
Ma infine, qual è l’obiettivo?
28 Dicembre 2017
Di quali altri segni c’è bisogno?
29 Dicembre 2017Mentre san Paolo lavorava pazientemente e instancabilmente ad evangelizzare gli abitanti di Efeso, in Asia Minore, si verificò un incidente alquanto significativo, che ebbe come protagonisti alcuni esorcisti giudei, i quali, pur avendo rifiutato il Vangelo, cercavano di utilizzare il none di Cristo nel corso dei loro riti di liberazione dal maligno, facendosi forti delle parole che avevano udite dalla bocca san Paolo, benché non ne avessero voluto accogliere il messaggio.
Crediamo che valga senz’altro la pena di rileggersi l’episodio, peraltro assai noto — verrebbe quasi da dire: il gustoso episodio, se non fosse che, sulle cose del diavolo, non c’è proprio nulla di cui scherzare — perché suggerisce delle riflessioni notevoli, anche in chiave di attualità, che non mancheremo di sviluppare (da: Atti degli Apostoli, 19, 8-20; traduzione della Bibbia di Gerusalemme):
Entrato poi nella sinagoga, [Paolo] vi poté parlare liberamente per tre mesi, discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori circa il regno di Dio. Ma poiché alcuni si ostinavano e si rifiutavano di credere dicendo male in pubblico di questa nuova dottrina, si staccò da loro separando i discepoli e continuò a discutere ogni giorno nella scuola di un certo Tiranno. Questo durò due anni; col risultato che tutti gli abitanti della provincia d’Asia, Giudei e Greci, poterono ascoltare la parola del Signore.
Dio intanto operava prodigi non comuni per opera di Paolo, al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano.
Alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a invocare anch’essi il nome del Signore Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi, dicendo: "Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo predica". Facevano questo sette figli di un certo Sceva, un sommo sacerdote giudeo. Ma lo spirito cattivo rispose loro: "Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?". E l’uomo che aveva lo spirito cattivo, slanciatosi su di loro, li afferrò e li trattò cin tale violenza che essi fuggirono da quella casa nudi e coperti di ferite. Il fatto fu risaputo da tutti i Giudei e dai Greci che abitavano a Efeso e tutti furono presi da timore e si magnificava il nome del Signore Gesù. Molti di quelli che avevano abbracciato la fede venivano a confessare in pubblico le loro pratiche magiche e un numero considerevole di persone che avevano esercitato le arti magiche portavano i propri libri e li bruciavano alla vista di tutti. Ne fu calcolato il valore complessivo e trovarono che era di cinquantamila dramme d’argento. Così la parola del Signore cresceva e si rafforzava.
Abbiamo detto che si sarebbe quasi tentati di definire "gustosa", nel senso di spassosa, la scena degli esorcisti in fuga dalla casa dell’indemoniato di Efeso; ma, naturalmente, la cosa dovette avere un aspetto tutt’altro che divertente, per quanti ne furono testimoni. Sette uomini, sette fratelli, presumibilmente giovani e robusti, messi in fuga da un uomo solo; e messi in fuga in quelle condizioni, spogliati delle vesti e coperti di lividi e percosse: senza dubbio la scena della loro aggressione e della lotta disperata che si trovarono a sostenere, soccombendo miseramente, fra quelle quattro mura, fu spaventevole, agghiacciante. La furia dell’indemoniato doveva essere al colmo, e, benché si sappia che una persona posseduta, indipendentemente dal sesso e dall’età, è in grado di manifestare una forza fisica assolutamente sproporzionata rispetto alle sue normali possibilità, in maniera scientificamente inspiegabile, qui ci troviamo in presenza di una rabbia tutta particolare: come se qualcosa avesse fatto scattare nel diavolo, che si era impossessato di quel misero corpo, una ragione specialissima per andare su tutte le furie; e non c’è dubbio che, volendo, avrebbe anche potuto uccidere quegli sciocchi imprudenti.
Proviamo a riflettere. Gesù è morto da alcuni anni, ed Efeso è una città greca, situata ad alcuni giorni di navigazione dalla Palestina, e ad alcune settimane di viaggio via terra (bisogna superare le Porte del Tauro, un difficile passaggio montano); né ci risulta che gli indemoniati siano soliti tenersi al corrente delle notizie provenienti da lontano. Eppure, il demonio che possiede quell’uomo sa di Gesù, mostra di conoscerlo perfettamente; così come mostra di essere al corrente anche di san Paolo, della sua presenza in città e del suo insegnamento. Non si permette di parlar male di loro, dice solo di sapere molto bene chi essi siano: e si noti che, se Paolo è un vivo, Gesù, che ad Efeso non era mai stato, è morto; il diavolo però ne parla come se fosse anche lui un vivo e dice, adoperando il tempo presente: conosco Gesù; non dice: so chi era Gesù, ma: lo conosco, come si dice: conosco il tale e il talaltro, parlando di persone vive. Ma Gesù è vivo, nel senso di risorto da morte, solo per i suoi discepoli; per tutti gli altri, e specialmente per i giudei osservanti della Legge, egli è morto da un pezzo, morto sulla croce, come un malfattore, come un falso profeta; morto mentre gli scribi e i sacerdoti lo schernivano, e, fino all’ultimo, lo avevano deriso e lo avevano sfidato a scendere dal patibolo, per far vedere di essere davvero quel che diceva di essere: il Figlio di Dio. Per questo demonio, però, Gesù è vivo; il demonio non si comporta come i giudei increduli, ma come uno che sa come stanno realmente le cose: perché i demoni hanno una conoscenza veritiera delle cose, e quel che li differenzia dagli Angeli è che si sono votati al male, si sono votati alla ribellione; quindi, la verità essi fanno di tutto per nasconderla, per offuscarla. L’esorcista, infatti — quello vero, quello consacrato e autorizzato dal suo vescovo, non un esorcista improvvisato, non un apprendista stregone qualsiasi, come i sette figli di Sceva, il quale, guarda caso, era un sommo sacerdote – deve ordinare al diavolo di dire la verità, e deve ordinarglielo in nome di Gesù Cristo: perché il diavolo, da parte sua, mente sempre e non fa altro che mentire, per intrappolare gli uomini nella rete delle sue menzogne, dopo averli sedotti per mezzo delle loro passioni impure. Anche gli esorcisti ambulanti hanno fatto il nome di Gesù, e hanno aggiunto quel Gesù che Paolo predica, ma hanno fatto due gravissimi errori, uno di tecnica e uno di sostanza: quello di tecnica, perché avrebbero dovuto ordinare al diavolo, o ai diavoli (presumevano che fossero più d’uno, poiché usarono il vocativo plurale) di andarsene, e non scongiurarlo, cioè pregarlo e supplicarlo; quella di sostanza, perché essi non credevano in Gesù, non credevano che Gesù fosse il Figlio di Dio, avevano solo udito parlare delle guarigioni miracolose e degli esorcismi coronati da successo che Paolo aveva ottenuto, nel nome di Gesù, perfino in maniera indiretta, cioè mediante l’imposizione di oggetti e indumenti che egli aveva toccato; e ne avevano dedotto, superstiziosamente, che Paolo doveva essere un mago potente, e Gesù doveva essere il suo maestro segreto o il suo genio occulto, forse addirittura una divinità, una delle tante del Pantheon pagano, o forse un giudeo che ben conosceva i segreti dell’occulto e che li aveva trasmessi ai suoi seguaci; un modo di pensare abbastanza simile a quello mostrato da Simon Mago (cfr. Atti, 8, 9-24), che, convertito e battezzato da Filippo, cerca poi di acquistare da san Pietro, con denaro, la potenza dello Spirito Santo, ma ne viene respinto e maledetto.
Ecco, allora, che il quadro comincia a farsi più chiaro. Il demonio che possiede quell’uomo si è infuriato; perché? Perché conosce e teme Gesù Cristo, il quale ha esorcizzato tante persone e sempre è stato riconosciuto dai demoni per quello che era, al punto che dovette ordinar loro di tacere la sua vera identità (cfr. Mc 1, 25). Il diavolo, dunque, non ha alcuna voglia di trovarsi di fronte a Gesù Cristo, che sempre lo ha sconfitto e scacciato; il suo nome lo preoccupa, lo angoscia: però si rende conto che a pronunciare quel nome non è un suo discepolo investito di autorità, come Paolo, ma sono dei ciarlatani ambulanti che non credono in niente e che, senza dubbio, esorcizzano dietro compenso: perciò sfoga su di loro la sua rabbia e la sua paura, travolgendoli con la sua incontenibile violenza fisica. In un certo senso, vuole punirli di aver indossato dei panni non loro, di aver abusato del suo Nome santo, del quale non sono degni, essendo solo dei mercenari e degli impostori. L’esorcismo non è mai una questione di mera tecnica; l’esorcista non è un guaritore, né un medico: è un uomo in grazia di Dio, che ha in sé la Verità divina: ed è Dio che opera per suo mezzo la cacciata dei demoni. Lasciato alle sue forze puramente umane, un esorcista non è che un folle il quale entri, inerme e inesperto, nella gabbia d’un leone ferocissimo e affamato.
E adesso veniamo al presente. Evidentemente, non basta nominare Gesù Cristo per essere dei suoi; si può anche darla a bere agli uomini, ma non a Dio — e neppure al suo nemico. A molti esponenti del neoclero modernista,. tutti impegnati a falsificare la vera dottrina cattolica e a contrabbandare al suo posto una dottrina menzognera, lassista, buonista, relativista sul piano morale e indifferentista su quello religioso, potrebbe capitare di sentirsi apostrofare: Gesù lo conosco, e Paolo so chi è; ma voi, chi siete? Potrebbe capitare a parecchi cardinali, arcivescovi e vescovi; a parecchi sacerdoti, a parecchi teologi, a parecchi esponenti della stampa, dell’editoria e della cosiddetta cultura cattolica, di sentirsi chiedere, con tono beffardo: Ma voi, che nominate Gesù Cristo, chi siete? A tutti i falsificatori della dottrina, a tutti i gli stravolgitori della morale cattolica, a tutti i rifacitori della Bibbia, secondo i loro gusti e le loro particolari preferenze: a monsignor Galantino, a detta del quale Dio non distrusse, ma risparmiò Sodoma e Gomorra; a padre Sosa, il quale afferma che Gesù non ha insegnato l’indissolubilità del matrimonio; al (falso) papa Bergoglio, annunciatore di un Dio che porterà tutti gli uomini in paradiso, senza Giudizio finale e, quindi, senza operare alcun discrimine fra buoni e malvagi, il diavolo potrà dire: Gesù lo conosco, ma voi chi siete? E la stessa cosa vale per quei sacerdoti e quei teologi che si affannano a dire che cristianesimo e islam sono due religioni similari, che adorano lo stesso Dio, e che quindi è cosa buona, giusta e opportuna che i musulmani vengano dentro le chiese, durante la santa Messa, per pregare il loro Dio durante il Sacrificio eucaristico, del resto sulle orme dell’insegnamento (falso e apostatico) del papa stesso, per il quale Dio non è cattolico; a tutti costoro che cosa dirà il nemico, l’antico avversario, se non questa sprezzante domanda: Ma voi chi siete?
Potremmo fare, purtroppo, centinaia, migliaia di esempi: da padre James Martin che esalta i santi gay e auspica il matrimonio omosessuale in chiesa, al nostro cardinale Betori, che vende agli islamici i beni della Chiesa perché vi costruiscano una moschea, proprio di fronte a una chiesa cattolica (chi avrà l’eco più forte, le campane o la voce del muezzin? domanda ingenua: le campane taceranno, per non disturbare i seguaci di Maometto, come ha taciuto la santa Messa di Natale dalle parti di don Paolo Farinella, sempre per riguardo ai "migranti"). Oppure prendiamo il caso di un settimanale ex cattolico, Famiglia Cristiana, impegnatissimo a difendere la scelta del (falso) papa Bergoglio, d’invitare i musulmani in chiesa, alla santa Messa, l’indomani dell’assassinio di un prete cattolico, in una chiesa francese, da parte di due giovani fanatici islamici. Ci riferiamo al numero del 6 agosto 2016, dove alla lettrice Patrizia Stella, la quale, nella posta al giornale, manifestava tutta la sua perplessità, osservando, fra l’altro: Il Dio cristiano, Padre, Figlio e Spirito Santo, nulla ha da spartire con Allah! (…) Che ce ne facciamo di una pace per la quale dobbiamo seppellire, oltre alle armi, la nostra fede, famiglia, identità, cultura, patria, Stato di diritto, coscienza, arte, musica, cucina…?, il teologo Pino Lorizio rispondeva testualmente: Il gesto suscitato e vissuto da rappresentanti dell’islam di recarsi nelle chiese cattoliche per incontrare e manifestare solidarietà ai fedeli e ai pastori è stato un atto coraggioso e profetico e, in quanto tale, esposto all’incomprensione se non al dileggio e al disprezzo, in ambedue le appartenenze. (…) Coloro che lo contestano, da una parte e dall’altra, rischiano, con il loro silenzio e a volte con parole invocanti la ‘guerra di religione’ e il ‘conflitto di civiltà’, di diventare, magari inconsapevolmente, COMPLICI DEL TERRORISMO E DELLA VIOLENZA [evidenziato nel testo] e certo non si mostrano operatori di pace. Concetto, questo, ribadito nel sottotitolo. Ha capito, signora Stella? Lei è una quasi complice del terrorismo e della violenza, e certo non è un’operatrice di pace. Ecco: questi sono i "teologi" che oggi decidono cosa sia la profezia e cosa sia operare per la pace. Sul piano concettuale, il loro argomentare è pressoché nullo: basti vedere che pongono sullo stesso piano chi vuole, e attua, la guerra di religione e lo scontro di civiltà, e chi li subisci e, subendoli, li chiama con i loro nomi. Strategia vecchia e stravecchia: mettere il carnefice e la vittima sullo stesso piano etico. Il ricatto finale, poi, è semplicemente ignobile: proibito obiettare, altrimenti si è fautori della violenza e nemici della pace. Chi sa perché, ma ci vien da pensare che siffatti neopreti farebbero bene a tenersi lontani da indemoniati ed esorcismi (sempre che non la pensino come il generale dei gesuiti, Sosa Abascal, cioè che il diavolo non esiste). Il posseduto, infatti, potrebbe dir loro: Gesù lo conosco e la signora Stella so chi è, ma voi chi siete?, con quel che segue: Atti degli Apostoli 19,16.
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