
«Lutero? Non sapeva quel che faceva» (Nietzsche)
22 Aprile 2018
Il Concilio fu una novella Pentecoste?
24 Aprile 2018Lo avranno capito o no, che il tempo delle balle è ormai scaduto? Che gli italiani si stanno svegliando? Che non possono continuare a raccontare quel che vogliono, né i giornali, né i telegiornali di regime, pubblici e privati, compresi quelli di area cattolica che la neochiesa di Bergoglio ha letteralmente occupato, impadronendosi del marchio di fabbrica, ma gettando via gli originali? Abbiamo provato a porci queste domande nel precedente articolo, 4 marzo 2018: che hanno capito i cattoprogressisti?, discutendo specificamente un editoriale di Andrea Riccardi apparso su Famiglia Cristiana, a botta calda, come si dice, cioè subito dopo che otto italiani su dieci hanno detto un secco "no" alla politica filo-immigrazionista del signor Bergoglio e di tutti i suoi cardinali, vescovi e preti "di strada", da monsignor Galantino e monsignor Zuppi in giù, fino all’ultimo prete che, come don Farinella in quel di Genova, abolisce, di sua iniziativa, la santa Messa di Natale "per rispetto verso gli immigrati". Vogliamo ora riprendere e allargare quelle riflessioni, perché è su questo terreno, crediamo, che si giocherà soprattutto la partita,a ritmo sempre più serrato, nei prossimi mesi e anni: la partita per la sopravvivenza dell’Italia, del popolo italiano e anche della religione cattolica, prima cioè che l’Italia diventi una provincia africana posta a nord del Mediterraneo, il popolo italiano scompaia e la religione cattolica venga rimpiazzata da quella islamica. In questa partita, la cui posta in gioco è, come si vede, la più alta che si possa immaginare perfino in un romanzo o in un film di fantascienza – la possibilità che un intero popolo, con il suo Stato e la sua civiltà, riescano a scongiurare il pericolo dell’estinzione – gli schieramenti sono trasversali, ma sono anche totali, nel senso più strettamente ideologico del termine, come non si era mai visto neanche nei momenti più duri della Guerra fredda e della contrapposizione fra "atlantisti" e filo-sovietici. Non si potrebbe infatti immaginare contrapposizione più dura e implacabile di quella esistente fra gli italiani che vogliono preservare l’esistenza del’Italia e quelli che sono ansiosi di vederla estinta, se non rievocando le pagine più orrende della nostra storia recente: quelle, in gran parte rimosse e dimenticate, della guerra civile del 1943-45, con tutto il loro codazzo di eccidi, infoibamenti, pulizie etniche e "triangoli della morte". E sia ben chiaro che non proviamo alcun compiacimento, semmai un fremito di orrore, nel fare un simile accostamento: ma non siamo noi a evocarlo, è la realtà dei fatti; e quelli che tanto si agitano per l’accoglienza e la "solidarietà" verso i cosiddetti migranti, stanno creando le condizioni perché quella immane tragedia si ripeta.
Il problema, e quindi anche il pericolo, in realtà non è solo italiano, ma europeo. E come ci fu una guerra civile europea all’interno della Seconda guerra mondiale (contrariamente a ciò che per settant’anni ci ha raccontato la storia, prostituita al livello di propaganda), così si agitano sul nostro futuro i fantasmi di una possibile guerra civile europea proprio sulla questione della accoglienza ai migranti, vale a dire dell’invasione africana e islamica a danno dei popoli dell’Europa. Quel che è successo al confine italo-francese domenica 22 aprile 2018 è solo un primo segnale, un campanello d’allarme. Ormai i due schieramenti si sono già mobilitati e se, per adesso, il peggio non si è ancora verificato, andando avanti le cose nella maniera cui assistiamo ogni giorno, è solo questione di tempo: prima o dopo vi sarà un incidente più grave e tutta l’antipatia, tutto il rancore, tutto l’odio dell’Europa dei centri sociali, della cultura di sinistra, dei cattolici progressisti, nei confronti dell’altra Europa, quella "colpevole" di voler restare se stessa, fedele ai propri valori, alle proprie tradizioni e alla propria storia, deflagrerà in maniera incontenibile, con delle conseguenze che nessuno può prevedere. Paradossalmente, almeno in questa prima fase, non saranno gli immigrati a dar fuoco alle polveri, non saranno i clandestini spacciatori e delinquenti, i falsi profughi fuggiti da guerre inesistenti, quelli che hanno pagato da due a seimila euro per venire in Europa, dunque tutt’altro che poveri e tutt’altro che affamati; ma saranno degli europei contro degli altri europei, la cui visione ideologica di ciò che l’Europa deve essere, o deve cessare di essere, non è suscettibile di alcuna mediazione o alcun compromesso. Lo scontro sarà inevitabile, specialmente da quando chi avrebbe potuto e dovuto fare opera di mediazione, cioè i cattolici, gli unici che avessero una cultura e una morale suscettibili di tanto, hanno rinunciato a essere se stessi e si sono gettati, armi e bagagli, nel campo della sinistra, di per sé ormai praticamente estinta, rimpiazzando le evanescenti legioni degli eredi di Marx, Gramsci e Togliatti con gli stendardi (abusivi) di Gesù Cristo, ma soprattutto con quelli di papa Francesco, il papa della "misericordia" e dell’accoglienza, il papa dell’auto-invasione dell’Europa e del suicidio del cristianesimo; colui che passerà alla storia come il primo romano pontefice apertamente eretico e come il più grande nemico della fede dei cattolici, autore di un attentato gravissimo nei confronti dei fedeli, che ha tentato in ogni modo di traghettare nell’apostasia, dopo averli illusi di voler "rinnovare" il cattolicesimo (una pretesa che è già di per se stesso eretica).
Un problema europeo, dunque; ma tanto più grave in un Paese, come l’Italia, dove il processo di formazione della coscienza nazionale è rimasto incompleto e dove la tendenza alle radicali e inconciliabili contrapposizioni intestine, con il puntuale invito a intervenire rivolto alle forze straniere, è sempre stata una costante della vita politica. Vorremmo che non fosse così; pure, la lucidità dell’analisi ci porta inevitabilmente verso questa conclusione: gli italiani, fomentati da intellettuali incoscienti e irresponsabili e da un clero apostatico e fuori controllo, corrono a grandi passi verso la guerra civile. Prima o poi qualche grosso fatto di cronaca, il naufragio di un barcone carico di migranti davanti alle nostre coste, o il rifiuto di una capitaneria di porto di lasciar entrare una delle tante navi delle organizzazioni "umanitarie" non governative finanziate da Soros & Co, accenderà la miccia dell’esasperazione e gli italiani cominceranno a combattersi gli uni contro gli altri, come bestie feroci; e questo clero degenerato e non più degno di chiamarsi cattolico potrà raccogliere i tristi frutti delle sue scellerate politiche di promozione e incitamento all’auto-invasione dell’Italia. E a quel punto sarà troppo tardi per fare delle riflessioni pacate e per sottoporsi, magari, a un salutare bagno di umiltà e ad un minimo di autocritica. Sarebbe perciò auspicabile che l’autocritica, quei signori, se la facessero sin da ora, e ci sembrava che il voto del 4 marzo scorso offrisse una eccellente occasione affinché si aprisse una seria riflessione sugli errori compiuti fino ad ora dal partito pro-africano e pro-islamico, che seguita imperterrito a dipingere se stesso come semplicemente "umanitario" e "caritatevole", appuntandosi da sé la medaglia di una presunta superiorità morale nei confronti di chiunque altro, e così sottraendosi alla fatica e alla pena dei comuni mortali: quella di poter accettare delle critiche e magari, qualche volta, di farsele anche da sé. Ma se quei signori seguiteranno a fare come il professor Riccardi, ossia ad accusare gli italiani di essere troppo "emozionali" quando dicono "no" all’invasione, e a rivendicare a Bergoglio e alla Cei il merito di aver sempre detto e fatto le cose giuste, le cose buone e "cristiane", certo non vi sarà mai neppure l’ombra di una auto-critica e svanirà nel nulla la possibilità che si possa prevenire la sciagura di una contrapposizione totale degli italiani contro gli altri italiani, e perfino dei cattolici, o presunti tali, contro gli altri cattolici. E quanto vi sia di autenticamente cristiano, in una simile prospettiva, lo può capire anche un bambino: possibile che quei signori, che parlano sempre della chiesa di papa Francesco, dell’insegnamento di papa Francesco, dei gesti di papa Francesco, non siano mai sfiorati dall’ombra di un dubbio circa il fatto che un cattolico non dovrebbe parlare, né pensare a quel modo, ma che dovrebbe avere in mente sempre e solo la Chiesa di Gesù Cristo, gli insegnamenti di Gesù Cristo e i gesti di Gesù Cristo? Possibile che non li sfiori il sospetto che essi stanno alimentando, dentro la Chiesa in cui dicono di riconoscersi – e che non è un movimento di opinione o un partito politico, ma la Sposa di Gesù Cristo, la prosecuzione dell’opera del divino Maestro – il pessimo seme della divisione, della contrapposizione, dell’insofferenza reciproca? La cosa è tanto più strana, in quanto proprio il signor Bergoglio non si stanca mai di ribadire il concetto che tutto ciò che unisce è buono, mentre ciò che divide è cattivo e deve essere evitato: e non vedono costoro, non vede costui, che la persona e l’opera del signor Bergoglio sono diventate il maggior fattore di scandalo e divisione all’interno della Chiesa e nella coscienza dei fedeli, oltretutto – cosa, se possibile, ancor più grave, su temi che sono di natura squisitamente politica e non autentiche questioni di fede?
Che cosa dovrebbero fare, dunque, questi signori, se in loro fosse rimasto ancora un briciolo di onestà e di buona fede? Molto semplicemente, dovrebbero incominciare a raccontare la verità., e smetterla di far propaganda ideologica. Il peccato contro la verità è il peccato per antonomasia: da esso scaturiscono mille altri peccati, come inevitabile conseguenza di quel primo. Sul piano umano, è una colpa professionale: un giornalista che non racconta onestamente i fatti, ma li manipola e li falsifica deliberatamente, si rende responsabile di una colpa molto grave, sul piano deontologico prima ancora che su quello etico. Per un credente, mentire sulla narrazione dei fatti è una cosa ancor più grave: la menzogna è la radice di tutti i mali, tanto è vero che tutti i mali dell’umanità nascono da una menzogna, precisamente quel: Se mangerete dei frutti di questo albero, voi non morirete, anzi diverrete come Dio, che il serpente disse a Eva nel paradiso terrestre, e che lei riportò ad Adamo, convincendolo a disobbedire a quell’unico divieto posto dal loro Creatore. E la menzogna incomincia fin dall’uso delle parole: perché non è lecito chiamare "profughi" quelli che profughi non sono; non è lecito chiamare "migranti" quelli che nessuno costringe ad emigrare; non è lecito chiamare "strage" il naufragio di un barcone partito, volontariamente, in condizioni precarie; non è lecito chiamare "accoglienza" la collaborazione ad una auto-invasione; non è lecito parlare di "integrazione" quando si sa che gli islamici, per definizione, non possono e non vogliono integrarsi, semmai vogliono integrare gli altri nell’islam; non è lecito chiamare "populisti", "xenofobi", e magari "razzisti", quanti non sono d’accordo con l’invasione e con l’islamizzazione dell’Italia; non è lecito chiamare "fascisti" quanti esigono una politica di rimpatri forzati dei clandestini e pretendono che l’ordine pubblico e la giustizia, in Italia, si facciano carico della sicurezza degli italiani (e, ovviamente, degli stranieri regolari) e che non prendano sempre le parti di chi viola la legge e mette continuamente in pericolo la sicurezza, la pace, la vita e i beni della nostra popolazione, a cominciare dalle donne, dai bambini e dagli anziani, i più esposti alla criminalità straniera, organizzata e non. Ma, insorgeranno subito i buonisti e i migrazionisti a tutta prova, agitandosi come il cane di Pavlov quando ode suonare il campanello – la criminalità che mette in pericolo la sicurezza delle persone è anche italiana, sì o no? Proprio come ha fatto Bergoglio, allorché ha affermato, in un discorso infinitamente squallido, anche perché non veritiero, che il 60% degli stupri li fanno gli italiani (sì, ma i migranti non sono il 40% della popolazione, per ora). Certo: ma sappiate, cari cattolici di sinistra, cari giornalisti del politicamente corretto, che parlare solo della mafia siciliana e non fare mai neppure il nome della mafia nigeriana, quella che taglia pezzi le persone e poi li chiude nelle valigie, non è rendere un servizio alla verità, ma è mentire, cioè commettere un peccato grave, che prepara le condizioni per altri peccati, sia in voi stessi, sia nelle vittime della disinformazione sistematica di cui voi siete i non edificanti campioni. Cominciate a raccontare la verità, dunque; e non versate lacrime solo per le vittime del giustiziere improvvisato Luca Traini (che non ci sono state, nel senso che, per fortuna egli non ha ucciso nessuno) ma anche per una povera ragazza come Pamela Mastropietro. Non vedete, dunque, che siete caduti in un vero e proprio razzismo all’incontrario? E che un tale razzismo, in Italia, esiste già, non solo al livello della stampa (che sistematicamente minimizza i fatti criminali commessi da stranieri) ma anche dalla magistratura, la quale si mostra generosissima nel perdonare gli africani e gli asiatici quando calpestano la legge, ma non altrettanto se si tratta di italiani? Siamo arrivati al grottesco: per esempio (citiamo un caso su mille, su diecimila, su un milione) quello di un magistrato che rimette in libertà un rom il quale è stato beccato subito dopo aver rubato una bicicletta del valore di seicentomila euro: con la motivazione che il furto è tale se chi lo compie "entra nella disponibilità della refurtiva", mentre il bravo ragazzo in questione, avendo appena sottratto la bicicletta, non aveva ancora fatto in tempo a godersela: insomma, chi lo aveva arrestato aveva agito con eccessivo tempismo! Avrebbe dovuto lasciarlo andar via, pur avendo visto la scena, perché il furto, per essere davvero tale, deve essere consumato fino in fondo – se a compierlo non è un italiano, beninteso. Ecco: tale è il paradigma perverso, antinazionale, autolesionista, che è necessario rovesciare. E per incominciare a farlo, bisogna combattere e vincere una battaglia per la verità della informazione…
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