Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano
26 Maggio 2018
Lo spaventoso ruggito del coniglio mannaro
27 Maggio 2018
Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano
26 Maggio 2018
Lo spaventoso ruggito del coniglio mannaro
27 Maggio 2018
Mostra tutto

Referendum, aborto, democrazia, Vangelo

Il 26 maggio 2018 gli irlandesi hanno votato un referendum per liberalizzare l’aborto, e i fautori del "sì" hanno vinto in maniera abbastanza netta. L’ultimo bastione cattolico dell’Europa occidentale ha ceduto e anche l’Irlanda si è uniformata alle politiche laiciste e anticristiane della democrazia moderna, secolarizzata e irreligiosa. È la stessa strada che l’Italia, nazione ben più moderna e progredita, aveva imboccato quasi quarant’anni fa, precisamente col referendum sull’aborto del 1981. Ora, subito prima che gli irlandesi fossero chiamati alle urne, il 25 maggio, il cardinale Gualtiero Bassetti ha chiuso l’assemblea generale della C.E.I., di cui è presidente, affermando che i paletti non negoziabili sono, per la Chiesa cattolica, la centralità della persona, la Costituzione, il lavoro e la democrazia. Sì, avete capito bene: non Dio, il peccato e la grazia; non la vita eterna, il paradiso e l’inferno; neanche l’amore del prossimo. No: la persona, la Costituzione, il lavoro e la democrazia. Una dichiarazione tutta politica, perfettamente in linea col pontificato ultrapoliticizzato e ultraprogressista del signor Bergoglio; ma una dichiarazione in cui manca totalmente il profumo del divino, il respiro dell’infinito; in cui manca totalmente la vera impronta cattolica. L’aborto, il divorzio, l’eutanasia, sono questioni morali che dividono; dunque, perché insistere su tali sgradevoli punti di contrasto? No, meglio parlare di persona, Costituzione, lavoro e democrazia. E perché, poi, la Costituzione? La Costituzione non è il Vangelo; a differenza del Vangelo, è riformabile, è modificabile: è giusto che si adatti al mutare dei tempi e delle situazioni. Chi vuole inchiodare gli italiani alla Costituzione del 1947, evidentemente ha in mente un’idea dell’Italia che vuole conservare l’esistente, che vuol salvaguardare gli equilibri attuali; ma non ha a cuore il vero bene degli italiani, i quali nella Costituzione non hanno un cane da guardia, ma uno strumento per la difesa di quel bene. E la democrazia? Chi lo dice che cristianesimo fa rima con democrazia? Per milleottocento anni, il cristianesimo ha fatto rima con monarchia assoluta, e per altri cento con monarchia costituzionale, e nessuno lo ha trovato scandaloso. Attenzione: non stiamo rimpiangendo la monarchia, né quella assoluta, né quella costituzionale: stiamo dicendo che il regime istituzionale non c’entra con il cristianesimo. Pertanto, è assurdo che il Presidente della C.E.I. venga a dire che la democrazia è un "valore" irrinunciabile: primo, perché così facendo assolutizza una forma della politica che farà certamente il suo tempo, come lo hanno fatto la monarchia assoluta e poi la monarchia costituzionale; secondo, perché politicizza il Vangelo, e lega il destino della Chiesa a qualcosa che appartiene al mondo, contravvenendo alla chiara affermazione di Gesù Cristo: Date a Cesare quel che è dio Cesare, e a Dio quel che è di Dio. Ma Bassetti, da bravo bergogliano d.o.c. – talmente servile verso il suo padrone da aver definito la Amoris laetitia "un capolavoro", e ciò pur sapendo benissimo, perché lo sanno tutti ed è un fatto, non un’opinione, che ha causato un’immensa confusione in tutta la Chiesa, al punto che fior fiore di cardinali e di vescovi hanno chiesto e supplicato, ma invano, una parola chiarificatrice dal signor Bergoglio – da bravo bergogliano, dicevamo, non si preoccupa di simili quisquilie: lui non ha mica Gesù Cristo come punto di riferimento, lui ha un modello molto più autorevole: il papa Francesco. E se quest’ultimo mastica politica tutti i santi giorni, e non sa parlare altro che di immigrati, ecologia, ambiente, né si astiene dall’entrare a gamba tesa dalle vicende politiche italiane, sparando a zero contro Salvini, ed estere, interferendo nella campagna elettorale statunitense da cui è uscito vincitore Trump, che volete che sia il monito di Gesù Cristo? E poi, quel che disse realmente Gesù Cristo non lo sa nessuno: parola di padre Sosa Abascal, generale in carica dei gesuiti. Mica c’erano i registratori, a quel tempo, in Palestina! Dunque, non sapendo cosa disse realmente Gesù, ma sapendo, perché lo udiamo tutti i giorni da Santa Marta, cosa dice e ripete il signor Bergoglio, ecco che Bassetti, e Galantino, e Paglia, e tutti gli altri come loro, prontamente si adeguano, anzi, ci mettono del proprio, scalpitano e sgroppano per spingersi ancor più lontano: santa impazienza, la loro!

E che dire, poi, della centralità della persona? È un concetto, questo, che piacerebbe molto a Bonino, a Scalfarti, a Capezzone, e che sarebbe piaciuto al defunto Pannella; ma un cardiale, un Presidente della C.E.I. può mettere la centralità della persona al primo posto fra le cose irrinunciabili per le quali deve battersi un buon cattolico? Vediamo. Per il cattolicesimo, la persona ha un grandissimo valore; si può dire perfino, senza tema di smentite, che è stato il cristianesimo a "inventare" il concetto di persona, che né i greci, né i romani avevano elaborato, non almeno nel senso che intendiamo noi. Basti dire che, per essi, gli schiavi non erano persone, ma cose: strumenti parlanti, diceva il buon Varrone: più cose che uomini. Si potevano sacrificare per il divertimento della folla, farli crocifiggere, bruciare vivi, dare in pasto alle belve feroci, o anche farli combattere tra loro, sino alla morte, armati con strane armi e ancor più strane armature, a metà fra la buffonata e la tragedia; ma il sangue che versavano, talvolta a migliaia in un colpo solo, quello era vero, non era un gioco. Tuttavia. se il cristianesimo ha creato il concetto di persona e ha educato a esso generazioni e generazioni di europei, fino a consegnarlo in eredità alla cultura moderna, post-cristiana e anticristiana, ciò non significa che la persona, per il cristianesimo, sia al centro di tutto. Niente affatto: al centro di tutto c’è Dio, e solamente Dio. L’uomo, quanto a se stesso, non è al centro di niente, se non dell’amore di Dio. La visione del reale propria del cristianesimo è teocentrica, non antropocentrica; diremo di più: l’antropologia cristiana è pessimistica, perché l’uomo, dopo il Peccato originale, ha perso, di fatto, gli strumenti per guadagnare l’amicizia con Dio e, in tal modo, la salvezza: se Dio non gli venisse incontro, se non si fosse incarnato per amor suo, se non lo soccorresse con l’intervento della grazia, l’uomo non saprebbe compiere il bene, non saprebbe riconoscerlo, né perseverare in esso: si lascerebbe travolgere dalla sua concupiscenza e sprofonderebbe nel fango delle sue passioni disordinate. Tale è la vera antropologia cristiana: non quella, ottimistica e falsamente rassicurante, del signor Bergoglio, o del signor Paglia, o del signor Galantino. Tutti costoro partono dall’assunto che l’uomo, in effetti, è capace di far da solo: che trova, sì, un aiuto in Dio, ma che anche senza bisogno di quell’aiuto, troverebbe comunque la strada per fare il bene. Il che è falso. Così come non è scritto da nessuna parte che il cattolicesimo deve abbracciare la causa della democrazia, tanto meno è scritto che esso deve fare perno attorno alla centralità della persona. La persona, nell’ottica cristiana, ha valore in quanto è illuminata dall’amore di Dio e in quanto si può santificare attraverso la grazia e le opere; non ha valore in se stessa, se non nella sua relazione con Dio. Se la persona avesse un valore assoluto, allora si potrebbe anche convenire coi fautori dell’aborto, o con quelli del divorzio, e anche con quelli delle unioni omosessuali: perché negare alla persona la sua "realizzazione", l’affermazione dei suoi diritti, la sua personale ricerca della felicità? Se la persona è al centro di tutto, chi oserà negarle il diritto di godere della vita secondo i suoi gusti, e di soddisfare tutti i suoi bisogni, impulsi e desideri? Solo se si ammette che la persona trova il suo completamento e la sua realizzazione in Dio, il personalismo cristiano trova un significato non equivoco: diventa non già il riconoscimento di una autonomia assoluta, ma di un legane assoluto con Dio. La persona esiste perché l’uomo è fatto a immagine di Dio, e non per altro; se così non fosse, quale differenza vi sarebbe fra l’uomo e le altre creature animali? E infatti, durante questo pontificato, vi sono stati tentativi sconcertanti per suggerire che proprio questo è il caso: che la persona e l’uomo, inteso come essere naturale, sono la stessa cosa; che l’uomo è la persona cosciente dei suoi diritti; che l’uomo è la persona che decide la propria vita e prende in pugno il proprio destino. Ma tutto questo non ha niente a che vedere col cristianesimo, niente a che vedere col Vangelo. È un capovolgimento della vera dottrina cristiana, ed è una intollerabile adulterazione del cattolicesimo. Ecco perché lo spettacolo della proiezione delle gigantesche immagini di animali sulla facciata della Basilica di San Pietro, la notte, nel dicembre 2015 — scimmioni, tigri, leoni, squali, perfino cannibali con l’osso fra i capelli — ha avuto il sapore di una profanazione vera e propria. È stato come se il papa avesse voluto dire: Vedete? Questo è l’uomo; una creatura fra le tante; una come le altre. Un animale, in fondo, solo dotato d’intelligenza e volontà. Niente trascendenza, né grazia, né vita soprannaturale; né redenzione, né resurrezione, né vita eterna. Certo, queste cose non sono state dette, però suggerite. E molte altre cose, in questo pontificato, sono andate a suggerire i medesimi concetti.

Dunque, partendo da questi due eventi qui concomitanti, l’esito del referendun irlandese sull’aborto e le dichiarazioni del cardinale Bassetti, e constatando la disastrosa confusione che regna nella Chiesa oggi, specialmente a livello di Magistero – che Amoris laetitia sia, o non sia, un "capolavoro", come dice l’ineffabile Presidente della C.E.I., nella sua sublime e sperticata adulazione — ci sembra indispensabile fermarci a riflettere brevemente sul senso della relazione che lega la Chiesa cattolica, quella vera, quella di sempre, alla dimensione della politica, affinché le anime non siano sviate o turbate ulteriormente da messaggi incongrui e da indicazioni erronee. E la prima cosa da dire, anzi, da ribadire con estrema energia, è questa: il cristianesimo, con la politica, non c’entra nulla. Questo non significa che esso sia indifferente al destino dell’uomo; ma il destino terreno dell’uomo non può essere concepito come slegato o indifferente rispetto al suo destino vero, quello ultraterreno. Se si perde di vista l’eternità, come sempre raccomandava Kierkegaard, si perde di vista l’essenziale e si tradisce il cristianesimo, lo si abbassa al livello di una delle tante ideologie di questo mondo, nessuna delle quali, per quanto, forse, animata da buone intenzioni, ha mai portato agli uomini il vero bene, perché nessuna ha mai saputo vedere l’uomo per quello che realmente è: una creatura fatta a immagine di Dio, che trova la sua realizzazione solo in Dio, il suo bene in Dio, la sua felicità in Dio, e in nessun altri che in Lui. Il fatto che, storicamente, alla fine del XIX secolo siano sorti dei partiti politici d’ispirazione cattolica, alcuni dei quali esistono ancora, mentre altri, come quello italiano, si sono dissolti, e nessuno ne rimpiange la scomparsa; e il fatto che, sempre verso la fine del XIX secolo, sotto la spinta di circostanze eccezionali — la rivoluzione industriale, la nascita del proletariato moderno e la vasta penetrazione in esso dell’ideologia marxista — sia sorta una dottrina sociale della Chiesa, non deve farci perdere di vista il fatto che entrambi i fenomeni ebbero luogo per supplire a deficienze obiettive delle istituzioni nei confronti di problemi reali della società, molto gravi e molto urgenti: un po’ come la Chiesa nel Medioevo si era fatta carico di tutta una serie di servizi d’interesse comune, dagli ospedali alle scuole, pagando però poi, pesantemente, lo scotto della sua inevitabile deriva mondana. In altre parole: non bisogna scambiare per definitivo, e soprattutto per essenziale, un impegno della Chiesa sul piano temporale, che, per quanto nato da buone intenzioni, finisce per creare necessariamente un legame innaturale fra le cose di Dio e le cose terrene. Che la politica sia una cosa sporca, oppure una cosa pulita, è questione di opinioni personali; ma che la Chiesa, di per sé, debba impegnarsi sul fronte politico, e che i cattolici, in quanto cattolici, debbano mettere le rivendicazioni dei diritti politici al centro della loro prospettiva religiosa, questo è assolutamente falso, e perciò eretico. È una delle tentazioni che Gesù affrontò e vinse nel deserto, quando il demonio venne per distoglierlo dalla sua missione di salvezza: cercò di invogliarlo a trasformarsi in un messia politico, ma senza alcun successo. Gesù non si lasciò fuorviare; dunque, neppure i suoi seguaci dovrebbero farlo.

C’è poi un’altra riflessione da fare. La democrazia, applicata alla maniera di pensare e di sentire dei cattolici, è un’arma a doppio taglio; in altre parole, è estremamente pericolosa, perché suggerisce una impropria estensione delle sue categorie dalla politica alla sfera religiosa. Invece il principio democratico della maggioranza, applicato alle cose dello spirito, è gravemente fuorviante: la vita della Chiesa non si decide a colpi di maggioranza (o, magari, di minoranza, se quest’ultima è molto decisa e ben organizzata), per il semplice fatto che la vita della Chiesa ruota attorno al Deposito della fede, e questo proviene direttamente dalla Rivelazione. Di conseguenza, voler estendere il modus operandi della democrazia alla vita della Chiesa conduce a delle vere e proprie eresie, perché fa dipendere le verità di fede da qualcosa che è umano, e, per giunta, da qualcosa che è storico, perché le opinioni degli uomini, sul piano terreno, variano col variare dei tempi (e dei luoghi: ed ecco le teologie indigene: latinoamericana, africana, cinese, indiana). Eppure, questo è precisamente quel che si è verificato durante il Concilio Vaticano II: un concilio deciso secondo le procedure tipiche dell’ideologia democratica; tanto che, quando Giovanni XXIII subì il rifiuto degli schemi preparatori da parte di una agguerrita minoranza di vescovi progressisti, i quali pretesero di riscriverli di sana pianta, il cardinale Suenens, capofila di questi ultimi, non si peritò d’esultare: Ora anche la Chiesa ha il suo 1789! Ma allora, a decidere della validità della santa Eucarestia saranno i vescovi, secondo le loro private opinioni? È quel che sta accadendo ora, col consenso di Bergoglio…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
Hai notato degli errori in questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.