
Non sa dire la verità chi non è nella Verità
7 Gennaio 2018
Ora basta leccarsi le ferite: è tempo di reagire
9 Gennaio 2018Oggi in molti lo hanno dimenticato. Eppure è passata solo una manciata di anni da quell’11 marzo del 2011 in cui Shahbaz Bhatti, quarantadue anni, ministro pakistano per le minoranze e unico cattolico a far parte del governo di Asif Ali Zardari, cadeva assassinato per mano dei fanatici islamisti, a Islamabad, per fargli pagare le sue coraggiose prese di posizione in favore dei cristiani perseguitati. Era consapevole dei rischi che correva; peraltro, il governo gli aveva negato la scorta, per cui girava da solo e anche quel giorno, mentre si recava dalla casa di sua madre alla sede del suo ministero, viaggiava a bordo di un’auto con il solo autista, senza alcuna protezione. Appena due mesi prima era stato assassinato il governatore del Punjab, Salmaan Taseer, per essersi opposto, proprio come Bhatti, all’introduzione della legge sulla blasfemia, che in pratica pone una spada di Damocle su tutti i non islamici del Paese, oltre che sugli islamici considerati "tiepidi" ed invisi ai fondamentalisti, e per aver difeso, come aveva fatto il ministro, la sfortunata Asia Bibi, la giovane donna condannata a morte, appunto per blasfemia, nel 2010, con l’accusa — assai dubbia – di aver offeso il profeta Maometto. Ricordiamo, fra parentesi, che il papa Francesco, che pure ha ricevuto un appello di Asia Bibi dal carcere, non ha mai voluto neppure nominarla nel corso di questi primi cinque anni del suo pontificato. Sebbene parli ogni giorno dei diritti dei migranti e sebbene abbia più volte negato l’esistenza di un terrorismo islamico (o, magari, appunto per questo), il papa non ha ritenuto di spendere nemmeno un grammo della sua vasta popolarità internazionale in favore di Asia Bibi.
Bhatti non era un eroe, ma un uomo giusto e un cattolico coerente, che aveva messo in conto la possibilità, tutt’altro che remota, di dover affrontare la prova del martirio. "Martire" viene dal greco e significa "testimoniane", e lui era quel tipo di cristiano che vuol rendere testimonianza a Gesù, a qualsiasi costo, anche a costo della propria vita. Ci piace riportare una parte del testamento spirituale di Shahbaz Bhatti, che dovrebbe far riflettere noi, cattolici pigri e superficiali, abituati a vivere in tutta pace e nei più vergognosi compromessi con il mondo, senza mai esporci al benché minimo rischio per essere degni di quel Gesù, al quale diciamo di credere e del cui santo Nome ci gonfiamo la bocca, ogni volta che intendiamo rivendicare nuovi diritti e nuove libertà per questo e per quell’altro, a proposito e a sproposito, e ogni qual volta, al contrario, vogliamo chiudere la bocca ai nostri interlocutori, sebbene, di questi tempi, sia più facile sentir invocare il nome di "papa" Francesco che quello di Gesù Cristo, forse perché il primo evoca folle festanti e plaudenti, mentre il secondo ci ricorda una cosa che proprio non ci piace per nulla, la Croce, che pagheremmo chissà cosa per scansare, ogni volta che ce la vediamo venire incontro (cit. nel periodico del Movimento Mariano Regina dell’Amore, Schio, Vicenza, n. 282 del maggio/giugno 2017, p. 25):
Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli Insegnamenti, nel Sacrificio e nella Crocifissione di Gesù. Fu l’Amore di Gesù che mi condusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i Cristiani in Pakistan mi sconvolsero. Quando avevo soli 13 anni ascoltai un sermone sul Sacrificio di Gesù per la nostra Redenzione e la Salvezza del mondo intero e pensai di corrispondere a quel suo Amore donando amore ai nostri fratelli, ponendomi al servizio dei Cristiani. Non voglio popolarità, non voglio potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei un privilegiato qualora Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Quando rifletto sul fatto che Gesù ha sacrificato tutto, che Dio ha mandato il suo stesso Figlio per la nostra Redenzione, mi chiedo come non possa io seguire il cammino del Calvario.
Con una certa dose d’ingenuità, potremmo chiederci come facciano, i cardinali e i monsignori della neochiesa, a non riflettere su una verità così ovvia, come quella espressa da Shahbaz Bhatti: che essere cristiani significa non già andare in cerca di onori e di potere, ma di un posto ai piedi di Gesù; più precisamente, di un posto ai piedi della croce di Gesù, e, se possibile, sulla croce di Gesù. Come facciano a non essere ancora stanchi e nauseati di ricevere sorrisi, applausi e riconoscimenti, laddove Gesù ha ricevuto oltraggi, sputi e percosse; come sia possibile che non li sfiori mai un dubbio che chi piace al mondo non può piacere a Dio, perché, per piacere a Dio, bisogna essere odiati dal mondo. Ma sarebbero, appunto, degli interrogativi ingenui. Perché la vanità e l’ambizione, senza alcun dubbio, esistono nella gerarchia cattolica, come del resto sono sempre esistiti, dato che la Chiesa militante è formata da uomini, cioè da peccatori, e non da soli Santi. Ma quel che domina, oggi, nelle file della neochiesa, e specialmente della gerarchia, non sono solamente i "normali" vizi e peccati umani, lussuria, orgoglio e avidità, ma qualcosa di ancor peggiore: un preciso disegno, scientificamente studiato e giunto ormai in fase avanzatissima, per distruggere metodicamente la Chiesa dal suo interno, per opera dei suoi stessi membri, di quei pastori che dovrebbero custodire il gregge loro affidato, guidarlo, istruirlo, confortarlo, e, per quanto possibile, allargarlo, annunciando il Vangelo a tutti gli uomini, in ogni pare del mondo; cioè il disegno della massoneria ecclesiastica, che esiste da moltissimi anni e che da circa mezzo secolo è riuscita ad inserirsi nei gangli vitali della più alta gerarchia. Pertanto, se un cardinale o un arcivescovo trova il coraggio di tradire Gesù Cristo per servire i disegni della Fratellanza, è superfluo domandarsi dove trovi il coraggio di lasciarsi dominare dalla vanità e dell’ambizione, invece di cercare un posticino ai piedi di Gesù: costui ha già venduto l’anima al diavolo ed è già, alla lettera, un’anima persa, e ci vorrebbe letteralmente un miracolo, cioè un intervento straordinario di Dio stresso, per spingerlo a pentirsi e a ravvedersi, e per indurlo a desistere dalla partecipazione a un così malvagio disegno. Cosa che, in ogni caso, non gli sarebbe facile, perché non si arriva così in alto, con la protezione della massoneria, senza essere poi legati mani e piedi a un obbligo di cieca obbedienza e di assoluta fedeltà. Si aggiunga che molti di costoro sono, senza dubbio, ricattabili, perché praticano vizi nascosti e vergognosi che l’associazione segreta di cui fanno parte incoraggia a coltivare e a soddisfare, salvo tenere aggiornati dei dossier su ciascuno di essi, in modo da tenerli in pugno con l’arma del ricatto. E infine si tenga contro del satanismo, diffuso ai vertici della massoneria, e quindi anche della massoneria ecclesiastica, che crea fra i suoi membri un ulteriore vincolo di solidarietà e complicità, indicibile e inimmaginabile, utile a tenerli legati fra di loro e tutti quanti rispetto al vertice, come dei miseri strumenti del potere diabolico, dopo essersi abbassati ad adorarlo e a servirlo, anche attraverso riti raccapriccianti e innominabili. Larga e comoda è la strada che conduce all’inferno, stretta e faticosa quella che porta verso Dio. I pastori infedeli sono anime disordinate e viziose, che hanno scelto la prima strada perché non hanno la fede, o l’hanno persa, e quindi non credono in Dio, ma solo nel denaro, nel potere e nei piaceri carnali.
Lasciamoli in balia dei gorghi ribollenti delle loro passioni perverse e dei loro istinti vergognosi, legati al carro della loro smania di potere e di riconoscimenti, come il mulo da macina è legato alla stanga per far girare perennemente la ruota del mulino; non soffermiamoci a considerare la loro abietta e ributtante condizione di anime depravate e votate al diavolo, pronte a compiere qualsiasi scelleratezza: ci basti aver sollevato un po’ il coperchio del loro infernale calderone, tanto per capire quanto sia ingenuo chiedersi come possano non provare alcun rimorso di coscienza allorché, con affermazioni scandalose, eretiche e blasfeme, abusando del loro abito sacerdotale e della loro autorità e notorietà, sono di gravissimo scandalo alle anime dei credenti, nelle quali insinuano dubbi tormentosi in materia di fede. Non provano rimorso per tali cose perché la loro coscienza, indurita nella perversa volontà di rifiutare Dio e adorare il diavolo, si è ormai assuefatta a compiere azioni malvagie, anche gravissime, sentendole come logiche e necessarie, in quanto facenti parte di un vasto disegno che si sono impegnati a servire fedelmente, ciascuno per la sua parte, con la coscienziosa metodicità di veri professionisti, rotti ormai a qualunque bassezza, astuzia e perfidia, pur di giungere alla meta. Certo non ci capita mai di sentire un Paglia, un Galantino, un Ravasi, un Melloni, un Bianchi, esprimere concetti come questo: Voglio solo un posto ai piedi di Gesù; né, tanto meno, un Bergoglio; soprattutto, non ci capita mai di vederli agire in maniera conforme a quella umiltà e a quella purezza d’intenzioni che è il segno più certo dell’autentica sequela di Gesù Cristo. Non basta allestire mense e dormitori nelle chiese; non basta parlar sempre dei poveri e dei migranti; e non basta neppure inginocchiarsi, lavare e baciare i piedi ai "poveri", specie se tutte queste cose sono fatte a beneficio della televisione e della stampa e servono principalmente a divulgare e magnificare la carità e la misericordia del neoclero e dei neocattolici. Il vero discrimine è fra coloro i quali cercano solo un posto ai piedi di Gesù e coloro i quali bramano un posto in prima fila nel gran teatro del mondo: perché, ribadiamo il concetto, per piacere al mondo non si può che dispiacere a Dio, e viceversa. Dio è un padrone geloso, ma anche il mondo lo è. Come dice san Giovanni (1 Gv 2, 15-17): Non amate il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita — non viene dal Padre, ma viene dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!
Quanto potrebbe durare la popolarità di un personaggio pubblico — non solo un politico o un amministratore, ma anche un uomo o una donna di spettacolo, un regista, uno scrittore, un artista — il quale, poniamo, denunciasse i sei milioni di aborti che sono stati praticati in Italia, da quando è stata approvata la relativa legge sull’interruzione della gravidanza? E quanto sarebbe popolare un sacerdote, se si stabilissero i criteri pastorali della Chiesa in base agli indici di gradimento, il quale ricordasse ai suoi fedeli che Dio è misericordia, certamente, ma è anche verità e giustizia, e che quindi, senza il pentimento sincero e profondo dei propri peccati, non si può minimamente sperare di essere ammessi alla beatitudine eterna? E quanta strada farebbe la carriera di un intellettuale laico, ma cattolico, il quale denunciasse la massoneria ecclesiastica e mostrasse quanto si stanno facendo spudorate ormai le sue trame, fino al punto che ci tocca vedere e udire il papa chiamare una grande italiana la signora Emma Bonino, la mammana d’Italia, colei che si può ben gloriare di essere la madrina spirituale e materiale di alcune delle leggi più inique, immorali e anticristiane che il Parlamento italiano abbia approvato in tutta la sua storia?
Il vero cattolico dovrebbe pregare ogni giorno, ripetendo le parole di Shahbaz Bhatti: Voglio solo un posto ai piedi di Gesù! Quell’uomo considerava un privilegio il fatto che Gesù, forse, un giorno lo avrebbe chiamato a rendergli testimonianza al prezzo della sua stessa vita: e aveva ragione, perché il servo non è superiore al padrone, e se Gesù ha dato la sua vita per amore degli uomini, qualunque suo seguace dovrebbe considerare un privilegio quello di poterlo imitare anche nel sacrificio. Ogni cattolico dovrebbe perciò pregare: Signore, fa’ che io possa avere un posto ai piedi di Gesù! E fa’ che io sia degno di Te, se un giorno vorrai chiamarmi a rendere testimonianza! Si può rendere testimonianza in molti modi; ed esistono martirî incruenti, quasi invisibili, e tuttavia eroici, fatti di minacce, persecuzioni, prepotenze, calunnie, accanimenti d’ogni genere contro coloro i quali rifiutano di piegarsi ad adorare il mondo e restano fedeli alla sequela di Gesù. Il mondo, anzi, è pieno di questi eroi sconosciuti, di questi martiri silenziosi e inosservati. Il mondo che accende i riflettori sul falso papa Bergoglio e sul falso neoclero massonico e modernista, i quali, gonfi di orgoglio e di superbia, non s’inginocchiano mai davanti al Santissimo, ma cercano smaccatamente l’applauso delle folle, facendo i generosi con un portafoglio che non è di loro proprietà, ossia promettendo la remissione dei peccati anche ai peccatori impenitenti, quel mondo ignora e disprezza i martiri sconosciuti e silenziosi. Peggio: li denigra, li considera una seccatura, li isola e li scarica, come è accaduto a quel professore belga — Stéphane Mercier — che è stato cacciato da una scuola cattolica per aver equiparato la pratica dell’aborto volontario all’omicidio. Non solo non è stato difeso dai cattolici, ma il clero lo ha severamente criticato. Quale esempio più lampante di una mentalità "cattolica" che è arrivata ad adorare il mondo, e che, di conseguenza, non si preoccupa affatto di dispiacere a Dio? Il portavoce della Conferenza episcopale belga, Tommy Scholtès (un sacerdote), ha detto: Le parole di Stéphane Mercier mi sembrano caricaturali. La parola omicidio è troppo forte (…). Formule del genere non aiutano la Chiesa, specialmente nel quadro dell’appello alla vita lanciati dal Papa. Appunto: la neochiesa lancia appelli alla vita, tacendo però sulla morte…
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