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A chi o a cosa serve il cristianesimo post-religioso?

Il neoclero modernista, infedele e fellone, sta trasbordando la Chiesa felicemente, si fa per dire, nell’era del cristianesimo post-religioso. Il discorso con cui il cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza episcopale italiana, ha chiuso l’assemblea, a fine maggio 2018, è stato quanto mai emblematico di tale mentalità: egli ha affermato che per la Chiesa, i paletti irrinunciabili sono quelli relativi alla centralità della persona, al diritto al lavoro, alla Costituzione e alla democrazia. Ironia del destino, proprio in quei giorni il popolo irlandese votava a favore della legge sull’interruzione volontaria della gravidanza; e l’ineffabile Bassetti aveva appena sostenuto che l’equivalente legge italiana, la famigerata 194, alla quale siamo debitori di circa sei milioni di aborti, non era poi male, così come era stata concepita nella mente dei legislatori. Dunque, riassumendo, e allargando lo sguardo a quanto detto e fatto anche da altri esponenti del neoclero, ma sempre sulla stessa linea di Bassetti: aborto sì, almeno a livello di buone intenzioni; divorzio sì, almeno in certi casi particolari e a giudizio insindacabile della propria coscienza, e poi anche ricevere la santa Comunione (vedi quanto detto nel capitolo ottavo di Amoris laetitia: quella che lo stesso Bassetti ha definito "un capolavoro"); eutanasia, no, però, a certe condizioni, forse sì (vedi i sentiti ringraziamenti del vescovo McMahon e del cardinale Nichols ai giudici e ai sanitari dell’ospedale dove il piccolo Alfie Evans è stato fatto morire). In compenso, e quei signori pensano di aver guadagnato nel "cambio", non sia mai che un buon cattolico rinunci alla centralità della persona, al lavoro, alla Costituzione e alla democrazia.

Che cosa è mancato, nel discorso del cardinale Bassetti? È mancato qualsiasi riferimento a Gesù Cristo, al Vangelo, alla Risurrezione, al peccato e alla Grazia. Non solo: è mancato qualsiasi riferimento a Dio, al Giudizio individuale e finale, all’inferno e al paradiso, alla vita eterna. Il suo è stato un discorso non solo post cristiano, ma addirittura post religioso. Di religioso, in esso, e a maggior ragione di cristiano, non diciamo neppure di cattolico, non c’era nulla, assolutamente nulla. La centralità della persona? Non è un principio cristiano. La persona è centrale nell’umanesimo; nel cristianesimo, centrale è Dio. L’uomo non è secondario, ma non è nemmeno centrale in senso assoluto: la sua "centralità", semmai, consiste nell’arrendersi a Dio, nell’uniformare totalmente la propria volontà alla sua. Il lavoro? È un grande valore cristiano, ma non è un valore essenziale del cristianesimo; vale, inoltre, lo stesso discorso sulla centralità della persona: il lavoro è una cosa che avvicina a Dio, se posto in un’ottica cristiana; altrimenti, no. Il lavoro dei centri commerciali aperti tutto il giorno della domenica, tenendo le persone lontane dalla santa Messa, e le famiglie (dei dipendenti) divise, le mamme e i papà lontani dai loro figli: questo genere di lavoro non ha nulla a che vedere con il cristianesimo; ha molto a che vedere, semmai, con la massoneria. La Costituzione? La democrazia? Né l’una, né l’altro c’entrano niente di niente con il cristianesimo; e non c’entrano neppure con la religione. Le costituzioni, storicamente, c’entrano con il liberalismo, vale a dire con una ideologia intrinsecamente irreligiosa; e la democrazia va ancora più in là del liberalismo, presuppone la libertà assoluta degli uomini, senza alcun limite o vincolo di tipo trascendente: la democrazia è quel sistema politico per cui decide la maggioranza, e la maggioranza può decidere anche di introdurre delle leggi immorali e anticristiane, come di fatto è avvenuto e continua ad avvenire (vedi la legge sull’aborto e il caso irlandese: il referendum essendo un tipico strumento dell’agire democratico). Perciò, possiamo solo ringraziare il cardinale Bassetti, e il vescovo Paglia, e il vescovo Galantino,e naturalmente il papa Francesco: grazie a loro, abbiamo scoperto che è finita l’epoca del cattolicesimo cristiano e addirittura del cristianesimo religioso, e che siamo entrati, a vele spiegate, nell’era del cristianesimo post-religioso. Vale a dire di un cristianesimo che non ha più alcun riferimento a Dio e alla religione. Il che, per la proprietà transitiva, ci porta alla scoperta che questa chiesa non ha più niente a che fare con Dio, meno ancora con Gesù Cristo. È una chiesa post cristiana e post religiosa. Pertanto, se pretende di presentarsi come la vera Chiesa cattolica, ciò significa che sta perpetrando una vera e propria truffa, un inganno colossale a danno dei fedeli. Si spaccia per quel che non è e trae le anime in inganno su una cosa di somma importanza: la vita eterna.

Attenzione: non stiamo dicendo che tutta la Chiesa è diventata una falsa chiesa post-cristiana; stiamo dicendo, invece, che una larga parte della Chiesa visibile ha tradito ed è venuta meno al proprio impegno e alla propria missione, e si è messa ad adorare e a predicare, peraltro con zelo encomiabile, le cose di questo mondo. Non è che tali cose siano, tutte, intrinsecamente cattive; alcune sono anche buone. Il lavoro, naturalmente, è una buona cosa, purché non venga rivolto contro Dio e la religione. Ma non sono cose religiose: sono cose che appartengono alla sfera della politica, e la chiesa, se decide che esse sono "centrali" e "irrinunciabili", tradisce la propria missione e assume una finalità diversa da quella originaria. Non è per fare politica che Gesù Cristo ha fondato la sua Chiesa; non è per affermare la centralità della persona, o il diritto al lavoro, eccetera. Nossignori. Non è per difendere il diritto al lavoro o la centralità della persona che Gesù Cristo ha detto a san Pietro: Su di te fonderò la mia Chiesa; e non è per sposare la costituzione o la democrazia che gli ha raccomandato, per tre volte, pasci le mie pecorelle. È qui che si vede fino a che punto il neoclero è divenuto infedele a Gesù Cristo; è qui che appare in tutta evidenza quanto esso si è allontanato dalla vera Chiesa. Il neoclero pensa alla politica, fa continuamente politica; e ha dell’uomo e della vita una concezione eminentemente politica, antropocentrica, naturalistica, immanentistica: non ha più una visione spirituale e trascendente. Questa è una vera e propria tragedia. Proprio nel momento in cui, storicamente, gli uomini, delusi dai miti infranti della modernità, e con il cuore a pezzi e sanguinante, vorrebbero tornare a Dio, si trovano davanti questo neoclero modernista e progressista, che pretende di propinare nuovamente, e malamente riscaldata, la stessa pappa nauseabonda dalla quale si erano allontanati: la pappa del progressismo, dei diritti civili, della democrazia, e perfino dell’ambientalismo e dell’ecologismo. Gli uomini hanno fame e sete di Dio, e si trovano davanti questi falsi preti e questi falsi vescovi i quali, dall’ambone, predicano la centralità della persona, il diritto al lavoro, la difesa della Costituzione. Le anime hanno un immenso desiderio di udire parole di vita eterna, e vengono propinate loro sempre e solo parole di vita terrena: ottuse, limitate, presuntuose, imperfette, sovente truffaldine. Predicare il dovere cristiano dell’accoglienza quando l’Italia è alle prese con una invasione africana ed islamica sapientemente programmata, per esempio, significa imbrogliare sul significato delle parole: delle parole sacre, in questo caso. Accoglienza, per il cristiano, è una parola sacra. Ma non esiste il dovere di farsi invadere e di farsi sostituire; né esiste il dovere di offrire moschee ai seguaci di Allah, in terra cristiana. È questo che ha raccomandato Gesù ai suoi Apostoli, prima di ritornare al Padre? Ha detto loro di incoraggiare gli uomini a persistere nelle false religioni? Non ci risulta. A noi risulta che ha detto: Andate in tutto il mondo a predicare il Vangelo e a battezzare: e chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo, mentre chi non crederà, sarà condannato. Questo è scritto bel Vangelo, nel vero Vangelo. Nel vangelo taroccato dei Bassetti, dei Paglia, dei Galantino e dei Bergoglio, senza dubbio, è scritto altro. Ma a noi non interessa.

Un carissimo amico, riflettendo sconsolato su tutte queste, l’altro giorno ci ha scritto:  Il Cristianesimo mi manca e ciò che ne ha preso il posto mi irrita e mi umilia. È triste esser soli. Parole di una gravità e di una tristezza abissali; parole che vengono dal cuore di tanti buoni cattolici, i quali ormai da tempo si sentono superflui, sbandati, irrilevanti, inutili; peggio: si sentono abbandonati, traditi, beffati, raggirati. Specialmente quelli non più giovani, nei quali è sempre viva e operante l’educazione cattolica ricevuta da bambini, prima del Concilio Vaticano II, quando la Chiesa era la Chiesa di sempre, e non era ancora questa neochiesa politicizzata, protestantizzata, islamofila e giudeofila, la quale, di cattolico, non ha più se non il nome, e la fede di qualche sacerdote isolato ed emarginato, spedito in qualche paesino di montagna per punirlo di non essersi arreso alle "novità" postconciliari, per non aver aderito all’apostasia generale. Perché dire che gli ebrei si salvano anche senza convertirsi, e che Lutero è stato mandato dallo Spirito Santo, equivale all’eresia e all’apostasia. Ma si tratta di un’apostasia così silenziosa, così abilmente dissimulata, così strisciante e così generalizzata, che pochissimi l’hanno riconosciuta per quello che è. La prova? Fino a cinquant’anni fa, un vescovo che avesse parlato come parlano ora Paglia e Galantino, o un cardinale che avesse parlato come parla ora Bassetti, avrebbero suscitato un immenso scandalo e, molto probabilmente, sarebbero stati formalmente ripresi e corretti. Di più: non avrebbero mai osato dire quelle cose, perché qualcuno si sarebbe accorto della loro eresia molto prima che diventassero vescovi o cardinali. E così, giovani preti dai bollenti spiriti, o seminaristi dalla testa calda, sarebbero stati fermati per tempo e mandati a riflettere in qualche eremo isolato: precisamente quel che oggi avviene ai sacerdoti che hanno il torto di voler restare fedeli alla dottrina e alla vera Sposa di Cristo. Non parliamo di un papa che avesse parlato e agito come Francesco. Molto prima di lasciargli dare pubblico scandalo, come ora sta facendo; molto prima di asserire che Dio non è cattolico, che nessuno sa perché esiste la sofferenza, che Gesù fa un po’ lo scemo, che andremo tutti in paradiso e che l’inferno non esiste, un sacerdote che avesse parlato in tal modo sarebbe stato sospeso dalle sue funzioni, gli sarebbe stato proibito di celebrare la santa Messa e sarebbe stato chiamato a colloquio dal suo vescovo, con un’alternativa secca: ravvedersi e domandare scusa, oppure lasciare l’abito. Uno così, non sarebbe mai diventato, non diciamo papa, ma nemmeno parroco del più sperduto paesino. Oggi, invece, Francesco dice tali cose, e ne dice di ancor più gravi, e tutti tacciono, anzi, fanno sentire la loro voce solamente per lodarlo ed acclamarlo. No, decisamente è successo qualcosa: qualcuno è impazzito, qualcuno ha tradito: o chi nota l’empietà di quelle affermazioni, oppure chi le pronuncia; tertium non datur. O siamo diventati apostati noi, che ci scandalizziamo, o sono diventati apostati costoro, che non si stancano mai di rinnovare le provocazioni e i motivi di scandalo. O noi, o loro, qualcuno non è più cattolico, qualcuno usurpa il nome di cattolico. Se siamo noi, ci devono spiegare in che cosa stiamo sbagliando, in che cosa ci siamo allontanati dalla dottrina di sempre, in che cosa abbiamo deviato da ciò che il magistero, per diciannove secoli, ha insegnato. Se sono loro, qualcuno deve dirlo, deve gridarlo dai tetti: attenti, cristiani, le vostre anime sono in pericolo. Se ascoltate monsignor Paglia, mentre vi fa l’elogio di Marco Pannella, e vi dice di prendere la sua vita a modello per la vostra, sappiate che costui non è più un vescovo cattolico, ma un miserabile impostore: dice cose inammissibili secondo la vera dottrina cristiana, cose che fanno a pugni col Vangelo di Gesù Cristo. Non ascoltatelo, non dategli retta. E non entrate nella cattedrale di quella che fu la sua diocesi, Terni: l’affresco sodomitico del pittore Cinalli, da lui voluto in ogni particolare, al punto da farsi dipingere fra gli altri personaggi, e pagato dai fedeli, è un inno al peccato, alla lussuria e al vizio contro natura: è un abominio davanti a Dio e davanti agli uomini. Sappiatelo: costui non è un vero vescovo della vera Chiesa cattolica; e quel che diciamo di lui, vale anche per tutti quelli che la pensano come lui, che parlano come lui, o che dicono cose ancor più anticristiane. Vale per il vescovo Bonny, o per il gesuita Martin, o per il cardinale De Kesel, i quali auspicano il matrimonio in chiesa anche per le coppie omofile.

Ci risuonano negli orecchi le sconsolate parole del nostro amico:  Il Cristianesimo mi manca e ciò che ne ha preso il posto mi irrita e mi umilia. È triste esser soli. Lui, come tantissimi altri, si è sentito solo, proprio nel momento in cui più forte era il bisogno di trovare conforto presso la Chiesa: una Chiesa che parli di Dio e che faccia sentire il profumo della vita soprannaturale, non una chiesa il cui clero si riempie la bocca con la centralità della persona, il diritto al lavoro, la Costituzione e la democrazia. Gli uomini hanno sete di eternità; gli uomini, specialmente oggi, si sentono soli, smarriti in una foresta paurosa, fatta di miti ingannevoli, di feticci crudeli, di consumismo selvaggio; e non sanno che farsene, entrando in una chiesa, di sentire il sacerdote che parla di democrazia, lavoro, costituzione. No, non sono queste le cose che desiderano udire: non in chiesa, non mentre stanno cercando Dio, non mentre hanno bisogno di Lui. La tentazione della tristezza e dello scoraggiamento è molto forte. Conosciamo molte persone che si trovano in tale stato d’animo e la cui anima vacilla sotto il peso di una immensa amarezza e di un radicale senso di abbandono e solitudine. È proprio pensando a queste anime che preghiamo Dio si sostenerci e di aiutarci a fare, certo indegnamente e imperfettamente, ciò che dovrebbero fare il clero e i teologi cattolici, quelli veri e non i modernisti alla Karl Rahner: confortare, istruire e pascere le pecorelle. E che le anime buone preghino per noi e per tutti i cristiani di buona volontà che vogliono ancora annunciare Gesù…

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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