista. L’altro giorno, commentando, a modo suo — e cioè in modo non cristiano e non cattolico — la vicenda della nave Aquarius, che è valsa a scoperchiare molte e radicate ipocrisie, non solo nel mondo della politica, ma anche nella Chiesa, monsignor Francesco Montenegro ha affermato, fra le altre cose, che quelli che lui chiama "fenomeni migratori", ma che avrebbe dovuto chiamare, più giustamente, invasione ed islamizzazione forzata dell’Italia e dell’Europa, sono parte di una realtà "ineluttabile". Ma di ineluttabile, nella storia umana, non c’è nulla, almeno per il cristiano, dal momento che il signore della storia è Dio, e Dio solo; e dal momento che nulla è impossibile a Lui, e nulla accade che Egli non consenta, purché lo consenta. Considerare questo o quel fatto della storia come "ineluttabile" tradisce, come ha prontamente osservato Roberto De Mattei, una concezione storicista, cioè una concezione secondo la quale la spiegazione della storia è nella storia stessa, e non al di fuori e al di sopra di essa, come deve essere ben chiaro a chiunque si dica cristiano, per non parlare di un alto prelato. Francesco Montenegro è un cardinale e un arcivescovo, dunque è un pezzo grosso nella gerarchia cattolica, uno dei consiglieri del pontefice romano; non solo: è anche il presidente della Caritas, la quale, con il contributo – anche finanziario — della Conferenza Episcopale Italiana, nonché dello Stato italiano, gestisce, in larga misura, il fenomeno della migrazione/invasione africana ed islamica. Perciò le sue parole risultano non solo sbagliate nel metodo, perché portano il discorso di un esponente della Chiesa sul piano squisitamente politico, come se i diritti del popolo italiano non esistessero ma dovessero inchinarsi e sacrificarsi davanti a un non meglio precisato diritto degli stranieri; non solo inopportune e contestabili nel merito, perché danno per scontato il destino della islamizzazione dell’Italia e dell’Europa, contraddicendo il preciso mandato di Gesù Cristo ai suoi Apostoli: Andate in tutto il mondo a battezzare e predicare il Vangelo (non il Corano, né alcun altro libro sacro all’infuori del Vangelo e della Bibbia, di cui il Vangelo è parte essenziale); ma risultano, soprattutto, in contrasto insanabile con la filosofia della storia che appartiene al cristianesimo: laddove la storia è fatta, sì, dagli uomini, ma secondo un piano voluto da Dio, predisposto da Dio e orientato da Dio, e del quale Dio solo è il padrone e il conoscitore, e che nessuno all’infuori di Lui, pertanto, può pretendere di sapere come si concluderà. Il cristiano, proprio perché non assolutizza la storia, proprio perché non cerca il suo significato ultimo restando all’interno di essa, tuttavia nemmeno la sottovaluta, nel senso che è ben conscio della responsabilità umana e sa che nulla, neppure l’Incarnazione e la Redenzione di Cristo, assicura una sorta di paracadute garantito, nulla ha il potere di scongiurare le conseguenze deleterie dei suoi errori, delle sue colpe, se egli non si ravvede e se non si lascia guida da una forza superiore, quella dello Spirito, la sola che può sostenerlo nelle sue debolezze e consigliarlo nella sua sconsideratezza. Perché l’uomo, da solo, abbandonato alle sue sole risorse, non è capace di andar lontano: tutto quel che riesce a fare è procurarsi un biglietto per l’inferno.

Pertanto, come cristiani dobbiamo chiarirci le idee riguardo alla storia, nel cui orizzonte, come esseri umani, siamo immersi, ma oltre la quale abbiamo non solo la possibilità, ma il dovere e anche la gioia, di guardare, appunto perché, come cristiani, non possiamo limitare il nostro sguardo alle cose di quaggiù. Il tragico errore di una certa chiesa postconciliare (che scriviamo, deliberatamente, con la lettera minuscola) è stato proprio questo: smarrire l’orizzonte soprannaturale e rinchiudere la propria prospettiva entro l’angusto orizzonte della storia umana. Ma la storia umana, guardata dall’interno e chiusa in se stessa, è il luogo dell’orrore, dell’ingiustizia e della disperazione: è l’inferno sulla terra, puramente e semplicemente. La storia dei popoli, non meno della storia dei singoli, è una storia dominata dalle potenze del male: è la storia di come le tenebre hanno accecato lo sguardo degli uomini e li hanno condotti a lasciarci guidare dalla loro parte peggiore, la più oscura. Le tenebre chiamano le tenebre. Il diavolo, principe di questo mondo, fa leva sul fondo tenebroso dell’anima umana, che, dopo il Peccato di Adamo, costituisce lo scoglio principale che impedisce agli uomini di vedere la luce e di riconoscersi, amanti e riamati, figli di Dio. Così, essi preferiscono aggirarsi fra le tenebre, perché le loro opere sono malvagie: ingiustizia, menzogna, superbia, lussuria, invidia, calunnia, furto, rapina, omicidio, inganno, tradimento, violenza e ogni sorta d’iniquità; e le tenebre sono fatte per nascondere ciò che è brutto e vergognoso, mentre la luce lo renderebbe manifesto e li consegnerebbe alla pubblica esecrazione. Chi è da Dio, chi lo cerca con animo puro, chi non è mosso da secondi fini, né agitato da passioni inconfessabili, chi rispetta e onora il padre e la madre, non dice falsa testimonianza, non brama la donna degli altri e le cose degli altri, non ruba, non ha le mani sporche del sangue di suo fratello, ama la luce e detesta le tenebre, perché tutto ciò che vuole è trovare la strada che lo conduca verso la Verità. Questo è un concetto che è stato più volte espresso e ribadito da Gesù stesso, ad esempio in Gv 3, 16-21:

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.

E san Paolo, nella Lettera agli Efesini (5, 6-17):

Nessuno vi inganni con vani ragionamenti: per queste cose infatti piomba l’ira di Dio sopra coloro che gli resistono. Non abbiate quindi niente in comune con loro. Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate ciò che è gradito al Signore, e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente, poiché di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare.  Tutte queste cose che vengono apertamente condannate sono rivelate dalla luce, perché tutto quello che si manifesta è luce. Per questo sta scritto: «Svègliati, o tu che dormi, / dèstati dai morti / e Cristo ti illuminerà». Vigilate dunque attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi; profittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi. Non siate perciò inconsiderati, ma sappiate comprendere la volontà di Dio.

Parlano e agiscono da cristiani, quanti approvano il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, le unioni di fatto, anche omosessuali? Parlano da figli della luce quei sacerdoti e quei vescovi che dicono di sì a tali cose? Nessuno v’inganni con vani ragionamenti, avverte l’Apostolo; e precisa (Gal 1, 7-8): vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema!

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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