
Una mattina ci siam svegliati…
15 Novembre 2017
Ma certo che Caffarra non piaceva. Grazie a Dio
17 Novembre 2017La fase storica che sta attraversando la nostra società pare dominata, fra le altre cose, da un particolare gusto degli individui, che non ha nulla d’innocente, ma che è in se stesso profondamente perverso: quello di scandalizzare, nel senso più urtante, più sgradevole possibile. Di scandalizzare esteticamente, sessualmente, moralmente, spiritualmente. Di aggredire l’intimità dell’altro, di trascinarlo fuori dalla sua tranquillità, di rubargli la serenità, o, comunque, le sue certezze, e di farlo nel modo più aggressivo e più irridente, in modo da gettare l’ombra vischiosa di uno sghignazzo, di un cachinno satanico, sulle cose in cui crede, sulle cose che ritiene giuste e buone, trattandolo da nemico, da ipocritica perbenista e fasullo, da spregevole parassita che si può, anzi si deve, considerare alla stregua d’un insetto molesto.
Si tratta quasi di una religione alla rovescia, di un culto nel quale non si cerca l’incontro con Dio, ma si vuol provocare l’orrore dell’altro, per godere della sua confusione e del suo turbamento. Il tutto, beninteso, allo scopo di diffondere i nobili ideali della tolleranza e della civile convivenza, nonché il riconoscimento dei diritti umani fondamentali, in particolar quelli della libertà sessuale. Ed è così che, nelle orride sfilate dei Gay Pride, giovanotti barbuti e pelosi, seminudi e borchiati, si baciano e si accarezzano in pubblico, magari a bordo di carri, in una sorta di parodia del Carnevale dei folli, ancheggiando e sghignazzando all’idea di tutta la repulsione e lo schifo che gli altri, le detestate persone "perbene", proveranno, vedendoli sfilare per le vie del centro cittadino, o magari dallo schermo del televisore. Il loro scopo, beninteso, è socialmente utile e quasi filantropico: si tratta di aiutare la società a liberarsi dai suoi pregiudizi sessisti e omofobi, ad accettare e accogliere la "diversità", anzi, meglio ancora, a convincersi che siamo tutti "diversi" perché la normalità non esiste, così come non esistono ruoli "fissi" maschile e femminile. Perché, dopotutto — lo dice anche un pensatore del calibro di Zygmunt Bauman – viviamo nella società liquida: e allora, se oggi cosa è "liquida", come si fa a credere ancora che il maschio e la femmina siano due creature diverse, e non dei meri prodotti culturali, qualcosa di artificiale e innaturale, una credenza sbagliata che ha provocato gravi danni all’umanità, e alla quale bisogna rimediare?
Per delle motivazioni assai simili, solo che stavolta si tratta di far prendere coscienza alla società, e specialmente ai maschietti, di quanto le donne sono state, e sono tuttora, discriminate, sfruttate, manipolate, organizzano le loro spettacolari esibizioni le bionde e atletiche ragazze del gruppo ucraino denominato Femen: si tolgono i vestiti, scoprono il seno, mostrano le scritte multicolori dipinte sul corpo — insulti di ogni tipo contro le discriminazioni sessiste, e bestemmie a volontà contro la Chiesa, Dio e lo Spirito Santo – qualche volta, per la par condicio, anche contro Allah -, il tutto in mezzo alle strade, nelle piazze, per il puro gusto di vedere gli "onesti borghesi" spaventarsi e fuggire, gli uomini e le donne di cinquanta, sessant’anni, restar senza parole e darsela a gambe: contente loro, contenti tutti. Poi, siccome il segreto è alzare, alzare sempre più l’asticella delle provocazioni e dello scandalo, ecco che la ragazzotte delle Femen si mettono in capo il velo da suore, e improvvisano balletti pornografici per le strade di Parigi, agitando spruzzatori sui quali è scritto "sperma", sempre seminude e sempre con il velo delle suore in capo; oppure piombano alla televisione, dove è ospite l’anziano arcivescovo di Bruxelles, Léonard, lo circondano, lo dileggiano, gi sbattono le poppe sotto il naso, gli rovesciano in testa una secchiata d’acqua, e avanti così, fino a quando gli uomini della sicurezza non riescono ad allontanarle, cosa che richiede non pochi sforzi e ancor più imbarazzo a quelli che le devono afferrare e trascinar via, ma senza indulgere troppo a brancicare i loro corpi nudi, perché quella sarebbe la prova che le Femen hanno ragione e viviamo in un mondo di luridi maschi disgustosi, sempre pronti ad approfittarsi delle ingenue fanciulle tenerelle e a minacciare la loro candida, irreprensibile verginità. Che dietro alle walkirie ucraine ci siamo dei finanziamenti occulti molto, ma molto sospetti, è il segreto di Pulcinella; ma che importa? L’importante è lo spettacolo.
Non è che in tutto il mondo si subisca; c’è anche chi reagisce. Quando, nel 2012, tre ragazze di un gruppo equiparabile (anche per i finanziamenti occulti: i miliardari russi odiano il cristianesimo), le Pussy Riot, hanno perpetrato una profanazione punk nella cattedrale di Cristo Salvatore, a Mosca, si son beccate una condanna a due anni di prigione (scontati quasi tutti); motivazione della sentenza: teppismo motivato da odio antireligioso. E la Corte Suprema russa, per buona misura, ha vietato che si tengano i Gay Pride a Mosca per i prossimi cent’anni. Proprio così: cent’anni. E quando il transessuale nostrano Luxuria è volato in Russia (oppure è volata?, si dovrebbe far decidere all’interessato, come vuole l’ideologia gender) per fare propaganda LGBT, e ha sventolato una bandiera con la scritta: Essere gay è ok, l’hanno messo prontamente in manette, portato in centrale, poi caricato sul primo aereo in partenza e rispedito al mittente (figuriamoci l’affronto: allora era Ministro degli Esteri una certa Emma Bonino). La Russia di Putin, così, con orrore e riprovazione di tutte le anime belle e politically correct dell’Occidente, sia al di qua che al di là dell’Atlantico, ha confermato — anche in circostanze ben più gravi di queste — di essere l’ultimo Paese serio, nonché cristiano, in un’Europa imbastardita e degenerata oltre ogni limite di mollezza e perversione. Ma questo riguarda la politica, e invece a noi interessa il lato morale e spirituale della questione.
Perché, dunque, si è tanto diffusa la moda di voler scandalizzare il prossimo, e di farlo con ogni pretesto, in ogni occasione, in ogni luogo e momento possibili e sotto qualsiasi pretesto, il primo straccio di pretesto che possa capitare a portata di mano? Quelli che abbiamo citato sopra solo i casi limite; nondimeno, esiste anche una mini, o micro, provocazione quotidiana, fatta da persone comuni, le quali non cercano altro che scandalizzare i propri simili, il vicino di casa, il collega di lavoro, o il semplice passante incrociato per caso lungo la strada, la vecchietta che va a prendersi la pensione, la casalinga che torna con le borse della spesa. Perché lo fanno? Che tipo di soddisfazione ci provano? Che qualcuno, dietro, nell’ombra, soffi sul fuoco, è fuori di dubbio: abbiamo accennato ai finanziamenti occulti delle Femen, che esse negano, ma che sono più che certi (una attivista in trasferta si vede pagato il viaggio, l’albergo, il maquillage e tutto il resto, più uno stipendio fisso di 1.000 euro, vale a dire circa il doppio della paga media di un lavoratore ucraino). Resta però la domanda: come mai ci sono tante persone che non aspettano l’ora di poter fare delle cose del genere, che siano pagate oppure no, che siano fomentate e spinte avanti da qualcuno oppure che agiscano di propria iniziativa? E per favore lasciamo stare la psicologia, e soprattutto la psicanalisi; lasciamo perdere i traumi infantili, i genitori repressivi, il padre assente, la madre autoritaria, il fratello più bravo e la sorellina più sexy, il complesso di Edipo e quello di Elettra e tutto il resto della paccottiglia freudiana e junghiana; per favore, cerchiamo di essere seri. Quel che ci interessa non è perché il Tizio o la Sempronia di turno si dilettino con simili passatempi, perché coltivino degli hobby di questo genere, ma perché esista un fenomeno diffuso, generalizzato, che investe milioni di persone comuni, di signori e signorine nessuno, i quali, ogni tanto nella loro vita, riescono a sfogare contemporaneamente il loro narcisismo e il loro sadismo, attirando l’attenzione su di sé e infliggendo un trauma morale al prossimo, specialmente se costui è di sentimenti religiosi e, magari, è anche una persona anziana, così la si scandalizza ancora meglio. Insomma, c’interessa andare alla radice del fenomeno, considerandolo dal punto di vista universale, cioè filosofico; non da quello meramente psicologico.
A nostro parere, il gusto malvagio, perverso, di scandalizzare il prossimo, è insito nella natura umana: negli strati più bassi, nella melma e nel fango delle zone ignobili, dove pullulano gli istinti più osceni e animaleschi. Esso è in buona compagnia: nella medesima palude giacciono le tendenze all’omicidio, all’incesto, alla pedofilia, alla crudeltà gratuita. Il problema è che la società, che dovrebbe fare da filtro e porre un argine agli istinti più bassi, indirizzando la vita delle persone verso delle mete nobili, o almeno socialmente accettabili, da un bel po’ di anni si è messa d’impegno a fare tutto il contrario: incentiva, incoraggia, esaspera proprio i più bassi istinti, e rimescola incessantemente il magma bollente e fangoso della concupiscenza. Il gusto maligno di scandalizzare esce dal buio delle profondità, trova la strada libera, si sente perfino invitato, e allora emerge in tutta la sua forza brutale e si dispiega in tutta la sua bestiale arroganza. Una società sana mette il coperchio sulla pentola e abbassa il calore della fiamma; una società malata, come la nostra, toglie il coperchio e alza la temperatura al massimo. Il risultato si può facilmente immaginare. Ora, la domanda è la seguente: in che cosa consiste la malattia della nostra società? Come mai essa ha smarrito l’istinto fondamentale, che è l’istinto di conservazione, e corteggia proprio quelle tendenze dell’individuo, le quali, una volta lasciate libere di scatenarsi, necessariamente la condurranno all’implosione?
Ci sono molte risposte a questa domanda; moltissime. Tuttavia, se dovessimo indicare la più importante di tutte, quella da cui le altre si originano e si alimentano, diremmo senz’altro: la malattia della società moderna è l’allontanamento dell’uomo da Dio, e, con ciò stesso, l’abbandono del modello di una vita buona, operosa, onesta, timorata; l’oblio ella nostra destinazione finale, ultraterrena, e, di conseguenza, l’enorme sopravvalutazione della dimensione materiale, con tutto quel che ciò comporta in termini di aspettative, appetiti, passioni disordinate, incontentabili desideri, edonismo, relativismo, cinismo, opportunismo, utilitarismo, permissivismo, libertinismo, immoralismo. È tutta una catena che si mette in moto a partire dal rifiuto di Dio, e, con ciò, dal rifiuto della condizione di creatura, propria dell’essere umano. Quando la creatura rifiuta il proprio statuto ontologico, incomincia a vaneggiare; e, nel folle tentativo di scimmiottare il ruolo del Creatore, s’impantana in una serie di azioni autodistruttive, frutto della mitologia aberrante che essa costruisce su se stessa: una mitologia all’incontrario, nella quale non si costruisce ma si distrugge, non si spera ma si dispera, on si aprono orizzonti ma li si chiude sistematicamente, uno dopo l’altro, finché non resta altro che la certezza della morte e del nulla, senza però che la ragione riesca ad accettarla ed a rassegnarsi: come potrebbe farlo, dopo essersi ubriacata di una illusoria sensazione di onnipotenza, derivatale dalle sue orgogliose scopette e applicazioni tecno-scientifiche? Ciò sarebbe chiederlo molto, troppo: la superbia genera ancora superbia, e l’orgoglio — l’orgoglio di non darsi per vinta, di non accettare la morte ed il nulla — genera ancora e sempre orgoglio, in un circolo vizioso che non ha mai fine, che gira sempre a vuoto.
Ma c’è anche un altro tipo di orgoglio, nella pretesa di esibire ciò che scandalizza: l’orgoglio di non voler ammettere che il proprio modo di vivere è sbagliato; e, di conseguenza, la pretesa che il mondo abolisca per legge il concetto di giusto e sbagliato; nel frattempo, il gusto di punire, con l’arma dello shock, quanti sono "colpevoli" d’essere normali. Vogliamo dire che nella psicologia degli esibizionisti provocatori ci sono assai meno spontaneità e allegria di quanto costoro vorrebbero far credere; ad esempio, anche se vogliono chiamarsi "gay", cioè "allegri", e anche se ostentano un’allegria da baraccone nelle loro pubbliche esibizioni, forse qualcosa, al fondo degli omosessuali militanti, grida e piange disperata: il rimpianto della "retta via" smarrita, della tanto disprezzata normalità. Ecco, allora, che scandalizzare, cioè ferire nei sentimenti e nelle convinzioni, gli altri, i "normali", è la rivincita che vogliono prendersi sulla società le persone incapaci di trovare il proprio equilibrio esistenziale, e desiderose di farla pagare all’universo mondo. Forse, dietro certe ostentazioni di pessimo gusto, piene di rabbia e falsa allegria, c’è un’autentica disperazione; forse, vanno intese più come invocazioni d’aiuto, o come grida di sgomento, che come un tentativo di convincere realmente gli altri. E convincerli di cosa, poi? Che il destino del maschio e il bello della vita non è cercare l’amore di una donna e creare con lei una famiglia, ma farsi sodomizzare da un altro maschio? Davvero un simile messaggio proviene da un animo sereno e da una ponderata riflessione esistenziale? Non è piuttosto, di per sé, l’attestazione d’uno squilibrio, di una confusione, di una patologia? Lo sghignazzo, la posa oscena, la caricatura della realtà, indicano la pace o l’angoscia dell’anima? Ma, essi dicono, noi vogliamo provocare; appunto: chi è in pace con se stesso, perché dovrebbe farlo? Per svegliarvi dal vostro sonno, rispondono. Davvero? Oh, quanto siete generosi; e come vi prendete a cuore la nostra rieducazione! Si vede che ci tenete molto. Ma perché non ve ne andate per la vostra strada e vivete secondo il vostro gusto, dato che nessuno ve lo impedisce, né vi minaccia, mentre semmai è vero il contrario, che voi contestate a noi il nostro modo di vivere, profanate ciò che per noi è giusto, vero e buono, e ci venite continuamente con le dita negli occhi? Oppure avete qualche problema con voi stessi, ad accettarvi per quello che siete?…
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