
Prigionieri della nostra “civiltà”?
25 Febbraio 2018
Modernismo e concilio, ecco come se la raccontano
26 Febbraio 2018Abbiamo sostenuto che, quando la Chiesa vuole modernizzarsi, irrimediabilmente perde se stessa: e se questo sia un suicidio volontario o involontario, se sia il frutto di una sublime incoscienza o di un calcolo mefistofelico, diventa una questione secondaria, perché il risultato è quello: modernizzandosi, la Chiesa si secolarizza, e secolarizzandosi, cessa di essere la vera Chiesa cattolica e diventa una delle tante chiese presenti sul mercato delle offerte religiose. Abbiamo anche sostenuto che questo processo è in atto, in forma sempre più esplicita, a partire dal 1962, cioè da quando si è aperto il troppo decantato e troppo lodato Concilio Vaticano II, in realtà l’inizio della secolarizzazione ecclesiastica e, quindi, l’inizio della resa a discrezione della concezione cattolica del reale, alle logiche del mondo moderno, dominate dalla scienza e della tecnica e affatto incredule e scettiche riguardo al soprannaturale. La teologia cattolica post-conciliare si è posta diligentemente al seguito della teologia liberale protestante, la quale, già da tempo, si era messa sulla via del modernismo: e il risultato è stato che, nel giro di qualche decennio, la teologia, ormai pseudo cattolica, ha perso di vista le verità eterne, in cambio del piatto di lenticchie di una visione razionalista, laica e immanente del mondo. Come esempio di questa deriva verso la secolarizzazione del cattolicesimo, abbiamo citato l’affermazione del signor Bergoglio, secondo il quale la morte di Gesù deve essere considerata un fatto storico, quindi una verità oggettiva, mentre la sua resurrezione è un fatto riguardante la fede, e pertanto meramente soggettivo. Una tale affermazione denota una completa introiezione, o, per dir meglio, una completa sudditanza nei confronti della forma mentis moderna, scientista e radicalmente scettica per tutto ciò che non è scientificamente accertabile. Si può dire, anzi, si può pensare, solo ciò che appare corretto e ortodosso dal punto di vista della scienza moderna; il resto o non lo si deve dire, o lo si deve presentare come una modestissima ipotesi, valida in ambito strettamente personale e senza alcuna pretesa di universalità e oggettività.
Ora, di frasi come quella, il signor Bergoglio ne ha pronunciate molte; per essere più estti, possiamo notare che ne dice praticamente ogni giorno, e non crediamo che gli scappino di bocca, ma che tanto parlare, sia nel corso di conversazioni informali e d’interviste improvvisate, sia nell’ambito propriamente pastorale, come nel caso delle omelie quotidiane nel corso della Messa alla Casa Santa Marta, per non parlare di documenti che dovrebbero essere del Magistero, come l’esortazione Amoris laetitia, risponda a una strategia ben precisa: quella di far "passare" definitivamente, data l’autorevolezza (si fa per dire) del personaggio, un tale modo di pensare e di esprimersi, nella coscienza della massa dei fedeli. Un altro esempio è quando il signor Bergoglio ha affermato che, anni addietro, avendo avuto dei problemi psicologici, si mise in terapia presso una psicanalista ebrea, della quale conserva un grato ricordo. Ecco: questo è un modo di pensare e di agire moderno; la psicanalisi è una cosa moderna (e per niente cattolica, né conciliabile con il cattolicesimo): precisando qui, una volta per tutte, che "moderno" è sinonimo di immanente, di laico, di scientifico (o ritenuto tale: perché la psicanalisi è la classica pseudo scienza) e di materialista, pertanto di un insieme di elementi che sono incompatibili e contrapposti alla visione cristiana del reale. Un altro esempio è quando Bergoglio ha detto, nel corso dell’intervista a Eugenio Scalfari, di considerare l’apostolato una grande sciocchezza: anche questa è un’idea moderna, non cattolica e anticattolica, cioè in contrasto con tutta la Tradizione del cattolicesimo. Viceversa, vi sono altri concetti che non si sentono mai nominare dal neoclero e dai neoteologi. Essi non parlano mai degli Angeli, e specialmente dell’Angelo custode, perché tale concezione non è moderna, anzi, è considerata antimoderna; parlano sempre meno del peccato e negano che vi sarà il Giudizio; sostengono che tutti saranno perdonati da Dio, e che con qualsiasi fede religiosa si può arrivare a Lui, non diciamo alla salvezza eterna, perché anche della salvezza eterna non si parla più, è sparita dal loro vocabolario, essendo una parola che piace poco o niente agli esponenti della cultura moderna, per i quali è sinonimo di fanatismo, di fondamentalismo, d’intolleranza, insomma un vero concentrato di politicamente scorretto e una gravissima pietra d’inciampo sul cammino del loro tanto amato ecumenismo e dialogo inter-religioso. Psicanalisi sì, Angelo custode no; elogio di Pannella sì, elogio di santa Maria Goretti no; Emma Bonino una grande italiana, ma silenzio su san Pio da Pietrelcina: tale è ormai la mappa concettuale e tali sono i discorsi e le omissioni dei neoteologi e del neoclero post-cattolico.
E ora veniamo al diavolo. Non è un argomento politicamente corretto, e soprattutto non è compatibile con la cultura moderna; viceversa, è parte integrante, e rilevantissima, delle credenze relative alla fede cattolica. Un cattolico che non crede all’esistenza del diavolo è un cattolico a metà, cioè un non cattolico. Gesù Cristo è venuto nel mondo per combattere le opere del diavolo e per sconfiggere il peccato e la morte, che sono entrati nel mondo a causa del diavolo. Lui stesso lo ha ripetutamente affrontato, sia nella propria persona, con le tentazioni nel deserto, e poi di nuovo, nell’orto degli olivi, sia nella persona dei posseduti che egli ha esorcizzato e liberato dalla loro schiavitù, in un caso addirittura ordinando a una legione di diavoli di trasferirsi in un branco di porci. Il fatto che ora molti cattolici, specialmente se di buona estrazione culturale, esitino a parlare del diavolo ed esitino a considerare realisticamente l’esistenza del diavolo e la sua presenza nel mondo, è di per se stesso un chiaro indice di quanto la cultura cattolica si sia infeudata alla cultura moderna e di quanto la visione cattolica del reale si sia piegata, adattata, sottomessa alla visione laica e secolarizzata. Il nuovo generale dei gesuiti, Sosa Abascal, il quale, nel corso di un’intervista a un giornale laico, butta lì, con suprema nonchalance, l’affermazione "esplosiva" (ed eretica) che il diavolo non esiste ed è solo l’immagine simbolica del male, rappresenta il perfetto tipo del modernista che si spaccia per cattolico, senza esserlo, e che abusa del suo abito e del suo ruolo per deprimere la cultura cattolica, seminando consapevolmente confusione e sconcerto, e per compiacere la cultura secolarizzata. A costui piace anche spargere il dubbio sulla veridicità dei Vangeli, dichiarando che nessuno sa con precisione cosa abbia detto e fatto Gesù Cristo, perché a quel tempo non c’erano registratori: altro modo di atteggiarsi tipicamente moderno. I Vangeli sono libri storici, dopotutto, scritti da esseri umani: chissà quanti errori e imprecisioni contengono; dunque, non bisogna prenderli troppo sul serio. Potrebbero dire la verità, ma potrebbero anche non dirla. Questo è un modo moderno di considerare le Scritture, equiparandole ad un qualsiasi altro libro scritto dagli uomini; ma non è il modo proprio della cultura cattolica, né, meno ancora, della fede cattolica. Il vero cattolico non dimentica mai che i Vangeli sono libri scritti da uomini, sì, ma divinamente ispirati; quindi, non è mai sfiorato da un dubbio radicale, come quello espresso, con calcolata malizia, da Sosa Abascal. Per il cattolico, i Vangeli sono libri veritieri e degni della massima fiducia; quel che vi è scritto è esattamente quel che Gesù ha detto e fatto. Non è assolutamente possibile che le sue parole siano state fraintese; non è assolutamente possibile, per esempio, come invece insinua padre Sosa, che Gesù non abbia affermato, e con estrema chiarezza, il principio della indissolubilità del matrimonio.
Credere che il diavolo esiste e che è costantemente all’opera per trascinare gli uomini nelle sue reti, allontanandoli da Dio e spezzando il loro legame filiale con Lui, non è una questione astrattamente teorica; non è una faccenda che riguardi, in fin dei conti, pochi studiosi di teologia, ma ha, per ciascun cattolico, importanti conseguenze, sia nella sfera della sua vita individuale, sia nella sua visione della storia umana (cfr. i nostri precedenti articoli Alla società secolarizzata sfuggono gli indizi della presenza diabolica, e Satana è un essere personale determinati a provocare la rovina del’uomo?, pubblicati entrambi sul sito di Arianna Editrice il 28/12/2007; e Il diavolo, probabilmente, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 21/05/2015). Qualcuno ha detto che la filosofia della storia è stata inventata da sant’Agostino, con il De civitate Dei; ma è più esatto affermare che l’ha inventata il cristianesimo, e infatti essa è già chiaramente delineata, oltre che nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli, anche nelle Epistole paoline, nelle altre Epistole cattoliche e soprattutto nel Libro dell’Apocalisse. Inoltre, essa è presente, allo stato potenziale, nei libri dell’Antico Testamento (specie in quelli del Pentateuco e, poi, nel Libro di Giobbe); ma è solo con il Nuovo Testamento, cioè con il cristianesimo, che la Bibbia acquista una vera e propria filosofia della storia, al centro della quale vi è la lotta fra le forze che tendono a Dio e quelle che si lasciano irretire dal diavolo. Parafrasando Nicolás Gómez Dávila, il quale diceva che al mondo vi sono quelli che credono al Peccato originale e gli stupidi, potremmo dire, a nostra volta, che gli uomini, e specialmente i cristiani, si dividono in due categorie: quelli che credono all’esistenza del diavolo, e che stanno bene in guardia contro di lui, secondo l’ammonimento di san Pietro (il diavolo, come leone ruggente se ne va in giro, in cerca di anime da divorare), e gli altri, quelli che non ci credono, cioè gli sciocchi. E non solamente sciocchi, ma del tutto incoscienti: come lo sarebbero gli abitanti di una città costruita ai piedi di un vulcano attivo, i quali non si degnassero neppure di alzare mai lo sguardo verso la sua sommità, per controllare se il mostro, per caso, si stia risvegliando, e se ne possano scorgere gli indizi dalla fuoriuscita di vapori, oppure da qualche sordo, minaccioso brontolio proveniente dalle viscere della terra.
Ora, il vero cristiano non solo è tenuto a credere all’esistenza del diavolo, e alla sua estrema pericolosità; di più: egli sa che il diavolo esiste e che è estremamente pericoloso. Alcuni, in particolare certi Santi, lo hanno visto, faccia a faccia. Qualunque cristiano, ad ogni modo, sa che tutto il bene morale viene da Dio e che tutto il male morale, direttamente o indirettamente, viene dal diavolo. Qualunque cristiano degno di questo nome sa che il diavolo, per insinuarsi nella nostra anima, fa leva sulle nostre passioni disordinate, sui nostri vizi occulti e palesi: l’accidia, la lussuria, la superbia, l’avidità. E sa che deve strare costantemente in guardia, perché la vita è una lotta, non una passeggiata La cultura moderna, però, esclude categoricamente che il diavolo sia una creatura reale; anzi, la negazione del diavolo è uno dei suoi tratti più caratteristici. Pertanto, il cristiano vive nella società moderna come una sentinella che vede arrivare il nemico, e lancia l’allarme, ma non è creduta, anzi, viene derisa, si sente dare dell’ubriacone. Situazione paradossale: non solo frustrante, ma anche sommamente incomoda. Il cristiano è ritenuto press’a poco un pazzo; a meno che sia un cristiano "adulto" e "moderno", come certi teologi alla Enzo Bianchi, o come certi religiosi alla Sosa Abascal. Immaginiamo che io sappia che, nel quartiere, si aggira un pazzo pericoloso, armato di coltello. Immaginiamo che il mio vicino di casa, nel calore dell’estate, sia abituato a dormire lasciando aperte non solo le finestre, ma anche la porta d’ingresso. Immaginiamo che io lo avverta, che lo supplichi, che lo scongiuri di tener chiusa almeno la porta; ma lui mi guarda in modo strano, sta pensando che io sia pazzo, mi dà delle risposte evasive, ma vedo benissimo che non crede una parola di quel che gli sto dicendo, anzi, semmai sta pensando che il potenziale pericolo sono io, una persona squilibrata, chissà, forse anche imprevedibile. Ecco: tale è la condizione del cristiano nella società moderna. Il problema è che, in quella casa dalla porta lasciata imprudentemente, follemente aperta, ci abita anche lui: è un condominio, popolato da numerosissimi inquilini; e per l’incoscienza del padrone di casa sono tutti ugualmente in pericolo. Ma se mi presentassi alla riunione di condominio e dicessi che bisogna tener chiusa la porta, perché nella strada si aggira una minaccia gravissima, nessuno mi crederebbe, anzi, qualcuno penserebbe che è meglio se il padrone mi dà lo sfratto, così la pianto di seccare e di allarmare inutilmente tutti quanti. Si può immaginare una situazione più scomoda per me, e più favorevole a quel pazzo assassino? Come se fra lui e il padrone di casa fosse intercorso un patto inconfessabile…
Questa è la situazione della civiltà moderna. Essa esalta l’uomo e nega il trascendente; non ritiene d’aver bisogno di Dio, anche perché non crede che esista il diavolo. Se l’uomo moderno si accorgesse, o almeno sospettasse, che il diavolo esiste, forse si renderebbe anche conto di non poterlo affrontare da solo; forse si getterebbe in ginocchio davanti a Gesù Cristo, che tante volte l’ha affrontato e sconfitto, e domanderebbe, supplicando, il suo aiuto. Ma la teologia cattolica degli ultimi anni è lontanissima da un’idea del genere; e la pastorale della Chiesa lo è ancor di più. Recentemente, il servita Ermes Ronchi ha relegato un tale approccio fra le cose del passato, etichettandolo come "pedagogia della paura". Il cristiano moderno ed emancipato non ha paura di niente: neanche del diavolo. E questo perché, nella sua smisurata superbia, si sente lui stesso dio, e non è disposto a dividere la propria gloria con un altro, magari quello vero. No, meglio essere il dio di se stesso, narcisista e velleitario. Peccato che il diavolo, un simile dio se lo divora in un boccone…
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