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18 Aprile 2018
Ristabilire la sicurezza, l’identità e la sovranità
20 Aprile 2018Essere sicuri e sentirsi sicuri non è proprio la stessa cosa: eppure gli uomini, che generalmente sono incontentabili, in questo caso sono relativamente di poche pretese e si accontentano della seconda soluzione: quella di sentirsi sicuri. È evidente che, se i fatti smentiscono continuamente tale percezione soggettiva, prima o poi anche la percezione viene modificata, stavolta in senso pessimistico; ma prima di giungere a ciò, bisogna che le persone vadano a sbattere personalmente contro il problema; finché tocca ad altri, continueranno ad accontentarsi di una generica sensazione piuttosto che pretendere dei fatti concreti. Per esempio, veder girare qualche volante della polizia anche nei quartieri più malfamati infonderà un certo senso di protezione, anche se molte famiglie hanno già dovuto fare i conti con l’amara realtà dei furti o delle rapine in casa. Ma è chiaro che non si può tirare la corda oltre un certo limite e che, alla lunga, la gente non si accontenta di veder passare le volanti della polizia, vuole che i furti e le rapine in casa non si ripetano più. Diversamente, sarà costretta a vivere in un senso d’insicurezza permanente, che si ripercuote negativamente su tutta la sfera della vita pubblica e privata, dall’economia all’uso del tempo libero (perché la gente, temendo nuove rapine, non si allontanerà più da casa se non per qualche stretta necessità, finendo per ridursi come in un fortino assediato).
L’elemento della sicurezza è certamente importante, ma non è il fine della vita sociale; è semplicemente un mezzo per vivere bene, o, almeno, per vivere in modo accettabile. Forse è troppo adoperare, come fa il professor Alessandro Meluzzi, la parola "felicità", anche se non vi è dubbio che l’uomo viene al mondo per essere felice. Tuttavia la stragrande maggioranza delle persone non è disposta ad ammettere che la felicità non coincide sempre e comunque col concetto di piacere, perché si può essere felici anche in assenza di piacere, o meglio, ricavando un piacere puramente interiore, magari in mezzo a ristrettezze economiche e tribolazioni fisiche. Nella visione generalmente diffusa nella nostra società, una persona, per essere felice, deve anche provare piacere: distinguere fra piacere materiale piacere spirituale può sembrare un esercizio retorico o una operazione astratta, ma non è così, perché il piacere, in ultima analisi, è sempre spirituale: quando si gode sul piano fisico, non è il corpo che gode, ma la mente, o psiche, o anima, o comunque vogliamo chiamare l’elemento immateriale che abita nel corpo, ma non è il corpo e non si risolve, né si identifica col corpo. Pertanto, a ben guardare, l’idea "popolare" della felicità e l’idea filosofica, alla fine, sono pressoché identiche: l’uomo è felice quando sta bene, quando gode, quando la sua interiorità è realizzata: come direbbe san Tommaso d’Aquino, quando il suo essere giunge a perfezione. Una cosa perfetta è una cosa che è quel che deve essere; e siccome abbiamo visto che l’uomo nasce per la felicità — questo è un assioma e non ci prendiamo il disturbo di dimostrarlo: ci basta l’evidenza psicologica — ne deriva che quando l’uomo è felice, realizza se stesso. Viceversa, quando l’uomo è triste e infelice, egli non è perfetto, e questo significa che non si è realizzato: che è un uomo mancato, incompleto, irrisolto.
Pertanto, possiamo dire che la sicurezza è un elemento necessario alla felicità: se regna l’insicurezza, nemmeno la felicità può essere veramente tale, le mancherà sempre qualcosa, quel senso di pace e di armonia che non si prova se non quando ci si sente protetti e ben muniti contro le minacce impreviste. A sua volta, la sicurezza è resa possibile dalla presenza di due elementi, l’identità e la sovranità. L’identità, perché per sentirsi difesi bisogna innanzitutto sentirsi qualcosa: se non si sa neppure chi si è, manca la sicurezza e manca, di conseguenza ogni possibile felicità. La stessa cosa vale per la sovranità: se manca la sovranità, vale a dire un nomos che si applichi in maniera esclusiva su un certo territorio e su una certa popolazione, abbracciandoli e proteggendoli contro le minacce sterne ed interne (in termini giuridici: il monopolio della forza), non possono esserci né identità, né sicurezza, e nemmeno, di conseguenza, felicità.
Di questi tempi, lo sappiamo molto bene, la parola sovranismo è diventata un epiteto negativo, perfino ingiurioso: dare a qualcuno del sovranista equivale a dargli del reazionario, dello xenofobo, del razzista e, tanto per cambiare, del "fascista", qualsiasi cosa ciò possa voler dire nella distorta fantasia dei progressisti, eternamene democratici e antifascisti (la più inutile delle categorie umane, dato che il fascismo è morto e sepolto da settant’anni e quindi essi vivono di rendita, senza far nulla e senza essere nulla, da altrettanto tempo). Però, fateci caso, chi ha incominciato ad adoperare la parola sovranismo in un senso apertamente spregiativo, per chiudere in un ghetto culturale (come osserva Antonio Socci) quanti osano sostenere la necessità di rivendicare la sovranità come condizione per la pace sociale e il benessere economico? Sono i mezzi d’informazione imbeccati da quegli stessi poteri finanziari planetari la cui strategia globale, sempre più evidente, è appunto quella di abbattere e far scomparire dalla faccia della terra ogni residua sovranità, per imporre definitivamente il loro sfruttamento usuraio (quanto ha visto chiaro Ezra Pound!) sull’intera umanità, asservita e ridotta al livello di un immenso gregge di bestie da soma e da latte, per sfruttarle e poi macellare, secondo il loro esclusivo interesse: quello di moltiplicare all’infinito il già immenso capitale di cui dispongono.
Risulta perciò evidente che la prima e fondamentale sovranità, almeno in questa fase storica, non è tanto quella territoriale, quanto quella monetaria: in altre parole, difendere i confini è certamente necessario, ma non è sufficiente, qualora non si disponga più della sovranità monetaria. Nel caso del’Italia, questo è precisamente quanto accaduto con lo sconsiderato ingresso nell’Unione Europea, che i nostri uomini politici, a suo tempo, presentarono come un obiettivo irrinunciabile, di vita o di morte, descrivendo il mancato ingresso come una catastrofe apocalittica che ci avrebbe respinti verso l’Africa: mentre quest’ultima cosa è proprio ciò che ci sta accadendo ora, proprio per il fatto di aver accettato l’euro e di aver rinunciato alla lira e soprattutto alla libera emissione di denaro da parte dello Stato italiano. (Lasciamo da parte, in questa sede, per semplicità di ragionamento, il non certo trascurabile dettaglio che la Banche centrali, finché saranno come sono ora, cioè delle banche private che dispongono della facoltà di stampare moneta con valore legale e a circolazione pubblica, espropriano già esse lo Stato, dall’interno, della sua sovranità, prima ancora che lo facciano delle istituzioni esterne come l’Unione europea e, nella fattispecie, la Banca centrale europea: altra banca privata che decide la sorte economico-finanziaria dei popoli dell’Europa, secondo il diabolico meccanismo degli interessi sul debito pubblico. che sta stritolando la nostra economia.) Ma, come osserva ancora Socci, i poteri forti, per demonizzare la sovranità effettiva degli Stati, presentando questi ultimi come il problema e la moneta unica come la soluzione, hanno abilmente spostato la discussione, fin dall’inizio, dal terreno concreto dell’economia al terreno astratto della metafisica, facendo della moneta unica, l’euro, una specie di entità metafisica, una manifestazione lampante del Bene assoluto, auto-evidente e auto-referenziale, che nessuno, tranne qualche folle estremista e, magari, qualche perfido terrorista, vorrà mai ragionevolmente porre in dubbio. Ed ecco spiegato perché sovranismo è diventata una parolaccia: perché bisogna far passare l’idea che chi vorrebbe tornare alla moneta nazionale, vale a dire chi vorrebbe recuperare la sovranità monetaria, senza la quale non vi è alcuna vera sovranità (vi immaginate una famiglia che sia libera, e, nello stesso tempo, le cui finanze siano controllate da un gruppo di estranei?) delira, oppure è mosso da ignobili motivazioni razziste e fasciste. E il fatto che i più decisi difensori del sistema della finanza globale, cioè i più decisi detrattori di quanti si battono per il recupero della sovranità, siano i partiti della sinistra tradizionale, la dice lunga sulla parabola involutiva da essi compiuta nel corso della storia recente: da paladini delle classi lavoratrici son diventati i più strenui puntelli di un Nuovo Ordine Mondiale basato sulla grande finanza, sulla dozzina di banche, come la Lehman Brothers e la Goldman Sachs (quanti noni, come dire, dalle desinenze caratteristiche, in questo elenco!), che tengono in pugno le borse mondiali e quindi l’economia planetaria: da partiti del proletariato a partiti del supercapitalismo di rapina. È un caso, per esempio, che la tessera numero uno del Partito Democratico, ex Partito comunista italiano (cui si è aggiunta la fetta di sinistra della vecchia Democrazia cristiana) sia quella dell’ingegner Carlo De Benedetti, il quale, sia detto per inciso, ha spostato in Svizzera la sua residenza fiscale?
Come si vede, l’Italia si è privata da se stessa — o per meglio dire, una classe politica d’incompetenti o di traditori l’ha privata — dei due aspetti fondamentali della sovranità: quella monetaria e quella territoriale: la prima, accettando l’euro senza minimamente contrattare la sua quotazione tenendo conto dei nostri interessi nazionali, e accettando il diktat tedesco; la seconda, trasformando le nostre stesse Forze armate, e specialmente la Marina, in strumento di una auto-invasione incessante da parte di orde di falsi profughi africani ed asiatici, che la magistratura di sinistra si incarica poi di fare in modo che restino indisturbati in Italia, anche se non hanno alcun titolo per rimanervi, essendo risultata falsa la loro presta di esser considerati profughi. Sia detto fra parentesi, è questa la ragione per cui gli altri Stati europei guardano all’Italia con malcelata diffidenza, per non dire peggio, mentre a noi viene fatto credere, da una stampa completamente venduta a interessi non nazionali, che dovrebbero apprezzare e ammirare quanto essa sta facendo per "salvare vite" nel Mediterraneo. La verità è che nessuno ci è grato perché nessuno condivide, in realtà, la folle politica di auto-invasione praticata dai nostri governi, che si tramuterà, nel giro di pochissime generazioni, in una vera e propria sostituzione di popolazione, facendo sparire l’identità italiana e cristiana e sostituendola con quella africana ed islamica. E quali sono, intanto, i Paesi europei la cui economia sta crescendo velocemente, nei quali il Pil sta aumentando e l’industria gira che è una meraviglia? La Polonia, l’Ungheria, la Slovacchia: proprio quei Paesi "cattivi" ed egoisti, secondo quanto ci racconta la stampa di regime, i quali hanno capito benissimo i disegni della Banca centrale europea e si tengono ben stretti i due pilastri della sovranità: la moneta nazionale e la difesa dei confini contro l’invasione africana e islamica, pilotata, anch’essa dai poteri forti (Soros & C.) per far abbassare sempre di più il costo del lavoro in Europa.
Infine il terzo aspetto della sovranità, il monopolio della forza, è venuto meno anch’esso, dacché qualsiasi gruppo di falsi profughi può inscenare proteste, tumulti e rivolte, sapendo che nove volte su dieci la spunterà, perché le Forze di polizia non oseranno agire contro i perturbatori dell’ordine, così come le Forze armate, invece di difendere i confini, favoriscono l’invasione. La Marina australiana, per esempio, pattuglia le coste di quel Paese, e se avvista un barcone di "migranti", lo fa dirottare su due isole selvagge, Manus e Nauru, dove essi saranno fatti sbarcare, e mai verrà consentito loro di raggiungere il territorio metropolitano. Da noi, la Marina viene usata per andare a prendere i falsi profughi fino sulle coste della Libia, con il volonteroso contributo delle organizzazioni non governative che agiscono mediante le loro flotte private (generosamente donate o finanziate da Soros & C., nonché benedette dal signor Bergoglio e da tutta la neochiesa progressista e di sinistra; e pazienza se un insigne prelato africano, come il cardiale Robert Sarah, è contrarissimo alle migrazioni ed esorta i suoi compatrioti a rimanere nella loro terra e a non tentare la folle avventura del viaggio verso l’Europa). Ma questo aspetto era già presente, in Italia, prima che iniziasse il movimento migratorio dalla sponda sud del Mediterraneo: rinunciando a lottare sino in fondo contro la mafia e le altre organizzazioni criminali organizzate, lo Stato aveva già abdicato alla propria sovranità su parti del proprio territorio (dove, infatti, i cittadini pagano le tasse, cioè il pizzo, ai delinquenti prima che allo Stato). In questo senso, l’assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa fu un segnale chiarissimo, fin dal 1982, che fece vedere come, più in giù di Roma, a controllare il territorio non era lo Stato, ma la criminalità organizzata.
Ci avviamo a concludere. Se vogliamo ritrovare la speranza di realizzarci, cioè una speranza di felicità, abbiamo bisogno di un certo grado di sicurezza; e per trovare la sicurezza, dobbiamo rinsaldare o riscoprire la nostra identità e la nostra sovranità. L’identità non va intesa solo in senso individuale, ma anche collettivo: è amore e conoscenza del passato, della tradizione, di tutto ciò che è stato fatto dai nostri padri per rendere possibile la nostra esistenza attuale. Il senso di identità è minacciato dai poteri globalisti, che lo vedono come un ostacolo ai loro disegni, perché le persone che hanno un’identità non si lasciano facilmente ingannare e sottomettere, né rinunciano facilmente a quel che sono e a quel che hanno. Ecco perché l’ideologia gender viene perfidamente introdotta negli asili e nelle scuole: minando il senso di identità sessuale dei bambini, si mina alla base il senso d’identità dell’intera società. La sovranità, poi, non è che il mezzo per difendere la società dalle forze che vorrebbero distruggerla e ridurla a una turba confusa d’individui, senza radici né storia…
Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Christian Lue su Unsplash