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La vera difficoltà dei cattolici

La quantità di rospi che i cattolici hanno dovuto mandar giù, in questi ultimi anni, è semplicemente impressionante; lo scandalo dato dalla gerarchia è enorme; lo stravolgimento della dottrina, oltre che della liturgia, è palese: eppure, ben pochi si sono decisi a muoversi, a far sentire la loro voce di protesta. La grande maggioranza pare non essersi accorta di nulla: ipnotizzata dalla onnipresenza mediatica del falso papa Bergoglio, si direbbe aver rinunciato a vedere e a trarre le debite conclusioni. Anche persone colte e intelligenti sono quanto mai riluttanti a mettere insieme le tessere del mosaico e ad ammettere che esiste un disegno complessivo per l’autodistruzione della Chiesa cattolica e per la cancellazione dell’opera di Gesù Cristo fra gli uomini. Fino a non molto tempo fa, se un vescovo avesse osato far dipingere un obbrobrio sacrilego come quello che monsignor Paglia ha fatto realizzare nel duomo di Terni, sarebbe scoppiato un putiferio. Per la stessa ragione, neanche una sola delle decine di battute eretiche, intollerabili, blasfeme, del falso papa Bergoglio sarebbe passata inosservata, ma avrebbe destato clamore, avrebbe suscitato forti reazioni, sia in alto che in basso. A nessuno sarebbe stato permesso di affermare, impunemente, che Gesù si è fatto diavolo e serpente, che una volta ha fatto un po’ lo scemo e che non era un "pulito"; che Lutero era un riformatore perbene e che aveva ragione; che gli ebrei si salvano anche rifiutando Gesù Cristo, e che i musulmani sono ospiti graditi nelle chiese, durante la santa Messa, se vengono a pregare Allah; che non si sa realmente se Gesù sia risorto; che Dio non è cattolico; che tutti gli uomini andranno in paradiso; e via di questo passo. No: sarebbe bastata una sola di queste affermazioni, perché si alzassero le barricate e si chiedesse la cacciata dell’indegno sacerdote; come pure altre affermazioni, del medesimo tenore, per esempio che non si sa perché esiste la sofferenza; che Dio ha trattato suo Figlio in maniera ingiusta; che le Persone della Santissima Trinità litigano fra di loro in continuazione; che i divorziato risposati, o pubblicamente conviventi, possono fare la santa Comunione a loro personale giudizio, con l’approvazione di Dio; che il papa prenderebbe a pugni che parlasse male della sua mamma; che il terrorismo islamico non esiste; che esiste l’obbligo cristiano di accogliere illimitatamente i migranti e di concedere a tutti i nati in Italia il diritto di cittadinanza; o come aver invocato la divina benedizione su una coppia di omosessuali maschi e sulla bella "famiglia" che hanno formato, adottando dei bambini.

Invece, davanti a simili cose, e ad altre dello stesso tenore, perfino peggiori, da parte di un gran numero di cardiali, arcivescovi, vescovi e sacerdoti, nonché di teologi che insegnano nelle facoltà cattoliche, non vi sono state che timide e blande reazioni. L’esortazione Amoris laetitia, che contraddice frontalmente secoli e secoli di Magistero, non solo in fatto di indissolubilità del matrimonio, ma, più in generale, sul concetto stesso di peccato e sulla liceità della santa Eucarestia, ha suscitato solo una richiesta di chiarimenti da parte di quattro cardinali, rimasta del tutto ignorata, e, poi, un documento di risposta da parte di una sessantina di sacerdoti e di teologi, rimasto, però, circoscritto in un ambito ristretto. Iniziative dispotiche e gravissime, oltretutto prive d’una qualsiasi spiegazione, come il commissariamento dei Francescani e delle Francescane dell’Immacolata, sono scivolate via senza che la massa dei fedeli insorgesse, senza che un certo numero di prelati chiedesse chiarimenti. Pare che a questo papa e ai suoi fedelissimi sia concesso di fare e dire qualsiasi cosa. Un tale fatto non è facile da spiegare; la popolarità di Beroglio inoltre è notoriamente più grande negli ambienti esterni alla Chiesa, e anche suoi nemici, come quelli radicali e massonici, che non al suo interno: come è stato osservato, mentre costui riempie le piazze (ma non di cattolici, o solo in parte di cattolici) le chiese si stanno svuotando. Eppure, una reazione ampia e decisa tarda a venire. Che cosa bisogna ancora aspettare; quale altra bestemmia, quale altra sottile perfidia, come quella di recarsi a Fatima, nel centenario delle apparizioni mariane, senza recitare il Rosario, senza parlare minimamente della penitenza, tanto raccomandata dalla Vergine, né del castigo e del giudizio, ma solo, in maniera puerile e melensa, della "buona Mamma" che abbiamo nel Cielo, prima di manifestare la ferma volontà di non sopportare oltre? Che altro devono ancora fare e dire, i vari Sosa, Paglia e Galantino, i vari James, Bonny, Kasper, Busto Saiz, prima che i veri cattolici dicano finalmente "basta" e caccino fuori, a pedate nel sedere, questo infame clero modernista e traditore, che sta ingannando e traviando le pecorelle del gregge di Cristo?

Per spiegare tanta timidezza, tanta acquiescenza, tanta inconsapevolezza della estrema gravità di quel che sta accadendo, ai nostri dì, nella Chiesa cattolica, ci sono varie possibili e plausibili spiegazioni, a cominciare da quella dei "piccoli passi": è da molto prima che il falso papa Bergoglio venisse eletto sul soglio di san Pietro che la Chiesa si è messa su binario sbagliato, ed ha incominciato ad adulterare e falsificare il perenne e infallibile Magistero, diffondendo una serie di contenuti erronei ed ereticali, ma a piccole dosi, in modo che quasi nessuno se ne è reso conto, e il veleno modernista ha potuto diffondersi pian piano in tutte le membra della Sposa di Cristo, infettandone la gran parte. Aggiungiamo, poi, il conformismo, l’ignavia e il carrierismo di molti vescovi e sacerdoti, l’attaccamento alle poltrone, la smania di novità, la mentalità secolarizzata ormai largamente diffusa anche nel clero, per cui, ad esempio, una giovane suora che, invece di pregare nel suo convento o impegnarsi in attività caritative, nel silenzio e nel nascondimento, come Gesù ci ha insegnato, che invece canta e si agita davanti al microfono, con lo stesso stile e con canzoni analoghe a quelle di un qualsiasi concerto pop o rock, non fa né caldo, né freddo, anzi, viene guardata con benevola indulgenza da molti sedicenti cattolici, preti compresi. La malattia dell’ego, insomma, si è ampiamente diffusa nel clero cattolico, ed è la stessa che spinge centinaia di preti a improvvisarsi comizianti, in chiave più politica che spirituale, quando, dal pulpito della santa Messa, dovrebbero rivolgere ai fedeli la liturgia della Parola divina e la santa liturgia Eucaristica, e farli innamorare, semmai, dell’Assoluto e delle divine Altezze. Pure, tutto questo non basta ancora per spiegare la timidezza e l’arrendevolezza davanti alle continue profanazioni e alla palese opera di stravolgimento che un clero infedele, infiltrato dalla massoneria ecclesiastica, sta perpetrando sotto gli occhi di milioni e milioni di fedeli. Per spiegare cosa sia questo qualcos’altro, bisogna ricorrere a una terminologia impropria, presa a prestito da un diverso ambito culturale, e tuttavia utile, crediamo, per rendere con maggiore chiarezza il concetto che occorre illustrare: la terminologia della rivoluzione e della conservazione.

Per reagire contro le empietà della neochiesa, per deporre il papa eretico, per cacciare i cardinali e gli arcivescovi massoni, bisognerebbe andare non solo contro duemila anni di storia, durante i quali l’eresia è sempre venuta a minacciare la Chiesa dall’esterno, mai dall’interno, o, almeno, mai seriamente dall’intero; bisognerebbe anche che i cattolici andassero contro la propria mentalità e il proprio sentire profondo, cioè contro se stessi. Il cattolico non è un rivoluzionario, per la semplice ragione che i rivoluzionari credono, sì all’uomo nuovo, ma sul piano della storia ed entro l’orizzonte della storia, non sul piano spirituale e morale. I rivoluzionari credono che nascerà un uomo migliore quando essi avranno costruito il mondo migliore che hanno in mente, e ciò in senso materiale: politico, economico e sociale. I cattolici, quelli veri, non pensano affatto una cosa del genere: sanno che l’uomo nuovo viene da Dio, da una metanoia, da una conversione a Dio, che Dio stesso opera nell’uomo, ma solo se questi è disposto ad abbandonarsi a Lui. È vero che ci sono dei cattolici rivoluzionari, ma essi sono cattolici solo di none; in realtà, sono dei rivoluzionari che hanno preso gli abiti del cattolicesimo per dare una parvenza di assoluto alle loro ideologie rivoluzionarie, intuendo che esse sono tutte fragili, perché fondate unicamente sul relativo, e che ogni rivoluzione, pertanto, è suscettibile di essere spazzata via da un’altra rivoluzione, con la stessa legittimità con cui essa ha spazzato via l’ordine precedente, in un ciclo senza fine. Un cattolico rivoluzionario è una contraddizione in termini perché il regno di Cristo, come ha affermato solennemente Lui stesso, non è di questo mondo, mentre tutte le rivoluzioni hanno la fiducia di cambiare il mondo qui ed ora. Le rivoluzioni vivono sulla generale illusione che il mondo possa cambiare, e che possa cambiare in meglio, senza che ciascun uomo faccia alcun serio sforzo per cambiare, in meglio, se stesso: illudono le masse che tutto cambierà, così, con un colpo di bacchetta magica, semplicemente cambiando le leggi, gli ordinamenti, le istituzioni; il che è palesemente assurdo.

Per questa ragione, la Chiesa non è mai stata rivoluzionaria: sarebbe stato materialmente e spiritualmente impossibile, perché intrinsecamente contraddittorio. La Chiesa può solo essere conservatrice, perché la sua missione è quella di conservare e preservare la Verità soprannaturale di cui è depositaria e custode; e lasciamo che i preti di sinistra e i vescovi di strada ripetano il loro logoro e puerile bla, bla sul "messaggio rivoluzionario" del Vangelo: mentono sapendo di mentire, oppure sono degli stupidi, perché è evidente che il Vangelo è, sì, "rivoluzionario", ma sul piano della vita interiore, nel senso che esige una radicale conversione del singolo uomo, non certo nel senso che si fa promotore di una rivoluzione politica o sociale, che non cambierebbe nulla, se le coscienze rimangono quelle che sono. L’accusa più frequente e più stupida che i sedicenti cattolici di sinistra rivolgono ai veri cattolici è di preoccuparsi solo dell’"altro mondo" e d’ignorare le difficoltà e i bisogni di questo mondo. In realtà, senza strepiti né clamori, e senza bisogno di trasformare le basiliche in refettori o in dormitori per migranti e finti profughi, i cattolici hanno sempre operato sul piano dei bisogni materiali, ma senza trascurare quelli spirituali, come invece fanno quegli altri, i quali, anche volendo, su quel piano non avrebbero nulla da dire, perché spiritualità non ne hanno, e, probabilmente, nemmeno la pura e semplice fede. Tuttavia, il vero discrimine fra i due atteggiamenti è che i cattolici "rivoluzionari" pensano di poter eliminare la povertà e l’ingiustizia dal mondo, mentre i cattolici autentici, pur impegnandosi per combattere la povertà e l’ingiustizia, sanno che non verranno mai estirpate perché gli uomini nella loro condizione terrena, sono troppo condizionati dal Peccato originale per potersi realmente emendare dal peccato, e sia la povertà che l’ingiustizia sono frutti del peccato come condizione morale dell’umanità, non come situazioni storiche determinate e, in teoria, risolvibili. Di fatto, cambiano le forme e le manifestazioni della povertà e dell’ingiustizia, ma queste ultime non scompaiono mai, pur nel mutare dei tempi e dei sistemi politici e sociali. Qualcosa vorrà pur dire, questo.

Ora, se il cattolico è naturalmente un conservatore — non tanto e non necessariamente sul piano politico, ma come atteggiamento complessivo della sua interiorità, della sua vita profonda, perché per lui si tratta di conservare e riaffermare una Verità che non appartiene a lui, ma che gli è stata donata e che, sul piano storico, ha duemila anni di età, anche se si rinnova continuamente – prima di tutto, nel Mistero della santa Eucarestia — la situazione che si è venuta a delineare, nel corso degli ultimi decenni, all’interno della Chiesa, lo pone in una condizione paradossale. La Chiesa, nella quale si riconosce e alla quale guarda per ricevere sostegno e conforto, è diventata rivoluzionaria. Lo è diventata col Concilio Vaticano II, che ha approvato una serie di cambiamento rivoluzionari, tali da mutare radicalmente l’intera vita della Chiesa, come del resto i rivoluzionari non negano, anzi, se ne vantano. Sarebbe troppo lungo, e del resto l’abbiamo fatto altre volte, ripercorrere le cause e le dinamiche che hanno reso possibile un evento così insolito e traumatico: che una istituzione "conservatrice", dopo quasi duemila anni di storia, diventasse rivoluzionaria e predicasse dottrine rivoluzionarie in maniera rivoluzionaria; dove "rivoluzionario" deve intendersi rispetto alla Tradizione, che era l’ossatura e l’anima della Chiesa prima del Concilio. Hanno giocato sia fattori interni, come la massoneria ecclesiastica, sia esterni, come il monopolio dei mass media laici nella narrazione dell’evento: e chi racconta un evento, con la forza pervasiva che hanno i mass media, è in grado d’imprimergli l’orientamento voluto. Sta di fatto che la maggioranza dei padri conciliari, molto probabilmente, non si è neppur resa conto della portata rivoluzionaria di quel che stava accadendo; solo una piccola minoranza di attivisti rivoluzionari ne era cosciente. Una volta fatto passare lo "strappo" rivoluzionario, il resto è stato relativamente facile. L’opera dei papi successivi è stata quella di propagare i germi rivoluzionari nella Chiesa, svilupparli e consolidarli, sempre in maniera tale che la maggioranza dei cattolici non ne afferrasse la portata devastante. L’unico che ha voluto bruciare i tempi e gettare la maschera, è stato Bergoglio: non diverso, ma solo più impaziente degli altri. Pertanto, la vera difficoltà dei cattolici, oggi, a reagire contro le manovre distruttive sempre più scoperte del neoclero modernista, nasce dal fatto che, per essi, è psicologicamente e moralmente difficile agire da rivoluzionari. La Chiesa, infatti, rappresenta l’ordine, la Tradizione, e andare contro di lei è un atto rivoluzionario. Eppure bisogna che capiscano che questa non è la vera Chiesa e, che in certi momenti eccezionali, per salvare la Tradizione bisogna agire da rivoluzionari…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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