
La vera Chiesa esorta al pentimento, la falsa no
14 Gennaio 2018
A piccoli passi, ma quotidiani, verso l’apostasia
15 Gennaio 2018Finalmente ha parlato del peccato. Non lo fa mai, e alcuni milione di cattolici cominciavano a dubitare che proprio la parola peccato non esistesse nel suo vocabolario. ma ieri il (falso) papa Bergoglio, nella sua omelia dalla Basilica Vaticana del 14 gennaio 2018, Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, finalmente ha parlato del peccato e, nello stesso tempo, ha ufficializzato l’undicesimo comandamento: acconsenti all’invasione della tua patria, allo snaturamento della tua terra, alla sommersione della religione cattolica da parte di milioni d’islamici. Lo ha fatto alla sua maniera, stravolgendo come al solito le Sacre Scritture, fino a piegarle al suo pensiero, come quando ha citato il "Venite e vedete" (Gv 1,39) rivolto da Gesù a due nuovi discepoli, che non c’entra assolutamente nulla né coi migranti, né con l’accoglienza, ma tanto, chi se ne frega?, quel che conta è il Bergoglio-pensiero, mica quel che ha detto, duemila anni fa, un certo Gesù Cristo (e chissà cosa ha detto, poi, in realtà, come osserva con straordinaria sagacia padre Sosa Abascal, il generale dei gesuiti: mica c’erano i registratori, a quei tempi!). E non ha risparmiato neppure assurdità di tipo strettamente logico, come nel passaggio in cui ha detto:
Non è facile entrare nella cultura altrui, mettersi nei panni di persone così diverse da noi, comprenderne i pensieri e le esperienze. E così’ spesso rinunciamo all’incontro con l’altro e alziamo barriere per difenderci. Le comunità locali, a volte, hanno paura che i nuovi arrivati disturbino l’ordine costituito, "rubino" qualcosa di quanto si è faticosamente costruito. Anche i nuovi arrivati hanno delle paure: temono il confronto, il giudizio, la discriminazione, il fallimento. Queste paure sono legittime, fondate su dubbi pienamente comprensibili da un put di vista umano, Avere dubbi e timori non è un peccato,. Il peccato è lasciare che queste paure determinino le nostre rispose, condizionino le nostre scelte, compromettano il rispetto e la generosità, alimentino l’odio e il rifiuto. Il peccato è rinunciare all’incontro con l’altro, all’incontro con il diverso, all’incontro con il prossimo, che di fatto è un’occasione privilegiata di incontro con il Signore.
Dopo aver equiparato le paure di chi vede invadere la propria terra e le proprie città, tutti i santi giorni, da vent’anni a questa parte, ad opera di centinaia e migliaia di stranieri, molti dei quali si danno a delinquere subito dopo essere stati accolti, vestiti e sfamati, con quelle degli invasori, i quali, poveretti, non sanno come verranno accolti, il falso papa ha finalmente parlato del peccato. Lo ha fatto per dire che nutrire simili paure non è peccato, ma lo è lasciare che esse influenzino le nostre scelte e i nostri comportamenti. E ciò dopo aver ammesso che queste paure sono legittime, fondate su dubbi pienamente comprensibili da un punto di vista umano. Dunque, vediamo un po’: se qualcuno ci spinge a forza dentro la gabbia dei leoni e delle tigri, è comprensibile che noi abbiamo paura, e questa paura non è peccato; ma diventa peccato se permettiamo ad essa si spingerci a fuggire il più fretta possibile, oppure se ci impedisce di fare una carezza ai leoni e di tirare amichevolmente la coda alle tigri. Certo, certo: è perfettamente logico, non fa una grinza. Ma vediamo ancora meglio. Bergoglio si prendere il disturbo di precisare, bontà sua, che le nostre paure (e quelle dei migranti! ma voi li vedete impauriti, quando arrivano nei centri di accoglienza, scaraventano il cibo per terra perché non è di loro gradimento, o fanno marce di protesta perché volevano andare in albergo e non in una misera ex caserma?), sono pienamente comprensibili da un punto di vista umano. E qui, lo confessiamo, per un istante ci si è aperto il cuore: stava per parlare del soprannaturale, finalmente! Per una volta, non avrebbe fatto una tirata esclusivamente politica, ma avrebbe introdotto un sia pur minimo soffio di spiritualità. Avrebbe detto che queste paure sono pienamente comprensibili da un punto di vista umano, ma il cristiano è un signore che, quando si trova in difficoltà sul piano umano, domanda aiuto a Dio, con la preghiera, la penitenza, la conversione, e Dio lo aiuta, lo consiglia e lo consola.. Non lo aiuta necessariamente sul piano materiale, non gli fa trovare le banconote sotto il tappeto, né guarisce tutti i malati, i ciechi e gli storpi che si rivolgono a Lui, ma lo fa sul piano soprannaturale, quello della grazia. Dunque, Bergoglio avrebbe detto, finalmente, che il cristiano, con l’aiuto della grazia, può vincere tutte le sue paure – tutte, e non solo quelle del politically correct del repertorio della neochiesa progressista, sempre più monotono e ossessivo – e tutte le sue tentazioni, cercando e trovando nella grazia divina le risorse di cui ha bisogno, naturalmente dopo essersi messo in pace con Dio mediante la purificazione dei suoi peccati. E invece no. Niente soprannaturale, niente grazia, niente aiuto divino. Il protagonista è sempre l’uomo, solo l’uomo e nessun altri che l’uomo. L’uomo che, nel migrante, incontra il Signore: ma è lui che lo incontra, è lui che agisce, è lui che trova le risposte. Dio non c’è, non serve, non si fa neanche vedere. La vita soprannaturale, la vita di grazia, nemmeno quella si vede o si sente nominare. Logico: il (falso) papa non è uso parlare del peccato, se non in questa occasione, quando ha detto che aver paura, e lasciare che la paura impedisca l’accoglienza dei migranti, cioè degli invasori che a milioni, un poco alla volta, stanno sommergendo la nazione italiana e la civiltà italiana, tutto questo è il peccato. Un peccato di nuovo genere, un peccato che riguarda la sola sfera del politico: perché – i neopreti e i neoteologi lo sanno bene, anche se fanno finta di non capirlo – negare soccorso a uno straniero in difficoltà, è sicuramente un peccato; ma negare a milioni di stranieri, appositamente spinti sulle nostre spiagge da un piano mondiale criminale, finanziato da Soros e dallo sceicco del Qatar, per conquistare e islamizzare l’Europa, è un atto politico, pienamente legittimo e giustificato. Il peccato è un violazione della legge divina che offende Dio, ma Dio non ha mai ordinato ad alcun popolo di lasciarsi invadere con la scusa della misericordia e dell’accoglienza. Al contrario: tutta la Bibbia è la storia di un Dio che sceglie il suo popolo e gli raccomanda di preservarsi incontaminato, specialmente sul piano religioso. Ed è vero che nel Nuovo Testamento Gesù spezza questo esclusivismo; ma la neochiesa non è forse fermamente convinta che l’Antica Alleanza è sempre valida, e quindi che la concezione della storia da parte del popolo d’Israele è pienamente legittimata da Dio? E non è strano che, mentre in Occidente tutti, ma proprio tutti, la neochiesa e il (falso) papa in testa, esortano, prescrivono, ordinano il dovere dell’accoglienza, lasciando intravedere le fiamme dell’inferno per chi non è d’accordo (perché i peccato impenitenti, secondo la dottrina cattolica, vanno all’inferno), il popolo d’Israele è il solo che preserva gelosamente la propria purezza; e che, mentre in tutti gli altri popoli, i matrimoni misti sono sempre più frequenti, ciò non accade per i nostri fratelli maggiori, gli ebrei, come ,i chiamava Giovanni Paolo II?
Comunque, ora almeno sappiamo che Bergoglio possiede la nozione del peccato; finora ne aveva parlato poco o niente, perché teneva l’asso per il gran finale; ora lo ha gettato sulla tavola: il peccato è dire no all’invasione dell’Italia, dell’Europa e della cristianità. Questa è la cattiva notizia, perché fa di noi dei peccatori; dei peccatori particolarmente coriacei e abominevoli, visto che non eravamo neppure sfiorati dalla coscienza di essere tali. La buona notizia è che, a giudicare dal modo e dal contesto in cui Bergoglio adopera l’espressione, si direbbe proprio che non si tratti di un peccato nel senso cattolico del termine: più che di una offesa fatta a Dio, pare si tratti di una offesa fatta a lui, El Papa, e alla sua degna neochiesa. Insomma, una cosa tutta umana. E come uomo, il papa è simile a qualunque altro essere umano: può sbagliare, può dire fesserie, può perfino prestarsi a dei tenebrosi disegni anticristiani di portata globale. Ed è lui stesso che si pione costantemente sul livello umano, che pone tutte le sue omelie, tutti i suoi discorsi, tutte le sue azioni sul livello puramente umano. Dunque, sul piano umano, lui la pensi come gli pare, e noi siamo liberissimi di pensarla in altro modo. Non è in gioco l’amore del prossimo. L’amore del prossimo è un’altra cosa. E, a proposito: amore del prossimo sarebbe stato anche agire in altro modo coi Francescani e le Francescane dell’Immacolata. Sarebbe stato rispondere ai dubia dei quattro cardinali, o almeno concedere loro, come avevano chiesto, una udienza provata; e non lasciare che due morissero, di crepacuore, senza aver avuto nemmeno un cenno di riscontro. Amore del prossimo sarebbe stato anche rispondere alle lettera di quella madre cattolica, una donna qualsiasi, che gli ha scritto, angosciata, di non riconoscesi più, come cattolica, nelle sue parole, nei suoi gesti, nel suo modo di essere il capo dei cattolici. Amore del prossimo sarebbe stato anche astenersi al ferire i sentimenti di milioni di persone, chiamando Gesù serpente, diavolo, brutto che fa schifo, e asserendo che fa un po’ lo scemo. Amore del prossimo sarebbe anche avere rispetto, delicatezza, sollecitudine per le pecorelle del suo gregge, oltre che per quelle del gregge di Maometto, del gregge di Mosè, del gregge di Budda e del gregge di Pannella. Ma lui, l’argentino ipocrita e arrogante, il tiranno che caccia tutti quelli che lo criticano e va sempre a caccia di applausi e di consensi presso gli adulatori, l’amore del prossimo non sa cosa sia. Se lo sapesse, non parlerebbe come parla e non agirebbe come agisce.
Ma Bergoglio, Sosa, Paglia non conoscono l’amore cristiano del prossimo, che è amore disinteressato, fatto di benevolenza e di sincero desiderio del bene altrui; conoscono solo l’amore ideologico "degli ultimi", che interpretano secondo categorie politiche di sinistra, come una lotta di classe fatta in nome del Vangelo anziché del Capitale: categorie rigide e astratte, per cui il migrante è sempre e solo una povera vittima, e l’europeo che non ci sta a lasciarsi invadere, è sempre e solo un egoista e un razzista; e spingono il loro furore ideologico (proprio loro, che criticano la dottrina cattolica ridotta a "ideologia") fino al limite dell’assurdo, cioè fino a negare, come fa Bergoglio, che un terrorismo islamico esista. L’amore cristiano desidera innanzitutto il bene altrui, il bene della sua anima. Ci si potrebbe chiedere, pertanto, se il bene di tutte quelle persone che si trasferiscono in Europa, in quelle forme disperate, abbandonando le loro case e le loro famiglie, sia davvero il loro bene. E se il bene di chi li deve accogliere, a cominciare dalle fasce sociali più svantaggiate, quelle che condividono coi nuovi arrivati i quartieri-dormitorio e le periferie degradate, sia quello di accoglierli come angeli mandati dal Signore, secondo le precise parole di monsignor Lauro Tisi, vescovo di Trento, nella omelia santa Messa il giorno dell’Epifania. Ma per amare in senso cristiano, bisogna prima aver rinunciato al proprio io egoista, che vuol sempre mettersi al centro di tutto, che vorrebbe riconoscimenti e consensi, che è bramoso di applausi e di popolarità. Diversamente, non è l’amore cristiano quello che si rivolge al prossimo, ma l’amor di se stessi, mascherato da amore del prossimo. E, di fatto, quando parlano dall’altare, questi neopreti non trasmettono mai il respiro di Dio, la trascendenza di Dio, l’amore di Dio: il loro sguardo non s’illumina della luce di Dio, ma s’intorbida con le passioni che li agitano, tutte umane: non è più il Vangelo di Gesù Cristo che essi predicano, ma il vangelo di don Fredo Olivero che non ha più la fede, o di don Paolo Farinella che abolisce, motu proprio, la santa Messa di Natale "per rispetto dei migranti". Ed è il vangelo (sempre con la minuscola) di tutti quei neopreti che hanno allestito in chiesa dei presepi inopportuni, impropri, qualche volta sacrileghi, in omaggio alle idee della neochiesa sul dialogo, il pluralismo, l’accoglienza, eccetera. Ne abbiamo visti di tutti i colori, anche presepi con uomini nudi che alludono all’ipoteca del mondo LGBT sulla Chiesa stessa, da cui vuole un riconoscimento; e fino al canto del muezzin che s’innalza sui fedeli, venuti ad ammirare un presepio vivente (cattolico, fino a prova contraria). Quest’ultima eccentricità, chiamiamola, così, è accaduta a pochi chilometri da noi, sempre nel clima "festoso" e "aperto" inaugurato da Bergoglio, che ne porta la responsabilità; a dispetto del fatto che il profeta Maometto è venuto al mondo quasi sei secoli dopo Gesù, quindi (a non voler fare considerazioni d’altro genere) quel muezzin che recita le sure del Corano sulla capanna della Sacra Famiglia ci sta come i cavoli a merenda. Né sono mancati i "presepi" affollati di prostitute, ladri e transessuali, come piace a monsignor Paglia, a giudicare dall’affresco che ha commissionato nel duomo di Terni, quand’era vescovo di quella città: sempre col pretesto che neanche Gesù disdegnava i peccatori. Il che è vero, verissimo; così come è vero che lo faceva per le ragioni diametralmente opposte a quelle del neoclero, cioè per convertirli e spingerli a cambiar vita, a uscire dal peccato e ritornare a Dio; non certo per approvare i loro peccati o per celebrare il loro modo di vivere moralmente disordinato.
Questo Natale del 2018, tanto celebrato dai cortigiani del (falso) papa Bergoglio come il più evangelico e francescano di tutti, è stato, a nostro parare, il più disastroso nella storia della Chiesa. Mai, crediamo, vi sono stati tanto sconcerto, tanta tristezza, tanta desolazione nel cuore dei cattolici. E mai abbiamo visto tanti amici andarsene via, sconsolati, lontano da una chiesa che non è più la Chiesa di Cristo, riscaldata dal suo Cuore misericordioso e illuminata dai doni soprannaturali della grazia e che somiglia invece sempre più alla sinagoga di satana. Ma guai ai seminatori di scandali…
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