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Che ci sta a fare un gesuita che nega il diavolo?

Eletto preposito generale della Compagnia di Gesù nell’ottobre del 2016, succedendo ad Adolfo Nicolás, non si può certo dire che padre Arturo Sosa Abascal abbia tenuto quel che si dice un basso profilo: al contrario, gli son bastati pochi mesi per farsi conoscere ai quattro angoli del mondo. Nel febbraio 2017, nel corso di un’intervista a Giuseppe Rusconi, per il sito Rossoporpora, ha messo in dubbio che Gesù abbia mai insegnato l’indissolubilità del matrimonio, e ha pure messo in dubbio che i quattro Vangeli e gli altri libri del Nuovo Testamento riportino fedelmente le parole del nostro divino Maestro; motivazione: a quel tempo non esistevano i registratori, quindi la sua Parola non è mai stata riportata con precisione assoluta. A maggio, nel corso di una lunga intervista al giornale El Mundo, ha aggiunto, fra le altre cose, e sempre con la massima disinvoltura, come si potrebbe dire una cosa normalissima e perfino scontata, che il diavolo non esiste, essendo solo una immagine figurata del male.

Ora, l’esistenza del diavolo e della sua nefasta opera fra gli uomini non è affatto una questione di opinione personale: è parte integrante della fede cattolica. Sant’Ignazio di Loyola, il fondatore dei gesuiti, ci credeva, eccome; ci credeva san Pio da Pietrelcina, anche per averlo personalmente incontrato; e ci credeva, per la medesima ragione, il santo curato d’Ars, Jean-Baptiste Marie Vianney, che ne portava i segni sul suo corpo. Ci credevano grandi filosofi e teologi, come Sant’Agostino e san Tommaso d’Aquino; ci credevano sommi artisti cristiani, come Dante Alighieri e Giotto; ci credevano i Padri della Chiesa, e ci credevano gli Apostoli, come attestano le lettere di san Pietro, di san Giovanni, di san Paolo, eccetera. Ci credevano e ci credono migliaia di sacerdoti esorcisti, espressamente incaricati dai loro vescovi di amministrare il sacramentale dell’esorcismo. Ci hanno creduto anche scrittori moderni, come i cattolici Joris-Karl Huysmans e Léon Bloy, ma anche dei non cattolici, come il poeta Charles Baudelaire, al quale si deve il celebre aforisma: L’astuzia più grande del diavolo è far credere che non esiste. Ci credeva, quel che più conta, Gesù Cristo: perché, al di là delle Parole da Lui effettivamente pronunciate, i Vangeli ci tramandano una quantità di episodi nei quali Gesù si è incontrato, faccia a faccia, con il diavolo: dalle tentazioni nel deserto, a tutti gli indemoniati che ha sottoposto ad esorcismo, liberandoli infallibilmente, anche dove i suoi discepoli avevano fallito, e venendo riconosciuto perfettamente dal Maligno, al quale peraltro ordinava di tacere e di non rivelare ad alcuno la sua identità.

I gesuiti hanno sempre insegnato agli studenti, nelle loro scuole, che il diavolo esiste e che può vessare, ossessionare e possedere gli esseri umani. Uno dei loro studenti divenuti poi famosi, lo scrittore statunitense William Peter Blatty, scrisse il romanzo forse più famoso sull’argomento, L’esorcista, nel 1971, dal quale, due anni dopo, il regista William Friedkin ha tratto un film che, se non è fra i più belli, è sicuramente fra i più conosciuti al mondo. Il protagonista della storia è un giovane gesuita, padre Damien Karras, il quale, un po’ scettico all’inizio, finisce per credere in pieno all’esistenza del grande nemico, vedendo quel che è in grado di fare quando prende possesso di un corpo umano, in questo caso quello di una ignara ragazza dodicenne. Blatty (che è morto esattamente un anno fa, il 17 gennaio 2017), come si legge nella prima pagina del libro, ha dedicato la sua opera ai gesuiti, che mi hanno insegnato a pensare. Ma Blatty, newyorkese, classe 1928, apparteneva ad un’altra generazione; e i gesuiti che lo avevano guidato nel suo percorso scolastico appartenevano a una generazione ancora più remota. I gesuiti dei nostri giorni sono molto più moderni, spiritosi, gioviali, dinamici e pragmatici, coi piedi ben piantati in terra e poco propensi a sprecar tempo ed energie a lottare contro un nemico inesistente, come il diavolo. I gesuiti alla Sosa Abascal hanno ben altro da fare che insegnare a pensare, il che, in fondo, era la ragion d’essere del loro Ordine, così come lo aveva concepito il loro fondatore, se è vero, come è vero, che, per un paio di secoli, essi hanno istruito e formato la futura classe dirigente di mezza Europa.

Forse sono anche un tantino massoni — non tutti, naturalmente, ma un certo numero sì, senza alcun dubbio — e parecchio ambiziosi; sempre aggiornatissimi nell’ultimo grido della teologia modernista e sempre in prima fila nel "dialogo" col mondo, e specialmente con gli ambienti non cristiani e anticristiani della società e della cultura, come il defunto cardinale Carlo Maria Martini, il quale ha una cosa in comune con il (falso) papa Bergoglio, oltre al fatto di essere stato l’anima di quella "mafia di San Gallo" che, nel 2013, ha fatto il colpaccio di mettere un suo uomo sulla cattedra di san Pietro (dopo un primo tentativo andato a vuoto, nel 2005): il fatto palese che, in quanto gesuiti, né l’uno, né l’altro avrebbero potuto essere eletti, vescovo il primo, papa il secondo, perché ciò è in aperto contrasto con il loro statuto. E si ricordi che, alla sua scomparsa, il 31 agosto 2012, la massoneria lo ha onorato con questo comunicato: Salutiamo il nostro grande fratello deceduto; laddove solo una colossale ingenuità potrebbe leggere in quel "fratello" un appellativo di tipo cristiano, invece che la tipica qualifica dei "fratelli di Loggia".

Ma vediamo, esattamente, quali sono state le parole del disinvolto padre Sosa al giornalista di El Mundo, poco più di sette mesi or sono:

Dal mio punto di vista, il male fa parte del mistero della libertà. Se l’essere umano è libero, l’uomo può scegliere fra il bene e il male. Noi cristiani crediamo di essere fatti a immagine e somiglianza di Dio, per cui Dio è libero, ma Dio sceglie sempre di fare il bene perché è tutto bontà. Abbiamo creato figure simboliche, come il diavolo, per esprimere il male. I condizionamenti sociali anche rappresentano questa figura, ci sono persone che agiscono così perché c’è un ambiente dove è molto difficile fare il contrario.

Ci sarebbero molte cose da dire sulle capacità di ragionare che si evincono da questo brano di prosa. Da un lato padre Sosa dice che l’uomo è libero, dall’altro afferma che, se si vive in certi ambienti, è "molto difficile" non fare il male. Poi dice che noi siamo fatti a immagine di Dio, quindi che Dio somiglia a noi, il che è un falso ragionamento, perché fra noi e Dio non vale la proprietà transitiva: noi siamo fatti a immagine di Lui, ma la sua natura e la sua essenza sono qualcosa d’infinitamente e incommensurabilmente più perfetto di noi. Inoltre il baldo gesuita asserisce che Dio è "tutto bontà", come un Babbo Natale sempre sorridente e carico di pacchi regalo, o come un panettone farcito coi canditi e le uvette e stracarico di zucchero, confondendo (ma in quali seminari ha studiato, quali corsi universitari ha frequentato?) la "bontà", che è cosa puramente umana, dunque imperfetta, con il "bene", che è un concetto filosofico, e con il Bene, con la maiuscola, che è uno dei volti di Dio; senza rendersi conto che definire Dio "tutto bontà", oltre alla grottesca associazione mentale con certi slogan consumisti (la Susanna tutta panna: qualcuno se la ricorda?) ignora che la qualità dell’essere buoni implica, per essere intelligibile, la qualità opposta, del poter essere malvagi; cosa evidentemente impossibile per ciò che si riferisce a Dio. E una tal cosa, per Lui, è impossibile per la precisa ragione che il Bene assoluto esclude la compresenza del male, come la luce esclude la compresenza del buio; compresenza che, invece, per gli uomini è non solo possibile, ma "normale", nel senso che la natura umana è un impasto di bene e di male; dal che appunto si ricava che se noi somigliamo a Dio, per la parte di bene che in noi, Lui tuttavia non somiglia a noi, perché in Lui non è neppure concepibile alcunché di male. Infine quel "noi cristiani", detto da padre Sosa, rivendica un’appartenenza e una identità che farebbe di noi tutti dei compagni di strada di costui: invece noi cristiani, che all’esistenza del diavolo crediamo, così come ci crede la vera Chiesa, e che crediamo, inoltre, che quanto riferiscono i Vangeli delle Parole di Gesù — con o senza registratore – è tutto vero, riteniamo di non avere un granché in comune con i tipi come lui, i quali in altri tempi si sarebbero chiamati "liberi pensatori" e non sarebbero stati considerati di certo dei cattolici, tanto meno li si sarebbe ritenuti degni e capaci di guidare in maniera appropriata e ispirata (ispirata da Dio, fino a prova contraria) uno dei più grandi ordini religiosi. Ma il punto centrale, ovviamente, è un altro: ossia la frivola, banale, superficiale negazione dell’esistenza del diavolo, data addirittura come cosa ovvia e non meritevole di alcuna ulteriore spiegazione, di alcun ragionamento. Come tutti i progressisti degni di rispetto, padre Sosa è un arrogante: arrogante per vocazione, per natura, per destino: disprezza duemila anni di Tradizione, legge le Scritture a modo suo e non si fa il minimo problema a dire cose contrarie alla dottrina e al Magistero; cose che sicuramente — e lo sa bene — non possono non suscitare turbamento, confusione, dolore in milioni e milioni di persone. E tutto questo senza uno straccio di argomentazione o di giustificazione: così, come di potrebbe dire in un salotto della buona società (perché padre Sosa è un figlio di papà, questo va tenuto presente; non viene dal mondo contadino, come un Pio X), fra un sorso di tè e un pasticcino: Sai, mio figlio si è iscritto all’università; oppure: A proposito, che colore andrà di moda, quest’anno? Come! Un sacerdote, un pezzo grosso della Chiesa, un’autorità spirituale di alto livello, che dichiara, con la massima nonchalance, oltretutto in un’intervista ad un giornale laico e non in una sede ecclesiale appropriata, che il diavolo è soltanto una figura simbolica, creata dall’uomo. Ma stiamo scherzando? Ma che razza di chiesa è, una chiesa che tollera simili affermazioni da uno dei suoi più insigni rappresentanti? E che razza di papa è, un papa che non fiata per correggere, per smentire, per rettificare, proprio lui che, altra volta, ha detto che il diavolo esiste davvero e che bisogna lottare contro di esso? Perché tace, Bergoglio, mentre padre Sosa dice simili eresie, quando non tace affatto allorché si tratta di rimbeccare il cardinale Sarah, che ha cercato di porre un argine ai disordini e agli abusi liturgici, o quando si serve perfino del discorso riservato agli auguri natalizi per sparare a zero contro i suoi oppositori, descrivendoli con parole di fuoco, traditori della sua fiducia, ingrati, superbi, proprio lui che non ha mai degnato d’una risposta i quattro cardinali dei dubia, e non ha mai degnato d’una spiegazione i frati e le suore dell’Immacolata, tenuti in ostaggio o spinti a lasciare il convento dopo quattro anni e mezzo di crudele persecuzione?

E allora, prendiamoci il disturbo di aprire il Catechismo della Chiesa cattolica e di vedere che cosa dice a proposito del diavolo (§§ 391-395):

391. Dietro la scelta disobbediente dei nostri progenitori c’è una voce seduttrice, che si oppone a Dio, la quale, per invidia, li fa cadere nella morte. La Scrittura e la Tradizione della Chiesa vedono in questo essere un angelo caduto, chiamato Satana o diavolo. La Chiesa insegna che all’inizio era un angelo buono, creato da Dio. "Diabolus enim alii dæmones a Deo quidem natura creati sunt boni, sedi ipsi per se facti sunt mali — il diavolo infatti e gli altri demoni sono stati creati da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si sono trasformati in malvagi.

392. La Scrittura parla di un PECCATO di questi angeli. Tale "caduta" consiste nell’avere, questi spiriti creati, con libera scelta, radicalmente ed irrevocabilmente RIFIUTATO Dio e il suo regno. Troviamo un riflesso di questa ribellione nelle parole rivolte dal tentatore ai nostri progenitori: "Diventerete come Dio" (Gn 3,5). "Il diavolo è peccatore fin dal principio" (1 Gv 3,8), "padre della menzogna" (Gv 8,44).

393. A far sì che il peccato degli angeli non possa essere perdonato è il carattere irrevocabile della loro scelta, e non un difetto dell’infinita misericordia divina. "Non c’è possibilità di pentimento per loro dopo la caduta, come non c’è possibilità di pentimento per gli uomini dopo la morte" (San Giovanni Damasceno, "Expositio fidei" 18).

394. La Scrittura attesta la nefasta influenza di colui che Gesù chiama "omicida fin dal principio" (Gv8,44) e che ha perfino tentato di distogliere Gesù dalla missione affidatagli dal Padre."Il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo" (1 Gv 3,8). Di queste opere, la più grave nelle sue conseguenze è stata la seduzione menzognera che ha indotto l’uomo a disobbedire a Dio.

395. La potenza di Satana però non è infinita. Egli non è che una creatura, potente per il fatto di essere puro spirito, ma pur sempre una creatura: non può impedire l’edificazione del regno di Dio. Sebbene Satana agisca nel mondo per odio contro Dio e il suo regno in Cristo Gesù, e sebbene la sua azione causi gravi danni — di natura spirituale e indirettamente anche di natura fisica — per ogni uomo e per la società, questa azione è permessa dalla divina provvidenza, la quale guida la storia dell’uomo del mondo con forza e dolcezza. La permissione divina dell’attività diabolica è un grande mistero, ma "noi sappiano che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Rm 8,28).

A questo punto, una domanda. Padre Sosa ha mai letto il Catechismo? E se sì, vuole riscriverlo lui?

Fonte dell'immagine in evidenza: Immagine di pubblico dominio (Gustave Dorè)

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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